Metal Gear Wagner

Dietro il mito dell’armata invincibile e ubiqua, il Gruppo Wagner cela una profezia: quella di un futuro in cui le guerre saranno combattute da compagnie militari private in lotta per dominare il mondo

Può un videogioco uscito nel lontano 2008 aiutarci a capire quello che sta succedendo in Ucraina e in altri conflitti sparsi in giro per il mondo?

La domanda è meno assurda di quello che sembra, e recentemente se l’è fatta proprio il creatore di quel videogioco: Hideo Kojima.

Per chi non lo conoscesse, l’autore giapponese è la mente dietro alla saga di Metal Gear – una delle più importanti e innovative di sempre, ambientata in un futuro vicinissimo al nostro presente. La storia gira intorno al soldato scelto Solid Snake (ma pure ad altri personaggi) e ai suoi tentativi di fermare il Metal Gear, un carro armato bipede in grado di lanciare testate nucleari.

Tutti i giochi della franchigia affrontano temi come la guerra, la tecnologia, la geopolitica e la minaccia atomica. Grazie alle sue audaci scelte autoriali, Kojima – che è un convinto pacifista – si è guadagnato la fama di essere una specie di veggente.

Ad esempio: Metal Gear Solid 2, uscito nel 2001, ha anticipato di parecchi anni le discussioni sui pericoli della disinformazione e dell’intelligenza artificiale. E Metal Gear Solid 4 ha immaginato uno scenario in cui l’economia globale è esclusivamente incentrata su conflitti combattuti non più tra gli stati, ma tra compagnie militari private che usano droni e armi autonome.

Di recente lo stesso Kojima ha rimarcato la sua preveggenza su Twitter, riferendosi proprio a MSG4. Ed è probabile che l’abbia fatto pensando alla guerra in Ucraina, che in certi aspetti assomiglia alla realtà fittizia di MSG4.

Sebbene le compagnie militari private siano state impiegate in diverse parti del mondo negli ultimi decenni, non hanno mai avuto così tanta rilevanza come nel corso dell’invasione dell’Ucraina. 

I droni, ad esempio, sono una parte fondamentale del conflitto sin dai primi giorni dell’invasione. Così come lo sono altre armi autonome – tipo una mitragliatrice manovrata attraverso una Steam Deck, un pc da gaming portatile (con si può giocare a MGS4). 

Per non parlare poi delle compagnie militari private: sebbene siano state impiegate in diverse parti del mondo negli ultimi decenni, soprattutto in Iraq e Afghanistan, non hanno mai avuto così tanta rilevanza come nel corso dell’invasione dell’Ucraina. 

E il merito va soprattutto al Gruppo Wagner – una sigla che ormai conosce un po’ chiunque, anche se fino a non troppo tempo fa non era così. Prima della guerra, infatti, la Wagner formalmente non esisteva. 

Non in senso ufficioso, ovviamente, ma ufficiale: la legislazione russa proibisce le compagnie militari private e, almeno a parole, non ha alcuna tolleranza verso i mercenari.

In realtà la Wagner è il prodotto dell’inestricabile intreccio tra gli interessi pubblici, privati e militari nella Russia putiniana. 

Il suo fondatore e principale finanziatore è Yevgeny Prigozhin – un ex criminale, ex venditore ambulante di hot dog e oligarca conosciuto come il “cuoco di Putin” perché per anni ha gestito il catering del Cremlino. Il nome del gruppo deriverebbe invece da Dmitry “Wagner” Utkin, un veterano delle guerre ceceno ed ex colonnello dei servizi segreti militari che secondo il sito d’inchiesta Meduza avrebbe aperte simpatie naziste. 

La prima apparizione dei mercenari della Wagner risale al 2014, nell’Ucraina dell’est. All’inizio, come ha ricostruito Candace Owens sul sito New America, si tratta di poco più di una “diceria da campo di battaglia”. Le voci si fanno più concrete nel 2015: alcuni blog militari ultranazionalisti sostengono – prove alla mano – che gli uomini della Wagner abbiano ucciso alcuni comandanti delle sedicenti “repubbliche popolari” del Donbass che si opponevano agli accordi di Minsk. 

