Pretendi la terza era spaziale

Un anticapitalismo intergalattico per il comunismo cosmico non solo è ancora possibile: è necessario. Ma intanto cosa resta dell’ufologia radicale italiana?

Non saremo noi per primi a mettere in discussione questo modello di dominio, fintanto che non saremo noi per primi a comportarci da «extraterrestri». Ufologia Radicale, Men In Red

Nella penultima primavera del secondo millennio secondo il calendario terrestre occidentale, il weekend del 18 e 19 aprile 1998, a Bologna si tenne la seconda conferenza intergalattica dell’Associazione Astronauti Autonomi. Per l’occasione, in via Fioravanti 14, si radunarono da tutto il globo delegati dell’associazione «con l’auspicio di consolidare i loro progetti per l’esplorazione dello spazio su base comunitaria». Le due giornate dell’evento prevedevano discussioni riguardo le idee fondamentali per diventare astronauta autonomo, il ruolo delle donne nei programmi governativi di esplorazione spaziale, l’esposizione di strategie per l’azione ellittica, e aggiornamenti psicogeografici sullo stato dei lavori per la stazione di lancio di Grub Street. Ovviamente tra le due sessioni quotidiane era prevista una serata di rave nello spazio.

Come raccontato dai report dell’associazione, tutto stava procedendo secondo il programma, se non fosse per l’intervento di un rappresentante di un altro collettivo, i Men In Red, sopraggiunto per contestare i metodi di ufologia radicale dell’AAA, che provocò un dibattito tra le due fazioni – per dirla per ora in termini semplici – su chi, tra noi e gli alieni, avrebbe dovuto portare il comunismo a livello interplanetario.

Ma andiamo con ordine.

L’Associazione Astrononauti Autonomi era un progetto terrestre internazionale, nato a Londra nel 1995 e sviluppatosi tramite l’azione di varie cellule in diversi paesi tra cui Germania, Francia, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Oltre a una ferma opposizione alla militarizzazione dello spazio, la comunità di attivisti si poneva l’obbiettivo quinquennale – riferendosi a una citazione da Star Trek – «di stabilire una rete planetaria per terminare il monopolio di corporazioni, governi ed eserciti nei viaggi spaziali». Vicino alle pratiche situazioniste, connesso con la scena delle fanzine e dei movimenti mail art, il movimento politico-artistico organizzò eventi in vari paesi, e dopo una Prima Conferenza Intergalattica al Public Netbase di Vienna nel giugno del 1997, promosse un secondo appuntamento nel capoluogo bolognese, dove negli stessi anni, seguendo altri percorsi culturali, era nato un altro fenomeno per molti aspetti simile: i Men In Red.

«Dal background situazionista riletto in chiave post-terrestre», MIR fu un progetto molto vicino, sia per pratiche sia soprattutto per partecipazione, al progetto collettivo Luther Blissett, apparso anch’esso a Bologna nel 1994, noto per le tante e ben riuscite burle compiute ai danni della stampa, della televisione e di un mondo dello spettacolo già in trepida accelerazione.

Oltre a contestare l’ufologia tradizionale, come quando interruppe il IV Simposio Mondiale di Ufologia con lo striscione UFO AL POPOLO, nel 2001 il movimento arrivò a inscenare un falso atterraggio UFO a Riccione, disegnando segni nel parcheggio dell’Aquafan e riuscendo a beffare diversi giornali e telegiornali nazionali. Come ripercorre in maniera esemplare Stefano Santarcangelo su VICE intervistando membri del progetto, a partire al 2000 MIR iniziò il suo declino, anche a causa del calo nell’attenzione pubblica e nella cultura pop della presenza di un immaginario alieno e ufologico.

Potremmo continuare a raccontare l’evoluzione storica dei due gruppi e a parlare del loro sviluppo tra ufociclismo e skating antigravitazionale (tutte le pubblicazioni e i manuali pubblicati da entrambi i gruppi li potete trovare su Grafton9), ma trovo più interessante provare a fare un ragionamento sull’attualità, tornando a quello scazzo, quella visione contrapposta su come un’azione politica intergalattica avrebbe dovuto portare alla costruzione di comunità spaziali anticapitaliste, e su cosa questo dilemma può dirci oggi. Quando a una presentazione di #Proletkult al Vag61 – tra i racconti di Bogdanov e il trotskismo cosmico di Posadas – ho sentito la testimonianza dell’episodio bolognese, non ho potuto fare a meno di osservare come questa contrapposizione sappia raccontare le contraddizioni presenti nella fase attuale.

