Harry Potter e il Manifesto della Razza

Ammirevole manifesto contro il razzismo, o puro pietismo paternalista imbevuto di stereotipi? Le tante ombre dell’opera simbolo di J.K. Rowling

La serie di romanzi e film Harry Potter di J.K. Rowling è spesso descritta come l’allegoria della necessaria resistenza dei giovani dell’Europa contemporanea contro il ritorno delle dittature novecentesche. In un mondo simile al nostro, streghe e maghi vivono in una società nascosta e parallela a quella delle persone non dotate di poteri magici (dette «Babbani») e il corpo studentesco della scuola inglese di magia di Hogwarts combatte contro Voldemort, un malvagio stregone sconfitto anni prima ma ora tornato in vita. Il protagonista, Harry Potter appunto, è l’unico mago che sia mai sopravvissuto a Voldemort: Voldemort ha ucciso i suoi genitori quando Harry aveva solo un anno, e il loro sacrificio ha magicamente difeso il figlio dalla magia oscura che si è invece ritorta contro Voldemort stesso distruggendone il corpo (ma non l’anima). L’incontro con Voldemort ha lasciato a Harry una cicatrice a forma di saetta sulla fronte e un profondissimo legame con quello che diventa il suo principale nemico e che solo lui può sconfiggere definitivamente.

Una ricerca ha evidenziato come i lettori di Harry Potter mostrino minori pregiudizi verso le minoranze, suggerendo che la serie possa avere effettivamente un ruolo in un’educazione antirazzista (ma manca un chiaro rapporto di causalità), e secondo il Time «Rowling adatta un genere intrinsecamente conservatore per i suoi scopi progressisti». Ma questa è una visione molto superficiale, seppur diffusa, delle confuse politiche post-ideologiche di Harry Potter. L’opera di Rowling è invece profondamente plasmata da pregiudizi razzisti e colonialisti, e come molto fantasy è una concreta divulgazione dell’idea che le razze esistano biologicamente.

È facile confondere Harry Potter per un manifesto antirazzista e antifascista. «Penso che molti di noi, se tu chiedessi di nominare un regime davvero malvagio, penserebbero alla Germania nazista» rispose Rowling spiegando come il nazismo abbia ispirato la creazione dell’ideologia del malvagio Voldemort. In un’altra intervista Rowling affermò che «Voldemort è chiaramente una specie di Hitler» e in una precedente dichiarazione, sottolineò un altro importante parallelo tra Voldemort (che non è un mago «Purosangue» avendo padre Babbano) e Hitler. «È come con Hitler e l’ideale ariano, a cui Hitler stesso non si conformava per nulla. Voldemort fa lo stesso. Prende la sua inferiorità e la indirizza contro gli altri e cerca di distruggere negli altri ciò che odia in se stesso». Un’ipotesi su cui tornano anche Lana Whited in The Theme of Race in the Harry Potter Series e Yair Koren-Maimon in Political History and Literature in J. K. Rowling’s Harry Potter Series.

Come le dittature novecentesche e la politica contemporanea, il governo di Voldemort è caratterizzato dall’odio per il diverso, in questo caso i Babbani, considerati una razza indegna e inferiore, meritevole solo di essere soggiogata. «Siamo costretti a sentirci spiegare che i Babbani sono come animali, stupidi e sporchi, che hanno costretto i maghi alla clandestinità con atti di ferocia» spiega Neville, compagno di scuola di Harry, quando alla fine della serie di romanzi i corsi di Hogwarts (e l’intero governo del Regno Unito magico) è ormai in mano a Voldemort. Secondo Voldemort e i suoi seguaci (i «Mangiamorte») maghi e Babbani dovevano essere divisi e distinti e doveva essere il più possibile preservata la purezza del sangue delle antiche casate magiche; questo voleva anche dire cacciare dal mondo della magia i Nati Babbani chiamati «Sanguemarcio», cioè le persone dotate di poteri magici ma nate da due genitori entrambi Babbani. 

