Francesco Pacifico: Vorrei cominciare da due poli che prescindono dal mezzo usato per il porno (video, foto, scrittura, racconto, disegno): per me esiste il porno come consumo e il porno come scambio diretto. Il porno come consumo è qualcosa che si compra e che una volta che lo compriamo ci rimane in mano, completamente scollegato da chi l’ha prodotto. Il porno come scambio è quando video, foto, scrittura, racconto, disegno passano da chi li produce a chi ne gode all’interno di uno scambio diretto, personale. Ti sembra una contrapposizione astratta o concreta, quella tra porno interpersonale e porno pubblico? Ti sembra importante?
Alice Scornajenghi: Mi sembra importante ragionarci, sì, anche perché ho la sensazione che questi due poli abbiano dei confini molto porosi e la cosa mi incuriosisce. Se riciclo un nudino per esempio dove mi sto collocando? Sull’altro capo dello spettro fatico a immaginare un porno di consumo che non abbia implicazioni interpersonali, già solo a partire da tutto il processo che lo ha reso un prodotto e dalle persone che ci sono state dietro, sia esso un video o un testo. E pure dal lato della fruizione, per esempio, mi sembra che la dimensione voyeuristica del porno possa rendere molto personale un contenuto proprio per il fatto che non è personale e in certi casi lasciarti davvero qualcosa in termini di immaginario e possibilità di eccitamento future. Butto lì una cosa un po’ pazza su cui mi capita di fantasticare e che mi sembra attinente a questo discorso: se qualcuno si eccita leggendo un racconto che ho scritto, questo può avere degli effetti di ritorno su di me anche molto indiretti? Fosse solo in termini di “karma dell’eccitazione”, non so. Forse una differenza chiave tra questi due poli sta nel numero di rimbalzi che questo scambio può avere o che siamo in grado di contare? Tu che scambio interpersonale avevi in mente, se lo avevi in mente, quando hai scritto le tue storie porno?
Alice: Vorrei aggiungere un pezzettino a quello che ti ho scritto ieri. Ci pensavo in metro poco fa, io i due poli non li definirei porno interpersonale e porno pubblico, perché anche il porno di consumo mi pare inevitabilmente interpersonale. Va bene se li chiamiamo porno pubblico e porno uno a uno? Porno one to many e one to one? Così mi sembra che si tolga dal campo una sfumatura nelle tue parole (era intenzionale? Ce l’ho letta solo io?) per cui il porno pubblico è in qualche modo il polo negativo e quello privato il polo positivo. (Se era intenzionale, alla luce di tutti i nostri discorsi passati sui racconti zozzi, posso chiederti se c’è stata qualcosa nella tua esperienza di scrittore porno che ti ha fatto cambiare percezione sul porno pubblico? Se non era intenzionale ignora questa domanda).
Francesco: Il tuo secondo intervento ci porta in una dimensione in cui mi pare si possano dire solo cose Giuste. Quindi proverei a levarla subito di torno: c’è un porno che funziona come il lavoro e quindi non è negativo in quanto porno pubblico ma in quanto lavoro cioè si creano connessioni finte ecc ecc. Questa parte del discorso mi sembra inaffrontabile al momento. Ne approfitto per dire che il sesso, anche in quanto grande mito di quest’epoca insieme alla fama e ai soldi, è una di quelle cose che ti fanno sviluppare, quando ne parli, una serie di difese e di durezze che rendono la conversazione inutile (ovviamente non è il tuo caso, ma volevo segnalare dove’è che secondo me inizia la messa cantata).
Il tuo primo intervento è la cosa più tua del mondo, e vorrei spiegarlo a chi non ti ha mai incontrata: tu pensi che se qualcuno in un posto lontano sta godendo grazie a te tu vai in paradiso. È un pensiero veramente stupendo e hai convinto anche me che dev’essere così, anche quando non te lo fanno sapere. Peraltro te lo fanno molto sapere, di solito, sia con le buone che con le cattive. Quando ho scritto le mie storie porno e di sesso avevo in mente come sempre un ritiro spirituale dove fare una cerimonia per scacciare il male dai nostri cuori. La nostra civiltà, la parte che dura dal Quattrocento, è tutta un’impresa di imbrigliare un sano scorrere delle emozioni per metterle a reddito. Quindi anche l’orgasmo è sempre differito. Il porno uno a uno è un modo per non differire ossessivamente l’orgasmo.