Alien* ner*, alien* bianch*

Riprendendo il comunicato a latere della conferenza, «la posizione dei MIR sembra sostenere che l’umanità è macchiata congenitamente dal “microfascismo”, e lo porterà con sé nello spazio, a meno che prima non si distrugga il capitalismo». L’AAA, dal suo canto, si chiede perché aspettare gli alieni, anziché costruire le nostre navi spaziali e andarli a trovare. Cosa può dirci il dibattito ufologico radicale, nel clima di depressione odierna in balìa di programmi continentali autoritari e slogan identitari nazionalisti?

«Il subcomandante Marcos ci ha insegnato qualcosa, quando ha deciso di chiamare il convegno del 1996 in Chiapas “Conferenza Intergalattica per l’umanità contro il liberismo”. Ha messo in chiaro che l’internazionalismo planetario è solo frutto di una miopia storica che immagina un capitale lavorare solo al “piano terra”; e che invece l’altro è ovunque, in ogni galassia». UR, MIR

A fine 2018 il fondatore di SpaceX e simbolo tecno-imprenditoriale Elon Musk promette avanzando un 70% di probabilità da parte sua di viaggiare fino a Marte per lì insediarsi. Il piano dell’imprenditore sudafricano di cittadinanza canadese naturalizzato statunitense prevede di inviare due veicoli sul pianeta rosso entro il 2022 e spedirne altri quattro entro il 2024, per poi insediare una base spaziale – eventualmente non umana ma composta da robot – già entro il 2025. Ma le ambizioni del capitalismo spaziale non si fermano qui. Oltre ai fantomatici viaggi a pagamento nello spazio, sulla Luna abbonda il prezioso Elio-3, e le «ricercate» rocce lunari arrivano ad avere, sul mercato nero, un valore massimo di 3,6 milioni di dollari per grammo. Inoltre, secondo la NASA, le centinaia di migliaia di corpi orbitanti nella cosiddetta fascia asteroidale – situata tra Marte e Giove – conterrebbe una quantità di minerali del valore di 700.000 miliardi di dollari. Ferro, nichel, titanio ma anche acqua e ossigeno sono tra le risorse a cui punta l’industria mineraria spaziale, come le imprese Deep Space Industries e Planetary Resource.

Ma gli intenti dell’ufologia radicale non si limitano a un contrasto al capitalismo verso un esterno spaziale, ma sono capaci di leggere e sottoporre a critica contraddizioni ben più interne, sociali, individuali, neurali, nella fase emergente del capitalismo biocognitivo. Una delle polarità più accese nel contesto ufologico fu quella tra pensiero endoplanetario ed esoplanetario. Se da un lato la visione endo- considerava futuribile la possibilità della diffusione di una società anticapitalista verso lo spazio, quella eso-, accusando la prima di etnoterracentrismo, auspicava la contaminazione aliena come «occasione per assumere su di sé lo sguardo dell’altro, del diverso, l’occasione per rimettere in discussione i propri brainframe individuali, culturali, planetari». La possibilità, quindi, di sovvertire il paradigma Capitale-Terra senza replicarlo nella galassia.

Non è un caso se nelle stesse analisi della rivista ufologica si critica la visione istituzionale delll’ufologia – la spectoufologia, dello spettacolo – affiancandola alla storia dell’antropologia culturale. L’alieno addomesticato preso come caso di studio, integrato, terraformato. Come quell’antropologia coloniale che reputa primitiva ogni civiltà non occidentale.

Quale strada, tra l’eso e l’endo, se non puntare a riconoscere la propria alienazione in se stess*, stanch* di questa natura, stanch* di questo pianeta?

