Amok
L’alleanza dei senescenti
Fine giugno 2022. I capi dei paesi che aderiscono alla NATO, rappresentanza armata della razza bianca, si incontrano a Madrid per pianificare l’incombente terza guerra mondiale mentre la guerra ucraina prosegue e si cominciano a vederne le conseguenze: inflazione, recessione, miseria, carestia, fame.
Qualche giorno prima si era tenuto in Cina il vertice dei BRICS, i paesi che si oppongono al predominio euro-americano sui commerci, e vanno assumendo un ruolo di guida di un processo di globalizzazione antioccidentale e di affermazione di un modello politico dichiaratamente antiliberale. Si tratta di un fronte di paesi eterogenei, tenuti insieme dal comune rancore contro l’Occidente colonialista e dal comune interesse a emanciparsi dal dominio finanziario nordamericano.
Stiamo facendo i conti con gli effetti di lungo periodo della sconfitta della classe operaia e della prospettiva internazionalista. Non c’è più alternativa sociale all’imperialismo del capitalismo occidentale, e al posto di quell’alternativa che prese nome di comunismo c’è oggi una coalizione politicamente eterogenea di paesi a governo autoritario.
La Russia, che pure appartiene al mondo bianco, funziona come testa d’ariete per lo sfondamento dell’ordine occidentale, come elemento di sgretolamento interno al fronte della razza bianca (cui pure i russi appartengono).
Macron disse poco tempo fa che la NATO è in stato di morte cerebrale; ora è stata resuscitata: al posto del cervello è stato installato un congegno programmato per lo sterminio di chi si oppone all’ordine bianco globale.
Mi devo scusare per l’uso di un’espressione che non ha alcun fondamento scientifico, e fa anche un po’ schifo: “razza bianca”. La razza bianca non esiste, naturalmente. Ma dal punto di vista ideologico queste due parole esprimono sul piano inconscio l’identificazione fantasmatica però reale delle popolazioni che negli ultimi due secoli hanno soggiogato con la forza delle armi i popoli del Sud del mondo impadronendosi dei loro territori, delle loro risorse, del loro lavoro. Adesso il monopolio della forza non è più nelle loro mani, la bomba finale sta proliferando e l’energia della razza bianca sta scemando.
Il gigantismo un po’ isterico del congresso di Madrid è il segno del panico con cui la razza bianca guarda l’orizzonte. Sono completamente fuori di cervello, tenteranno il suicidio, ma come ogni mass shooter cerca di portarsi all’inferno più persone possibile, così i leader del mondo libero potrebbero portare all’inferno tutto il genere umano.
La guerra nucleare è sempre più probabile, al punto che non la prendiamo quasi più in considerazione, come un’eventualità alla quale preferiamo non pensare.
Il ritorno della bomba
Gunther Anders scrisse negli anni Sessanta che il Nazismo storico, a partire dalla vittoria di Adolf Hitler alle elezioni democratiche del 1933, non è stato che una prova generale di quello che sarà il vero definitivo Terzo Reich in un futuro che oggi è diventato il presente.
Cosa definisce il Nazismo per Gunther Anders? Nel libro L’uomo è antiquato Anders risponde: la rabbia impotente contro l’umiliazione che il super potere della tecnica infligge all’uomo, creatore e vittima della tecnica. Ma il Terzo Reich che viene è dotato di una nuova potenza tecnica che si manifesta con la bomba atomica, oggetto di potenza definitiva perché capace di cancellare dalla faccia della terra il suo creatore.
Il tema della bomba nucleare, che ossessionava il discorso pubblico tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, sembrava essere uscito di scena con la fine della Guerra fredda. Ma si trattava di un’illusione: il pericolo si è ingigantito da quando i possessori della bomba non sono più due, russi e anglo-americani, ma sei sette otto forse nove.
La Mutual Assured Destruction (MAD), folle fondamento della deterrenza atomica, dissuadeva i due attori dal lanciare la bomba. Ma da quando gli attori si sono moltiplicati la deterrenza ha perduto gran parte del suo potere.
La guerra nucleare è sempre più probabile, al punto che non la prendiamo quasi più in considerazione, come un’eventualità alla quale preferiamo non pensare.
L’orrore normale
Mentre si svolge il summit NATO la vita continua a scorrere allegramente: tentando di varcare clandestinamente la frontiera tra il Messico e il Texas, una cinquantina di migranti sono morti all’interno di un camion. Morti di caldo, di soffocamento, soprattutto morti di razzismo, di respingimento, di miseria.
Alla frontiera greca, in una delle isole dove da anni sbarcano siriani in fuga dalla catastrofe, il flusso di migranti non si interrompe, e la polizia usa dei siriani che si trovano sul territorio greco per respingere i loro connazionali che cercano di entrare, spinti da agenti turchi. In premio per chi svolge il ruolo di kapò, le autorità greche offrono a quei disgraziati un mese di permesso di soggiorno.