Dove il porno viene percepito come oggetto di consumo, secondo me in maggioranza ci sono orgasmi che sono meno orgasmici, che praticamente sono come dei fermini che servono a mantenere lo stato di sublimazione, di differimento. Mentre nel porno uno a uno c’è un certo tipo di rischio che ne fa un woolfiano moment of being. Dopo, si può ripartire di slancio. La nostra civiltà ci dà sempre la sensazione che stiamo mettendo da parte, accumulando, che non possiamo mai posare le valigie per guardare il panorama. Il motivo per dividere tra porno diffuso consumato e porno uno a uno è cercare di provocarsi delle intermittenze, delle interruzioni della raccolta ossessiva.
Mi vedo come un essere impuro che può vivere libero quando si arrende a questa condizione
Il libro sul sesso è stata la mia unica esperienza piacevole nel mondo letterario perché la gente che veniva ad ascoltare e a parlare agli incontri era molto più motivata. Agli incontri letterari sembra che la gente venga un po’ a prendere crediti formativi un po’ a sentirsi giusta e benedetta dallo spirito di Italo Calvino (e quindi anche di Giovanni Calvino). A quelli su Solo storie di sesso sentivo un tipo di presenza diversa. Venivano persone preoccupatissime, vulnerabili. Ricordo una ragazza a Napoli che mi ha detto: “Va bene, tutto bello, ma queste storie sono vere?” “In che senso?” “Nel senso: ce le hai le corna?”. L’ansia di quella domanda è tutto per me. Mi pare che tu forse anche più di me hai abbracciato questo lato un po’ sciamanico di fare gli incontri e spingere le persone a eccitarsi in pubblico e a unire il progresso politico e spirituale all’orgasmo. L’hai fatto pubblicando racconti su carta che diventano rapidamente introvabili. Da dove è venuto questo allontanamento da internet e da tutte le ambigue magie sessuali di internet?
Alice: Ahahah per “va in paradiso” intendi una roba figurata tipo “va in brodo di giuggiole”, vero? Perché allora sì. A parte gli scherzi, questo parlare in termini di giusto/sbagliato, positivo/negativo, mi confonde, sono categorie che non riconosco, che fatico a fare mie. Per continuare questa conversazione sento il bisogno di ritrovare un terreno comune con te. È vero che il sexting crea connessioni interpersonali potenti e in un certo modo ti fa uscire dalla tana e mi fa piacere parlarne, tra l’altro come sai non è proprio my thing per cui sarei curiosa di vedere se esce fuori qualche insight che mi fa appassionare, e mi sta bene pure di parlarne in contrapposizione al porno come due estremi della stessa pratica (scrivere il sesso), solo non riesco a farlo mettendoli su due poli uno negativo e l’altro positivo, perché magari sbaglio ma la vivo come una premessa manichea che mi fa andare in puzza e mi mette sulle difensive. Penso che potrei posizionarmi in quel piccolo margine che lasci al porno quando dici “la maggior parte degli orgasmi” e ripartire così dalla restante “minor parte” che escludi dal tuo discorso e quindi forse salvi.
Guardando o leggendo porno, infatti, io li ho avuti alcuni orgasmi che sono stati belli, significativi ed emotivamente rischiosi (per mille motivi, se vuoi ne parliamo), ma soprattutto se non credessi in quegli orgasmi, se non li avessi sperimentati, forse non avrei fondato un giornaletto porno e non avrei chiesto a te e ad altri scrittori che stimo di scrivere dei racconti per masturbarsi. Quindi, da questo spazio di orgasmi che mi hanno aperto immaginari, fatto scoprire desideri che non credevo di avere, messo in contatto con i desideri di qualcun altro, aiutato a liberare i miei, posso risponderti sul perché Ossì è di carta (e sul perché scrivo porno, anche). Il primo motivo all’inizio è stato un bisogno di confini. Fare del porno online mi sarebbe sembrato come versare acqua nel mare, che ci sta pure, ma io volevo un giornaletto porno, volevo vivere un’esperienza che mi era stata negata. In più avevo già deciso che il cuore di tutto sarebbe stata la narrativa e un racconto porno per me funziona se ha una durata di un certo tipo e le lunghezze che proponiamo su Ossì non mi sembravano adatte a una fruizione online. Mi piace che il racconto sia lungo perché mi sembra che possa portarti più facilmente a sentire una sorta di empatia per il desiderio dei personaggi e per me questa è una roba significativa.
