Letture divinatorie del flusso di dati e ad generati dai nostri smartphone, sessioni rituali di “guarigione” digitale dal data trauma sofferto sui social, incantesimi inscritti nei codici dei file raster per riappropriarsi delle proprie identità culturali scattandosi selfie. Chi sono le streghe che navigano i sistemi digitali e li interpretano con pratiche rituali tra l’artistico, il magico e il politico?
Per rispondere a questa domanda ci addentreremo in un territorio nebuloso e ostico, in cui anche chi scrive ha dovuto abbassare il sopracciglio, sostare ai crocicchi – spazi liminali e pericolosi per eccellenza – cibernetici, e adagiarsi nella mollezza e nell’instabilità delle paludi delle piattaforme, tra le luci fredde dei monitor a mo’ di lumini cimiteriali e i bip frenetici delle notifiche dei social. L’oscurità in cui siamo immersi è quella che l’artista e teorico britannico James Bridle, nel suo saggio Nuova era oscura, attribuisce all’epoca attuale, in cui i sistemi tecnologici modellano le nostre azioni e il nostro pensiero, che assume una struttura, appunto, “computazionale”, soluzionistica e polarizzante.
Inebetiti dall’information overload, fatichiamo a concepire la portata e la complessità di un mondo che abbiamo sempre vissuto in un’ottica lineare e progressista, ma in cui ormai persone, cultura e tecnologia sono irrimediabilmente fusi. L’orizzonte su cui orientarci in questo territorio ci è indicato da Bridle: «imparare a pensare la complessità senza pretendere di comprendere ogni cosa». Così, provando a muoverci nell’incertezza, sapendo quanto questa «può essere produttiva, persino sublime», alla ricerca di nuove metafore per pensare le tecnologie, ci iniziamo ad avvicinare alle nostre nuove streghe.
Coloro che hanno deciso di indossare le vesti delle cyberstreghe sono perfettamente consapevoli del portato politico e sovversivo dell’incarnare l’archetipo della strega, memori dello sterminio delle più di 100.000 donne che, tra il 1450 e il 1750, furono condannate per stregoneria in Europa. In riferimento diretto alle ricerche della filosofa Silvia Federici, sanno che sono proprio le conoscenze e il potere sociale delle donne a essere state rese abominevoli agli occhi della società. Questi saperi e questo potere femminili erano percepiti come “pericolosi” per l’ordine sociale-culturale-corporeo adatto ai ritmi della produzione capitalistica. La stregoneria, pertanto, ha costituito la stereotipizzazione di ciò che andava escluso dall’ordine discorsivo e materiale capitalistico: un insieme di pratiche che, attraverso la manipolazione di simboli, corpi, oggetti, segni e ambienti, hanno come obiettivo la creazione e la modificazione del mondo.
Nella costruzione del modello di sfruttamento capitalista della società industriale è stato necessario distruggere un certo ordine del mondo identificato proprio con l’universo femminile, improduttivo, “altro” e magico, in quello che viene definito il processo di disincanto del mondo a favore di una visione meccanicistica della natura e del razionalismo scientifico come veicolo di progresso. Oggi, nell’era del tardo capitalismo, il sistema razionalista/modernista sta crollando; al suo posto, si sono formalizzate nuove forme di potere connesso alla pervasività delle tecnologie digitali. Come si colloca in questo contesto il ripristino e la rivendicazione delle pratiche delle streghe?
La cyberstrega propone delle contro-azioni rituali apotropaiche che agiscono tramite le stesse architetture computazionali (dispositivi, oggetti, spazi smart interconnessi) per sovvertirle e riappropriarle
Ginevra Petrozzi, artista e designer romana espatriata in Olanda, si definisce una strega digitale. «Ci sono ancora persone che mi dicono: “ma è ironico”? No, in realtà è molto serio per me. La digital witch è la strega che utilizza gli elementi dello spazio digitale come se fossero i suoi nuovi ingredienti: invece che rose e rosmarino, lavanda e candele, utilizza algoritmi, tastiere predittive, backup e sistemi operativi. La strega ha una serie di strati di significato, oltre a semplice “praticante di magia” è un archetipo molto potente: protofemminista, caretaker, hacker, ribelle… Questa figura è confluita nei miei temi perché cercare di ribellarsi ai sistemi di potere, nel mio caso, si riferisce ai sistemi di tecno-potere, quindi dal tecnocapitalismo al capitalismo della sorveglianza».
