HENTAI ♡ Il mio desiderio senza nome

Unbirthing, yaoi, yurikon, shotacon, futanari, omorashi e altro ancora. L’immaginario tentacolare dell’hentai racconta la strana alterità del nostro desiderio

Eros, scioglitore di membra, ancora una volta mi scuote,
dolceamaro, impossibile da combattere, creatura insinuante.

Saffo

Eros il dolceamaro è colui che colpisce la pellicola che l’amante ha nella mente. Il paradosso è ciò che prende forma sulla lastra sensibile della poesia. Da un’immagine al negativo si possono sviluppare immagini in positivo. Se inteso come un dilemma di sensazioni, azioni o valori, l’eros si imprime come un fatto contraddittorio: amore e odio convergono nel desiderio erotico.

Anne Carson, Eros il dolceamaro

I’ve never seen a scene like this
It’s not like the parties we have
I like it too much
Screw just because you want to
Screw because it’s fun
Screw because they don’t want you to
No useless leniency
Capture the crests
Capture the violence
Make it accessible
Make it sing our song

Orchid, Let’s commodify sexuality

Con le giuste citazioni, posso trovare la forza di scrivere: ormai le uso come un ipersigillo per imbrigliare e confinare l’energia, il desiderio, o qualcosa dentro di me che possa di nuovo aprire le catacombe dove risiede il grande non detto – che poi, è quello che mi interessa davvero. Quando mi è stato chiesto di parlare di HENTAI (termine dispregiativo giapponese che possiamo tradurre come “pervertito”, “anormale”) ho sentito scricchiolare le porte delle catacombe ed ero prontissimo a scendere di nuovo nelle profondità dove prendere tutti i pezzi del non detto e bruciarlo sotto un faro, su una pira; insomma, scrivere un articolo lucido ed esaustivo sul tema.

Da questo preambolo, si è già capito che non sarà così. Tentativi di sistematizzazione di qualsiasi immaginario erotico (“la storia di”, “l’evoluzione di”) spengono in me ogni interesse nel farlo, e soprattutto mi risulta impossibile perché il grande non detto in questo caso è cosa abbastanza misera e pure stupida: il mio desiderio non ha un nome. HENTAI è una parola, un referente testuale del discorso le cui condizioni di esistenza non mi interessano perché è di per se stesso un non esistente totale. Il sostanziarsi di questo argomento passa attraverso il desiderio dolceamaro, tremendo, terribile della sua totale non possibilità. È il mondo della fantasia, del ricordo spalmato sulle pareti di una luce possibile solo attraverso la perdita, una memoria frammentata. Le parole non potranno mai essere sufficienti per esprimere le sensazioni. Per fortuna posso piazzare qui sotto un video.

Quando nel 2012 è uscito questo video per un pezzo simil-M83, è diventato un mezzo culto sia per quanto fosse esplicitamente lurido, sia per il twist finale che te lo rendeva una ferita interiore indimenticabile. Una roba fatta da uno studio d’animazione francese, clamoroso nel tentativo di imbrigliare il concetto stesso di HENTAI che è una molteplicità ineffabile con cui – se stavi poco poco nel regno della Fantasia e del desiderio – dovevi sbattere contro la faccia malamente. Lo uso come esempio di qualcosa che richiama le sensazioni e i ricordi di quando la parola HENTAI ha dato un nome all’Altro. Un piccolo tentativo di descrivere il dolceamaro insito in quello che l’immaginario comune classifica come una delle forme più estreme e perturbanti di pornografia.

Se vuoi una storia dell’HENTAI, ti posso consigliare di andare su ExHentai (rigorosamente con una VPN) e sorpassare lo scoglio di Sad Panda – entità guardiana che non vuole assolutamente farti vedere quella robaccia lì – scaricandoti un add-on per Chrome. Una volta dentro, fatti un giro: benvenuto in uno dei tanti cuori virtuali del desiderio. In realtà, non si sa davvero perché questo termine abbia attecchito per descrivere i manga, gli anime e i videogiochi erotici provenienti dal Giappone in occidente. Io ci ho provato, a fare la ricerca necessaria per dare un senso a tutto. Nonostante il mio desiderio mi volesse far parlare di Altro, ho improvvisato per andare alle radici nonostante voglia parlare tantissimo dei frutti di questo albero succoso, osceno e luminosissimo – non devo farlo brillare io, ma vabbè, ci provo.