C’è una sorta di terrore diffuso di empatizzare con desideri che non sono i nostri, come se ci potessero contaminare o potessero diventare in automatico dei nostri fattori identitari. Pensa alle piattaforme streaming dove il porno gay è su un sito a parte, come per “proteggere” gli uomini etero. Mi sembra poi che in generale oggi la fruizione del porno non aiuti molto questa empatia del desiderio, i video sono brevi e tutti già in camera da letto, la trama è affidata al titolo praticamente. I lungometraggi di un certo tipo non si girano più perché non esiste più una filiera distributiva che li possa rendere sostenibili. La letteratura non ha questi problemi. Sempre per rendere più facile e profondo questo processo, poi, mi piaceva l’idea che gli orgasmi di Ossì invece di essere inseriti in uno scroll infinito e dispersivo fossero chiusi in un piccolo ecosistema completo, come quelle bocce di vetro sigillate e autosufficienti con la vita dentro che vendono alla Città del Sole.
un porno bello, fatto con amore, che ammette le possibilità della creatività, ti dà qualcosa da mettere sul piatto per negoziare con il disagio e i fantasmi di un’educazione distorta
Queste le motivazioni iniziali sul perché ho scelto la carta. Poi col tempo è subentrata la roba di cui parli tu. La gioia delle presentazioni dal vivo, pronunciare un sacco di porcate in libreria, parlarne come parleremmo di cosa abbiamo mangiato a pranzo, uno stare nell’imbarazzo e nell’ansia anche, senza scappare, un costante esercizio di superamento della vergogna e del senso di colpa che non avevo preventivato. E visto che vergogna e senso di colpa sono strumenti di oppressione: un costante esercizio di liberazione. Attenzione: non di liberazione o di purificazione da desideri indotti o simile, ma di liberazione nel viverli. Io non riesco a percepirmi come un essere puro che viene contaminato e che può mantenere quella purezza originaria solo in connessioni di un certo tipo o che questo possa valere per i miei orgasmi. Mi vedo come un essere impuro che può vivere libero quando si arrende a questa condizione.
Il titolo del mio libro si riferisce all’unica purezza che mi sembra sperimentabile in questa vita: quella che subentra quando ti arrendi alla non esistenza della purezza, appunto, e vivi dentro all’impurità (mi verrebbe da dire “impurezza” perché impurità mi fa pensare al latte detergente), non scappi. Per me scrivere porno, guardare porno, leggere porno, è anche questo esercizio di resa, più o meno combattuta o serena, a seconda dei casi. E penso che un porno fatto bene, che parte da queste premesse, mi offre un punto di partenza per un orgasmo interessante. Poi sono d’accordo che tanto porno di consumo è tremendo e che il mercato si mangia quasi tutto il suo potenziale. Da questo punto di vista sì, il sexting può essere una salvata, perché nasce da uno scambio non regolato da denaro, spontaneo, non necessario per nessuno e per questo ti lascia estremamente nudo di fronte all’altra persona. Ma non è per niente facile.
Io ci ho messo un sacco a riuscire a fare sexting, mi vergognavo tantissimo, non ho iniziato che pochi anni fa. È tuttora una pratica che riesco a fare davvero solo con qualcuno con cui ho una connessione erotica molto profonda perché, più ancora che IRL, basta pochissimo a farmela scendere, eppure allo stesso tempo è lo spazio in cui ho espresso per le prime volte desideri e fantasie che non riuscivo a dire dal vivo, il primo passo per poterli realizzare. In una certa misura penso che il sexting mi abbia insegnato a parlare di sesso, a parlare col sesso. Cioè, è come se mi fossi fatta i muscoli scrivendo e fruendo porno, ma il sexting è tipo l’allenamento cardio. È una cosa che ha senso secondo te? Come se scrivere porno fosse scoprire e spolverare i desideri partendo da un indizio, un piccolo ritrovamento, tipo un archeologo, ma poi la prontezza di praticarli con l’altra persona richiedesse un altro approccio. Ti torna, oppure tu riesci a percorrere tutto il processo live con un’altra persona facendo sexting? Perché è probabile che sia io a vivere la cosa in due tempi, ho una elaborazione lenta. Altra cosa, il sexting con gli sconosciuti io me lo vivo come molto più simile al porno per come lo racconti tu, una roba senza troppo rischio e senza troppa intensità, un fermino poco saporito, tu che esperienza ne hai? C’è qualcosa che non sto vedendo?