Sono molteplici i paralleli tra le leggi promulgate dai sostenitori di Voldemort e quelle dei regimi nazifascisti. In Harry Potter i Doni della Morte, per esempio, vengono indagati gli alberi genealogici dei maghi per verificare la purezza del loro sangue e viene indetto un «Censimento dei Nati Babbani» per indagare su «come siano entrati in possesso di segreti magici» pur non avendo nessun evidente antenato mago (a proposito è interessante Aspects of Race and Parallels with the Third Reich in J.K. Rowling’s Harry Potter and the Order of the Phoenix). Molteplici sono anche i paralleli tra la Resistenza al regime di Voldemort e quella contro i regimi nazifascisti, e il nazifascismo è esplicitamente citato nell’opera teatrale Harry Potter e la Maledizione dell’Erede, quando viene descritta una realtà alternativa in cui Voldemort ha sconfitto Harry e in cui nel Ministero della Magia pendono ora «gonfaloni […] in stile fascista» [«in a fascistic manner»] e in cui nel mondo ci sono «campi di morte per i Sanguemarcio». 

Il mondo di Harry Potter, proprio come il nostro, è un mondo costruito su secoli di razzismo sistematico ma negato e nascosto dalle istituzioni.

Anche l’epoca di Grindelwald, il mago oscuro che ha preceduto Voldemort nel tentativo di affermare il dominio della popolazione magica sui Babbani, ha paralleli con il regime nazista. La guerra contro Grindelwald, raccontata nella serie cinematografica Animali fantastici, si svolge negli anni della Seconda Guerra Mondiale (Grindelwald viene sconfitto nel 1945) e il simbolo di Grindelwald è un equivalente della svastica nel mondo della magia, in quanto è un simbolo antico e positivo (rappresenta i Doni della Morte) piegato poi a un’ideologia razzista. L’autrice ha affermato di considerare personaggi come Harry, non Purosangue (la madre di Harry è Nata Babbana), l’equivalente magico di chi nasce da genitori di diversa etnia e, andando oltre il Novecento, alcune parti della serie richiamano (e attaccano) esplicitamente slogan politici della realtà contemporanea. «Direi che da prima i maghi a prima i Purosangue, e infine a prima i Mangiamorte il passo è breve» afferma il mago Kingsley su Radio Potter, l’equivalente magica di Radio Londra durante la guerra a Voldemort.

Così, il mondo di Harry Potter, proprio come il nostro, è un mondo costruito su secoli di razzismo sistematico ma negato e nascosto dalle istituzioni. «Ecco che cosa ha prodotto questa cena. Lavoro da schiavi» dice Hermione, la migliore amica di Harry, scoprendo che il cibo di Hogwarts è cucinato da elfi domestici, una specie schiavizzata dalla popolazione magica e costretta a una servitù incantata che gli elfi hanno ormai profondamente interiorizzato. Ma, come notato da Hermione, il libro Storia di Hogwarts in «oltre mille pagine» non racconta mai che l’intera scuola vada avanti sullo sfruttamento «di un centinaio di schiavi». «La storia magica spesso glissa su quello che i maghi hanno fatto alle altre razze» spiega ancora Hermione in Harry Potter e i doni della Morte (la questione degli elfi domestici, di come diversi personaggi rispondono diversamente alla loro schiavitù e delle sue origini storiche e letterarie è affrontata in Hermione and the House-Elves: The Literary and Historical Contexts of JK Rowling’s Antislavery Campaign di Brycchan Carey, ma va segnalato che esiste una lettura alternativa che ricollega invece gli elfi domestici alle donne relegate in casa prima della loro emancipazione).

L’atrio del Ministero della Magia ha un’enorme statua che celebra la sottomissione di tutte le razza «semiumane» al potere della popolazione umana magica, con un elfo domestico, un centauro e un goblin che porgono omaggio a una strega e un mago, ma quando Harry guarda una seconda volta il monumento lo vede in modo diverso. «Guardò in su il bel volto del mago, ma da vicino lo trovò scialbo e un po’ insulso. La strega aveva un sorriso svaporato da concorso di bellezza e, per quello che Harry sapeva di goblin e centauri, era alquanto improbabile che li si potesse sorprendere a guardare in modo così svenevole qualunque genere di umani. Solo l’atteggiamento di strisciante servilismo dell’elfo domestico era convincente». La legge del mondo della magia afferma che «a nessuna creatura non umana è permesso di portare o usare una bacchetta» e il Ministero della Magia ha regolamenti come «Indicazioni per il trattamento dei Non Maghi Semiumani» e un Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche che si occupa sostanzialmente di mantenere il sistema razzista creato da streghe e maghi inglesi. La stessa classificazione legale delle creature non umane segue un principio incentrato unicamente sulla cultura umana: ha diritti paragonabili agli esseri umani «qualunque creatura dotata di intelletto sufficiente da comprendere le leggi della comunità magica e da assumersi parte della responsabilità di stilare quelle leggi» (Animali fantastici: Dove trovarli).

