Erika Lust, XConfessions

Mappa ragionata del porno on demand

Quali sono le potenzialità del porno online, specie per le donne? Ed è possibile trovare materiali interessanti e non banali anche nel pozzo senza fondo di PornHub?

C’è qualcosa di vagamente disgustoso nel desiderio, qualcosa che potrebbe avere origine nella ripugnanza che molti provano verso i genitali. Tutti i nevrotici, e molti altri, si scandalizzano del fatto che inter urina et faeces nascimur (veniamo al mondo tra urina e feci).

Sigmund Freud, «Il disagio della civiltà», in Opere Scelte, vol. II

Facilmente quando si parla di porno, anche fra persone aperte alla sessualità, emergono molti pregiudizi dovuti principalmente al fatto che molti in verità il porno non lo conoscono. Sul porno nasciamo già con tutte le nostre idee preconcette, ed è difficile smantellarle se ci si limita ad aprire una pagina di YouPorn e non si cerca di andare un po’ a fondo. Come in tutte le cose, ci vuole pazienza, coraggio e apertura mentale.

Da Pompei al Kamasutra, la raffigurazione dell’atto sessuale sembra un istinto primordiale nel processo di conoscenza dell’uomo. Non è un caso se la pornografia è da sempre avantgarde, pioniera dei nuovi mezzi di comunicazione e di rappresentazione. Le prime fotografie erotiche risalgono alla metà dell’Ottocento, mentre i film pornografici degli anni Venti del Novecento a volte sono talmente estremi da stupirci al pensiero che i nostri nonni facessero già quelle cose. Negli anni Settanta, con la rivoluzione sessuale in California, la pornografia conosce la sua età d’oro: i film pornografici smettono di essere pellicole di contrabbando segretamente proiettate nei festini, vanno al cinema e al Festival di Cannes, diventano «d’autore» e persino campioni d’incasso. Quando poi arriva internet il porno non esita un attimo e si diffonde rapidamente su tutto il web, adattandosi al nuovo mezzo senza tanti freni.

Dal sito IndiePornRevolution

Sulle conseguenze dell’avvento di internet nell’industria del porno, vi consiglio una bellissima serie di podcast che s’intitola The Butterfly Effect in cui Jon Ronson intervista molti registi, produttori e performer porno della Valley insieme Fabian Thylmann, il creatore del network PornHub, cercando di capire con loro come sia mutato il porno con l’online. Perché è vero che l’online ha praticamente raso al suolo l’industria del porno così com’era concepita fino a qualche anno fa, ma questa rivoluzione ha portato anche a una trasformazione che non è solo negativa.

Ad esempio: io in quanto donna, da teenager nella Milano negli anni Ottanta non mi sarei mai azzardata ad avvicinarmi ad una sala dove si proiettavano pellicole hardcore, mentre con l’online posso farlo senza sentirmi a disagio – se non con me stessa. Credo quindi che almeno le spettatrici donne quindi, con la rivoluzione digitale del porno, ci abbiano guadagnato: non a caso sono sempre più i siti e le produzioni creati da donne e che guardano al pubblico femminile. Anche perché, contrariamente a quello che si pensa, nel porno le donne hanno più potere. Valentina Nappi, la pornostar italiana con cui ho girato Queen Kong e il nuovo ISVN – Io sono Valentina Nappi, mi fa spesso notare come nell’industria pornografica mainstream le performer donne vengano pagate più degli uomini (a cui pure sono richieste prestazioni più faticose, come mantenere un’erezione per molto tempo e venire a comando), che molte pornostar donne lavorano fino a sessant’anni (vedi Nina Hartley e tutte le categorie cougar, mature, ecc.) e soprattutto che la maggior parte delle pornostar sono anche registe e produttrici (Stoya, Annie Sprinkler, Belladonna, Dana Vespoli, Angela White, per citarne solo alcune). Del cinema «ufficiale» si può dire la stessa cosa? Non direi, non ancora.

Io in quanto donna, da teenager nella Milano negli anni Ottanta non mi sarei mai azzardata ad avvicinarmi ad una sala dove si proiettavano pellicole hardcore, mentre con l’online posso farlo senza sentirmi a disagio.