Francesco: Ho aperto questa mail mentre guardo Grip Casino al Trenta Formiche e sta cantando di un maiale che viene a morire vicino a te. Leggendo di corsa mi è quasi venuto un attacco di panico e mi sono accorto che stiamo parlando di sesso in pubblico e mi sono sentito in pericolo. Rispondo domani con la luce.
Alice: Ti voglio bene <3
Francesco: <3 anch’io
Francesco: Torno dopo quattro giorni a scriverti. Approfitto della tua reazione e della mia per dire che una cosa che ho sempre detestato di come si parla di porno in pubblico è che o si fa gli scienziati che dicono cose incontrovertibili o si fa le persone serenissime. Invece il sesso è quella cosa dove ti chiudi in un secondo per qualcosa che fa o dice l’altro, ed è quel che è successo a me leggendoti. Tu mi dici: “questo parlare in termini di giusto/sbagliato, positivo/negativo, mi confonde, sono categorie che non riconosco, che fatico a fare mie. Per continuare questa conversazione sento il bisogno di ritrovare un terreno comune con te”.
Per me è etica cercare quelle linee, capire per noi cos’è buono e cosa è cattivo, non mi pare si possa indagare il mondo senza questo criterio, anche quando lo si rovescia. Mi spegne leggere “mi sta bene pure di parlarne in contrapposizione al porno come due estremi della stessa pratica (scrivere il sesso), solo non riesco a farlo mettendoli su due poli uno negativo e l’altro positivo, perché magari sbaglio ma la vivo come una premessa manichea che mi fa andare in puzza e mi mette sulle difensive”. E sto male all’idea di costringerti a posizionarmi su “quel piccolo margine che lasci al porno quando dici ‘la maggior parte degli orgasmi’ e ripartire così dalla restante ‘minor parte’ che escludi dal tuo discorso e quindi forse salvi”. Perché anche così tu dici che c’è un modo di fare negativo e uno positivo, quindi indaghi attraverso questi due poli come faccio io, ma se lo faccio io non ti va bene. (Tra l’altro la cosa più normale del mondo nel sesso è che si considerino positive – eccitanti – cose diverse. E secondo me io e te consideriamo eccitanti cose diverse).
Quanto al sexting, dici: “Io me lo vivo come molto più simile al porno per come lo racconti tu, una roba senza troppo rischio e senza troppa intensità, un fermino poco saporito”. A me non verrebbe mai di dire che sei manichea, solo che non ti piace una cosa e non un’altra. Non dico queste cose perché mi eccita litigare. Forse in parte le dico perché in passato mi sono espresso pubblicamente sul fatto di essere masochista (masochista/esibizionista) e invece ultimamente questa cosa non mi eccita più, ma sono ancora esibizionista quindi mi viene di mettere in scena il nostro heel-turn da incontro di wrestling dove il buono diventa cattivo così di botto e litiga con l’ex compagno di squadra. Ma soprattutto lo dico perché questo inasprimento della conversazione ci aiuta a non fare il predicatore e la predicatrice del sesso, cosa che invece altrove ci è capitato di fare. L’unica cosa che si ripete sempre dove si parla di sesso è che diventa un altro modo per fare una gara di inadeguatezze, il che è la cosa più triste che si possa associare al sesso.
