Voltron, crack, Sprite e rap

Una storia edificante

Siamo nel 1981, in Giappone, lo staff della TOEI, storica casa di produzione a cui si devono tantissimi dei successi animati che abbiamo amato anche noi (Goldrake, Sailor Moon, Candy Candy, Dragon Ball) si riunisce ancora una volta; dalla mente collettiva conosciuta col nome di Saburo Yatsude nasce Golion, nuovo anime robotico che prende il posto nello slot settimanale occupato da God Sigma. Il titolo completo della serie è Hyakujūō Goraion, cioè “Golion, il re delle cento bestie” e come molti titoli è un gioco di parole che in inglese significa “Vai, leone!” (Go-lion), mentre in giapponese “5 leoni” (“go” = cinque), che è esattamente il numero dei leoni robot che servono per assemblare il robottone protagonista.

La storia originale

Cinque esploratori spaziali fanno ritorno sulla Terra dopo lungo tempo per trovarla devastata da una guerra nucleare e occupata dagli alieni del pianeta Galra, che hanno approfittato della guerra per attuare i loro piani di conquista galattica, guidati dal malvagio Re Tay Bazaal. Catturati dagli alieni, vengono condotti sul loro pianeta, ma riescono rocambolescamente a fuggire a bordo di una navicella spaziale. Inseguiti dai galriani, precipitano sul pianeta Althea, dove vengono salvati e accolti dalla principessa Fara, la quale svela loro il segreto dell’esistenza di Golion, un prodigioso robot formato da cinque leoni meccanici, grazie al quale sarà possibile abbattere una volta per tutte la tirannia dell’Impero Galattico di Galra. 

Golion arriva sugli schermi italiani nel 1982 con soltanto 26 dei suoi 52 episodi e una sigla, ancora oggi suonata dai dj più nostalgici, cantata da Rocco Reitano, nipote del famosissimo Mino. 

Intanto in America…

I robottoni vanno molto forte in America, a cominciare dai Transformers passando per gli Shogun Warriors della Marvel. Nel 1984 va allora in onda Voltron, vale a dire una versione dello stesso Golion rimaneggiata completamente dalla casa produttrice World Events. Inizialmente ad andare in onda col nome “Voltron” doveva essere un altro robot-leone, Daltanius; ma sembra che qualcuno in Giappone fece casino con i materiali audiovisivi e inviò ai produttori americani proprio Golion invece che Daltanius, e insomma, cinque leoni al prezzo di uno. Un buon affare.

La serie piacque: gli americani avevano deciso di mandarla in onda cambiando svariate parti della storia originale e arrivando addirittura a cancellare la morte del pilota del Leone azzurro. Nella versione giapponese di Golion, nel sesto episodio Takashi muore in battaglia, e in seguito arriva suo fratello Ryu, che prende il suo posto alla guida del Leone Azzurro. Nella versione americana, Takashi, che qui si chiama Sven, viene ferito e torna in battaglia tempo dopo. Il trucco funzionò facilmente, dato che Takashi e Ryu sono molto simili.

Dopo le due stagioni iniziali sarebbe dovuta seguire una terza basata su Arbegas, ma non se ne fece nulla e gli americani commissionarono alla Toei altri 14 episodi di Voltron con i personaggi di Golion.

“Ma nessuno pensa ai bambini?!”

Il 1984 fu un anno molto difficile in America: si identifica in quel periodo la nascita dell’epidemia del crack, droga dagli effetti potenti e a basso costo, che andrà avanti fino ai Novanta. Il crack mieteva vittime specialmente tra i ragazzini afroamericani: ma a seconda degli addetti ai lavori con cui ti trovi a parlare, la leggenda vuole che proprio la trasmissione in TV di Voltron abbia salvato centinaia di ragazzini dalle droghe. Il 1984, tra l’altro, fu l’anno in cui sempre negli USA vennero fuori anche i Transformers; se proprio si vuole parlare di ragazzini salvati dalla vita di strada è quindi giusto nominare anche altri. Il sentire comune dei produttori dell’epoca (da Harmony Gold con Robotech, Lou Scheimer con i Masters of the Universe ecc.) era che i cartoni animati avrebbero potuto ricondurre sulla retta via i giovani, tanto che non era difficile trovare alla fine degli episodi la cosiddetta “morale” che in un guizzo di genio (e moralismo sfrenato!) sfocerà nel cartoon I nostri eroi alla riscossa con vari personaggi del mondo dell’animazione impegnati a combattere la droga.