Rowling spesso condanna apertamente questo razzismo sistematico e mostra come influenzi il giudizio anche di personaggi altrimenti positivi, come il padrino di Harry, Sirius Black, che pure ha rotto con i suoi familiari a causa dei loro pregiudizi contro i non Purosangue e del loro appoggio a Voldemort. «Io temo che Sirius non abbia mai visto Kreacher [il suo elfo domestico] come una creatura dotata di sentimenti profondi quanto quelli di un essere umano…» afferma Albus Silente, preside di Hogwarts. E molti personaggi, tra cui il miglior amico di Harry, Ron, mostrano aperto disinteresse verso i problemi della schiavitù degli elfi. Non è sorprendente che quindi alcune di queste creature «semi-umane», come i giganti, si alleino con Voldemort nella speranza che il suo dominio garantisca loro migliori condizioni di vita. Pregiudizi diffusi riguardano anche Babbani e Nati Babbani. «Tua madre era Babbana di nascita, naturalmente. Non ci credevo quando lo ho scoperto. Pensavo che fosse Purosangue, era così brava» afferma il professor Lumacorno parlando con Harry. «Tormentare i Babbani può anche sembrare divertente ad alcuni maghi, ma è espressione di qualcosa di molto più profondo e malvagio» spiega Arthur Weasley, padre di Ron. Arthur, a causa della sua simpatia verso i Babbani, è guardato con diffidenza all’interno del Ministero della Magia dove lavora ed è considerato «un traditore del proprio sangue».

Questi paralleli contribuiscono alla costruzione di ciò che per Rowling sembra essere il vero tema centrale della storia di Harry Potter: sono le scelte e non le condizioni di nascita a definirci come persone. «Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano chi siamo veramente, molto più delle nostre capacità» spiega Silente alla fine di Harry Potter e la Camera dei Segreti. «Non riesci a vedere che non è importante ciò che si è dalla nascita, ma ciò che si diventa» ripete Silente in Harry Potter e il Calice di Fuoco. Nel mondo di Harry Potter niente è già deciso e tutto dipende dalle decisioni che le persone prendono. «Le profezie si possono anche non compiere, spezzare, evitare» dice Scorpius Malfoy in Harry Potter e la maledizione dell’erede. Scamander, protagonista della serie Animali fantastici, ha come motto «non ci sono creature strane, solo persone miopi» e chi nasce da genitori entrambi Babbani, come la brillante Hermione, non ha poteri magici o un talento inferiore rispetto agli altri maghi. 

Ma il punto di vista di Rowling è estremamente inglese ed eurocentrico («sono libri molto british» disse l’autrice). Per esempio, Hogwarts festeggia solo festività cristiane, e nell’Europa di Harry Potter esistono ben tre scuole di magia (Hogwarts nel Regno Unito, Beauxbatons in Francia, Durmstrang in Scandinavia) ed esiste una scuola in Russia, mentre esiste un’unica scuola in tutto il Nord America, un’unica scuola in tutto il Sud America, un’unica scuola in tutta l’Africa e una scuola per il Giappone. Dovrebbero esistere almeno altre tre importanti scuole, sinora mai nominate, ma è evidente come il mondo di Rowling sia un mondo prima di tutto inglese e poi europeo. La ristrettezza dei confini di Rowling è diventata ancora più evidente quando, per promuovere la serie Animali Fantastici (inizialmente ambientata in USA), la scrittrice ha realizzato un breve approfondimento sulla storia della magia in Nord America, dimostrando una grande ignoranza della sua Storia reale e dei suoi conflitti. I Nativi Americani sono descritti come un’unica cultura omogenea rappresentata secondo i soliti stereotipi («la comunità magica aborigena dell’America era particolarmente dotata in fatto di magia delle piante e degli animali») e la loro cultura reale viene riscritta a piacere da Rowling nel suo mondo immaginario. Rowling si appropria di culture vive e marginalizzate usando il suo potere economico e le piega alla promozione della sua nuova serie cinematografica. 