Un giorno sono la ragazza fatta a pezzi sul tavolo operatorio, il giorno dopo sono il parassita alieno nei genitali di uno studente, tra una settimana sarò Altro e magari sarò anche un Nulla che si scopa una città intera. Tutto, basta che non sia qui e ora e nel presente

Sono partito dall’assunto che si tratti di un’abbreviazione di hentai seiyoku, che significa letteralmente “perversione sessuale”, ma poi ho fatto degli esperimenti da grande linguista con Google Translate e da Italiano a Giapponese HENTAI viene tradotto con caratteri dell’alfabeto giapponese che significano ero anime. Boh. Faccio l’opposto, inverto, il risultato è “anime erotiche”, col plurale. Ok. Scrivo nella parte riservata alla lingua giapponese HENTAI utilizzando i caratteri occidentali, me lo traduce con “trasformazione”. Tolgo un simbolo, viene tradotto come “strano”. Il simbolo è questo: 変

Se lo metto su Google Immagini escono fuori delle robe, in effetti, strane.

Se metto su Google Immagini invece i due caratteri della parola HENTAI: 変態, iniziano a uscire fuori robe, in effetti, zozze.

Ma non quelle che assocerei a quello che per me è HENTAI. Faccio altre ricerche: trattandosi un termine così forte ed evocativo spero che qualcuno ne abbia parlato prima e meglio di me. Sbatto contro questo saggio di sociolinguistica del 1997 chiamato Queerly Phrased: Language, gender and sexuality di Anna Livia e Kira Hall, che potrebbe avere degli indizi sul significato, la radice, le profondità linguistiche che la mia mente mette in secondo piano rispetto alla sensazione. Vado su libgen, lo metto a scaricare, è un mattone di 400 pagine. Faccio una rapidissima ricerca (cmd+F) e già il capitolo in questione è abbastanza agghiacciante: si intitola Queer Japanese in Terms of Discrimination.

“Sebbene le connotazioni “queer” di hen siano generali, piuttosto che specificamente sessuali, hen può essere usato per riferirsi alla stranezza sessuale. Questo riferimento diventa più diretto ed esplicito in combinazioni come henshitsu e hentai. Henshitsu (letteralmente “cambiamento di qualità”) ha il significato di degenerazione, così che henshitsu-sha (sha significa “persona”) viene a significare un degenerato o un deviato, specialmente un “pervertito” sessuale. Hentai (che denota un cambiamento di stato, condizione o aspetto e quindi metamorfosi o trasformazione) porta con sé il significato aggiuntivo di perversione o anormalità, soprattutto se usato come aggettivo. Hentai-sha è una persona anormale, in particolare un “pervertito” sessuale […] Hen, nelle sue varie forme e combinazioni, evidenzia quindi una differenza e la giudica queer: an odd otherness

“An odd otherness”, una strana alterità. HENTAI è stato definito? Beh, non proprio, ma mi sembra alquanto calzante, sicuramente privo di limiti strutturali per l’immaginario e soddisfacente nei parametri di una ricerca di significato (se ci fermiamo solo a “hen”, alla radice). Di base, però, se sei un “hentai-sha” sei un pervertito, queer nel senso più velenoso e dispregiativo possibile. La parola appare nel saggio solo in questa parte e in un’altra. “Hentai (anormale) è stato tuttavia utilizzato come slogan pubblicitario, attirando l’attenzione su una pubblicazione gay con il significato di fashionable perversion“. “Fashionable perversion”? Ma perfetta, ma che bello. Bastano queste due definizioni per una riappropriazione virtuosamente queer di HENTAI? Si può fare, questi sono alcuni degli strumenti. Il problema, però, è che il mio desiderio è labirintico e senza nome. HENTAI per me è una costellazione di referenti non esistenti, ma se ci si ferma alla superficie di Internet diventa una infinita e bestiale mercificazione della sessualità, pornografia estrema disegnata, parafilie che vengono applicate a personaggi iconici di anime e manga, pedopornografia aliena, cannibalismo, unbirthing, yaoi, yurikon, shotacon, futanari, omorashi e ancora e ancora e ancora e ancora.

