Bollettino della quarantena #2
Le reazioni del pop arabo alla pandemia.
«The Cloud Sailor Diary»: com’è la vita a Shanghai dopo il coronavirus.
Ancora dalla Cina: Ted Chiang sul «disaster novel» dentro cui stiamo tutti vivendo.
Non tutte le pandemie sono la peste nera: un bella comparazione su Going Medieval.
Per un giro d’orizzonte sul pensiero critico al tempo della pandemia, una raccolta di materiali teorici con dentro Alain Badiou, Byung-Chul Han, Judith Butler, Franco «Bifo» Berardi ecc.
Benjamin Bratton sul futuro delle città in quarantena.
Timothy Morton ringrazia il Covid-19 (ok).
Sul Tascabile, Post-Oil World, ovvero: che strada prenderà il mercato dell’energia dopo la pandemia e l’attuale crisi dell’industria petrolifera?
«Virus cinese / Mercati mondiali»: l’analisi di N+1.
«La pandemia è un portale»: Arundhati Roy sul coronavirus in India.
«Non c’è maniera di sfuggire allo stato di lutto che imperversa in tutto il mondo»: una riflessione di Reem Khorshid.
La «lockdown theory» di McKenzie Wark.
«La cosa peggiore di mettere al mondo un figlio è consegnare alla vita un morituro»: un breve pezzo di Federico Campagna sulla MORTE.
Chiacchiere tra amici (no polemiche su Battiato): dal progetto Oceano Indiano nasce Radio India, il palinsesto radiofonico-pandemico concepito dalle compagnie residenti al Teatro India di Roma, ogni giorno dalle 17 alle 20.
Vivere nella distopia: sul New Statesman, Mark O’Connell ci spiega perché il mondo è ormai entrato nella sua piena fase ballardiana.
A proposito di ballardismo applicato: su The Architect’s Newspaper, una lista di libri e saggi su isolamento, ambiente domestico e solitudine imposta (c’è anche Simon Sellars, esatto).
L’artista Jonas Staal sulle propagazioni del virus e il suo progetto cu come fare causa ai grandi social media per la collettivizzazione delle piattaforme digitali.
«Ci vorrà tempo affinché la storia riparta» ¯\_(ツ)_/¯.
E per finire, un messaggio di speranza: torneremo a uscire e torneremo felici, come Pavarotti in sella su due ruote.