Il mondo di Rowling è anche molto bianco, una rappresentazione magari non sbagliata della composizione etnica del Regno Unito (i bianchi sono l’86% della popolazione di Inghilterra e Galles) ma chiaramente parziale, soprattutto in una serie che vuole parlare di razzismo. Quando l’attrice di colore Noma Dumezweni  è stata ingaggiata per interpretare Hermione in Harry Potter e la Maledizione dell’Erede, Rowling ha difeso la scelta affermando di non aver mai specificato che Hermione fosse bianca, ma è chiaro che nei romanzi Hermione sia sempre stata scritta come un personaggio bianco: essere bianchi è la condizione normale, standard, nel mondo immaginario di Rowling. Quando un personaggio è di colore Rowling lo specifica (nei casi di Dean Thomas nell’edizione americana, Angelina Johnson e Kingsley Shacklebolt) se non è intuibile dal suo nome (nei casi delle gemelle Patil e Cho Chang), mentre nessun personaggio è mai definito «bianco.» 

Rowling si sofferma raramente sull’etnia dei personaggi: «Rowling sembra dare deliberatamente alle etnie la stessa attenzione che dà al colore dei capelli» scrive Mikhail Lyubansky, ma questo è il privilegio di un’autrice bianca (ed eterosessuale e cisgenere) che descrive il mondo dal punto di vista di narratori bianchi (ed eterosessuali e cisgenere). «I bianchi tendono a pensare che il razzismo sia rendersi conto dei colori della pelle e credono che l’assenza di razzismo stia allora nel non vedere queste differenze. In questo modo pensano che sia razzista vedere differenze e diverse identità etniche in studenti che appartengono a minoranze etnicamente definite» scrivono Michael Omi e Howard Winant in Racial Formation in the United States: From the 1960s to the 1990s. Forse il mondo dei maghi non ha mai sperimentato razzismo al di fuori di quello contro i Nati Babbani, ma che esperienza hanno del razzismo proprio i Nati Babbani vissuti per anni nella nostra realtà razzista? Se Hermione non fosse bianca vivrebbe in modo diverso il razzismo che subisce nel mondo dei maghi in quanto Nata Babbana, perché avrebbe già subito un razzismo simile nella sua vita prima di Hogwarts. 

In alcune caratterizzazioni ci sono anche forti richiami all’orientalismo britannico: Cho Chang (di origine cinese) è timida e modesta, Parvati Patil (di origine indiana) è irrazionale in quanto amante della Divinazione («una branca della magia molto imprecisa»), animale in quanto attratta dal suo insegnante centauro, superficiale e frivola. A questo si ricollega anche la caratterizzazione di Nagini (approfondita nella serie Animali fantastici): una ragazza maledetta che viene dall’Indonesia (ma è interpretata da un’attrice coreana) e che è costretta a trasformarsi in serpente sino a rimanere definitivamente bloccata in questa forma, con cui poi diventa l’animale da compagnia di Voldemort. Quindi, una donna asiatica animalesca (di nuovo) e schiava

La scuola di magia di Hogwarts rappresenta una vera celebrazione delle boarding school dedicate a pochi prescelti, con i suoi dormitori, le sue divise, i suoi corsi esclusivi in un luogo lontano dalla mediocrità della società babbana.

Per quanto Rowling abbia poi negato di aver scritto Harry Potter con l’intenzione di elogiare le scuole d’élite britanniche, e per quanto l’ambientazione provenga da una lunga tradizione letteraria (esplorata in Harry Potter’s Schooldays: JK Rowling and the British Boarding School Novel di Karen Manners Smith), la scuola di magia di Hogwarts rappresenta una vera celebrazione delle boarding school dedicate a pochi prescelti, con i suoi dormitori, le sue divise, i suoi corsi esclusivi in un luogo lontano dalla mediocrità della società babbana. Come notato da Ilias Yocaris su Le Monde, Hogwarts è anche uno spazio interamente plasmato dalla competizione e da una visione neoliberale dell’educazione in cui ogni attività della scuola è «gamificata» in una gara tra gli studenti e le quattro Case in cui sono divisi e da cui le persone escono senza sapere nulla di letteratura, lingua o matematica, con conoscenze di Storia incentrate solamente sul loro piccolo mondo e senza avere alcuna occasione di praticare discipline artistiche. Un’acuta critica all’educazione di Hogwarts può essere trovata nella fanfiction Oral History di Acadine, dimostrazione di come questi temi siano entrati anche nel dibattito interno alla comunità dei fan di Harry Potter.