Torniamo però al rapporto tra internet e porno; nell’online, oltre alla pirateria e ai torrent, ci sono due diversi modelli di VOD (video on demand): da una parte, troviamo i siti che applicano la politica SVOD, cioè «subscription video on demand»; uno paga una sottoscrizione mensile, e può vedere tutto quello che il sito offre – tipo Netflix per intenderci. Generalmente questi siti fanno a capo alle produzioni o agli stessi performer. Dall’altra parte ecco invece il demonio: il colosso PornHub che comprende YouPorn, Redtube e molti altri siti simili come XHamster, Xvideos ecc. Nato come un sito di porno amatoriale sul modello di Youtube, PornHub è presto diventato un contenitore in cui è possibile trovare di tutto, compresi video professionali piratati e caricati per intero oppure a pezzi e, soprattutto, gratis (per l’utente).

Sex workers e performer si sono ritrovati minacciati da questi canali free perché non facevano in tempo a caricare un lavoro sul loro sito in SVOD che un attimo dopo veniva piratato da altri su PornHub. Da un po’ di tempo però il colosso del porno online sta cercando di adottare una politica più equa e a suo modo innovativa: oltre a offrire sconti speciali per registrarsi alle utenti donne quando hanno le mestruazioni, invita i performer e i registi ad aprire i loro profili personali dove caricare i propri lavori, così da guadagnare con le percentuali sulle pubblicità grazie al grande traffico di visualizzazioni (che è molto maggiore ai filmati in SVOD). È insomma quel sistema che viene chiamato AVOD, ovvero «Advertising VOD», lo stesso di YouTube: più followers, più click, più popolarità, più soldi. Per il momento, su internet, sembra essere il modello vincente. Quindi adesso muoversi sui siti in AVOD liberamente e senza impegno non è più così unfair, e può servire a farsi un’idea per poi eventualmente decidere di passare al sito della produzione o del performer che ci piace davvero, sottoscrivere e diventare così uno spettatore privilegiato o anche un finanziatore della sua produzione.

Addentrarsi nel porno online per chi non lo pratica tutti i giorni è un po’ come addentrarsi in una selva oscura, e per questo è bello e prezioso avere una guida, tipo un Virgilio. È anche vero che è talmente vasto il repertorio e soggettivo il gusto in materia sessuale, che è difficile trovarsi sempre in sintonia con delle linee guida; ma come in tutte le cose, è bello averne per potersene poi discostare. Premetto che io non sono una studiosa di porno: mi muovo più per via empirica e per istinto. Essendo poi una regista, in un porno mi piace cercare l’autore e l’idea originale, e può succedere che la regia non sia niente di che ma il film risulti comunque bellissimo grazie agli interpreti, o alla magia di come a volte le cose toccano corde personali e ti eccitano e non si sa perché.

Antonio Da Silva, Penis Poetry

Amputee

La prima volta che mi è capitato di vedere un porno in una sala cinematografica è stato al Festival di Cinema Gay & Lesbico di Milano. Era il 1993, Internet ancora non esisteva e quindi il solo modo di venire a conoscenza di certi lavori erano i festival a tema. Quel giorno, oltre a Bruce La Bruce (che ora tutti conoscono e che già allora scandalizzava anche gli ambienti gay: «è cinema o è porno?»), proiettavano un film lesbico tedesco che credo s’intitolasse Safe Sex for Lesbians: è stato il mio primo colpo di fulmine.

Nel film, una donna con camice bianco e occhiali indicava con un righello su un tabellone tutti i diversi preservativi per donne e il loro uso. Due donne su un lettino mettevano in pratica le sue istruzioni con i vari preservativi: cunnilingus e poi fistfucking. In principio sembrava un tutorial molto serio su come fare sesso sicuro per lesbiche. Una delle due era una punk rasata a zero e con molti piercing, ed era quella che riceveva il fistfucking. L’altra era molto abile, se la spostava di qua e di là per penetrarla meglio, appoggiandosela al bacino. Quando lo zoom si allargò, scoprii che la punk era così maneggiabile perché era senza gambe dal bacino pelvico in giù. Shock iniziale. Il secondo stupore (quello più costruttivo) era che la ragazza punk non sembrava limitata sessualmente dal suo handicap; al contrario: facendo sesso il suo handicap diventava anche «pratico».