E per poter entrare nella NATO la Svezia si piega al diktat del dittatore islamista Erdogan: i curdi che fermarono l’avanzata dell’ISIS vengono consegnati a colui che ha protetto e finanziato i tagliagola di Allah.
Scusate un attimo, devo vomitare poi ritorno.
Come definire episodi di questo genere, se non orribili manifestazioni del nazismo che ritorna? E la decisione della Knesset di dichiarare lo Stato di Israele stato degli ebrei, mentre i soldati di Tsahal uccidono quotidianamente uno due tre giovani palestinesi nei campi profughi di Jenin e degli altri villaggi delle terre occupate, non sono una chiara dimostrazione del fatto che il Nazismo è stato introiettato come ispirazione dello Stato di Israele?
E la guerra di Ucraina non è forse una manifestazione di tracotanza nazista dello stato russo aggressore? Ma gli aggrediti non sono forse giovanotti che portano svastiche tatuate sulla pelle? E mentre gli uni accusano gli altri di Nazismo non è forse evidente che il nazismo è da una parte e dall’altra della barricata?
E per finire: lo schiavismo è tornato al centro del mercato del lavoro globale, arcipelago di lavoro dipendente, lavoro precario e lavoro schiavistico.
Campi di concentramento per i migranti sono fioriti in tutto il bacino mediterraneo. In molti di questi i migranti lavorano in condizioni non molto dissimili da quelle in cui lavoravano gli internati di Auschwitz.
Lo sfruttamento di forza-lavoro non bianca clandestina che permise l’accumulazione originaria di capitale, riprende un posto centrale nel mercato del lavoro globale.
Trovare una parola per definire quel che ci sta uccidendo è del tutto inutile, mi direte voi. È vero, è del tutto inutile, ma devo farlo, se non altro per la semplice ragione che non mi resta null’altro da fare.
Un problema concettuale
È chiaro che abbiamo un problema terminologico e soprattutto concettuale: la parola “nazismo” non funziona più per definire niente, dal momento che le caratteristiche di violenza, razzismo, cinismo, e indifferenza al dolore dell’altro si sono diffuse ovunque, come un patrimonio condiviso da parte del nazionalismo sovranista impersonato da Trump e dalla parte del tecno-militarismo liberaldemocratico impersonato da Biden.
Dunque ho un problema concettuale da risolvere, non perché sia molto importante ai fini della sopravvivenza (sempre più difficile) o della felicità (sempre più impossibile), ma semplicemente perché questo è il mio lavoro, maledizione: creare parole che permettano di afferrare il mondo, creare concetti che diano un senso comprensibile alle forme differenti della vita contemporanea, vita morente, vita in agonia.
Trovare una parola per definire quel che ci sta uccidendo è del tutto inutile, mi direte voi. È vero, è del tutto inutile, ma devo farlo, se non altro per la semplice ragione che non mi resta null’altro da fare.
Cosa c’era dentro quella parola, nazionalsocialismo?
C’era l’idea della nazione, e al tempo stesso l’idea di una comunità eletta, superiore, sana, però minacciata da pericoli che si infiltrano nel corpo della comunità per inquinarla, contaminarla, minarla dall’interno, distruggerla.
Il razzismo nei confronti degli ebrei e in generale delle popolazioni non ariane aveva un carattere esplicito, dichiarato, programmatico. Non è più così.
Il razzismo è ufficialmente denigrato, e perfino condannato dalla legge nelle società del nostro tempo. La superiorità della razza bianca e della nazione è tecnicamente inscritta nella cultura e nella politica del Nord del mondo, ma non è più dichiarata ufficialmente, se non da una minoranza sempre più ampia e sempre più influente (anche se non dominante). Il trumpismo ha conquistato il potere negli Stati Uniti, in Inghilterra, in molti paesi europei, ma in ultima analisi il dominio sul discorso pubblico rimane nelle mani delle forze liberal-democratiche.
Si tratta di un’altra illusione, perché in effetti ciò che definisce più profondamente l’inconscio collettivo contemporaneo è un razzismo diffuso in ogni spazio del pianeta. Questo acquista un carattere di rivalsa e di rancore nei paesi che subirono e subiscono il colonialismo, mentre nell’Occidente bianco si manifesta come precipitosa chiamata alle armi perché il nemico non bianco si sta avvicinando senza fretta ma inesorabilmente.
L’Occidente bianco, che comprende la Russia non meno dell’Euro-America, non si definisce in termini geografici, ma in termini antropologici, come terra del declino, dell’esaurimento, dell’estinzione imminente.
La razza bianca è dominata dal terrore della senescenza.