È evidente che ci troviamo davanti a uno stallo sul passo successivo da compiere per la deterritorializzazione della nostra alienità. Quello a cui siamo di fronte, se ci pensiamo, è un dilemma presente ogni giorno, ogni istante di una vita depressa del capitalismo digitale, nella quale ci si trova a fare i conti con «l’ultracorpo del capitale innestato dentro di noi». Nelle pagine di MIR è più che mai lucida l’analisi sullo strumento di lavoro digitale, incarnato nel cervello, dal quale la vita viene messa a lavoro (e quindi già la rivendicazione di un reddito universale).

«Serve un principio biopolitico».

C’è un altro prefisso che, grazie a un manifesto e poi a un saggio, abbiamo ormai tutt* conosciuto: xeno-. Xeno ancora come alienazione, prima come riconoscimento («Siamo tutt* alienat* – c’è mai stato un tempo in cui non lo eravamo?») e poi come prassi («Come impulso a generare nuovi mondi»). Se nel marxismo l’alienazione è prodotta dalla scissione tra il tempo di lavoro e quello della vita, una teoria di riappropriazione dell’alienazione non può che svilupparsi dalla fusione tra questi due tempi. Non solo. In noi non convivono solo lo sfruttato e un pò di padrone, ma anche (a seconda delle soggettività) più o meno bianchezza, più o meno maschilità, più o meno eteronormatività, più o meno privilegio di classe. Quale strada, tra l’eso e l’endo, se non puntare a riconoscere la propria alienazione in se stess*, stanch* di questa natura, stanch* di questo pianeta?

Nel rapporto che la AAA ha prodotto sulla conferenza bolognese, riguardo lo scambio di battute avvenuto con i MIR, si legge tra gli interrogativi sollevati dall’associazione: «Perché introdurre nel dibattito [come fanno I MIR – ndr] idee come quelle di Microfascismo, dannosa quanto il concetto cristiano di peccato originale?». Se da un lato avviene un riconoscimento del microfascismo diffuso viralmente all’interno dell’ecosistema Terra, dal quale possiamo provare a liberarci grazie a un contatto alieno, dall’altro questo fatto viene vissuto come una confessione di un peccato morale o addirittura religioso. Ma non è né l’uno né l’altro. È biopolitica.

«I segnali che dobbiamo mandare loro non possono quindi che essere segnali di ordine politico, non dischi di platino sparati nello spazio con incise le voci dei capi di governo, ma segnali forti che dicano che i terrestri ne hanno abbastanza di questo modo di vivere la vita e che sono aperti ad altre sperimentazioni. […] Se poi non avverrà nessun contatto, avremo comunque migliorato le nostre condizioni di esistenza sul pianeta». UR, MIR

Rapportarsi con società extraterrestri significa comunicare, e trovare un linguaggio adatto. Nella scienza istituzionale, qualcuno ha affrontato questo problema nel 1974, inviando un messaggio dal radiotelescopio di Arecibo verso l’ammasso globulare M13, a 25.000 anni luce da noi. Il messaggio è composto da 1679 cifre binarie, prodotto di due numeri primi (23 e 73), cosicché se qualcuno proverà a costruire un rettangolo con i bit ricevuti sarà possibile farlo solo disponendoli in modo da riprodurre il disegno prefissato, costituito da numeri atomici, indicazioni sul DNA, la rappresentazione del sistema solare e del corpo umano stilizzato. Il messaggio fu realizzato da Frank Drake, lo stesso che elaborò una formula matematica per stimare il numero di civiltà extraterrestri in grado di comunicare con noi nella galassia. È possibile allora escogitare linguaggi non antropocentrici deterritorializzati, eventualmente con lo sviluppo di agenzie spaziali autonome («10-100-1000 Aree 51 occupate autogestite»), per poter usare questa nuova lingua come strumento di decostruzione della nostra territorialità?

Pensare a se stessi come a un completo mistero – per se stessi –, come diceva Sun Ra, perdersi nella città in cui si vive, come suggerito dal nomadismo psicogeografico, esperire alterità che suscitino un distaccamento – appunto, un’alienazione – da sé. D’altronde, come fa notare Sleena nel secondo numero di MIR, il disconoscimento della norma familiare è il battesimo dell’alienazione, come lo stesso Sun Ra che non aveva madre e padre, o come diceva l’alieno «marxiano» (pronuncia veneta) nella pellicola di Tinto Brass. L’Ufologia Radicale, attraverso il doppio s/vincolo antiedipico, disconosce il padre, lo Stato, il diktat scientista, la spectoufologia e il CICAP.

