Sansone, i filistei e l’Europa di Breivik

Grecia, Spagna, Turchia… La vittoria etno-nazionalista è irreversibile. Ma è una vittoria scritta sull’acqua

L’irreversibile

Tra gli innumerevoli eventi deprimenti di questo anno 2023, quello forse più triste è la conclusione del processo costituente cileno. Talmente triste che mi pare nessuno ne voglia parlare, come se avessimo dimenticato quel che il Cile ha rappresentato nel passato lontano e in quello recente: dopo l’estallido dell’autunno 2019 avevamo (flebilmente) sperato che fosse possibile cancellare il lascito pinochettista del nazi-liberismo. Ma come ogni altro tentativo di riforma democratica, anche quello di Boric si è rivelato un fallimento. Il peso dell’eredità coloniale e del razzismo, il peso della disperazione dei marginali hanno reso ingovernabile quel processo e consegnato la vittoria al discendente politico di Pinochet.

Poi sono venute le elezioni turche in cui il progetto ultra-reazionario di restaurazione del Califfato vince sull’opposizione di un avversario che si presentava come democratico, ma poi proponeva misure di tipo razzista contro i rifugiati siriani. 

Poi le elezioni greche, in cui stravince Mitsotakis, rappresentante dell’alleanza tra dittatura finanziaria europea e oligarchia locale. Tsipras paga il prezzo della delusione seguita al referendum del 2015, e con la sconfitta di DIEM25 sprofonda l’illusione di democratizzare l’Europa, come se fosse possibile democratizzare il cuore di tenebra del suprematismo razzista e colonialista.

Infine il franchismo riconquista la Spagna.

Nella primavera del 2022 il governo Sanchez siglò un accordo infame con il Marocco: un tradimento del popolo saharoui in cambio del contenimento carcerario dei migranti africani. Sperava di ingraziarsi così i nazionalisti spagnoli, e come al solito non ha funzionato.  

Ora il cerchio si chiude: l’Europa assomiglia sempre più a quella sognata da Hitler, anche se i nemici di oggi non sono gli stessi di quelli del Terzo Reich.

Ora è chiaro che il vero teorico del destino d’Europa non è né Toni Negri né Yanis Varoufakis, ma Anders Breivik, che in un comodo carcere norvegese si gode il successo dei suo Manifesto per l’indipendenza europea. Prima di uccidere settantasette giovani sull’isola di Utoya aveva scritto infatti di non essere d’accordo con Hitler, perché il vecchio  Adolf non aveva capito che il nemico degli europei non sono gli ebrei, ma gli islamici. E tutti gli altri dalla pelle scura, naturalmente. Come novant’anni fa, nel 1933, la democrazia in Europa finisce per generare mostri.

Sullo sfondo di questa tragedia, l’esperienza del movimento francese contro l’aumento del tempo di vita/lavoro – un movimento di ampiezza e radicalità senza precedenti – ha mostrato che non esiste più possibilità di mediazione tra dittatura nazi-liberale e protesta sociale. 

Irreversibile è la parola chiave per capire la fase in cui siamo entrati: non ci sarà mai alcun ritorno all’ordine costituzionale del passato.

L’alternativa tra liberal-democratici e nazional-sovranisti è una finzione per allocchi: Joe Biden respinge i migranti che vengono dalla frontiera sud con violenza non minore di quella con cui li respingeva Donald Trump. Le regole con cui i fascisti italiani respingono i migranti sono state stabilite dal democratico Minniti, e le regole con cui i fascisti italiani precarizzano il lavoro sono state anticipate dai democratici Treu, Renzi e compagni. Quanto alla guerra, infine, i democratici sono l’eroica avanguardia che difende la nazione in armi mentre dovunque aumenta la spesa militare.

L’ottimo Presidente della Repubblica italiana ricorda i valori della democrazia del secolo passato, mentre la destra al governo lo ascolta con un sorrisetto di compatimento: loro sanno che la vittoria etno-nazionalista è irreversibile.

Irreversibile è la parola chiave per capire la fase in cui siamo entrati: non ci sarà mai alcun ritorno all’ordine costituzionale del passato. Di fronte all’ondata di migrazione e disperazione che proviene dal sud del mondo, la popolazione bianca, destinata al declino demografico e politico reagisce con un ritorno aggressivo del suprematismo: si tratta del suprematismo dei declinanti.

Chi difende le forme di vita e di governo del secolo passato non potrà inventare forme di vita felici e solidali, anche se clandestine, minoritarie, e separate da un mondo irreversibilmente mutato. Perciò occorre partire dall’irreversibilità dei processi ambientali, politici e psichici, se si vuole immaginare come vivremo, come vivrà la generazione che si definisce ultima.

Nazismo senza svastica

Quando negli anni ’60 si rese conto delle conseguenze della bomba atomica sulle relazioni geopolitiche ma anche sulla psicologia del genere umano, Gunther Anders formulò l’ipotesi che l’umiliazione provocata dalla tecnologia di sterminio avrebbe determinato un ritorno del nazismo. 

Il Terzo Reich del futuro, scrisse nella lettera al figlio di Eichmann, farà impallidire quello che conoscemmo negli anni ’30. Anzi per essere precisi, scrisse, il grande spettacolo del futuro farà sembrare il regime di Hitler come una prova in un teatro di provincia.

Ora il grande spettacolo è cominciato.

Etno-nazionalismo aggressivo con finalità di sterminio e totalitarismo politico sono i due caratteri che meglio definiscono il nazismo; e per quanto la parola “nazismo” si riferisca a un contesto storico che non si può ripetere, le sue caratteristiche fondamentali si possono ripresentare in varie forme, con diverse intensità e in differenti combinazioni.