Questo è quello che ricordo. Perché quel film mi ha tanto colpito? Forse perché ha abbattuto un mio pregiudizio, sbattendomi in faccia un tabù. Cercandolo online sono così finita nella categoria Amputee. Bene, lì si apre il mondo della sessualità e della disabilità, una tematica che in Italia sta cominciando ad alzare la voce ma che è ancora ghettizzata, relegata appunto al porno o a pochi paesi del Nord Europaparticolarmente illuminati. Se si apre la pagina Amputee di PornHub, diventa abbastanza evidente che, più che con la mercificazione dei corpi, il mostrarsi sessualmente ha a che fare con l’urgenza e l’affermazione di un proprio diritto e della propria identità. Perché se il porno ha una qualità naturale indiscussa, pur senza farne una bandiera morale, è quella di essere inclusivo e democratico. Nel desiderio siamo tutti diversi e tutti uguali.

Guarda SHD Amputee qui

Muratori

In questi anni di incursioni nel mondo dell’erotico e del porno, il mio video preferito esteticamente e concettualmente – quello che insomma avrei voluto girare io – l’ho trovato su Butt Magazine, meravigliosa rivista gay color «rosa carta igienica» di una volta (ora la rivista è sempre rosa ma non più cartacea). Il lavoro lo ascriverei in quella categoria gonzo amatoriale che nel porno la fa da padrona e che alla fine è sempre fra le mie preferite. Nel gonzo, uno degli attori che partecipano all’azione sessuale ha in mano la telecamera ed è l’occhio che guarda. Questo presuppone che gli altri attori, guardando la persona con la telecamera dritto in macchina, guardino anche allo spettatore. Questo crea un’immedesimazione particolarmente forte e, guarda caso, è anticipatorio di quello che presto diventerà il nuovo cinema – ovvero la VR, la realtà virtuale.

Per mio leggero disappunto, generalmente i porno gonzo adottano perlopiù il punto di vista di un uomo… tranne questo: s’intitola Builders, ed è Anonimo, nel senso che non è firmato e non ci sono indizi su chi l’abbia diretto, nulla. È ovviamente un video rubato, dove non c’è messa in scena se non da parte della regista che spia da dietro a una tenda dei muratori che lavorano in una palazzina di fronte. Si immagina che lei sia nuda o seminuda, perché i muratori sono sempre più attratti da lei ed eccitati. E si suppone che sia girato da una donna (lei non si vede mai) proprio per come gli uomini reagiscono alla vista di così poco. Altro indizio è una scritta che s’intravede a un certo punto e che sembra cirillico, quindi si pensa a un paese dell’Europa dell’est. Il fatto che sia girato da una donna e che sia ambientato in un’area geografica dove la sessualità non è così libera, lo rende particolarmente forte e significativo. Questo video ribalta i ruoli e l’oggetto del desiderio: sono gli uomini – tanti, belli, giovani, forti e sexy – che si offrono a te. E ci ricorda ancora una volta che avere la macchina da presa in mano è un grandissimo potere.

Guarda Builders qui

Terapia familiare

Torno su PornHub e il primo titolo che attira la mia curiosità è Family Therapy – Love Me. Il bello del porno è che può permettersi di giocare con la fantasia, abbracciare tabù e portarci in un posto molto intimo, dove tutto è possibile. I due protagonisti sono fratello e sorella, sono giovani, sono belli e anche convincenti come attori. Ma ad attirarmi è soprattutto la resistenza di lui e i tentativi di seduzione di lei: ricordano Adamo ed Eva, il peccato originale, il frutto proibito.

Ovviamente che c’è tutta una serie che si chiama Family Therapy (per lo più in stile gonzo) basata sulla famiglia: mamma col figlio, fratello con sorella, madre con figlia… Sono certa che Freud si divertirebbe molto. Padre e figlio e fratello e fratello però non ci sono: saranno finiti direttamente nella categoria gay, rigorosamente tenuta a parte per non turbare gli uomini etero – unica nota di pudore del porno, per ora.