Nella sua pratica artistica, Ginevra reclama il nostro diritto naturale al futuro. L’obiettivo è quello di immaginare una forma di resistenza a quello che la sociologa Shoshana Zuboff definisce il “mercato dei comportamenti futuri”, secondo il quale le corporations tecnologiche di oggi, come Meta, Google e TikTok, non solo estraggono e monetizzano i dati ricavati da ogni nostra esperienza, ma ottengono i dati più predittivi intervenendo attivamente sui comportamenti delle persone, persuadendole ad assumere quelli che generano maggiore profitto. «La prima qualità della strega è quella di contro-agire e quindi di controllare la realtà intorno a lei con le proprie capacità, con le proprie parole, con i propri strumenti e azioni», spiega Ginevra. Così, la cyberstrega propone delle contro-azioni rituali apotropaiche che agiscono tramite le stesse architetture computazionali (dispositivi, oggetti, spazi smart interconnessi) per sovvertirle e riappropriarle.
In Digital Esoterism, Ginevra Petrozzi esplora il modo in cui gli strumenti di divinazione possano essere rimodellati per rivendicare un senso di controllo rispetto ai big data, che si sono a loro volta trasformati in un’entità quasi magica capace di prevedere e programmare il futuro. Storicamente, la divinazione è stata utilizzata come metodo per acquisire un senso di controllo su un futuro misterioso e immateriale. Attingendo alla pratica della lettura dei Tarocchi – strumento divinatorio per eccellenza – Ginevra esegue letture simili a partire dal flusso infinito di immagini, video, meme, numeri, pubblicità che gli algoritmi generano sui nostri smartphone, e offre tecniche per interpretare e riappropriarsi del loro significato. Si ricollega alla studiosa Elena Esposito, secondo cui il nostro atteggiamento nei confronti dei big data non è così nuovo. Così come nell’antichità il futuro appariva inconoscibile agli uomini, ma non alla divinità, oggi il futuro appare inconoscibile agli esseri umani, ma non agli algoritmi. «Come l’uomo abbia mantenuto lo stesso atteggiamento nei confronti di una tecnologia (anche i Tarocchi sono una tecnologia) che promette una soluzione all’incertezza, questo è quello che definisco esoterismo digitale», spiega Ginevra. «All’interno di questo atteggiamento, l’esoterismo digitale ha prodotto nuove pratiche magiche che rispondono a nuove entità onniscienti».
Nel progetto Prophětai, che ho sviluppato con il collettivo Erinni in una residenza partecipativa nel 2022, il diritto al futuro è reclamato in maniera ancora più esplicita cercando di intaccare il mercato dei comportamenti futuri con un incantesimo parlato collettivo, recitato direttamente al proprio smartphone. Su TikTok si è diffuso un trend in cui gli utenti cercano di influenzare gli algoritmi dei social media pronunciando ossessivamente determinate parole vicino allo smartphone di un’altra persona. In questo modo, il proprietario dello smartphone inizia a ricevere suggerimenti e inserzioni che lo manipolano e lo inducono ad assumere determinati comportamenti. Ad esempio, in uno di questi video, una ragazza pronuncia ossessivamente “anello di fidanzamento/borsa di prada” al cellulare del fidanzato.
Prophětai si basa sulla stessa “credenza” o leggenda metropolitana che gli smartphone ci ascoltino, un po’ come entità magiche spiritiche che sorvegliano le nostre vite senza che gli utenti sappiano fino a che punto. Durante il laboratorio della residenza si è costruito collettivamente un futuro desiderato, scavando nelle necessità e nei desideri profondi di ogni partecipante, riportandolo al presente e traducendo queste visioni in nenie e combinazioni di parole magiche. Si è creato un intensissimo coro a più voci per smartphone in cui venivano invocati futuri più equi, semplici e inevitabilmente femministi. «La tecnologia ha assunto tantissime caratteristiche proprie del pensiero magico», spiega Ginevra Petrozzi. «Tra le tante, il fatto di essere vista come un’entità che funziona (intenzionalmente, N.d.R.) in un modo a noi non sempre troppo chiaro, soprattutto quando si parla di sistemi predittivi, algoritmi, big data, – tutti concetti molto astrusi. Sono entità che vengono controllate molto lontano da noi, nella Silicon Valley, da persone che scrivono codici di algoritmi che controllano tutti i nostri device digitali. Già questo si associa alle preoccupazioni del mondo magico e dell’ineffabile».
Per Ginevra, il pensiero magico costruisce il cosmo come un regno interconnesso, in cui esistono forze invisibili che possono ostacolare o interferire con le intenzioni e i desideri umani. Praticare la magia significa cercare di controllare, influenzare o reindirizzare queste forze dal basso. Nello specifico, la pratica di Ginevra fa riferimento alla Chaos Magic: una forma eclettica di magia che, invece di riferirsi a tradizioni specifiche, si basa su sistemi di credenze ibridi e flessibili, volti a modificare la realtà secondo i propri obiettivi. Così la magia e la stregoneria diventano mezzi fai-da-te di liberazione dal potere.
