Gli orrori persistono, ma anche noi

Come guerrierə smarritə in un tempo agonizzante evochiamo corpi magici, riscopriamo tecnologie spirituali e stringiamo alleanze con le ombre. Un’introduzione al terzo numero di Notzine

“È oscuro ed è deprimente e ti fa il culo, ma al di sotto c’era come una specie di bellezza”. Sei anni fa è comparso su YouTube un video intitolato “Dark Souls Saved Me”. Nel video, un ragazzo rannicchiato nel letto sotto una copertina di lana nella sua cameretta descrive in modo stranamente intimo il suo primo incontro con il videogioco dark fantasy alcuni anni prima. “All’epoca ero super depresso e non avevo una direzione e tutti i miei amici erano all’università e a malapena guadagnavo quattro soldi”, racconta il ragazzo. “Per quanto possa sembrare stupido, Dark Souls mi ha fatto sentire come se avessi uno scopo”. Questo video è solo una tra le molte testimonianze disseminate tra YouTube e Reddit di come l’incontro con il mondo crepuscolare e opprimente di Dark Souls abbia aiutato le persone a superare momenti di crisi personale, depressione e lutto. Anche a noi è successo qualcosa di simile quando l’abbiamo incontrato per la prima volta. La lenta e inevitabile agonia del mondo del videogioco  ci ha trasmesso una sensazione di conforto che non riuscivamo a comprendere fino in fondo.

Dark Souls è famoso per essere uno dei videogiochi più inclementi di sempre, e parte di questa crudeltà deriva dalla freddezza con cui il giocatore è privato di qualsiasi indicazione chiara sulla meccanica del gioco, sulla sua missione, o su come portarla a termine. Svegliandosi in una cella umida e infestata dai ratti, spoglio di ogni arma e in un corpo cadaverico che è solo un’ombra dell’immagine costruita pochi momenti prima nel character creator screen, si è immediatamente colpiti dalla realizzazione di essere soli: di essere gli unici, o quasi, con un barlume di umanità rimasta, e forse non ancora per molto. Abbandonati in mezzo a una mappa labirintica e immensa, senza nessuna indicazione su quale direzione prendere salvo le parole indecifrabili di un NPC sarcastico e sfiduciato, come mai sarà possibile portare a termine un compito di cui non si riesce neanche a capire il senso?

un mondo terminale che sembra avvicinarsi lentamente alla fine ma senza concederci la clemenza di una vera e propria apocalisse

Il percorso di Dark Souls è una spirale discendente: insieme all’universo del gioco, anche il tempo e lo spazio sembrano lentamente sfaldarsi. I piccoli fuochi da campo sparsi attraverso la mappa – gli unici luoghi di riposo tra una morte e l’altra – condannano il giocatore a ripetere le stesse battaglie all’infinito. Spesso per procedere nel gioco si ritorna indietro, allo stesso punto da cui si era partiti molto tempo prima, solo per accorgersi che i personaggi incontrati lungo la strada stanno uno ad uno perdendo la ragione. Forse il motivo per cui un videogioco come Dark Souls è stato un percorso terapeutico per così tante persone è proprio la sua capacità di riflettere, in un modo del tutto inattuale, la condizione esistenziale contemporanea. Il gioco rievoca la sensazione di smarrimento individuale in un mondo che si fa contemporaneamente sempre più intricato e sempre più oscuro: un mondo terminale che sembra avvicinarsi lentamente alla fine ma senza concederci la clemenza di una vera e propria apocalisse.

Secondo la mitologia dell’Antico Egitto, Apep – divinità serpente associata all’oscurità e al caos – cerca costantemente di divorare il sole; se mai dovesse riuscirci, il tempo finirebbe senza però davvero scomparire. Oggi forse viviamo in un’epoca simile: gli spettri del passato infestano il presente e viceversa, producendo un mondo non-lineare dai contorni indecifrabili. Da circa un decennio siamo ossessionati dall’immagine di un nuovo Medioevo, da una nuova, incombente era oscura. Pensiamo di vederla nell’apparente neo-feudelesimo della Silicon Valley o nel simbolismo occulto dell’alt-right, ma ogni tentativo di definire o controllare l’esito di una modernità ormai pienamente dispiegata – e consumata – è destinato a tramutarsi in uno sguardo falso e paranoico. Oggi, davanti all’orrore della guerra genocida di Israele in Medio Oriente, è impossibile non pensare che forse il nuovo Medioevo nasconderà qualcosa di ben più spaventoso di un impero mondiale guidato dagli Elon Musk del settore tecnologico o dai complotti di una nuova destra esoterica. Come sostiene Mattia Salvia, per capire che faccia avrà il nuovo Medioevo bisognerà piuttosto guardare agli angoli di mondo in cui la democrazia liberale capitalista è già collassata, o si è fusa con forme premoderne di sovranità.

