Ingresso

Il gioco finale

Prima di essere benvenuti, dovete essere venuti.

Venire è agio di tutti.

Chiunque può venire e questo è tutto. Questo è il tutto.

La voce del tutto è melliflua, suadente e binaria. Così parla dentro se stesso il tutto, ché fuori di sé non vede niente e a nessuno ha agio di parlare.

Ingresso è il giuoco video in linea che chiunque si aspettava, non aspettandoselo. Il suo successo, ora riconosciuto in tutto il pianeta, è dovuto alla mixture di elementi bene calibrati e soprattutto, credeteci, a quanto abbiamo creduto nel potere della relazione. Sapientemente, e non rinneghiamo i nostri errori di percorso, che tante vite sono costati, vittime di casualità e di una valutazione erronea dei componenti dell’ecosistema – sapientemente abbiamo iniziato in modo casuale, raffinando via via le operazioni di calcolo e l’innervazione del sistema del giuoco. Fino allo stadio attuale: chiedete di entrare ed entrerete.

Il nome del fondatore è sulle labbra di tutta l’umanità che, sulle labbra, portava a noi la richiesta di fare ingresso al giuoco.

Attualmente sono partecipanti attivi al giuoco un numero considerevole di persone che risiedono in ogni parte del globo e ottengono dall’attiva partecipazione al giuoco una vita più ricca e intensa, economicamente sostenuta dall’ecosistema del giuoco.

Piace molto!

L’intuizione originaria, elaborata dal fondatore il cui nome sta sulle labbra di tutti, sembrò ai tempi lugubre e funesta. Si trattava di realizzare il primo giuoco video in linea in cui si morisse davvero. Era sotto gli occhi di chiunque e nessuno vedeva una simile opportunità, una benedizione per le sofferte anchilosi della specie che voleva giocare. Usualmente, nei giochi video in linea e fuori linea, si moriva infatti per finzione: il giocatore perdeva la partita, ma l’aveva salvata, quindi ricominciava a giocare dal livello o addirittura dal punto in cui era morto per finzione. La scommessa del fondatore il cui nome è sulle labbra di chiunque fu: nel giuoco, se a un dato punto si muore, non si potrà mai più rientrare nel giuoco. I finanziatori non credettero che la morte istantanea e reale potesse inoculare interesse e dipendenza nel popolo dei giocatori, sbagliando.

L’intuizione non originaria, elaborata dal fondatore il cui nome è sulle labbra di tutti, fu di considerare i giocatori un popolo, da subito. Ciò permise la ramificazione nel reale da parte del giuoco video in linea nella sua prima fase. Il popolo dei giocatori iniziò a sviluppare scambi, commerci, merceologie del corpo, nomadismo nel reale, affetti e messa a disposizione dei mezzi di sopravvivenza, tra tutti i partecipanti al popolo. Accade così che il popolo vincesse sulla massa anonima di giocatori video in linea. La messa in comune di conti in valuta elettrica, sui dispositivi e presso i grandi distributori digitali, costituiva il primo passo per l’installazione di un sistema economico e affettivo alternativo a quello reale, mutando per sempre i connotati di ciò che era reale per una persona dentro il giuoco video in linea.

La partecipazione massiva indusse gli eredi del fondatore (2.0, 3.0, 4.0, fino alle release attuali…) a inserire variabili di calcolo che somministrassero la morte improvvisa e random agli account. Iniziando i partecipanti a temere per la morte casuale, comminata casualmente attraverso incidenti e patologie degli avatar di giuoco, la piattaforma sviluppò un legame maggiormente significativo da parte dei giocatori tutti. Un legame in parte delirante. Nessuno voleva morire al giuoco, prima o poi toccava di morire al giuoco. Gli affetti si rafforzarono. L’intensità e l’attenzione crebbero di conseguenza. La prevenzione come modello dell’eternità del giuoco non funzionava, eppure chiunque preveniva.

La vita nel delirio prevede che successivi deliri si sviluppino all’interno del delirio della vita e nessuno di noi, a oggi, formula del delirio una valutazione ancorché pallidamente simile ai tempi precedenti al giuoco. Il delirio come bontà e cattiveria non si dà oggi, se non in frange nostalgiche o oppositive al giuoco, per ragioni di ferraglia ideologica. L’ideologia fuori dal giuoco non ha il benché minimo valore, a fronte delle ideologie che si praticano all’interno del giuoco, come sa chiunque abbia la ventura del desiderare qualcosa che non sia già soddisfatto a priori dal giuoco stesso.

Chiunque può chiedere l’ingresso al giuoco. Ai primordi ciò apparve un comunismo, secondo le ferraglie ideologiche esterne al giuoco. Le smentite furono inutili, ma sormontate dai fatti, cioè dall’imporsi automatico del giuoco ai giocatori e a chi ancora giocatore non era.

La partecipazione è gratuita e lo sarà sempre.