Viste le recenti polemiche sulle affermazioni transfobiche dell’autrice, è necessario qui accennare a come Rowling abbia trattato, o meglio come abbia rimosso, ogni identità non eterosessuale e non cisgenere dal racconto. Secondo sue dichiarazioni Silente è omosessuale, ma questo non emerge né dai romanzi né (per ora) dalla serie Animali fantastici. Il mondo di Harry Potter manca di qualsiasi aspetto queer della magia, e Rowling appoggia invece molteplici personalità del mondo TERF (femminismo che esclude le donne trans non considerandole donne) e posizioni transescludenti, e ha espresso opinioni contro i diritti e l’identità di genere delle persone transgenere già in un tweet del 19 dicembre 2019 in cui difendeva Maya Forstater, che aveva affermato che «gli uomini non possono diventare donne». Queste posizioni sono importanti per la nostra discussione perché il pensiero TERF fa parte dello stesso universo di quello razzista, colonialista e suprematista bianco: è un universo dove conta solo l’esperienza delle persone bianche, soprattutto europee, magari anche americane (ma discendenti da invasori europei) e che ignora il resto del mondo, e quindi il suo rapporto con l’identità di genere, come lo ignora Harry Potter.

Ma il limite più grande della metafora fantasy sul razzismo di Harry Potter è che è, appunto, una metafora fantasy. Il concetto di «razza», come insieme di tratti genetici e culturali che creano naturali predisposizioni e abilità, è presente nel fantasy già ben prima di Tolkien (pensate alle varie razze de I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, edito nel 1726) ma è l’influenza de Il Signore degli Anelli sul gioco di ruolo cartaceo Dungeons & Dragons a fissare le razze umanoidi come un elemento immancabile nel genere. «Nella Terra di Mezzo, a differenza di quello che accade nella realtà, la razza è oggettivamente reale e non è solo un costrutto sociale» spiegò Helen Young, autrice del libro Race and Popular Fantasy Literature: Habits of Whiteness. Semplificando un po’, potremmo dire che nella realtà le razze esistono perché esiste il razzismo (cioè un sistema razzista che le definisce), mentre nel fantasy è il razzismo a esistere (quando è un elemento della storia) perché esistono le razze. 

In Harry Potter elfi domestici, goblin e giganti sono realmente «razze» (sarebbe scientificamente più corretto parlare in questo caso di «specie» o «sottospecie» di Homo o Homo sapiens) con particolari caratteristiche genetiche e con caratterizzazioni spesso basate su stereotipi razzisti del mondo reale, un po’ per trasformare queste razze in allegorie di minoranze reali un po’ per «coding», l’uso (anche involontario) di elementi reali per indirizzare la nostra interpretazione di elementi d’invenzione. Farah Mendlesohn in Crowning the King: Harry Potter and the Construction of Authority ha per esempio ricollegato la rappresentazione degli elfi domestici a quella dei personaggi chiamati «happy darky», gli schiavi felici di servire resi popolari da Hollywood. Ma gli elfi domestici sono incapaci di azioni che non siano guidate da streghe e maghi e non possono liberarsi senza il loro contributo, e cosa vuol dire allora aver rappresentato una specie magica, ridotta in schiavitù, come verrebbe descritto un personaggio nero in una narrazione razzista e come ontologicamente incapace di liberarsi? In modo simile, Rowling ha scritto che la malattia del personaggio Remus Lupin, la licantropia, è in realtà «una metafora per le persone che hanno una malattia che porta con sé un qualche stigma, come HIV e AIDS.» Una dichiarazione problematica quando i lupi mannari vengono descritti come esseri umani che «una volta al mese […] si trasformano in bestie selvatiche quadrupedi con intenzioni assassine e non un filo di coscienza umana» (in Gli animali fantastici: dove trovarli).

I goblin nei film vengono invece rappresentati in modo simile alla stereotipata raffigurazione dell’ebreo avido, e non sono molto diversi nei romanzi.  «Superarono un gruppo di goblin, che ridacchiavano su un sacco d’oro che evidentemente avevano vinto scommettendo sul risultato della partita» scrive Rowling in Harry Potter e il Calice di Fuoco. Altre creature magiche umanoidi sono trattate in modi ancora peggiori (i giardini vengono «disinfestati» dagli gnomi, come se fossero insetti o roditori), ma il caso di goblin, giganti ed elfi domestici è più delicato poiché queste specie sono tanto vicine a quella umana da potersi riprodurre con noi. Uno dei professori di Hogwarts, Filius Flitwick, ha proprio una lontana discendenza dai goblin. 