Eppure esiste una radicalità dirompente che può nascere soltanto nell’incertezza delle epoche di transizione. Attraverso le vite di santi come Smaragdo, Eugenia e Maria d’Egitto, Angelica Turba ci guida nella dimenticata tradizione transessuale dell’agiografia cristiana medievale, dove, tra top surgery miracolose e crossdressing monastico, si delinea una santità così queer e anarchica da essere una vera e propria anti-identità: un esempio di vita inassimilabile e sovversiva. Il passato, invece che essere un bacino da cui attingere valori reazionari, svela così prospettive sorprendenti e trasformative. Invocando potenze ancestrali come l’indomabile dea Inanna, gli spiriti in transizione della tradizione mestiza e le divinità queer del Voudou, il gruppo Ippolita ripensa dunque la nostra idea di attivismo rivendicando un nuovo materialismo magico in grado di destabilizzare i confini del potere. Zoë de Luca Legge rievoca le pratiche erboristiche e psichedeliche delle nostre antenate streghe, sante e scienziate per risvegliare la magia perduta dei nostri corpi. Mentre nel loro dialogo Silvia Federici e K-assandra esplorano la possibilità di reincantare il mondo, sottraendoci alla guerra psichica tra le tenebre del neo-oscurantismo e le false promesse del tecno-illuminismo.  

In Dark Souls, uno dei pochi momenti di tregua dallo smarrimento è rappresentato dai fuochi da campo: checkpoint in cui riposare e da cui ripartire ogni volta che veniamo uccisi. Il senso di sollievo di questi luoghi, misto all’inquietudine di una ripetizione incessante, ha qualcosa di così vicino alla nostra esperienza esistenziale che è diventato non a caso uno dei meme più celebri di questi anni. Come scrive Thomas Ligotti nel racconto La Medusa, “possiamo sfuggire all’orrore soltanto nel cuore dell’orrore”. Al punto da poterne ridere, memarlo e risignificarlo, aggiungiamo noi. Forse, sostiene Chiara Franchi, i medievali lo sapevano già. Scrollando la sua ricerca iconografica, riconosciamo all’improvviso il Medioevo come un’epoca più edgy e post-ironica della nostra: i confini tra pagina memetica e marginalia si confondono, Ildegarda era già brat prima delle nostre brat summer, i conigli non sono quello che sembrano, e alla gente sembra non fregare nulla di morire nei modi più cruenti.

Il nostro tempo si attorciglia su sé stesso come le spire di un serpente; in questa spirale il futuro collassa nel passato producendo strane connessioni. Forse, racconta Mariabruna Fabrizi, frati domenicani e monaci benedettini avevano già immaginato il cyberspazio di William Gibson, con le loro arti della memoria e i loro palazzi mentali; i loro viaggi intellettuali ci aiutano a immaginare le architetture possibili dell’Internet del futuro. Dal passato e da dimensioni invisibili, del resto, a volte ci arrivano messaggi da interpretare. Toni Cutrone – attraverso alcune trance medianiche di sua madre trascritte e arrangiate in tracce sonore – ci apre le porte di realtà invisibili, in un viaggio personale dove gli Spiriti possono costituire un pericolo oppure guidarci fuori da un tempo prossimo al collasso.

Dark Souls mi ha dato un qualche senso di controllo sulla mia vita”, bisbiglia il ragazzo su YouTube da sotto la sua copertina. “Era come un’esperienza religiosa. Ho pensato che se qualcosa del genere può esistere in questo mondo… questo è il mondo in cui voglio vivere”. Nel gioco si è portatori di una speranza inutile: la possibilità di sacrificare sé stessi per permettere al fuoco dell’umanità e della ragione di bruciare ancora per poco, sapendo che, qualsiasi decisione prenderemo, la fine sarà ugualmente inevitabile. Che cosa sceglieremo di fare? Nel frattempo riposiamo ancora una volta vicino al nostro fuoco da campo, prima di tornare a camminare nel buio di questa Era Oscura.