Il Nazismo novecentesco fu un fenomeno aggressivamente espansivo, fu la reazione aggressiva delle nazioni escluse dalla spartizione imperialista del mondo (Italia, Giappone e Germania): nazioni giovani dal punto di vista demografico, politico e culturale che intendevano partecipare alla conquista e all’espansione come le nazioni bianche imperialiste atlantiche, la Francia, il Regno Unito, gli Stati Uniti d’America.
Il fenomeno di aggressività razziale che domina il panorama contemporaneo senza dichiararsi ha un carattere opposto: è una reazione delle popolazioni che si sentono (e sono) minacciate, circondate, invase da masse di migranti che hanno subito gli effetti della catastrofe prodotta dall’estrattivismo, dall’imperialismo, dalle guerre scatenate dai paesi occidentali. Si tratta di una reazione che ha carattere essenzialmente psicotico, e che definirei con un’espressione malese adottata nella lingua inglese per definire talvolta le esplosioni di violenza omicida: amok.
In queste condizioni di marasma senile si compiono gesti strategicamente insensati. Sotto la guida di Biden, la NATO è riuscita a coalizzare tutti coloro che non hanno la pelle bianca.
Running amok
Running amok è il modo in cui i giornali americani definiscono l’improvviso manifestarsi di una pulsione omicida e suicida da parte di soggetti, generalmente maschi e prevalentemente giovani, che imbracciano un’arma per compiere stragi prive di alcuna motivazione se non la furia, la disperazione, la solitudine, il desiderio di morte.
La guerra in Ucraina, in cui i paesi euro-atlantici stanno investendo tutte le loro energie psichiche, politiche e militari (indifferenti al fatto che il riscaldamento globale produce effetti sempre più allarmanti e la crisi economica e sociale precipita a causa delle sanzioni autolesioniste imposte alla Russia), ha tutti i caratteri del running amok: esplosione di furia omicida che alimenta la guerra senza risolverla, e produce l’effetto collaterale di gettare l’Europa nel caos politico, energetico ed economico. Non c’è dubbio che si tratta di una crisi psicotica collettiva che ha nel primo ministro britannico il suo caso più evidente, caricaturale, ma che coinvolge anche i timidi e prudenti latini.
Chi può disertare l’appello a difendere il mondo libero insieme all’amico Erdogan?
In termini demografici, psichici, economici, il Nord del mondo soffre di senescenza, e la reazione alle crisi di impotenza può essere, e di fatto è sempre più apertamente, un running amok. Farsesca accelerazione dei movimenti, moltiplicazione degli investimenti in armamenti, retorica dell’ardimento. Ogni giorno qualcuno dichiara che si tratta di un giorno storico. Chissà cosa vogliono dire.
In questo stato di iper-eccitato sonnambulismo si prendono decisioni di cui un liberal-democratico si dovrebbe vergognare. Prendiamo la discriminazione tra migranti ucraini (bianchi) e migranti africani o siriani o afghani, manifestazione di un ritorno inconfessabile del razzismo. Il processo di militarizzazione forzata che investe lo psichismo collettivo provoca un cambiamento profondo della natura dell’Unione Europea: nacque per superare le retoriche del nazionalismo, e oggi si trova unita come Nazione Armata (sotto l’egida operativa della NATO).
Pur di entrare a far parte dell’alleanza militare dei senescenti, Finlandia e Svezia accettano gli ordini del califfo di Ankara, il noto democratico Erdogan, e criminalizzano il PKK, formazione curda che ha combattuto contro il terrorismo ISIS, protetto e finanziato da Erdogan, alleato al quale l’Unione Europea paga miliardi ogni anno perché ci protegga dai migranti che provengono dai paesi che i bianchi hanno distrutto.
L’infamia sommerge l’Unione Europea e l’accerchiamento della Russia è completo, ma i missili a testata nucleare non temono l’accerchiamento.
Quando Francesco disse che la guerra è una pazzia non stava parlando in termini metaforici: stava facendo una diagnosi dello stato mentale della razza bianca che, di fronte alla prospettiva di estinzione, reagisce come se fosse colpita da una crisi psicotica aggressiva che si risolve in suicidio.
Ma il suicidio della razza bianca rischia purtroppo di assomigliare a quello che gli americani chiamano un killing spree, un suicidio preceduto dall’assassinio di tutti quelli che capitano a tiro.
Il concetto che dovrebbe sostituire “nazional-socialismo” deve dunque dire insieme la senescenza, il ritorno del nazionalismo come difesa razziale, e l’esplosione di violenza amok.
Na-sen-amok.
Ecco l’Europa.
Ascolta anche tu il nuovo Inno della Rassegnazione! Testo di Franco Berardi, musica di Marco Bertoni.