L’autoritarismo ultra-nazionalista putiniano è innegabilmente un carattere riemergente del nazismo. La sopraffazione delle minoranze russe da parte della nazione ucraina lo è altrettanto. L’apartheid israeliano, la rivendicazione dello Stato di Israele come stato esclusivo degli ebrei sono la prova dell’evoluzione nazista dello stato sionista. Lo sterminio intenzionale e sistematico dei migranti che tentano di varcare il Mar Mediterraneo è la prova del fatto che il nazismo è la natura profonda del popolo europeo nell’epoca dell’agonia del mondo bianco. 

Una vecchia favola rassicurante racconta che il nazismo hitleriano è stato un’eccezione nella storia, e che in esso si manifestò il male assoluto. Ma il male assoluto non esiste, perché il male è sempre relativo a un contesto. L’alone di leggenda satanica che accompagna la figura di Hitler è servita ai nuovi nazisti per differenziarsi da colui che fu sconfitto alla fine del secondo conflitto mondiale, colui che si fece saltare le cervella quando il suo sogno velenoso crollò dopo decine di milioni di morti e dopo la devastazione dell’Europa. Ora è iniziata la devastazione dell’intero pianeta, e ciascuno garantisce e promette di essere diverso da Hitler. Vuol dire soltanto una cosa: noi non siamo (ancora) sconfitti. Per non perdere il nostro privilegio siamo pronti a sterminare l’intera umanità.

È quello che sta succedendo.

Non c’è dubbio che l’etno-nazionalismo ha vinto nel voto e nel cuore (marcio) della popolazione invecchiata male degli italiani (e di tutti gli europei). Ma chi ragiona in termini politici si ferma alla superficie delle cose.

La vittoria di superficie del geronto-fascismo

In Italia i vincitori delle elezioni del ’22 avanzano verso la fascistizzazione integrale: occupano tutti posti disponibili e la chiamano egemonia culturale. Criminalizzano il dissenso degli ambientalisti e la chiamano transizione ecologica. Impediscono alle barche di salvare vite umane in mare e la chiamano difesa delle frontiere nazionali. 

Hanno vinto, e non ci sarà forza politica capace di rovesciare il loro governo.

Hanno vinto?

Se ragioniamo in termini politici non c’è dubbio che l’etno-nazionalismo ha vinto nel voto e nel cuore (marcio) della popolazione invecchiata male degli italiani (e di tutti gli europei). Ma chi ragiona in termini politici si ferma alla superficie delle cose.

Sotto la superficie ci sono due processi che toccano la dimensione antropologica, psichica e biologica del divenire del mondo. 

L’effetto di cinque secoli di colonizzazione e di estrattivismo si manifesta come riduzione dello spazio vivibile del pianeta, mentre la popolazione globale continua (sia pure ancor per poco) a espandersi. La fame, la sete, il cambio climatico, oltre alle guerre armate dai grandi produttori di armamenti, spingono masse enormi di umani a spostarsi dalle regioni africane, asiatiche, centro-americane, verso il nord del mondo, richiamate dalla sorridente promessa dei media e della pubblicità.

Neppure il sistematico sterminio può fermare la grande migrazione, come mostra l’afflusso ininterrotto di imbarcazioni che tentano, non sempre riuscendoci, di varcare il Mediterraneo, o il Rio Grande, o tutte le altre frontiere che proteggono la fortezza bianca.

Al tempo stesso l’età media della popolazione del nord del mondo aumenta in modo irreversibile. Dal Giappone alla Cina, dall’Italia alla Spagna le donne hanno smesso di procreare.

In Corea del Sud un movimento femminista lancia un programma fondato su quattro no: No dating, no sex, no marriage, no children.

Non si tratta soltanto del fatto che le condizioni economiche, il costo degli affitti e lo stress del lavoro precario impediscono di avere figli. La questione è più radicale. Più o meno coscientemente donne e uomini di tutto il nord del mondo sentono che un bambino che nasce oggi è quasi certamente destinato a crescere in un mondo devastato dalla guerra, dal calore mortifero, dalla tristezza e dalla depressione. 

Ma se non bastassero le motivazioni culturali e psicologiche, c’è una causa fisica della denatalità (anche se i governi si guardano bene dal rivelarlo): la fertilità maschile è crollata negli ultimi quattro decenni.

Secondo Shanna Swan questa è diminuita del 58%.

Secondo innumerevoli ricerche che si stanno sviluppando sull’argomento, la ragione principale sta nelle disfunzioni ormonali prodotte dalla diffusione delle microplastiche nella catena alimentare.

E come se non bastasse, il desiderio ipersemiotizzato evolve sempre meno in forma sessuale. La frequenza dei rapporti sessuali è precipitata, come dimostrano numerose inchieste. Lo schermo digitale assorbe il tempo e l’energia nervosa, e i livelli di testosterone diminuiscono ancora a causa delle microplastiche, e naturalmente i governi di tutto il mondo si guardano bene dal vietare o almeno ridurre la produzione di questo fattore di sistematica estinzione.

Per concludere: la vittoria dell’etno-nazionalismo (o fascismo, o sovranismo, chiamatelo come vi pare) è politicamente irreversibile. Ma è una vittoria scritta sull’acqua, se pensiamo al divenire storico e antropologico della mutazione planetaria.

L’agonia del mondo bianco, infatti, è altrettanto irreversibile quanto la vittoria superficiale delle destre politiche.  Ma non per questo è il caso di rallegrarsi: la cultura bianca non può accettare l’idea del declino, e qualcosa ci permette di prevedere che ricorrerà alla guerra di sterminio come anfetamina necessaria per contrastare la sua depressione, e come strumento per riaffermare la sua dominazione.

Come disse l’eroe biblico accecato dai palestinesi: “Muoia Sansone con tutti filistei.”