Rimanendo su questo tema, passiamo la parola ad un’altrə stregə, Cy X (classe 1999), artistə black queer con sede a Brooklyn, NY. Per Cy X la magia è cambiamento, trasformazione e intenzione. «Credere nella magia significa credere nel cambiamento e credere nel potere di cambiare te stesso, il tuo ambiente e di fatto il collettivo, poiché è tutto connesso», spiega Cy X. «È importante non confondere magia e tecnologia a causa di un’apparente mancanza di autonomia e di controllo nei confronti di quest’ultima, perché gran parte della magia riguarda l’intenzione, non la “mancanza di conoscenza”: la confusione sulle nostre tecnologie è spesso parte intenzionale della loro progettazione e la loro oscurità è il prodotto del gatekeeping e degli strumenti proprietari» .
L’artista fa riferimento ad Aleister Crowley, occultista inglese che intendeva la magia come «l’arte e la scienza di provocare cambiamenti secondo la volontà». Per cui, spiega Cy X in riferimento alle tecnologie digitali, «cosa c’è di più magico che usare simboli, codici ed energia per costruire mondi completamente nuovi che modificano anche me, l’ambiente che mi circonda e coloro che lo sperimentano?». La prospettiva di Cy X è fortemente connessa alla sua ricerca olistica come energy worker e alla sua identità non binaria e black, che, come appartenente alla Gen Z, è riuscitə a sviluppare in primis attraverso social media e internet. Sebbene sia consciə della loro problematicità, queste piattaforme sembrano anche poter sbloccare nuove forme di espressione e nuove profondità di visibilità per le persone che sono state rese “altre” dalle forme tradizionali di media, oltreché per esprimere e diffondere rituali. In linea con il pensiero della femminista Legacy Russel, l’artista fa riferimento al glitch informatico come errore sovversivo all’interno di macchine pre-settate e in costante movimento produttivo. Nel suo saggio Glitch feminism, Russell evidenzia come la natura disturbante del glitch sia in grado di illuminare le patologie inerenti alla macchina capitalista permettendoci di lottare contro la normalizzazione dei suoi sintomi, tra cui razzismo, sessismo, omofobia e xenofobia. Per Cy X, il glitch diventa veicolo di rifiuto – l’imprevisto capace di imporsi – sia nella sua poetica artistica che nella sua pratica magica.
In Ritual for release, l’artista espone un rituale di “rilascio delle energie” alla visibilità del cyberspazio. Documenta ciò che normalmente è considerato privato e segreto e lo integra con il linguaggio della post-produzione con un’estetica internet ugly, incorporando scansioni 3D del suo corpo e degli oggetti rituali (candelabri e candele). L’intenzione è di operare in una dimensione che si oppone al binarismo virtuale/Away From the Keyboard (AFK), ma che le comprende entrambe. In questo spazio, le energie magiche possono essere trasmesse anche a partire dal linguaggio video e digitale, sfidando il taboo tecnofobico di alcuni ambienti in cui si pratica la magia. Nel video, un altro elemento che emerge è l’esposizione del corpo “nero” dell’artista, e come questo sia feticizzato, erotizzato e “macchinizzato” dalle tecnonologie.
Questo tema diventa centrale in Gaze Make Me Glitch, in cui Cy X esplora come lo sguardo della supremazia bianca si riflette nel linguaggio binario dell’infrastruttura tecnologica computazionale, andando a definire la “realtà” e influendo sulla costruzione e rappresentazione del sé on/off-line. What kind of file is the body? What kind of file am I? What is the difference between me and the code for me? Facendo riferimento alle terminologie di coding, all’architettura computazionale di tipo master-slave, ai bias dei software di telecamere che non registrano le persone nere, l’artista riflette su come le tecnologie del capitalismo e del colonialismo si basino sul mantenimento del “mondo unico”, che, secondo la definizione del sociologo John Law, «privilegia sé stesso e nega la presenza di altri mondi». «Questo mondo unico è il mondo del master, la sua proiezione, completa di un proprio algoritmo, l’insieme di regole, relazioni e ideologie che compongono tutto ciò che molti conoscono come verità e realtà ultime», racconta Cy X. «Questi insiemi di regole, relazioni e ideologie compongono anche quella che, nella mia comunità magica, chiamiamo consensus reality o l’insieme delle credenze generalmente considerate vere. Questo algoritmo è ciò che ci comunica ciò che è e ciò non è possibile, e attraverso esso funziona negando altri mondi e altre realtà».