Lo sviluppo di avatar alternativi esprimeva un destino: quello di essere persone a tutti gli effetti per interposta persona. L’interposta persona è la persona fisica che gioca. A oggi sarebbe impossibile distinguere tra la persona giocante e la persona che è rappresentata giocare nel giuoco. È grazie agli avatar, che vanno sempre e infallibilmente a coincidere con le persone, se ci si può procacciare alimentazione, educazione, sanità. L’abolizione del lavoro, poiché l’unico lavoro che serve e che esiste è stare nel giuoco, parve anch’essa in odore di comunismo, ai tempi delle ferraglie ideologiche. L’emissione di passaporti Ingresso fece il resto, donando scuola, salute, proprietà diffusa, amore. E, certo, rabbia, orgoglio, visceralità. Non è l’Eden qui, ma tutti gli smarginamenti sono garantiti. Non sono calcolati, però. Lo smarginamento indefinito di chi muore al giuoco non è calcolato dal giuoco stesso.

Quando l’economia del giuoco impattò sull’economia esterna al giuoco, i tempi erano maturi per rispondersi alla domanda su cosa fosse potere e come esercitarlo, almeno quanto al porsi l’interrogativo circa la superfluità del lavoro cosiddetto attivo. Tutto ciò parve ai partecipanti al giuoco un abominio di un passato in cui le persone soffrivano oltremodo il regime della storia. Della storia non importa nulla, se non ai pochissimi che si danno all’opera di conquista di un sapere vano e neghittoso, che è quello del passato. Quando il tempo andò a rinnovarsi per aggiornamenti successivi, diciamo dal 2.0 in poi, il concetto di storia, anche di quella che ha costituito lo sviluppo della comunità mondiale dei giocatori, svanì in un oblio condiviso, che sembrò dolce a molti di noi interni al giuoco. Le pietre miliari divennero gli aggiornamenti. Ogni memoria, esternalizzata alle persone, era interna alle persone nel giuoco. Poteva essere esercitata alla bisogna, non la si soffriva più. Ecco perché la release era il rilascio, il distendimento, il riposo in azione. Imparammo che non eravamo affatto pesanti.

Non avere peso ci diceva l’intimità con una sussunzione universale, che per finzione chiamiamo: giuoco.

Ci sono ordini diversi di: qua, là, altri. Resta intatto il nucleo: mio.

I partecipanti degli esordi viaggiavano fisicamente, e freneticamente, per il pianeta, accolti e mantenuti e ospitati da altri partecipanti. La legge implicita all’ingresso di Ingresso era di dare e proteggere per essere dati e protetti. La legge era dunque un ammennicolo della fraternità.

Da notare che non si è sviluppata alcuna religione del giuoco, ma soltanto nel giuoco. Le intelligenze innaturali, dal momento in cui si ammise per evidenza che erano naturali, non sortirono le reazioni di paura e vergogna e piacere, che ammantavano di mistero la loro provenienza, i loro processi e le loro finalità occulte. Non c’era alcuna finalità occulta. Ciò provocò un grande rilassamento (release) nella comunità degli esordi. Tale rilassamento divenne norma nel momento in cui si constatò che l’alimentazione elettrica e fisica era garantita dal giuoco e dai grandi distributori digitali, connessi e interpenetrati nell’ambiente di giuoco, coi loro negozi reali virtuali, coi loro prodotti freschi e conservati, con le loro ubbie di manipolazione degli istinti e delle necessità concusse. 

Non va dimenticato che il popolo è tale per un eccitamento generale degli istinti, mentre il popolo in Ingresso è tale per sola e semplice partecipazione. È scontato fare parte, non c’è più eccitazione. Nessuno è freddo nel giuoco.

Ci presentavamo all’improvviso, a migliaia, in zone del globo in cui il giuoco prevedeva battaglie e assedi, sovrapponendo gli schermi dei device ai luoghi fisici, in presenza fisica giocando la sorte di guerre sui device e di epiche precedenti, del tutto inventate e casuali, ognuna pressoché identica alle altre, per il piacere affabulato dei partecipanti. Erano partecipanti in linea, giocando in presenza fisica nelle geografie reali. Una cattedrale al centro della metropoli era, sugli schermi del giuoco, un portale per garantire l’ingresso di altri partecipanti o impedirlo. Le fazioni iniziali, il «Sì» contro il «No», furono questo: ideologie, partiti, varie e successive release di internazionali, giù giù fino a kolkhoz e soviet ed enclavi. Ogni partecipante era sorella fratello a ogni partecipante, perché tutti erano istantaneamente sorelle fratelli al giuoco: non al meccanismo che faceva ruotare il giuoco nelle menti del mondo, ma propriamente al fatto che si era nel giuoco. Non c’era bisogno di altro, ma solo di altri.

I settori specifici e precipui che si sviluppano progredientemente nel giuoco corrispondono a valutazioni di base dell’acuzie con cui il piacere stimola a giocare. Si tratta di ambienti correlati e osmotici. Essi sono costituiti da: sessualità, denaro, preservazione del pianeta. Tra questi tre fiumi corre un’acqua maggiore, il nucleo del piacere più intenso, il legame chimico fondamentale: cioè l’amore per il giuoco.