Non c’è il minimo dubbio invece sulla presenza dei mercenari in Siria, dove combattono a fianco delle truppe di Bashar al-Assad e dell’esercito russo. 

Secondo vari resoconti contribuiscono alla riconquista di Palmira, prendono parte a operazioni contro l’Isis, decapitano disertori dell’esercito siriano e si occupano della sicurezza di giacimenti petroliferi e oleodotti – in cambio, ovviamente, di una considerevole quota dei profitti. 

Nel 2018 si scontrano con membri delle forze speciali statunitensi in una battaglia di quattro ore svoltasi intorno alla centrale di gas di Conoco a Deir el-Zor. Le perdite sono ingenti: tra i 100 e i 200 mercenari muoiono sotto le bombe americane. 

Dopo l’esperienza siriana, il gruppo Wagner allarga il raggio delle sue operazioni in Africa. Nel 2019 è in Libia, dove partecipa al fallito assedio di Tripoli del generale Khalifa Haftar e commette svariati crimini di guerra – tra cui l’uccisione indiscriminata di cittadini e prigionieri, nonché la disseminazione di mine ed esplosivi in aree civili. 

I mercenari russi successivamente si recano in Mozambico, chiamati dal presidente Filipe Nyusi per reprimere le milizie jihadiste di Al-Shabaab nella regione di Cabo Delgado; poi nella Repubblica Centrafricana, dove contribuiscono a fermare un’insurrezione armata in varie parti del paese; e infine in Mali, contestualmente al ritiro delle truppe francesi. 

Come ha detto a Vox il politologo Mark Galeotti, autore di diversi saggi sulla Russia, nel giro di qualche anno la Wagner diventa una sorta di “emporio per gli autocrati di tutti il mondo”. I vari tipi di servizi che offre sono ripagati con lauti contratti per lo sfruttamento delle risorse naturali, tutti stipulati da aziende riconducibili a Prigozhin. 

Per il resto, è evidente che il gruppo persegua obiettivi geopolitici, militari e commerciali perfettamente sovrapponibili a quelli del sistema di potere putiniano: non a caso, un’inchiesta della BBC lo definisce “l’esercito privato di Putin”. 

In questa fase, è bene ricordarlo, il Cremlino nega di avere rapporti con i mercenari; e Prigozhin addirittura querela per diffamazione i giornalisti che lo descrivono come il capo. 

In un certo senso, deve farlo: l’aura di mistero serve ad alimentare il mito della Wagner, cioè di un’armata pressoché invincibile e ubiqua – la punta di diamante della guerra ibrida putiniana. Il solo nominarla, insomma, deve far paura ai nemici della Russia. 

Ma con l’invasione dell’Ucraina cambia tutto. 

Inizialmente, com’era successo nel 2014, i mercenari rimangono nell’ombra. Secondo le autorità ucraine nei primi giorni provano ad assassinare il presidente Volodymyr Zelenskyy, fallendo però la missione.

Nell’agosto del 2022 escono per la prima volta allo scoperto: a Ekaterinburg, negli Urali, affiggono dei cartelloni pubblicitari con cui invitano al reclutamento per la guerra. A settembre viene diffuso un video, girato nel cortile di una prigione, in cui Prigozhin offre la scarcerazione ai detenuti in cambio di sei mesi sul campo di battaglia. A novembre viene inaugurata la prima sede ufficiale a San Pietroburgo

Nel Donbass, intanto, la Wagner è in primissima linea nelle città di Soledar e Bakhmut. Sono battaglie di attrito, come si dice in gergo militare, cruente e sanguinose: il fronte si sposta di continuo di pochi metri, con costi umani spaventosamente alti. 

Anche il ruolo di Prigozhin si trasforma radicalmente. L’oligarca assume una dimensione pubblica assolutamente inedita: oltre a farsi vedere in tenuta militare tra le sue truppe, critica ferocemente le gerarchie militari. 