Ma torniamo a Voltron, che colpì particolarmente l’immaginario dei ragazzini. Ragazzini che da grandi lasceranno il segno, per un motivo o per l’altro, nel mondo del rap.

Gangster, hip hop e spot televisivi

Voltron ha lasciato il segno sull’intera generazione X. Ma è specialmente nel mondo della musica, e in particolare dell’hip hop, che i riferimenti a questo robottone si fanno continui. Alcuni nomi famosissimi hanno citato Voltron nelle loro canzoni: Eminem, Nelly, Wu-Tang Clan, fino ad arrivare a Mc Frontalot che nel singolo “I’ll Form the Head” trasforma i leoni in rinoceronti con tanto di video in animazione che riprende Voltron nel design e nei personaggi. 

La cosa si fa ancora più interessante quando a scomodare Voltron, intuendo l’influenza che questo anime ha avuto sul mondo hip hop, è la Sprite, che negli anni Novanta realizza delle pubblicità in cui a interpretare i piloti dei cinque leoni sono altrettanti rapper: Goodie Mob, Fat Joe, Common, Mack 10 e Afrika Bambaataa. Scegliere Voltron e unirlo ai rapper fu un’idea vincente: nel 1985, gli spot della Dr. Pepper con Godzilla erano stati un vero flop, nonostante il personaggio in America fosse amatissimo (ricordate la serie Hanna-Barbera con Godzilla e il dinosauro pasticcione Gudzuki?). I fan dei rapper e dell’anime, che sono alla fine due insiemi che si intersecano, fanno invece schizzare le vendite della Sprite alle stelle, tanto che la bevanda risulterà al settimo posto tra le più vendute in America. Un successo del genere per la Sprite non c’era mai stato. Ma la cosa più importante è che se al tempo i rapper si azzannavano tra loro, la scelta di far guidare, seppur in uno spot, i cinque leoni di Voltron ha cementato amicizie e collaborazioni. E questa è stata una grandissima vittoria per tutto lo star system musicale, ma soprattutto per Voltron!

Attenzione, il pilota è gay!

Negli ultimi anni, Voltron è tornato prepotentemente sugli schermi televisivi grazie a una serie che unisce animazione classica e CGI; il robot è tornato anche nei negozi di giocattoli in mezzo mondo, e anche se siamo lontani dalla Voltron-mania degli anni Ottanta, senza dubbio si tratta di uno dei cartoni animati più di successo dell’ultima decade. Un successo che non è esente da polemiche. Da tutte le parti, direi. Sul finale della settima stagione, uno dei protagonisti si rivela gay e si sposa col suo compagno, un personaggio secondario.

Se le associazioni di genitori hanno fatto la voce grossa contro l’inserimento di personaggi omosessuali, da parte dei fan e delle associazioni LGBT la lamentela proviene dalla modalità di inserimento della questione: perché sminuire agli ultimi minuti della settima stagione la rivelazione che Shiro è gay e il conseguente matrimonio? Gli unici a non aver messo bocca sulla cosa sono i rapper e la Sprite. Ci sarebbe da capire cosa ne pensano.

Nino Giordano nasce a Palermo nel 1981. Da 22 anni lavora nel mondo dell’editoria, prima come traduttore e dialoghista per Star Comics, Panini, Dynit, Canal Jimmy e Giochi preziosi e poi come editore per l’etichetta indipendente LGBT Renbooks. Nel 2010 è stato l’artefice del rilancio di Sailor Moon in televisione in collaborazione con Toei, Kodansha, Mediaset e Giochi Preziosi. Tra le sue passioni la musica trash con la quale si diletta nei locali con lo pseudonimo di Dj Cessa.