A distanza di anni dalle stampe di quelle riviste, per provare a capirci meglio e conoscere i più recenti sviluppi dell’ufologia radicale italiana, ho fatto qualche domanda a Sleena. Trovate l’intervista di seguito.

Ciao Sleena. Avete poi ricevuto risposte da forme di vita extraterrestre in questi anni?
Noi non eravamo attendisti, non aspettavamo gli alieni per fare la rivoluzione, eravamo immediatisti, dicevamo anzi che la rivoluzione era la conditio sine qua non per prendere contatto con gli alieni. Eravamo per il «contatto autonomo» con l’alterità assoluta, incondizionata, non codificata, che fosse extraterrestre o meno non aveva molta importanza per noi. Non era rilevante ricevere risposte da forme di vita extraterrestre, anche se poi di IR1 ne abbiamo documentati diversi davvero. Il concetto chiave era quello di «esoplanetarismo», il cuore del discorso dell’ufologia radicale: oggi la parola esoplanetarismo è interpretata in modo un po’ rudimentale come la possibilità di creare forme di vita umane o post-umane oltre il pianeta Terra, per noi invece aveva un senso più profondo. Faceva riferimento a un insieme di attitudini emozionali forti indispensabili per il contatto autonomo con gli extraterrestri, che anche qualora il contatto non si fosse mai verificato avrebbe migliorato la condizione di apertura al mondo e all’alterità incondizionata dell’attivista comunista. Di certo, contrariamente a quanto raccomandava il CUN, noi invitavamo con il contatto autonomo a non chiamare nessuna polizia, nessun carabiniere in caso di incontro con un extraterrestre.  

E da allora come vanno le cose tra voi? AAA e UR hanno fatto pace?
Ci siamo alleati. Perché siamo passati alla terza era spaziale. Se la prima era spaziale è stata la corsa spettacolare durante la guerra fredda alla Luna, la seconda è stata quella della NASA per Marte, oggi la corsa è quella del Nuovo Capitale, come direbbe Cobol, verso «Marte oltre Marte». Ciò che ci ha pacificato è l’abbandono da parte loro di un atteggiamento predatorio verso lo spazio che non teneva conto della presenza degli alieni e, da parte nostra, la consapevolezza che non si può aspettare oltre, occorre anticiparli e non porsi più la questione del microfascismo, che era un attardarsi su teorie dubbie di Deleuze-Guattari che non hanno mai risolto nemmeno loro. Siamo diventati molto più vicini a Fourier in quanto a desiderio e passioni. Cito un passaggio di D&G da L’anti-Edipo per farti capire: «Il desiderio non “vuole” la rivoluzione, è rivoluzionario da sé e involontariamente, volendo ciò che vuole… Ma cos’è un “vero” desiderio, dal momento che la repressione stessa è desiderata? Come distinguerli? Reclamiamo il diritto di un’analisi assai lenta».

Ecco, come continuare a seguirli se non hanno mai risolto in vita loro questa questione centrale, al cuore della loro teoria? Inoltre, ormai non è più questione se allearsi con gli alieni che tradiscono la Prima Direttiva, quella di non intervento, e possono procurarci le tecnologie avanzate necessarie per combattere il Nuovo Capitale o sottrarle alla NASA come era negli anni Novanta, oggi è il Nuovo Capitale stesso che investe nella ricerca spaziale, e lo fa perché obiettivi come quelli del ONU previsti per il 2030 salteranno e saranno procrastinati e si vogliono trovare un piano B. Noi dobbiamo esserci al momento opportuno e, a parte qualche idiosincrasia – ma sono scaramucce dopotutto simpatiche, del tipo se sia meglio uno skate o una bici – dobbiamo esserci assieme come AAA e Ufologia Radicale. Inoltre ormai è chiaro anche agli AAA che se la ricerca spaziale in Unione Sovietica ha origini nobili che sono continuate con il Cosmismo, quella negli States è correlata a personaggi come Jack Parsons, troppo invischiato con personaggi che a noi non piacciono, come Aleister Crowley e Ron Hubbard. Non dico che loro sono diventati pro-Unione Sovietica come noi, sono senz’altro Autonomi, ma conoscono meglio ora il tipo di tecnologia che avrebbero voluto un tempo e sanno che si può ottenere di più e meglio.