Provo a fare il punto della situazione: secondo te il porno può dare grandi orgasmi e momenti introspettivi. Secondo te il sexting è un fermino poco rischioso. Ti chiedo: il mondo del sesso virtuale, quanto ha da dare, secondo te? (So che risponderai alle mie trollate prima che a questa domanda, o che non risponderai mai più, come stavo per fare io). Questa è una litigata virtuale o avrà strascichi nel mondo reale? Il 14 abbiamo una serata al Trenta Formiche, diventerà un incontro di wrestling? Di lotta nel fango? Il sesso virtuale impallidisce davanti alla prospettiva di me e te che facciamo lotta nel fango davanti al pubblico? Scrivo qui che se dopo questa non dovessi vederti più ricorderò sempre che mi hai voluto bene.
quando fai sesso devi negoziare l’attrito, devi essere molto relazionale, mentre il porno sembra sesso senza attrito
Alice: (Oltre ad averti voluto bene, non dimenticare che ti sarò pure grata per tutte le epifanie che abbiamo avuto insieme. Sono un po’ come gli orgasmi, le epifanie. Orgasmi dello spirito tipo). Ho dovuto rileggere tutto per provare a capire come siamo arrivati a sentirci in pericolo in due e a programmare un incontro nel fango (che bello però). Ma prima, ovviamente, i tuoi troll (ti pare che resisto?): il sexting per me è significativo, mi riferivo solo al sexting con gli sconosciuti (o meglio, il sexting con gli sconosciuti che ho fatto finora, mi aspetto sempre di essere smentita), ma così posso finalmente dire quella roba da persone controverse: la frase era estrapolata dal suo contesto. Ed eccoci alla lotta nel fango! Io la ammetto l’esistenza di poli opposti, ma non mi rivedo nel posizionare il porno come polo negativo e il sexting come polo positivo.
Quando nel tuo primo intervento indichi qualsiasi tipo di porno di consumo “a prescindere dal mezzo usato (video, foto, scrittura, racconto, disegno)” come un porno che compri e poi non ti lascia nulla in mano, io mi sento chiamata in causa. Faccio porno di consumo, ho creato Ossì e scrivo racconti porno, penso sinceramente che qualcosa resti in mano anche dopo che quella mano ha finito di masturbarsi (senza togliere nulla all’orgasmo, anzi), magari sono una bella sensazione tipo quella di liberazione dalla vergogna e dalla costrizione che ho provato io lavorandoci. Nel libro Porno di Polly Barton tantissimi intervistati mettono l’accento su cosa sperimentano subito dopo essersi masturbati con il porno ed è sempre una qualche forma di disagio. Io stessa l’ho vissuta (in effetti non solo con il porno, in generale da ragazzina con la masturbazione). Gran parte di quel disagio viene di sicuro da una sessuofobia interiorizzata, ma un porno bello, fatto con amore, che ammette le possibilità della creatività, secondo me aiuta anche in questo, ti dà qualcosa da mettere sul piatto per negoziare con il disagio e i fantasmi di un’educazione distorta.
È vero che la stragrande maggioranza del porno di consumo è sciatta, stereotipata, prodotta senza cura per chi ci lavora e per chi lo guarderà, ma penso che più un’attività sia stata nel corso del tempo il regno del disamore, più ampi siano i margini per portarci amore e significato, come quelle reel di cani di strada disagiatissimi che dopo un po’ che vengono adottati e curati diventano stupendi e non li riconosci più. Mi è sembrato che la tua premessa negasse questa possibilità per il porno. Forse avrei dovuto essere più netta da subito e dirti che no, quella contrapposizione nei termini che descrivevi non la condivido, senza cercare di portarti nel mio ragionamento in modo un po’ scivoloso (scivoloso come il fango?). Alla luce di quello che ci siamo detti, dovessi risponderti ora da zero al primo messaggio, ti chiederei se questa tua premessa è per te una roba ontologica, nel senso il porno di consumo per la sua stessa natura di prodotto di consumo lo vivi come qualcosa non potrà mai portare nulla di buono a noi umani, o se invece ammetti la possibilità che le cose possano essere diverse. E, in caso, se questa diversità la auspichi o non ti interessa, e soprattutto come la immagini.
Io intanto vado ad allenare il mio double axe handle.
Francesco: Leggendoti mi viene da pensare solo che noi veniamo tutt’e due da contesti chiusi e conservatori e forse il mio punto di partenza mi porta a fare il superiore sul porno e il tuo punto di vista a tirarne fuori del bene. Oggi mi sembrano posizioni simili, due mosse di partenza con cui sia io che te magari abbiamo cercato di toglierci – boh – da qualcosa di inevitabile, il ragazzo che si fa le seghe coi porno e la ragazza cui fa schifo. Mi dispiace molto che ti sei sentita chiamata in causa come produttrice di porno. Non avevo minimamente in testa quello, ma ci sta che ci siamo fraintesi su una cosa così delicata. Questo disagio per me è importante. Ieri sera abbiamo gestito una serata in cui in una sala molto piena e intima varie persone hanno letto racconti e raccontato aneddoti. In quei contesti si fondono vari aspetti che abbiamo discusso qui. Il risultato è un miscuglio di inibizione ed emozione. Sei felice di trovarti in un posto dove si parla di sesso in un certo modo, e al tempo stesso sei in tensione. Rilassamento e tensione insieme, non so come dire.
