Guida all’horror speculativo

Da Danielewski ai Nerorgasmo, da Junji Ito a Xasthur, libri, dischi e fumetti del Canone Oscuro

Quando si parla di horror speculativo, a venire citata è sempre una serie circoscritta di nomi: Thacker, Masciandaro, Negarestani e Brassier per la filosofia, Ligotti e Lovecraft per la letteratura. In questo modo, tuttavia, non si rende onore ai movimenti viscidi dell’horror speculativo, alla capacità dei suoi tentacoli di afferrare avvenimenti distanti nel tempo, e alla resistenza delle sue spore mentre proliferano in ambienti teorici a prima vista avversi. Quella che segue è una lista di artistə, teorichə e scrittorə che, volontariamente o loro malgrado, si sono fattə testimonə del vangelo inumano. 

Per rendere più fruibile la lettura si sono creati sette differenti nuclei, distinti in base alla rispettiva fonte di provenienza dell’orrore. Mentre l’horror cosmico ha al suo centro l’indifferenza e il vuoto astrale, il suo speculare materico, l’horror organico, si muove tra le pieghe dei corpi alieni che abitiamo. L’horror antropologico riguarda la sopravvivenza di rituali folkloristici che funzionano da zone di attraversamento per presenze demoniache. D’altra parte, il GeoHorror è un dissotterramento delle forze inumane che pulsano sotto la superficie della Terra. Il Tecno-Horror, invece, sposta l’attenzione in direzione di glitch e malfunzionamenti extraumani nella tecnologia. Infine, Horror esistenziale e Horror urbano condividono entrambi come proprio punto di partenza dell’analisi l’essere umano, ma mentre il primo si focalizza sul mostruoso che emerge dalle riflessioni sull’esistenza umana, il secondo indaga le inquietanti entità che si annidano nei territori antropizzati.

Jerzy Grotowski – Apocalypsis Cum Figuris

Apocalypsis Cum Figuris è stato l’ultimo spettacolo – e per molti il più radicale – del maestro del teatro povero Jerzy Grotowski. Apocalypsis Cum Figuris, il cui titolo si rifà alle note xilografie di Dürer, è il risultato degli studi condotti da Grotowski e il suo gruppo di attori sui vangeli e la figura di Cristo. Non solo, l’opera mescola citazioni di T. S. Eliot, monologhi tratti dai personaggi di Dostoevskij e passaggi ripresi dai testi sul misticismo di Simone Weil. È possibile trovare una documentazione di Ermanno Olmi dello spettacolo che si è tenuto a Milano nel 1979, ma è un’altra versione che mi interessa maggiormente. Qualche anno prima di Milano, Apocalypsis Cum Figuris fu presentata a Venezia durante la Biennale di teatro del 1975. Grotowski scelse come location per la propria fine del mondo l’isola ormai abbandonata di San Giacomo in Paludo. 

Come racconta Francesco Cataluccio, uno strano rito precedeva l’inizio della performance: per accedere allo spettacolo, ossia per arrivare a San Giacomo, era necessario aspettare di fronte alla riva dell’isola principale di Venezia l’arrivo di una barca che avrebbe selezionato i fortunati spettatori. Esaltata dall’ambiente spoglio, l’Apocalypsis Cum Figuris veneziana portava all’estreme conseguenze il primo cardine del teatro povero, la Via Negativa. Si trattava di abbondare l’esigenza da parte dello spettacolo teatrale di farsi portatore di insegnamenti mediante l’eliminazione di tutto ciò che non era necessario al corpo e alla voce degli attori. Quello che è ne è emerso è un’apocalisse scarna, privata di qualsiasi forma di spettacolarizzazione. Un luogo consumato dal buio e dall’immobilità, ad eccezione dei corpi e delle grida degli attori in scena.

Michèle Lamy – LAVASCAR

Sciamana, avvocata penalista, produttrice cinematografica, studiosa di Deleuze, performer, ma soprattutto fondatrice, assieme al marito Rick Owens, dell’azienda Owenscorp. Michèle Lamy è un personaggio poliedrico e facilmente riconoscibile per il suo stile iconico: dalla corazza di vestiti e strati neri di trucco emergono mani e braccia coperte da un intreccio di anelli e braccialetti, tatuaggi berberi e denti dorati. Protagonista del video M3LL155X di FKA twigs, collaboratrice di A$AP Rocky, Black Asteroid e Tommy Cash, Lamy è da sempre coinvolta all’interno di realtà musicali differenti. Ma è inserita in questa lista per LAVASCAR, progetto EBM/ambient realizzato in collaborazione con Nico Vascellari e Scarlett Rouge, figlia di Lamy e Owens. 