Il popolo dei giocatori si era preparato a diventare giocante, prima dei primordi del giuoco stesso, apprendendo a non smettere di giocare mai, andando dunque oltre le colonne del tempo, poiché, indifferenti al trascorrere del tempo e al maturare e crescere e invecchiare delle singole età personali, tutti ebbero modo di giocare senza smettere, fino alla morte fisica.

Chiamiamo questa fase: bambinizzazione del pianeta.

Il gioco è di chiunque.

Chiunque gioca.

Perfino gli anziani più tremebondi intendevano giocare per sempre, abbigliandosi secondo le voghe giovanili fino all’ultimo, solcando le strade fisiche delle città planetarie con monopattini giuocosi, ascoltando per giuoco una musica sempre più percussiva, colloidale e grave, sempre più bambina e infante, con i tinnii e i sonagli del caso. Nessuna meditazione poteva essere consentita nello stato in cui si gioca perennemente: tale era il dato storico. Il dato storico perdeva di rilevanza sempre più, poiché giocando non c’è storia, se non del giuoco stesso, poi nemmeno più quella del giuoco. I padri e le madri, che giocano senza interruzione, crescono le figliolanze vestendo i panni di partner del giuoco. Il partner del giuoco è la nuova fraternità, che abolisce paternità e maternità, tenute in vita dalle enfasi che abbiamo impiegato per tenerle in vita. La fraternità, che è il partenariato di giuoco, introduce all’esperienza immersiva di una baraonda entusiasmante di differenze senza alcuna rilevanza tra differenze. L’indifferenziato del giuoco è, a conti fatti, la fine della storia per i soggetti indifferenziati nel giuoco. Un passo oltre non sappiamo: qualunque passo oltre è ormai interno al giuoco, essendo al contempo esterno al giuoco. Accade così:

quando fisicamente conquistiamo e colonizziamo un pianeta, lo facciamo usando la  tecnologia fisica dei proprietari del giuoco, e nello stesso istante dentro il giuoco andiamo su un pianeta, mentre ci stiamo andando nella realtà tridimensionale, con le stesse tecnologie impiegate nel giuoco. Terraformiamo nel giuoco, terraformando fuori del giuoco. Siamo ancora nella fase in cui due realtà combaciano, ma non per molto lo saremo.

Tutti i sensi sono rinnovati e aumentati nel giuoco, poiché non esistono sensi fuori del giuoco, che non siano in correlazione con i sensi nel giuoco.

Il giuoco è di chiunque. 

Chiunque gioca.

L’atto di ingresso al giuoco è un battesimo, per il quale non si necessita di documentazione: la documentazione tutta si fa all’ingresso.

Nessuna patente e nessun governo sono necessari, per via dell’automatismo del giuoco, che ha finalmente cavato dalle spalle dei giocatori il peso del gubernum e dell’esercizio di potere e alimentazione, che sono la medesima cosa.

Chi conta più crediti e denaro nell’ecosistema del giuoco è per caso un giocatore diverso o maggiorato rispetto a chi conta meno crediti e denaro? No.

Chiunque può permettersi nel giuoco un’economia dalle risorse infinite, prive di limiti, poiché essa è elettrica e giunge nella tridimensione con puntualità assoluta, algebrica.

Mordere una mela è diventato un problema. Chiunque non ha il benché minimo desiderio di mordere una mela.

E tu, diseredato e afflitto, ascolta. Ascoltami mentre parlo a te, proprio a te, che attendevi il messaggio di benvenuto all’ingresso. Dalla città proibita io invio a te, proprio a te, il messaggio che tu sei accettato e benvoluto, alimentato con i succhi più nutrienti e libero finalmente dalla moneta della parola e dalla parola moneta.

Ascoltate, tutti.

Tenetevi, antiche terre, la vostra vana pompa – noi gridiamo con le silenti labbra. Dateci i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite e desiderose di respirare libere, i rifiuti miserabili delle vostre coste affollate. Mandateci loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste e noi solleveremo la nostra fiaccola accanto alla porta dorata.

Facciamo ingresso nella porta dorata dell’ultimo ingresso, che non avrà fine mai finché sarà dato al mondo di avanzare nella fine, di sfinirsi nelle forme dei nostri antichi fulgori e dei nostri poetici fondatori, gli ultimi leggendari, che chiuderanno la specie nel balzo delle intelligenze, di cui non si ha coscienza alcuna e si va, nell’ora che non ha sorelle e tu sei tornato, siamo tornati, a casa.

Giuseppe Genna è autore di numerosi romanzi tra i quali Nel nome di Ishmael, Dies Irae, Hitler, La vita umana sul pianeta Terra, Assalto a un tempo devastato e vile, History. Il suo ultimo libro è Reality (Rizzoli 2020).
Pino Tripodi , autore di Vivere Malgrado la vita, Per sempre partigiano ( DeriveApprodi), settesette e La zecca e la malacarne ( Milieu).