Cy X quindi irrompe nel “mondo unico”, attaccando il codice del master con l’errore sotto forma di incantesimo. Dapprima utilizza la pratica del data bending, che è il processo in cui si carica un file in un programma progettato per aprire un altro tipo di file (pensiamo, ad esempio, all’apertura di un file .mp3 in Adobe Photoshop). L’artista apre file che riguardano il suo corpo e quello di altri corpi neri usando diversi software, che ovviamente non li riconoscono. What kind of file am I and what program was designed to open me? It feels like any attempt to upload myself would result in databending. Così, l’artista decide di intervenire direttamente nei codici, glitchando i suoi selfie e manipolando l’ASCII (l’American Standard Code for Information Interchange) alla ricerca dell’American Standard Code for blackness, fino a rendere le immagini irriconoscibili. In conclusion, give me my fuckin body back. My body don’t have no creative commons license.
«Sebbene questo sia stato un esercizio digitale, i risultati sono dolorosamente familiari e ricordano il piccolo divario, o meglio l’inesistente divario, tra lo schermo e il mio essere AFK. Il problema non è isolato allo schermo. Mi è stato evidente, attraverso la mia tecnologia corpo/mente, che sapevo esattamente come si sentiva un glitch», racconta l’artista. Cy X usa la stregoneria e pratiche alchemiche per rivendicare la sua blackness e condannare il razzismo intrinseco delle tecnologie, contestando il modello del “mondo unico” per aprire nuovi portali su mondi altri.
Per incontrare l’ultima strega torniamo in Europa, più precisamente a Parigi. Lucile Olympe Haute, artista e ricercatrice universitaria, ha scritto nel 2019 il Cyber Witches Manifesto, un testo che è stato fonte di ispirazione e di condivisione per tantissimə cyberstreghe. Il manifesto fa esplicito riferimento all femminismo postumanista di Donna Haraway, che con il celebre Manifesto cyborg (1985) ha proposto il cyborg come metafora per superare il binarismo essere umano/tecnologia, uomo/donna, umano/animale. Per Lucile, la strega oggi rappresenta «un doppio movimento, tra stigmatizzazione e inversione; l’inversione dello stigma è una richiesta, un grido d’appello. Quanto al “cyber” che ho aggiunto alla parola, è per affermare che il nostro divenire-cyborg sia un dato di fatto: le nostre estensioni digitali sono organi che estendono i nostri corpi in diverse materialità. Il “cyber” di “cyber sorceress” è in definitiva la parte più banale della parola». Il manifesto è un’invocazione al triplice incrocio tra consapevolezza politica, emancipazione tecnologica e spiritualità che collega i movimenti del cyberfemminismo con quelli del neopaganesimo e dell’ecofemminismo. Nasce dalla necessità di riunire tre mondi di cui lei stessa fa parte.
Dall’incantesimo come protesta ludica alla creazione di comunità, le cyberstreghe offrono un grande potenziale di cambiamento e sperimentazione nell’era digitale
«Io sono parte del Reclaiming, un movimento di origine americana che combina il neopaganesimo, che recupera tradizioni spirituali, con i principi ecologici e con l’attivismo femminista», spiega Lucile Olympe Haute. «Una delle sue attiviste più conosciute è la scrittrice femminista Starhawk. L’altro mondo è quello dell’attivismo tout court trasfemminista, queer, fortemente impegnato politicamente, per il quale la strega è un emblema di ribellione ma svuotato delle sue pratiche spirituali, magiche e di cura. Infine il mondo più difficile da coinvolgere che è quello della open source community, hacker e maker, e che è fortemente connotato da una presenza maschile». Il manifesto è un invito a riunirsi e ripensare collettivamente la questione della “sovranità tecnologica” ricalcando lo stile e i temi centrali dei manifesti dei molti gruppi di artiste e teoriche cyberfemministe del passato, che sin dalla prima diffusione di Internet hanno messo in evidenza le dinamiche di potere insite nella progettazione delle tecnologie. Tra queste, le pioniere VNS MATRIX già nel 1991 ci invitavano a sabotare il “paparino mainframe”.