Nato nel 2017, LAVASCAR mescola groove tribali e ritualistici, in perfetto stile Ninos du Brasil, alle voci e alle grida di Lamy, Rouge e Vascellari. L’atmosfera che viene creata richiama un senso di terrore primitivo, quel senso di angoscia che deriva dal riscoprire la perduta sensazione di essere una preda. Vascellari ha descritto la sonorità del secondo album, Garden of Memory, come un modo per recuperare i rumori che l’umanità impiegava all’interno di spelonche per segnare acusticamente un spazio protettivo dalle minacce esterne. Utilizzando le poesie di Etel Adnan come propri testi, le otto tracce di Garden of Memory riportano alla luce l’ancestrale funzione del ritmo come modalità per esorcizzare e ribaltare la dinamica preda/predatore.

La disperazione non proviene più dal singolo vissuto personale, ma rivela una fonte sotterranea più profonda, una maledizione folcloristica che scorre come veleno da una generazione all’altra.

Amenra – De Doorn

Definiti come avant-garde post-metal, gli Amenra sono un gruppo belga che mescola sonorità post-hardcore con lo sludge e il doom metal. Ciò che li ha resi noti è la scrupolosa attenzione riservata all’atmosfera spirituale che circonda il gruppo, ben espressa attraverso i live nei quali il suono, le proiezioni e la presenza scenica del frontman Colin H. van Eeckhout mirano a dare forma a dei rituali collettivi. L’universo gnostico degli Amenra si è espanso ulteriormente nel 2004 con la nascita del collettivo artistico Church of Ra formato da gruppi e artisti – come The Black Heart Rebellion, Oathbreaker e Treha Sektori – che condividono la stessa etica musicale. 

Dopo sei album intitolati Mass (messa) imperniati sulla necessità di elaborare i dolori e i lutti personali attraverso un utilizzo catartico del suono, l’ultimo lavoro, De Doorn (la spina), segna una svolta, non solo stilistica, nella storia del gruppo. Cantando in fiammingo, Colin H. van Eeckhout si immerge nella storia e nelle tradizioni orali del luogo natio degli Amenra. Ciò che affiora da questa esplorazione è uno spostamento di obiettivo: la disperazione non proviene più dal singolo vissuto personale, ma rivela una fonte sotterranea più profonda, una maledizione folcloristica che scorre come veleno da una generazione all’altra.

Emiliano Maggi – Salò

La ricerca dell’artista romano Emiliano Maggi affonda le sue radici nello studio antropologico e mitologico dei costumi. Le sculture, i dipinti e le performance di Maggi generano figure grottesche che sembrano provenire dalle pagine dimenticate di leggende e racconti popolari. Queste figure prendendo vita tra le pieghe dell’estetica barocca al centro del progetto musicale Salò. Ricoperti da strati di tessuti, i componenti del progetto – Maggi, Mai Mai Mai, Stefano Di Trapani, Cosimo Damiano, Giacomo Mancini – si muovono sulla base di sonorità noise formando rituali grotteschi degni dei personaggi senza volto che animano i racconti di Ligotti. Salò è il suono che si lascia alle spalle la società mentre decade perché divorata al suo interno dai suoi stessi eccessi.

Scott Wilson – Melancology. Black Metal Theory and Ecology

Curata da Scott Wilson Melancology è un insieme di saggi sui legami tra l’ecologia e l’abisso oscuro descritto dalla black metal theory. Se state pensando all’ecologia oscura e senza natura di Morton siete sulla strada giusta. Se, invece, siete preoccupatə per l’inquietante sottotesto fascista che potrebbe emergere dal tentativo di unire black metal ed ecologia – una preoccupazione comprensibile, visto che uno dei saggi cita gli Absurd, gruppo esplicitamente NSBM –, consiglio di leggere come primo testo The Hot, Wet Breath of Extinction di Evan Calder Williams. Riportando le parole dell’autore stesso, «non mi azzardo a rivendicare la “politica fondamentale” implicita nell’intento di parlare di melancologia, né a scherzare sul fatto che simili eredità ecologico-estetiche si avvicinano molto a un’eredità politico-estetica fascista. Tuttavia, la questione deve essere tenuta in sospeso. Non significa necessariamente che la melancologia sia fascista. Significa che l’estetica fascista è melancologica». OK.

