Non abbiate timore

Cosa succede alla realtà quando la paranoia diventa la lente con cui guardiamo il mondo? Angeli, droni, brain rot e psy-op: un’introduzione al quarto numero di Notzine

L’occhio era, secondo Charles Darwin, il più grande mistero dell’evoluzione animale. “Supporre che l’occhio, con tutti i suoi inimitabili meccanismi”, si legge ne L’origine delle specie, “si possa essere formato per mezzo della selezione naturale, sembra, lo confesso liberamente, assurdo al massimo grado”. La sofisticazione anatomica di questo organo è tale da far apparire la sua evoluzione naturale un’eventualità inaudita. Per la gran parte della sua storia, in effetti, la vita è stata cieca. Per miliardi di anni negli oceani ancestrali dove i nostri antenati si sono evoluti nessuno ha avuto bisogno di vedere o di essere visto. I primi occhi moderni emergono durante la cosiddetta “esplosione del Cambriano”, tra 545 e 530 milioni di anni fa. Questo periodo della storia della vita è anche conosciuto tra i biologi come una “corsa alle armi” evolutiva. Gusci, mascelle, denti, corazze: è in questo momento che gli animali cominciano a sviluppare sistemi di predazione, attacco difesa sempre più complessi e sempre più spietati. È possibile che sia stata proprio l’evoluzione dell’occhio, la più sofisticata tra le armi da guerra, a innescare questo climax di violenza bio-tecnologica. La storia dello sguardo è la storia della paura. Forse non è un caso, dunque, che anche le guerre contemporanee siano il terreno per l’evoluzione di sempre nuovi sguardi, e che ognuno di questi nuovi sguardi produca nuove forme di paranoia e terrore. I nuovi occhi della guerra hanno lasciato le acque dell’oceano per librarsi nell’aria. I droni hanno cambiato le dinamiche dei conflitti nel ventunesimo secolo: il controllo del territorio da tellurico si è fatto stratosferico, inumano, un’arma senza corpo che ha reso la guerra una forma di telelavoro, uno sguardo che agisce da un luogo invisibile. 

Sulla scia di quanto scriveva Paul Virilio, riteniamo che la nascita di ogni tecnologia produca al tempo stesso la possibilità del proprio incidente: l’energia nucleare e l’incubo atomico, la velocità del treno e l’orrore dei grandi incidenti di massa, il volo del primo aereo e lo scenario del proprio disastro. Allo stesso modo, si potrebbe tracciare una storia che dalla nascita dell’occhio arriva alle origini del cinema, e prosegue fino alle prime videocamere portatili, si intreccia agli snuff movie e arriva alle telecamere montate sui droni. Nella possibilità stessa del vedere si apre già da sempre lo spazio della psicosi, del vivere in uno spazio in cui occhi invisibili registrano ogni nostro movimento producendo copie su copie della realtà. Lo sguardo da nessun luogo del drone rappresenta allora un paradigma che non riguarda solo il campo bellico; un modo di guardare che infiltra la paranoia in ogni aspetto delle nostre vite. Come ricorda Grégoire Chamayou, soltanto nel 2009 i droni americani hanno prodotto l’equivalente di 24 anni di registrazioni video. Prima ancora di colpire, il drone archivia, sorveglia, osserva, produce rappresentazioni. Nella vita online non facciamo altro che archiviare immagini e osservare, in un sistema di reciproca sorveglianza che ci spinge a produrre ossessivamente rappresentazioni di noi stessi. Ciò che ci interessa capire è cosa succede alla realtà quando la paranoia diventa la lente con cui guardiamo il mondo. 

Qualche tempo fa ci siamo imbattuti nella pagina Instagram di una giovane ragazza che parla della sua neurodivergenza e – be’ – della sua fervente fede in Gesù Cristo attraverso balletti, lip sync, meme e contenuti “carini”. I suoi look in stile Amish creano un certo contrasto con il suo immaginario da Gen Z e con il classico scenario della provincia americana in cui sono ambientati i suoi reel. Seguendo la sua pagina con un misto di empatia, ossessione morbosa, curiosità e imbarazzo, ci siamo accorti che è solo un esempio di un trend molto più vasto. Ormai i social media strabordano di influencer con centinaia di migliaia di follower i cui disturbi (fisici o mentali, reali o inventati a fini di profitto, o persino entrambe le cose) vengono trasmessi in diretta, trasformati in contenuti virali e convertiti in hashtag da aggiungere in bio. Se la realtà diventa instabile e frammentata, l’ossessione per la propria rappresentazione diventa una exit strategy. Siamo sempre “nella mia era” quando abbiamo semplicemente cambiato un consumo culturale. Siamo all’interno di un nuovo “qualcosacore” quando abbiamo semplicemente cambiato vestiti. Il potere della rappresentazione di retroagire sulla realtà scivola nella forma di paranoia più pura. 

la paranoia è un lume tremolante che ci invita a scendere sempre più a fondo nel mondo incerto delle ombre. Forse la psicosi è l’ultima forma di salvezza, l’unica conoscenza possibile