Rowling stessa dà però soprattutto una rappresentazione orribile, oserei dire razzista, dei Babbani. Ci sono esempi positivi, come i genitori babbani di Hermione, ma maggior spazio è dato alla meschinità dei genitori adottivi di Harry Potter, i Dursley, alla banalità della loro vita in contrasto con la meraviglia della magia. «Zio Vernon era grasso e senza collo, con enormi baffi neri; Zia Petunia aveva una faccia cavallina ed era tutta pelle e ossa; Dudley era biondo e roseo come un porcello.» «Mi meritavo d’essere buttato fuori e mandato a vivere fra i Babbani» esclama Hagrid, guardiacaccia e Custode delle Chiavi e dei Luoghi ad Hogwarts, trattando la vita «nel cupo mondo babbano» come la più terribile delle punizioni che può capitare a un mago. 

Come nella realtà, in Harry Potter la distinzione tra Purosangue, Mezzosangue (persone dotate di poteri magici ma con un qualsiasi antenato babbano, come Harry e Voldemort) e Nati Babbani è solo un costrutto sociale creato dal razzismo e dal pregiudizio. In Harry Potter e i Doni della Morte il Ministero della Magia requisisce le bacchette dei Nati Babbani per distinguerli dai quelli che considera essere gli unici veri maghi, Mezzosangue e soprattutto Purosangue, e privarli così dei poteri (la bacchetta è sostanzialmente un fallo, un simbolo di potere che ha valore in quanto alcune persone ne sono prive), ma non esiste una netta distinzione biologica tra queste popolazioni. La distinzione tra streghe/maghi e Babbani è invece biologica e netta, perché la magia è una questione genetica. «Le nostre fisiologie sono un po’ diverse» dice Scamander a un Babbano in Animali fantastici e dove trovarli. Anche i Nati Babbani hanno in realtà sempre un qualche, seppur lontano, avo mago. «I Nati Babbani hanno una strega o un mago da qualche parte nel loro albero genealogico, in qualche caso molte, molte generazioni indietro. Il gene [della magia] riaffiora anche dove non te lo aspetteresti» spiegò Rowling nel 2007. Anche se Harry Potter dovrebbe parlare di scelte, il sangue è fondamentale nella definizione dei suoi personaggi.

Anche il conflitto in Harry Potter è fortemente legato a singole persone e al loro sangue. «Era Voldemort» riflette Harry in Harry Potter e il Calice di Fuoco, «tutto faceva capo a Voldemort… era lui che aveva diviso quelle famiglie, che aveva rovinato tutte quelle vite…». In entrambi gli schieramenti, questa personalizzazione diventa un vero culto della personalità: «Volevano che [Harry] fosse lì con loro, il loro capo e simbolo, il loro salvatore e la loro guida» (in Harry Potter i Doni della Morte). In Harry Potter e la Maledizione dell’Erede la minaccia di Voldemort continua dopo la sua morte perché ne è viva la figlia, che si scontra contro il figlio di Harry. Questo sminuisce molto l’idea che siano solo le scelte, e non il sangue, a formare le persone e sposta il centro dalla lotta contro il razzismo come sistema alla lotta contro i razzisti come individui, come mele marce e non come manifestazione di una cultura diffusa. 

In Accepting Mudbloods: The Ambivalent Social Vision of J . K. Rowling’s Fairy Tales, Elaine Ostry va oltre affermando che «nonostante Rowling intenda affermare l’opposto, aspetto e status sono cruciali al successo dei personaggi all’interno della serie». Come notato da Mendlesohn nel già citato Crowning the King: Harry Potter and the Construction of Authority (un saggio che merita di essere letto integralmente) «Harry Potter è gentile, in un modo sfrenato. Harry […] è stato cresciuto interamente da persone [la sua famiglia adottiva] che lo odiano, che lo costringono alla fame, che abusano di lui […]. Eppure è, quasi in modo insensato, un bambino gentile. La gentilezza è insita nelle sue ossa, è una semplice parte del suo sé. […] Rowling gioca sporco: da una parte ci dice che la gentilezza sarà, prima o poi, premiata, e che quindi dovremmo provare a essere gentili, ma il messaggio nascosto è che la gentilezza è parte di una nobiltà interiore. E una persona o nasce con questa nobiltà interiore o non ci nasce». Harry è un principe detronizzato, che torna a prendersi il suo trono con l’aiuto della sua innata bontà, di oggetti magici ereditati (il Mantello dell’Invisibilità, la magica Mappa del Malandrino…), del suo naturale talento sportivo (nello sport magico noto come «Quidditch») e del suo legame con Voldemort.