Aleksej German – Hard to Be a God

In questa lista troverete un solo riferimento cinematografico, e questo per il semplice motivo che i testi di Thacker sono già  molto ricchi di rimandi a film horror e sci-fi. Basta sfogliare Tra le ceneri di questo pianeta per trovare citati i film di Carpenter,  La stregoneria attraverso i secoli, Blob – Fluido mortale e Caltiki di Freda e Bava. Se i riferimenti di Thacker non vi appagano e volete approfondire l’universo cinematografico legato all’horror speculativo vi suggerisco di recuperare la rubrica The Void di Decamerette con Matteo Grilli e Simone Sauza. A questa lunga lista mi limito ad aggiungere È difficile essere un dio del regista russo Aleksej Jur’evič German. 

Uscito nel 2013, tratto dall’omonimo libro di fantascienza di Arkadij e Boris Strugackij, il film racconta della spedizione dello scienziato Rumata su un pianeta alieno, Arkanar, che presenta una società simile al medioevo umano. Inviato come osservatore esterno, Rumata è attirato dalla possibilità di assumere potere e ricoprire un ruolo semi-divino. Il film getta lo sguardo degli spettatori direttamente in pasto al vero protagonista della pellicola, ossia la matassa viscida – fatta di melma, terra e indecifrabili fluidi organici – che ricopre totalmente l’occhio della telecamera. Questa presenza materica si mostra a tal punto estesa e fagocitante da suggerire che si tratti di un unico grande corpo viscoso, frammentato solo temporaneamente dai movimenti dei personaggi mentre sono costretti a farsi strada al suo interno. Ricoprendo vestiti, abitazioni, strade e persino animali, questa matassa liquida fa di È difficile essere un dio un perfetto esempio di film in grado di mettere al centro la minacciosa esistenza di un ambiente antiumano, senza tuttavia scadere in banali antropomorfizzazioni.

Edia Connole, Gary J. Shipley – Serial Killing

Se avete appena concluso di leggere Tutto era cenere. Sull’uccidere seriale di Simone Sauza e siete alla ricerca di altri testi che esplorino il legame tra serial killer e pulsioni inumane, Serial Killing. A Philosophical Anthology è il libro che fa per voi. Edito da Edia Connole e Gary J. Shipley, Serial Killing raccoglie interventi di Hunter Hunt-Hendrix, Alina Popa, David Peak, Amy Ireland – teorica e membro di Laboria Cuboniks, lə autorə del manifesto xenofemminista – e, ovviamente, degli immancabili Thacker e Masciandaro. Suddiviso in sei parti, ogni sezione è legata a un diverso serial killer. Riprendendo il pensiero di Bataille, Nick Land e Negarestani, la paura individuale che alleggia attorno ai nomi dei seriali killer viene riproposta su un livello impersonale, mettendo in gioco dinamiche di terrore cosmologiche e ontologiche.

Balenciaga – Mud Show

Per qualche inspiegabile ragione la filosofia dell’horror si è trovata fin da subito catapultata nell’universo della moda e della fashion theory. Mi riferisco qui alla giaccia con la scritta a caratteri cubitali “In the Dust of this Planet” indossata da Jay-Z per il video Run di Beyoncé. L’idea è venuta all’artista norvegese Gardar Eide Einarsson che, fan di True Detective, è stato chiamato a disegnare dei capi per BLK DNM scegliendo il titolo del libro di Thacker, titolo che aveva già usato per una mostra personale qualche anno prima. Ma l’alleanza con il mondo della moda ha continuato a muoversi in modo silenzioso e non si può certo dire che questo rappresenti il primo caso in cui l’horror speculativo ha funzionato come ispirazione.