«Uniamo le nostre voci: “Noi non difendiamo la natura, siamo la natura che difende sé stessa” […] Riconosciamo che gli strumenti del padrone non smantelleranno la casa del padrone. Le stesse tecnologie che erano motivo di sognare nuove forme di empowerment politico si sono rivelate mezzi di sorveglianza e controllo per tutti. È tempo di uscire dai labirinti dualisti. Ma non facciamo come Icaro: le Sirene sono nostre sorelle e siamo troppo appassionate della sensualità delle pietre e della tenerezza degli alberi per cedere all’orgoglio transumanista […] Professiamo l’autonomia tecnologica e tutte le forme di emancipazione e di empowerment. Ispiriamoci a W.I.T.C.H., VNS Matrix, Gynepunk, Reclaiming, tecnosciamanesimo, xenofemminismo, iperstizione, afrofuturismo e ancestorfuturismo senza aderire completamente all’uno o all’altro»
Il manifesto di Lucile presuppone «la magia come l’arte di cambiare prospettiva a piacimento», ricalcando la definizione di Dion Fortune, celebre occultista e psicoanalista inglese di inizio Novecento. L’idea centrale è la consapevolezza che “la finzione cambia il mondo”. Manipolare segni/significati, immagini e linguaggio dà forma al nostro ambiente, in quanto i simboli hanno efficacia sia psicologica che politica. «Le nostre apparecchiature tecniche contemporanee di tutti i giorni partecipano alle nostre forme rituali. Eseguiamo rituali tecnofili. Facciamo i gesti. Diciamo le parole. Manipoliamo gli oggetti. Evochiamo sopravvivenze archetipiche. […] Pratichiamo quest’arte di trasformare la coscienza secondo la nostra volontà. Diventiamo cyber-streghe».
Cy X, Lucile e Ginevra ci hanno accompagnato per mano in questa oscurità computazionale, abbracciandone la complessità senza volerci indicare direzioni prestabilite. Nel loro definirsi “cyber” o “digital” hanno intimamente superato il binarismo essere umano-macchina nella pluralità delle loro infinite combinazioni e configurazioni. Le tecnologie antiche, industriali o digitali sono rivendicate come processi trasformativi intrinsechi alla nostra esistenza, parte del nostro ecosistema. Come ci ha detto Lucile, nell’autodefinirsi “strega” c’è anche una presa di posizione politica e un cambiamento di paradigma. Assumendo questo ruolo, ci si fa portatrici di uno stile di vita che accoglie l’altro, ossia le forme di comportamento, le pratiche e le visioni che sono state escluse e condannate sin dalla caccia alle streghe nel progetto della modernità.
Tutte e tre le artiste ci offrono esempi per utilizzare l’arte e il design come metodo: le loro pratiche passano per i musei ma il fine ultimo è quello di tornare nella comunità e attivare relazioni. Ginevra organizza Holistic Technology Salon, incontri di comunità al museo in cui discutere di tecnologia e guarigione. Cy propone sessioni di guarigione e letture dell’aura tramite il creative coding, Lucille svolge quelli che definisce “micro rituali collettivi” e pratiche di divinazione femminista. Queste cyberstreghe propongono intime connessioni con il mondo attraverso la provocazione centrale della magia: attivare i sistemi di credenza in uno spazio in cui non dovrebbero essere attivati. E la credenza non religiosa sembra una precondizione per politiche conviviali di coesistenza, lavoro gioioso, cura e relazionalità non gerarchica.
Nell’incontro con le artiste in questione, ciò che ho trovato estremamente brillante (e politicamente prezioso) – ciò che mi ha concretamente spinta a rimodulare la mia prospettiva – è il fatto che le cyberstreghe operano facendo effettivamente deflagrare quello che Cy definisce “il mondo unico”: il mondo moderno e egemone, nato dalla coalescenza di colonialismo, capitalismo e scienza. Dando forma all’entropia e alla “miseria simbolica” che caratterizzano il momento attuale, queste nuove streghe ci indicano dei possibili pattern da seguire nel crollo di ogni universo ordinato di significati. Dall’incantesimo come protesta ludica alla creazione di comunità, le cyberstreghe offrono un grande potenziale di cambiamento e sperimentazione nell’era digitale, rivoluzionando il nostro immaginario e aprendo all’intuizione di altri mondi possibili oltre il disastro.
Questo contributo è parte della prima sezione del progetto di ricerca curatoriale di Arianna Forte “Casting a spell in computational regimes: pratiche rituali per una controapocalisse trans-femminista”, ed è il frutto di una primissima ricognizione sul tema. Il progetto è sostenuto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura nell’ambito del programma Italian Council (2023). Di proposito in questa sede non sono state prese in considerazione le pratiche artistiche che hanno a che fare con il corpo, il biohacking e i pregiudizi e bias della medicina e della scienza, che sono al centro della seconda parte della ricerca in questione.