È esemplare la rappresentazione dei Maghinò. I Maghinò sono un tema complesso nella serie: figli di almeno un genitore mago, i Maghinò hanno ancora i geni della magia (possono vedere creature invisibili ai Babbani e i geni possono riemergere anche dopo secoli nella loro famiglia generando maghi Nati Babbani) ma non li manifestano. I Maghinò sono quindi privi di poteri magici, e per questo sono stati per secoli ignorati e tenuti ai margini della comunità dei maghi. Nei romanzi e nei film, lettori e spettatori conoscono i Maghinò per due esempi apparentemente molto diversi: l’inserviente di Hogwarts Argus Filch e la fedele Figg, membro dell’Ordine della Fenice di Silente (un’organizzazione segreta che si oppone a Voldemort) e suo tramite col mondo babbano. Rowling dà una rappresentazione meschina di Filch: è «un mago fallito» (come se non avere poteri magici fosse colpa sua) e violento, invidioso dei poteri degli studenti, fisicamente deforme. È l’unico abitante di Hogwarts di cui non viene data una descrizione quando viene introdotto nel primo romanzo della serie, e nonostante alcuni accenni nei libri successivi («la pappagorgia tremula», «le guance flaccide» in Harry Potter e la Camera dei Segreti, «il suo orrendo viso gonfio e i pallidi occhi sporgenti» in Harry Potter e il Calice di Fuoco) bisogna aspettare Harry Potter e l’Ordine della Fenice per scoprirne l’aspetto fisico: «guance incavate e coperte di venuzze», «sottili capelli grigi», «piedi piatti» e di nuovo «guance flosce» (una caratteristica che viene ribadita più volte anche nel romanzo successivo). Non è migliore la descrizione di Figg: la sua casa «puzzava di cavolo» e lei è descritta come una «signora mezza matta» che «costringeva [Harry Potter, quando lo ospitava] a guardare le fotografie di tutti i gatti che aveva posseduto in vita sua». 

La mancanza di poteri magici viene legata da Rowling a malattia mentale e deformazione fisica, e se la fazione di Voldemort disprezza e odia tutto ciò che è legato ai Babbani, la fazione di Harry Potter e lo sguardo di Rowling concentrano questo disprezzo, addolcito da un paternalistica pietismo, solo su chi non ha poteri magici. Nella serie di romanzi ci sono anche personaggi che mostrano sincero interesse verso i Babbani, come il padre di Ron e uno dei suoi fratelli. Ma la fascinazione dei maghi verso i Babbani è spesso simile a quella «dell’esoticismo diretto verso popoli soggiogati durante il colonialismo» (da The Politics of Harry Potter di Bethany Barratt). 

Il mondo di Harry Potter è effettivamente diviso in razze, la potente razza magica e la povera e mediocre razza dei Babbani, e un diritto di nascita rende i primi superiori ai secondi.

Per finire, esploriamo le origini della segretezza del mondo della magia. Nel mondo di Harry Potter la popolazione magica segue una legge chiamata «Statuto Internazionale di Segretezza della Magia» (o «Statuto di Segretezza della Confederazione Internazionale dei Maghi») ed entrata in vigore nel 1692. Lo statuto ha lo scopo di nascondere ai Babbani l’esistenza di streghe e maghi, della magia e delle creature magiche e nasce come risposta alla persecuzioni da parte dei Babbani. Un «razzismo al contrario» che viene poi usato dai Mangiamorte per giustificare il razzismo della popolazione magica contro i Babbani, ma che non è chiaro se sia realmente mai esistito.