Parlando dell’origine della blackness di Balenciaga e del suo sconvolgimento dei corpi attraverso il rigonfiamento dei tessuti, Fabriano Fabbri nel suo primo volume dedicato alla moda contemporanea, scrive: «Balenciaga chiama a sé il vigore di una materia oscura, cosí incontenibile nella sua vivida effervescenza da creare uno sbuffo di informe nella linea delle spalle, un bubbone, una tumefazione che sarebbe davvero banale ricondurre al profilo rassicurante delle maniche a palloncino, quando sotto la superficie spessa delle fibre si dimena una bestia prorompente, una minaccia lí lí per lacerare lo spessore della pelle». Nella nuova collezione Balenciaga questa atmosfera torna predominante. Durante l’ultima Paris Fashion Week, Demna – direttore creativo di Balenciaga – ha fatto sfilare i modelli in un’arena di fango realizzata da Santiago Sierra. Mud Show ha ripreso lo statement iniziale del marchio, fondendo la decadenza degli abiti neri con un composto informe di acqua e fango.

Il terrore qui non proviene da un fonte localizzabile, da un essere mostruoso alla ricerca di vittime umane, ma da un’agency indefinita, espansa e inesplicabile.

 Mark Z. Danielewski – Casa di foglie

Casa di foglie è il romanzo d’esordio dello scrittore statunitense Mark Z. Danielewski. È un labirinto di note, rimandi, interventi grafici e cambi continui di scrittura. Citato come uno degli esempi più curiosi di letteratura ergodica, Casa di foglie si presenta come un puzzle narrativo. La parte principale del libro, ovvero il motivo stesso della sua scrittura, riguarda il ritrovamento di un baule ricco di appunti stilati da Zampanò, un anziano ceco e morto in solitudine. I testi contengono un’analisi approfondita di un found footage del regista e fotografo Will Navidson all’interno della sua casa maledetta ad Ash Tree Lane. Casa di foglie è un crescendo di inquietudine, ciò che inizialmente sembrava un dettaglio architettonico insignificante diviene poco a poco un portale verso l’oscurità, accentuato dal ritmo frammentario della narrazione dove traumi infantili si mescolano con mostri partoriti da una mente sotto acidi.

Junji Itō – Uzumaki

Forse tra i più celebri esempi di manga ispirati dall’horror cosmico di Lovecraft, Uzumaki racconta di una strana maledizione che si abbatte sulla cittadina di Kurozu-cho. Senza un’apparente spiegazione gli abitanti della città vengono spinti a cercare compulsivamente forme a spirale, iniziando ad avere atteggiamenti sempre più aggressivi e antisociali. La forma della spirale inizia a fagocitare indifferentemente oggetti inanimati e persone, assorbendo ogni loro energia e trasformandoli in strani ibridi spiraliformi. Rese graficamente da pesanti linee d’inchiostro queste mutazioni si espandono al punto tale da contorcere Kurozu-cho in un concatenamento senza fine. Sono questi elementi a fare di Uzumaki un capolavoro dell’horror astratto: il terrore qui non proviene da un fonte localizzabile, da un essere mostruoso alla ricerca di vittime umane, ma da un’agency indefinita, espansa e inesplicabile.

Nerorgasmo – Nerorgasmo

Se siete cresciuti in una provincia fatta di nebbia, industria e disagio adolescenziale, i Nerorgasmo occupano sicuramente un posto speciale nel vostro cuore. Le tematiche nichiliste hanno reso questo gruppo un’eccezione nella scena hardcore punk italiana degli anni ottanta. Su Luca Abort, la sua famosa esibizione vestito da nazista a El Paso nel ’93, e le critiche per non essere un gruppo schierato politicamente si è già scritto troppo. Può sembrare esagerato parlare di horror speculativo a proposito dei Nerorgasmo. Tuttavia è proprio nei testi più esistenzialisti, in cui l’affermazione personale diviene tutt’uno con la lacerazione dei propri valori, che nella voce di Abort riecheggia un orrore più profondo e decisamente meno umano: «Siamo quei pensieri e desideri insoddisfatti/ Che tu cerchi invano di inghiottire e di dimenticare/ Ma gorgogliano vivi ti tornano alla mente/ Incrinano i valori in cui credevi da sempre […] E non riuscirete ad annientarci a isolare il nostro germe/ Il nuovo fiore reietto colpirà eternamente».