Guarda Family Therapy – Love Me qui

It’s Private!

Sempre sull’onda gonzo c’è tutta una categoria amatoriale che consiste nel riprendere (e mostrare) la propria moglie mentre si fa sesso. Questo video mi ricorda le foto di Araki, non è per nulla performativo ed è coreano come uno dei miei registi preferiti, Kim Ki Duk. La donna sembra molto bella nonostante si veda a malapena in viso, elegante anche in maglietta; il suo pudore fa pensare che si tratti veramente una coppia, che i due non stiano recitando né posando. Se da una parte c’è un Family Therapy che è evidentemente una messa in scena, qui invece, nell’amatoriale, il confine tra ciò che è autentico e ciò che è messo in scena è quasi inesistente: uno dei pensieri più intriganti che possa accompagnare la visione di un porno. È persino tenero vedere come a lei piaccia molto fare sesso, essere guardata e filmata ed esposta al mondo, ma preoccupandosi sempre di non metterci la faccia. Come molte di noi, d’altronde.

Guarda Korean Civilian – Hot Ass Enjoy My Wife qui

Cool Valentina

Una recente intervista del Corriere della Sera a Valentina Nappi sul caso Weinstein ha suscitato non poche polemiche, soprattutto fra le donne. Nel pezzo, Valentina teorizza e immagina un mondo in cui la fica non sia più una merce rara e preziosa, ma al contrario un bene per tutti. E invita le donne a smetterla di darsi ai vincitori, ai capi e ai ricchi, ma di offrirsi ai poveri, ai loser, ai «neri al semaforo». Questa provocazione non è stata molto apprezzata dalle donne impegnate nella battaglia contro la violenza e le molestie sessuali; la reazione perlopiù è stata: lo facesse lei di darla ai «neri al semaforo» aggratis, e giù accuse alla sua persona, al suo lavoro e anche al suo razzismo.

Ma Valentina, anche se non capita, sta augurando alle donne qualcosa di importante: ovvero di vivere la propria sessualità liberamente, con consapevolezza, senza paura e senza usarla come una merce di scambio (come invece siamo state educate a fare). Questo è uno dei tanti video interracial che Valentina ha girato in California ed è della DogFart che, nel genere interracial, è la produzione che io preferisco: perché rispetto ad altre produzioni la DogFart è ironica, meno patinata, meno finta. In questo video Valentina fa pompini a «un’orda» di uomini black (quindici? Venti? Boh): nonostante l’immaginario minaccioso che il titolo italiano suggerisce («povera piccola ragazza bianca in pasto a un branco di grandi e grossi cazzi neri!») gli uomini sono pieni di grazia e di simpatia. Manca del tutto quell’ingrediente che generalmente si attribuisce a tutto il porno in tronco: la violenza. Qui non c’è abuso, né numerico né di gender e anzi, per lo più è Valentina che comanda – come dopotutto spesso accade.

Guarda Valentina Nappi sbocchina un’orda di cazzi neri qui

Sempre della DogFart è anche quest’altro video in cui, se non sbaglio, è la prima volta che Valentina fa sesso con due ragazzi neri e nel video lo dice. Valentina mi ha raccontato che in questa scena a un certo punto ha cercato di toccare il culo a uno dei due, che è scappato via mentre lei lo inseguiva. Perché quell’attore scappava? Perché nel porno mainstream, se per caso sfiori il culo a un uomo si apre subito il confine gay e si confondono le categorie maschili, il che è troppo pericoloso. Chissà quanto ancora durerà questa assurda regola che impedisce agli uomini etero di viversi liberamente il piacere anale! Se arrivate alla fine del video, vi prego di notare la bellezza del finale: la composizione, l’eleganza dei corpi, i colori e la chiusura della scena, abbastanza rivoluzionaria per essere un porno: ovvero il godimento di lei e non il classico money shot (cum shot).