 «Maghi e streghe erano crudelmente perseguitati» spiega il professor Binns quando racconta perché Hogwarts fu costruita in un luogo remoto alla fine del Decimo secolo, ma in realtà l’impatto di queste persecuzioni è sminuito da Rowling stessa. Rowling parla di «giorni oscuri che precedettero il momento in cui i maghi si ritirarono a vita occulta» (Animali fantastici: Dove trovarli) ed esistono casi di maghi realmente uccisi nella cosiddetta «caccia alle streghe»; i bambini tendevano a essere particolarmente vulnerabili, come raccontato nelle note di Albus Silente a Le fiabe di Beda il Bardo. Ma nel libro (fittizio) Storia della Magia di Bathilda Bagshot è scritto che i roghi delle streghe nel Medioevo sono stati totalmente inutili perché «nelle rare occasioni in cui [i Babbani] catturavano una vera strega o un vero mago […] la strega o il mago eseguivano un semplice Incantesimo Freddafiamma e poi fingevano di urlare di dolore mentre in realtà provavano una piacevole sensazione di solletico». Va detto che il culmine della persecuzione contro la popolazione magica sarebbe arrivato, secondo quanto scritto ne Il Quidditch attraverso i secoli, solo dopo il Medioevo, alla fine del XVII secolo. Ma la popolazione magica viveva separata da quella babbana da secoli perché «[streghe e maghi erano] abbastanza sagaci da capire che i loro vicini Babbani avrebbero cercato di sfruttare i loro poteri se ne avessero conosciuto la piena portata, [e quindi] se ne stavano per conto loro molto prima che entrasse in vigore lo Statuto Internazionale della Segretezza Magica» (ancora da Il Quidditch attraverso i secoli). 

Negli USA, a proposito di isolamento dai Babbani, nel 1790 venne varata dal governo magico locale una legge, la Legge Rappaport, che separò completamente popolazione magica e No-Mag (come vengono chiamati in USA i Babbani nella traduzione italiana), vietando i «matrimoni misti» e creando una ferrea registrazione di streghe e maghi. È l’equivalente magico delle leggi di segregazione per i neri: la Legge Rappaport smise di essere in vigore nel 1965, proprio quando il Civil Rights Act (1964) e il Voting Rights Act (1965) completarono l’abrogazione delle leggi per la segregazione dei neri (Leggi Jim Crow). Ma la segregazione della popolazione magica americana non è dovuta a un sistema razzista di segregazione e linciaggio (come accadeva e tuttora accade alla popolazione nera): è volontaria e autogestita e nasce per proteggere streghe e maghi, che però in precedenza avevano terrorizzato la popolazione No-Mag con violenti vigilantes magici noti come «Spazzini». Gli Spazzini sono in parte responsabili persino dei processi di Salem che sfruttarono per risolvere «una faida sviluppatasi in America», e Rowling descrive una simile situazione in Europa: nel Trecento la famiglia dei Malfoy (poi seguace di Voldemort) avrebbe approfittato della peste per mettere in atto e nascondere un genocidio magico di Babbani, un genocidio che sarebbe stato poi coperto dalle autorità.

Ecco quindi che l’origine della separazione tra popolazione magica e babbana in Nord America ed Europa assume contorni poco chiari. Streghe e maghi erano temuti e (con scarsi risultati) perseguitati, ma soprattutto non volevano condividere la magia con la razza inferiore dei Babbani ed erano colpevoli di operazioni di pulizia etnica pianificata, e alla base dell’odio razzista di Grindelwald, Voldemort e i loro seguaci ci sarebbe la frustrazione per questo isolamento (considerato innaturale, in quanto streghe e maghi dovrebbero apertamente dominare sui Babbani) e il ricordo di queste persecuzioni forse mai avvenute. Neanche lo schieramento di Harry ipotizza però che la segretezza possa essere infranta e che la magia possa essere usata per aiutare una popolazione babbana in un processo che effettivamente democratizzi i suoi benefici. Anzi, la fine della segretezza del mondo magico in Harry Potter sembra sempre legata al dominio dei maghi sui Babbani o comunque a un’inevitabile guerra.

Il mondo di Harry Potter è effettivamente diviso in razze, la potente razza magica e la povera e mediocre razza dei Babbani, e un diritto di nascita rende i primi superiori ai secondi. La fazione di Harry crede che chiunque sia nato con poteri magici abbia il diritto di appartenere all’élite dei maghi e abbia anche la responsabilità di proteggere la razza inferiore dei Babbani, mentre la fazione di Voldemort crede che solo chi ha puro sangue magico possa essere considerato una strega e un mago e che i Babbani debbano essere trattati come animali da dominare e sfruttare. 

«Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi.» Lo troviamo scritto nel Manifesto della razza del 1938, pubblicato con il titolo Il fascismo e i problemi della razza su Il Giornale d’Italia del 14 luglio 1938, testo che apre la stagione delle leggi razziali fasciste promulgate alla fine del 1938 e che funge da loro base teorica e pseudo-scientifica. Harry Potter sarebbe d’accordo, ma per fortuna lui è buono – è nato buono.