Nei vostri testi parlate, tra le varie dicotomie, di quella tra Alien Dissident e Alien Nation. Me la puoi spiegare brevemente, ché non l’ho ben capita?
È una dicotomia molto semplice, in realtà. Vi sono alieni, come ho già detto, che trasgrediscono la cosiddetta Prima Direttiva, quella di non intervento, e questi alieni sono l’Alien Dissident, mentre la maggior parte che la rispetta è l’Alien Nation. In Star Trek la Prima Direttiva era legata alla scoperta della velocità-curvatura: se una civiltà riusciva a raggiungerla, l’Alien Nation si presentava come nel film Primo Contatto. Per noi la Prima Direttiva era legata invece all’emergere di una cooperazione sociale sufficientemente avanzata e comunista. Poiché eravamo e siamo convinti che le tecnologie per i viaggi spaziali per grandi distanze siano del tutto impossibili all’interno del capitalismo – il quale è stato fin qui implosivo e si è buttato da anni e anni sulle tecnologie di miniaturizzazione – pensiamo che l’Alien Nation prenderà contatto pubblicamente solo quando avremo raggiunto tali forme di cooperazione sociale e che l’Alien Dissident invece voglia accelerare il processo trasgredendo questa Direttiva. Solo ultimamente si è acceso l’interesse del Nuovo Capitale per l’Outer Space, e riteniamo che è qui che vi sarà la contraddizione definitiva dove questo troverà come ostacolo ultimo sé stesso.

Dai primi anni 2000 il cosiddetto «complottismo» si è sviluppato parecchio, anche in direzioni talvolta reazionarie e spesso ambigue. Visto che avete affrontato, all’epoca, il tema del complotto e del debunking, cosa ne diresti adesso?
Noi non eravamo troppo complottisti, non ci interessavano molto i complotti, ma venivamo dal Luther Blissett Project e sapevamo come decostruire una bufala perché le sapevamo creare ad arte. Quindi, per quanto avessimo in certi casi realizzato con largo anticipo sui tempi delle pratiche di debunking, eravamo più abili a fare panico mediatico. Ci piaceva più realizzare comunicazione-guerriglia in campo ufologico che metterci a falsificare una notizia o un fatto poco verosimile.

Non pensi che, in una situazione depressiva come quella attuale, schiacciati nel dibattito «a sinistra» da una parte dai rossobruni e dall’altra dai libdem della Fortezza Europa (senza considerare quel particolare dei nazisti al governo), sarebbe il caso di rilanciare un movimento alieno extraterrestre?
Scherzi? Questa è una situazione molto favorevole. Non so come puoi dire che siamo schiacciati «a sinistra» dai rossobruni che sono alla nostra estrema destra, ma comunque… Noi non siamo abituati a lamentarci delle situazioni politiche istituzionali, perché della politica istituzionale in quanto extraparlamentari non ce ne frega proprio un cazzo. Noi pensiamo sempre che senza la teoria non c’è prassi, e laddove non c’è prassi c’è lamento. Tuttavia noi abbiamo continuato a studiare e a fare teoria, sappiamo cosa fare, intanto puntiamo a realizzare il terzo numero di MIR, abbiamo una quantità impressionante di materiale e proposte politiche da presentare e speriamo di trovare i finanziamenti quanto prima.

Quand’è allora prossimo meeting intergalattico di ufologia radicale?
In realtà c’è già stato un incontro al Forte Prenestino dove abbiamo sancito la pacificazione tra AAA e MIR. Stiamo aspettando un colpo a sorpresa che non ti posso ora rivelare. Ma si tratta di qualcosa di così importante e strategico attorno al quale si dovrà molto discutere e sul quale sicuramente si terrà un meeting intergalattico nuovo e all’altezza dei tempi.

Grazie Sleena, tienici aggiornati sui prossimi sviluppi. Ufo al popolo!