Annie Sprinkle

Nata nel 1954, Annie Sprinkle è tante cose assieme: pornostar, educatrice sessuale, artista, sex worker, ecosessuale, regista, scrittrice, femminista sex-positive e produttrice. La sua storia è bellissima: a 18 anni, quando ancora si chiama Ellen Sternberg, inizia a lavorare come cassiera in un cinema a Tucson dove proiettano Gola Profonda. Il film finisce in tribunale e Annie viene chiamata a corte a testimoniare. Qui incontra il regista Gerard Damiano e se ne innamora. Si trasferisce a New York con lui, e comincia il suo percorso politico e artistico nel mondo del porno.

Quando sento quelle frasi fatte sul porno che è maschilista, che non mostra le donne come sono davvero, che è un genere in cui le donne sono umiliate e sottomesse, be’, il mio primo pensiero va a Annie Sprinkle. Negli anni Settanta, insieme al porno e alla rivoluzione sessuale, nascevano anche i movimenti femministi antipornografia capeggiati dal pensiero di Andrea Dworkin. E Annie, da giovane donna hippie e femminista, fa porno cercando di instaurare un dialogo con le donne che la criticano, dicendo loro: non sono una vittima del porno anzi, lo faccio attivamente perché mi piace! Sua è la meravigliosa performance Public Cervix Announcement, che vi consiglio caldamente e che potete guardare qui.

Annie ha due interessanti siti – anniesprinkle.org e sexecology.org – e un suo profilo su PornHub. Qui si trova l’intero Deep Inside Annie Sprinkle del 1981, diretto da lei e dal regista Joseph Sarno. Il film comincia come un documentario, con Annie che si racconta come in un’intervista: guarda in macchina e mostra le foto della sua infanzia, la sua famiglia, da dove viene e poi cosa le piace fare. E ci accompagna di là dove due uomini nudi l’aspettano e lei fa di loro quello che vuole. Pur essendo un «lungo», il film si vede in un fiato e non ci si annoia mai.

Guarda Deep Inside Annie Sprinkle qui

Be Sexual

Un autore porno contemporaneo che immagino sia conosciuto nel mondo – e in tutti i festival erotici LGBT – è Antonio Da Silva. Anche lui, oltre al suo sito personale in SVOD antoniodasilvafilms.com, ha un suo profilo su PornHub (qui trovate un’overview dei suoi lavori). A me personalmente Da Silva piace moltissimo: il modo in cui guarda gli uomini (fa solo video gay), come li erotizza, l’immaginario, l’estetica. Non c’è nulla di volgare né di osceno: è tutto molto sexy e fluido e naturale e liscio, come in una foto di Mapplethorpe o in una danza. Per come vedo io le cose, Antonio Da Silva è prima di tutto un artista che ha scelto il porno come genere espressivo. Vi consiglio di guardare tutti i lavori sul suo sito, intanto qui vi segnalo un bel trailer per farvi un’idea.

Guarda Be Sexual qui

Belladonna

Dopo tanta eleganza e tanto stile, ecco qualcosa di un po’ più rough, di più violento – ovviamente di una donna. Ricordo che quando ho fatto vedere Queen Kong a Rocco Siffredi, lui rimase prima un po’ stupito, poi mi disse che le cose più estreme nel porno le ha sempre viste fare (e pensare) alle donne. Spesso s’immagina che quando le donne passano dietro la macchina da presa per girare un porno, il tutto sfuma, vira sul rosa, le luci si fanno soffuse come in un limbo e la musica diventa soft. Bene: Belladonna è la regista e l’interprete di questo video che è abbastanza un cult.

Anche se questa è senza dubbio una scena di abuso di due uomini (infermieri/medici) su una donna (paziente/malata di mente/inferma), in realtà il potere ce l’ha lei, che è anche la regista del film. È lei che dà lo stop, è lei che ha fatto il casting agli uomini, ha detto loro cosa fare, come vestirsi, è lei che li paga. È lei che vuole quella cosa lì.

Ma che cos’è quella cosa lì? L’essere sottomessa e legata, l’abbandonarsi, farsi ricettiva e non porre resistenza, aprirsi: fare entrare dentro di sé e fare uscire da sé. Il potere delle donne che gli uomini ci invidiano molto.