Andrea Cassini, Claudio Kulesko – Blackened. Frontiere del pessimismo nel XXI secolo

Che in Italia ci fosse un fermento teorico riguardante l’horror speculativo se n’era già accorto Edmund Berger quando, grazie al suo blog DI Research Zone 22, aveva indirettamente generato la nascita di Demonologia Rivoluzionaria. Il libro di Kulesko e Cassini è una vera e propria mappatura delle diramazioni teoriche del pessimismo contemporaneo. Anche se fra Demonologia Rivoluzionaria e Blackened vi sono delle affinità tematiche, quest’ultimo sposta l’attenzione in direzione di strade meno battute come il rapporto fra horror astratto e geofilosofia, ma anche fra transumanesimo, antinatalismo e pessimismo.

Ozone Dehumanizer – Primo Principio Di Annullamento Della Luce

Da Masciandaro a Thacker si sprecano i riferimenti ai gruppi black metal come modelli di riferimento per l’horror speculativo. Sembra però che poco spazio venga dato a progetti musicali che potrebbero fornire una diversa prospettiva sul tema. Ozone Dehumanizer è un progetto hardcore rap italiano nato nel 2014. Se i primi lavori portavano all’estremo l’horrorcore con testi che mescolavano cinismo, black humor e misantropia, l’ultimo singolo Primo Principio Di Annullamento Della Luce è una preghiera per una divinità anti-cosmica: «Non c’è luce dal principio/ Falcia le risaie porta carestia/ Dimostra la natura devastante della tua follia […] Cosa vedono le piovre nei meandri degli abissi/ Cosa temo? temo di collidere col sole/ Nel teatro grigio piombo del mio baratro di depressione».

Xasthur – The Funeral of Being

La caratteristica principale del Depressive Black Metal (DBM) è quella di aver scavato ancora più radicalmente il legame tra black metal e pessimismo. A differenza del black metal classico, qui le tematiche concernenti il satanismo, il paganesimo e l’anticristianesimo lasciano il posto a riflessioni sul suicidio, sul vuoto esistenziale, la depressione e il pessimismo cosmico. Xasthur è un progetto del musicista statunitense Scott Conn, tra le più interessanti one-man band del DBM. Il secondo album, The Funeral of Being, si apre con una descrizione musicale delle forze inumane che operano sotto e attraverso i vizi e gli eccessi umano, per poi lasciare spazio, nella seconda traccia, a un’invocazione dei Grandi Antichi di Lovecraft. I suoni pesanti di Xasthur creano una gabbia sonora, un’ambiente circoscritto dal rumore lo-fi delle chitarre. Come è stato scritto in una recensione all’album, «questo non è black metal su cui fare headbanging. Questo è black metal con cui abbandonare totalmente la speranza e la felicità».

Dylan Trigg – The Thing

A differenza delle teorizzazioni sull’horror che hanno come punto di partenza il realismo speculativo e la critica al correlazionismo di Meillassoux, The Thing di Dylan Trigg si propone di riprendere l’approccio fenomenologico come metodo di indagine sull’orrore del corpo. Quest’ultimo diviene appunto la cosa (The thing), carne senziente attraverso cui ci illudiamo di dare senso e unità al mondo. Attraverso Kristeva, Bataille, Lacan, ma soprattutto il pensiero di Merleau-Ponty, Trigg delinea una fenomenologia dell’inumano, una xenofenomenologia, che pone il perturbante come elemento anonimo e inconscio esperibile attraverso i propri vissuti umani, ma non totalmente assimilabile ad essi.

Ben Woodard – Slime Dynamics

Similmente a The Thing, Slime Dynamics di Ben Woodard si pone come obiettivo quello di far emergere il rimosso inquietante e alieno che pulsa all’interno dei corpi umani. Woodard sceglie però una strada diversa rispetto a Trigg, ponendo le basi per un vitalismo oscuro che esplora il nesso tra la genesi della vita e la produttività di batteri, virus e mitocondri. Con riferimenti tratti tanto da Parasite Eve, quanto da Ligotti e Negarestani, l’argomentazione di Woodard prende in esame «l’incubo microbico», le forme di espansione e conquista dello spazio di funghi e muffe. Queste argomentazioni portano ad una critica dell’antropocentrismo insito nell’ipotesi di Gaia, favorendo una prospettiva che considera «gli esseri umani, come qualsiasi altro polipo di materia vivente» nient’altro che «cumuli di melma (slime) assemblati e modellati dagli incidenti del tempo e dal contesto dello spazio».