Stavo per rispondere alla tua domanda in modo automatico, volevo dirti che non ero così assolutista sul consumo, e mentre mi mettevo a scriverlo in realtà mi sono accorto, anche un po’ con vergogna, che prendo seriamente la parola “consumo”. È la parola “consumo” a definire il problema, per me. Lo scrivo per appuntarmelo ma è come se non credessi alla cosa cui dico di credere. È complicato. “Consumo”, per come lo intendo io, è quel movimento senza attrito che ti porta a prenderti una cosa. “Consumo” si scomoda, come parola, per dire una cosa dove la mediazione è minima, tu vai e strappi di mano il prodotto da chi te l’ha fornito. Per me il consumo è quando non c’è attrito.
Per dire: ieri a un certo punto davanti al pubblico che stava lì un po’ muto ad aspettare che noi fornissimo del porno, ho detto un po’ ridendo un po’ soffrendo: “Non aspettatevi che vi forniamo del porno noi, dovete partecipare attivamente”. Non mi ricordo cosa ho detto, l’ho detto peraltro come una battuta, ma ho avuto di colpo la sensazione di un muro di persone che stava lì pronto a prendersi le cose senza ritegno per chi le stava offrendo. Vedevo delle facce un po’ lontane e mi pare di aver detto: “Non state a casa davanti a uno schermo, siete a un metro da noi”. Veramente era un modo per rompere il ghiaccio, e poi si è rotto ed è stato bello, è per dire che il consumo è quel momento (anche un po’ a prescindere dalle dinamiche di produzione) in cui chi allunga la mano prende pretendendo di non sentire attrito. Mentre l’attrito mi dà l’idea di essere più relazionale. Infatti quando fai sesso devi negoziare l’attrito, devi essere molto relazionale, mentre il porno sembra sesso senza attrito. Questa è la questione. Sarei curioso di chiederti una lista (anche non spiegata) di cose che non ti piacciono nell’ambito della pornografia: video, foto, gif, scrittura. Entra pure nel dettaglio… (Non ti chiedo di commentare la cosa del consumo, ma se ti va ti leggo).
(Scusa se ho mollato la gag della lotta nel fango, oggi non mi prendeva).
Alice: Aspe, in che senso “cose che non mi piacciono”? Che non mi eccitano?
Francesco: Ok, inverto la domanda. Quali sono le cose che ti piacciono di più?
Alice: Oh no! stavo già iniziando a pensare alle cose che non mi piacciono! A sto punto te le dico e sono: l’overacting, il vedo/non vedo (solo X rated, please) e i POV. Quello che mi piace invece ha più a che fare con la fruizione, non c’è una cosa precisa, quando posso mi piace fare cruising, senza aspettare subito il video con cui vorrò venire, sto lì e studio mantenendo un certo aplomb fino a che non trovo una bombetta. Dopo questa nota di colore, io ti chiederei giusto se c’è altro che vuoi aggiungere tu, mi pare di aver scritto già tantissimo! Solo un’aggiunta, scusa, che mi sembra importante. Io in realtà non vengo da un contesto familiare conservatore. Cioè, sono cresciuta in una città di provincia del Sud, a Cosenza, ma la mia famiglia è aperta e sopra le righe, oggi sono tutti fan del mio porno. Quando dico che mi sentivo sporca le prime volte che mi masturbavo, il tarlo che mi creava disagio erano per lo più i modelli interiorizzati a scuola, in TV, al catechismo. Forse per questo mi interessa la dimensione pubblica del porno. Perché è nella dimensione pubblica che per me le cose sono andate storte ed è lì che ci tengo a dire la mia.
Francesco: Io invece da piccolo ero autorizzato solamente a fare gli scout e il chierichetto. Ho servito Giovanni Paolo II quando è venuto in visita alla nostra parrocchia. Non so se potremo mai capirci.