Guarda Insane Asylum qui

Reverse

Forse molti avranno storto il naso davanti all’immaginario violento di Belladonna. Ma se il fastidio è dato dalla violenza sulla donna, ecco qui la vendetta, la par condicio: il mondo del «reverse». Rimane il cliché della violenza, ma viene rovesciato, anche con ironia. Il plot è semplice: lui guarda la tv stravaccato a terra, mangia schifezze e non pulisce. La sua fidanzata è stufa e schifata, gli dà del porco e decide quindi di trattarlo come un porco. È un bukkake, quindi comporta eiaculazione, di tante donne: tutte su di lui, che è costretto e inerme a terra.  

Io, per mio gusto, trovo più interessante che eccitante questo genere, forse perché non ci sono cazzi. È però bello vedere tante donne fra loro differenti masturbarsi e godere in modo diverso. C’è tanto squirting (sarà tutto vero?), e la parodia è dichiarata quando a un certo punto le donne non finiscono mai di arrivare, tanto che a un certo punto ho perso il conto.

Guarda Reverse bukkake qui

Il porno è vogue

Ancora un’altra donna, excuse me. Performer, modella, scrittrice (VICE, New York Times ecc.) e da poco imprenditrice, a trent’anni Stoya è la Kate Moss del porno: bella, androgina, sempre classy, sempre glam, sorridente, in controllo. In questo video avrà avuto sì e no vent’anni: capelli blu, all-star alte verdi (domani me le compro). Sembrano uscite dalla rivista fashion Purple, ma ricordano anche le protagoniste di Spring Breakers – Una vacanza da sballo.

Stoya è stata fidanzata per anni con l’attore porno James Deen e dopo essersi lasciati lo ha denunciato per stupro qualche anno fa con un tweet. Stoya, che ha centinaia di migliaia di follower sui social, ha dichiarato di aver usato Twitter perché se si fosse rivolta alla polizia non sarebbe certo stata creduta: che credibilità ha una pornostar che denuncia per stupro il suo partner nel lavoro e nella vita? Questa notizia ha sollevato un bel polverone nei media e James Deen (famoso per il suo bel viso ma per i modi bruschi) pur non essendo mai stato denunciato ufficialmente, è stato allontanato da molte produzioni come kink.com. Anche qui, il porno anticipa Hollywood di almeno un anno.

Da qualche tempo Stoya ha aperto insieme alla collega Kayden Kross la piattaforma indipendente TrenchcoatX, con cui le due producono, dirigono e distribuiscono i loro film in pay-per-view (dove paghi solo quello che vuoi vedere). Sembra molto interessante il format di questa serie di video realizzati da Stoya in giro per il mondo insieme al performer Wolf Hudson, molto sexy. Bella l’idea di inscrivere il porno nella geografia mondiale, e bellissimi loro. Perché con Stoya anche il porno è vogue.

Guarda Around the World in 80 Days qui

Come la TrenchcoatX, sono nate in questi anni moltissime piattaforme realizzate da donne. Tutte queste piattaforme cercano di allontanarsi dai cosiddetti stereotipi maschili, a volte con il rischio di fare propri quelli femminili. Un giro su questi siti è interessante e anche rilassante se non si vuole incappare nelle solite teste giganti ballonzolanti o nei peni ingigantiti dei siti in AVOD. Inoltre sono tutti rigorosamente fair, sia verso il cliente che con le persone che ci lavorano.

Erika Lust ha costruito un piccolo impero sul modello del «porno per le donne», convogliando registe (e anche qualche uomo!), coinvolgendo il pubblico fin dall’ideazione (Xconfessions) e distribuendo tutto quanto strizzi l’occhio alle donne. Nel sito Cinemajoy della regista Petra Joy c’è una pagina con tutte le registe (donne) ed è significativo che si metta l’attenzione sulla regia e non solo sui performer. In quello di Pinklabel sembra di essere su Netflix ed è piacevole e rassicurante. Un altro sito da segnalare è Indie Porn Revolution. Anche la stessa TrenchcoatX è abbastanza in linea: prevale lo sfondo bianco (in contrapposizione al nero di PornHub & co), ti dà la possibilità di filtrare le tue preferenze e di non incappare in cose che non ti gustano. Perché alla fine nel porno è soprattutto una questione di gusto, no?