Internet, insomma, è diventato indubbiamente un posto strano. La violenza, la paura e l’orrore si intrecciano sempre di più con la cuteness e la post-ironia. La crudezza di vecchi shock sites come rotten.com non se n’è mai andata del tutto, ma è mutata in forme sempre più postmoderne e surreali. Abbiamo chiesto a Ben Ditto – celebrità della rete attraverso la sua pagina di Instagram, direttore artistico e guru dell’hivemind dell’Internet underground di raccontarci le nuove estetiche della violenza online, tra assurde sottoculture digitali e rappresentazione dei conflitti attraverso i social media. Persino la propaganda militare e armata, infatti, è sempre più intrecciata con le estetiche di Internet. Noura Tafeche, ad esempio, ci parla dell’appropriazione della sottocultura kawaii da parte dei pro-gun americani e dell’uso strategico di TikTok da parte di Israele. Mentre Donatella Della Ratta, partendo dagli scenari della Siria di Assad e di Gaza, descrive come l’immagine, da nuda testimonianza della realtà, si stia trasformando in un artefatto post-reale, innescando un processo in cui l’estetica stessa, spesso mediata da tecnologie come l’IA, diventa un’arma ideologica sempre più potente.

Nel frattempo, la nuova era Trump sogna un nuovo secolo americano; ma tuttalpiù gli Stati Uniti rappresentano ancora la culla di quella che Bifo definisce mutazione cognitiva: l’incrocio di due flussi di demenza sistemica, quella «senile della generazione terrorizzata dall’esaurimento e dal declino», e la demenza ipercinetica della generazione iperconnessa, alle prese con il tentativo disperato di adeguarsi mentalmente al ritmo infosferico. Non a caso brain rot è stata la parola dell’anno trascorso. Per il resto, i casi di school shooting sono tornati a riempire le pagine dei giornali, Luigi Mangione è diventato un eroe popolare, sono tornate in auge le deportazioni di massa. Per Bifo – che in questo contesto torna sui temi del suo Heroes uscito dieci anni fa – sono tutti segni visibili dell’inizio di una «guerra caotica di tutti contro tutti», in cui i sentimenti individuali della rabbia e dell’umiliazione portano le persone a rifugiarsi nella figura del Vendicatore. E così gli Stati Uniti della Paranoia guidano l’Occidente nella nuova era della violenza. 

A proposito di brain rot e stranezze di Internet, vi è mai capitato di imbattervi in raffigurazioni di “angeli biblicamente accurati” con il corpo alieno tappezzato da un numero esorbitante di occhi? Sono immagini sempre più diffuse nella cultura digitale dello schizoposting, una nicchia dove teorie del complotto, meme, malattia mentale, e magia del caos convergono in una nuova estetica paranoica. Angelicism, una delle entità più enigmatiche del cyberspazio contemporaneo, è tra le protagoniste più influenti di questo indecifrabile angelic shift. Arianna Caserta ci ha raccontato la sua lore,  parlandone come del distillato ultimo, schizoide, quasi metafisico della femminilità digitale contemporanea. Come le ragazze online, gli angeli osservano silenziosamente ogni cosa, mentre la loro vera forma rimane estranea all’umana comprensione. Nelle loro raffigurazioni memetiche più comuni, queste figure mistiche e  perverse sembrano scrutare negli abissi più oscuri della nostra anima con le loro centinaia di bulbi oculari mentre ripetono senza tregua il passo del Vangelo di Matteo 10, 26-31: Be Not Afraid, “non abbiate timore; perché non c’è niente di nascosto che non debba essere scoperto, né di occulto che non debba essere conosciuto”. Non abbiate timore, andrà tutto bene, è tutto OK, come ripeteva una bizzarra campagna di marketing degli anni Novanta per la bibita OK Soda. Una storia che si intreccia alle presidenziali americane del ‘92 e che, come scrive Tommaso Pincio, potrebbe essere stata una psyop del mondo conservatore per convincerci a rimanere ottimisti nell’Occidente destinato al collasso. 

A ogni modo, secondo alcune teorie l’Internet per come l’abbiamo conosciuto è morto. La quantità di materiale digitale e di informazioni che l’essere umano ha riversato sulle piattaforme ha permesso alle intelligenze artificiali di svilupparsi e creare un mondo a propria immagine e somiglianza: bot, immagini slopificate (Synthetic Language Of Poor Quality, in altre parole la diffusione incontrollata di contenuti AI-generated privi di una funzione creativa o informativa) e creepypasta stanno facendo collassare sempre di più la distinzione tra un Internet umano e un Internet inumano. Davide Tolfo e Nicola Zolin ci guidano negli abissi del cadavere di Internet e, armati della torcia della paranoia, cercano di illuminare questo spazio perturbante e abissale. 

Nei quattro gradi della conoscenza del platonismo, dopo l’eikasia (l’immaginazione) e la pistis (la credenza nelle apparenze), la dianoia rappresenta il penultimo livello, quello della ragione discorsiva e della conoscenza matematica. Segue la noesis, l’intuizione delle idee. A questo schema oggi potremmo aggiungere un quinto livello: la paranoia, il muoversi in un reale in cui l’umano è sempre più espulso dal centro, in cui strane forze riprogrammano ciò che vediamo e con cui dobbiamo imparare a comunicare come un tempo si cercava di imparare il linguaggio degli angeli. Se erano i raggi abbaglianti della noesis a guidare i prigionieri della caverna platonica fuori dalle tenebre e verso la verità, la paranoia è un lume tremolante che ci invita a scendere sempre più a fondo nel mondo incerto delle ombre. Forse la psicosi è l’ultima forma di salvezza, l’unica conoscenza possibile. Non abbiate timore.