 Zach Blas – Queerness, Openness

Leper Creativity è una raccolta di saggi tratti da un convegno su Cyclonopedia che si è svolto nel 2011 alla The New School. Il libro contiene interventi di designer, scrittorə e teoricə come McKenzie Wark, Benjamin Bratton, Alexander Galloway e Robin Mackay. Il saggio di Zach Blas si presenta come uno dei testi più interessanti per il suo tentativo di unire il pensiero dell’inumano contenuto in Cyclonopedia e i queer studies. Parafrasando le parole dello stesso autore, si tratta di far risaltare le potenzialità queer inespresse nel lavoro di Negarestani. Il saggio di Blas procede con un vero e proprio lavoro di riesumazione, utilizzando la scrittura di Cyclonopedia, il suo groviglio di rimandi e il suo espanso sottotesto, come strumento principale della sua analisi. I buchi nella narrazione divengono in questo modo un modello di queerness in grado di riconoscere l’incompletezza e l’instabilità come caratteristiche politiche affermative. 

Questo modello di scrittura, che procede per salti e rimandi sotterranei, è doppiamente importante per Blas perché smette di avere come suo correlato una posizione soggettiva eteronormata. La prima parte fornisce il pretesto per creare un’inedita rielaborazione del concetto di apertura radicale, trasformando Parsani – uno dei personaggi principali di Cyclonopedia – nel profeta di un amore senza volto, una nozione di alterità in grado di andare oltre il riconoscimento di soggettività stabilite.

AUDINT – Unsound:Undead

L’unità di ricerca AUDINT afferma di essersi formato alla fine del 1945 a partire da ex membri della divisione militare Ghost Army e da ex scienziati militari tedeschi coinvolti nell’Operazione Paperclip. Scopo del gruppo è analizzare «le strategie, le tecnologie e i programmi basati sulle frequenze sviluppati dalle organizzazioni militari per orchestrare fenomeni di infestazione tattica nelle zone di conflitto. […] I loro attuali esprimenti si sono interessati al campo della percezione acustica periferica, battezzata Unsuond». A metà tra fiction e saggistica Unsound:Undead, a cura di Steve Goodman (Kode9), Eleni Ikoniadou e Toby Heys, raccoglie un insieme di contributi volti ad analizzare il rapporto tra campo acustico e mondi soprannaturali. Dagli ologrammi utilizzati per riportare in vita rockstar morte, fino al suono del damaru (tamburo tibetano realizzato a partire da un cranio umano), Unsound:Undead è una vasta esplorazione delle potenzialità del suono come mezzo di trasmissione di entità ed eventi non-più e non-ancora umani.

Bogna M. Konior – The Machine Mystique: Deep–Learning Metal

Recentemente uscito per PM Press, Black Metal Rainbows racchiude saggi di diversə autorə volti a scardinare l’idea di black metal come genere conservatore dalle tendenze fasciste, mettendo in risalto le sue spinte rivoluzionare. Con le parole di Mark Greenway dei Napalm Death: «un urlo liberatorio e collettivo che va oltre gli stereotipi fatti di foreste ghiacciate e odio puerile». In questo testo la stessa black metal theory viene ripensata a partire da paradigmi alternativi. Ne è un esempio il contributo di Bogna M. Konior sul black metal dei Dadabots, un progetto che combina all’infinito sequenze di suoni di artistə, generi e gruppi differenti attraverso delle reti neuronali artificiali. 

Se l’inconoscibile a cui fa riferimento la black metal theory è veicolato dal suono di gruppi che spesso rinviano ad una nostalgia romantica premoderna, che cosa succede se essa si espone alla radicale estraneità della macchina? Questa domanda porta Konior a riprendere la filosofia di Sadie Plant, marcando i nessi che collegano intelligenza artificiale e questioni di genere. Intelligenze artificiali e soggettività queer condividono per la loro stessa sopravvivenza la necessità di farsi riconoscere dal paradigma uomo/umano. Create queste nuove alleanze è tempo di conquistare un’oscurità dalle diverse sfumature, meno legata ai demoni e al nichilismo della rappresentazione, e maggiormente esposta alle allucinazioni delle macchine.