She’s the Boss

Ho aspettato fino alla fine per arrivare a Nina Hartley, quasi sessant’anni e una lunga carriera nella industry. Come Annie Sprinkle, anche Nina si dichiara una sexpositive feminist, è dichiaratamente bisessuale ed è anche un’educatrice sessuale. Hartley, che è soprattutto una donna intelligente, si diverte molto a giocare a invertire gli stereotipi e i modelli del porno: ora poi che è mature le viene ancora meglio. In questo video Nina recita la parte del capo ufficio e ricatta il giovane dipendente costringendolo a fare sesso per non perdere il posto. Io lo trovo abbastanza liberatorio in piena guerra #metoo e credo faccia bene alla salute, grazie anche a quel pizzico di sana fantasia revenge che, una volta soddisfatta con un porno, può anche aiutare a riflettere sul fatto che per lo più l’abuso avviene dove c’è potere, al di là del genere sessuale.

Guarda The Boss qui

Ma se pensiamo al massimo potere che una donna possa sognare di avere, al ruolo più in alto in assoluto (almeno in apparenza) sul nostro pianeta, direi che dopo il Papa c’è la Presidenza degli Stati Uniti d’America, no? E infatti in quest’altro video della DogFart (so it’s love!) Nina interpreta nientemeno che Hillary Clinton durante la campagna elettorale del 2016. Qui Hillary è a capo di una tavola rotonda con una decina di uomini, tutti black. Chiede loro cosa fare per piacere e per sensibilizzare il suo elettorato afroamericano, e il doppio senso di tutta la scena è evidente e abbastanza esilarante grazie a Nina e agli attori.

Alla fine del video, mentre Nina si toglie le forcine che le tenevano su i capelli nel tentativo di replicare il tipico «Hillary-look» (il porno è povero e non si può permettere le parrucche), c’è una bella chiacchierata in cui lei e il cameraman discutono di politica, dove Nina ammette di non essere pazza della candidata democratica ma di essere obbligata a votarla: certo non si può votare Repubblican! E dunque, anche se Trump ha vinto, viva il porno.

Spesso c’è bisogno di disturbare per rivendicare dei diritti negati e per affermare la propria identità. Farlo con il porno è forse più facile, soprattutto per le donne.

Non è facile chiudere questo viaggio nel porno online, anche perché il materiale a disposizione è veramente infinito. Ho lasciato fuori molti artisti importanti che ammiro, come il performer francese François Sagat, interprete anche del film L.A. Zombie di Bruce La Bruce, e Buck Angel, il primo trans man riconosciuto dal porno mainstream (nel 2017 è stato anche premiato agli AVN Awards, gli «Oscar del porno»). Non ho nemmeno trattato quei film che stanno al confine fra porno e cinema «ufficiale» e che sarebbe stato interessante collocare qui: oltre al già citato L.A. Zombie, penso a Clip, stupendo film serbo del 2012 di Maja Milos che purtroppo in Italia non è mai riuscito a trovare una distribuzione coraggiosa; oppure al classico Baise-Moi del 2000, il film di Virginie Despentes che mette in scena lo stupro da lei subito e già raccontato nel libro omonimo (da noi tradotto come Scopami): che una persona scelga di esorcizzare e di denunciare lo stupro subìto mettendolo in scena come uno porno, può sembrare una reazione estrema, e a molti può anche disturbare.

Ma come dicevo in principio, molto spesso c’è bisogno di disturbare per rivendicare dei diritti negati e per affermare la propria identità. Farlo con il porno è forse più facile, soprattutto per le donne che ancora non hanno una gran voce. Se non altro perché nel porno c’è molta più libertà espressiva che in tanta altra arte.

Monica Stambrini è una regista e una filmmaker. In vent'anni ha diretto vari cortometraggi, videoclip, documentari e lungometraggi. Insieme ad altre registe ha fondato il gruppo Le Ragazze del Porno e il suo ultimo lavoro è ISVN – Io sono Valentina Nappi. Vive a Roma e continua a fare i film che ama, di ogni formato e genere.