In un video di inizio maggio, pubblicato sul suo canale Telegram, lo si vede di fronte a una distesa di cadaveri. Prigozhin li indica e urla: “questi uomini sono morti oggi, il loro sangue è ancora fresco”. Poi se la prende con il ministro della difesa Sergei Shoigu e il capo dell’esercito Valery Gerasimov, colpevoli di non aver inviato abbastanza munizioni: “qui la gente sta schiattando mentre voi state seduti come gatti obesi nei vostri uffici di lusso!” 

Anche se può sembrare diversamente, questi attacchi non sono rivolti a Vladimir Putin. Per Mark Galeotti, Prigozhin non vuole intaccare il potere del presidente russo; cerca piuttosto di ritagliarsi un ruolo di primo piano nella Russia post-invasione, un paese in cui “la guerra è il principio organizzativo da cui dipende tutto il resto”. 

La Wagner, tra l’altro, non è l’unica compagnia militare privata russa in Ucraina. All’offensiva di Kyiv ha partecipato la Redut, legata all’oligarca del gas Gennady Timchenko; mentre negli ultimi mesi sono comparse la Bokarev (che prende il nome dal produttore di locomotive Andrei Bokarev) e la Potok, creata dal colosso del gas Gazprom e attiva a Bakhmut. 

Spesso e volentieri, queste Cmp sono in competizione tra loro. In un video diffuso alla fine di aprile, dei mercenari della Potok hanno raccontato di uno scontro con gli omologhi della Wagner, che avrebbero addirittura minacciato di fucilarli. Lo stesso Prigozhin si è lamentato della presenza dei rivali.

Ovviamente questa disputa va inquadrata all’interno del sistema russo, che è abbastanza sui generis, e della verticale di potere putiniana. Ma non è difficile immaginare che – in altri stati e altri contesti – tutto ciò possa diventare l’assoluta normalità. 

“Il concetto tra un civile e un soldato sta diventando sempre più sfumato”, spiega al protagonista Solid Snake. “Presto o tardi l’intera razza umana sarà formata da colletti verdi, e tutti quanti combatteranno guerre per procura”.

La “privatizzazione della sicurezza”, come l’ha definita la professoressa Jutta Joachim, comporta infatti “l’indebolimento del monopolio statale della forza” e di conseguenza “la crescente dipendenza” dalle compagnie militari private, che si muovono quasi esclusivamente per “interessi commerciali” e raramente hanno obiettivi politici. 

Già adesso, si legge in questo paper, le Cmp sono “una parte integrante del contesto bellico del 21esimo secolo, sia nel mondo occidentale che in quello non occidentale”. Senza di loro, “le operazioni militari non potrebbero essere sostenibili ed efficienti”. Del resto, alcune compagnie hanno un giro d’affari comparabile al Pil di uno stato

Ma torniamo a Metal Gear Solid 4. Le riflessioni contenute in saggi e testi accademici, infatti, sono incredibilmente simili a ciò che dice il personaggio Drebin, che nel gioco fa il trafficante d’armi. “Il concetto tra un civile e un soldato sta diventando sempre più sfumato”, spiega al protagonista Solid Snake. “Presto o tardi l’intera razza umana sarà formata da colletti verdi, e tutti quanti combatteranno guerre per procura”.

Ovviamente non siamo ancora nel mondo immaginato da Kojima in Metal Gear Solid 4; ma non ci nemmeno troppo lontani

Dopotutto, aveva detto l’autore in un’intervista, “il futuro si raggiunge per accumulo”. 

E il futuro della guerra contemporanea si sta scrivendo adesso nelle trincee di Bakhmut, tra ondate umane di carcerati, oligarchi che vendevano hot dog e milizie private pagate da multinazionali del gas. 

Leonardo Bianchi è giornalista freelance. Ha collaborato, tra gli altri, con VICE, Valigia Blu e Internazionale. Cura una newsletter sulle teorie del complotto, chiamata “Complotti!”. Ha pubblicato La Gente. Viaggio nell'Italia del risentimento e Complotti! Da QAnon alla pandemia, cronache dal mondo capovolto, entrambi per minimum fax.