Moltissima strada onirica è stata asfaltata da quando Hokusai ha disegnato Il sogno della moglie del pescatore dando, di fatto, il via al tentacle porn / tentacle erotica che sarebbe poi stato canonizzato – anche qui, si potrebbe dire accettato arbitrariamente – da un OAV del 1986 (abbreviazione di “original anime video”, film animati che uscivano direttamente nelle videoteche dai contenuti violenti e scabrosi) chiamato Guyver: Out Of Control. Se vi interessa, la scena in questione è al minuto 26 circa. Si possono rintracciare origini ovunque, e di base se un manga ha avuto successo si troveranno dōjinshi (riviste autoprodotte) che renderanno erotico, lurido, malsano, o addirittura poetico il desiderio erotico: si può passare dal meraviglioso Ranma ½ di Rumiko Takahashi per tutta una serie di hentai dove l’identità di genere viene disintegrata (allego importanti screen di un episodio dell’anime dove Ranma “dimentica” la sua identità di genere) a Dragon Ball dove ogni ragazza viene scopata, violentata, spogliata – ed ecco che mi fermo un attimo, perché qui HENTAI è entrato nella mia vita.

Le Spectacle pretend pouvoir eveiller en chacun la Jeune-Fille qui y sommeille.
C’est la I’uniformité dont il poursuit Ie fantasme.
Le mensonge du porno est de prétendre représenter I’obscène, donner à voir Ie point d’évanouissement
de toute representation.
En réalité, n’importe quel repas de famille, n’importe quelle réunion de managers est plus obscène qu’une scène d’éjaculation faciale.
II n’y a pas la place pour deux, dans Ie corps de la Jeune-Fille.

Tiqqun, Premiers Matériaux pour une Théorie de la Jeune-Fille

Prima media, un mio compagno di banco apre il suo diario. Dentro, stampato con la cenere viva della carta carbone, c’è un ritratto di Bulma nuda. Personaggio di Dragon Ball dal carattere forte, volitivo, è una scienziata ed è anche bellissima. In quella immagine ha solo un asciugamano sulla testa perché – ovviamente – è appena uscita dalla doccia. La particolarità è che sembrava identica allo stile di Akira Toriyama, autore di Dragon Ball scomparso quest’anno, e nella mia testa pensavo: ma quindi l’ha disegnata prima così e poi l’ha vestita? Un pensiero assurdo che ho anche formalizzato al mio amico e lui, ovviamente, mi ha riso in faccia. Di base, quell’immagine veniva evocata a rotazione dai maschi della classe, gente che voleva “portarsela in bagno” durante le lezioni: il potere del mio amico era Internet, dove l’aveva stampata e ritagliata e ricalcata nel diario con la carta carbone. Perché non poteva lasciare in giro per casa quella roba, i suoi si sarebbero incazzati di brutto. Per me, quell’immagine ebbe un potenziale perturbante fortissimo da risvegliare fantasmi dentro di me così forti e dolceamari da tormentarmi i sogni – luogo prediletto dai miei fantasmi per farmi domande, per farsi ascoltare, per smembrarmi quando ne hanno voglia e consolarmi se hanno pietà – per giorni.

Lo spettacolo di Bulma nuda era lo spettacolo della mia nudità, impossibile, sacra: nessun personaggio di fantasia degli anime che vedevo poteva essere nudo. Neanche a dirlo, avevo una cotta per Bulma. E pure per quel coglione di Yamcha, e per Vegeta quando la smetteva di fare lo stronzo. Insomma, avevo una cotta per lei e nonostante lo stesso Toriyama, da vero lurido zozzo pervertito, la svestisse spesso nel manga, in nessun contesto era così vulnerabile. Potevi ferire quella Bulma, potevi guardarla, potevi divorarala e replicarla all’infinito. Mi infastidiva perché volevo essere lei. Il mio ideale di bellezza era una ragazza dei manga e io non lo sarei mai stata e quindi – di riflesso – la sua esposizione mi perturbava e infastidiva e mi intrigava e mi mandava in pappa cuore, cervello e altro. Molto altro.

Purtroppo, nella realtà, non esiste questo appagamento, e nella mia piccola mente già lo so. Tutto quello che amo non esiste

Quando il potere di Internet è arrivato a me, una delle primissime ricerche è stata Dragon Ball hentai e come ho fatto a conoscere quella parola è un mistero, forse l’ha detta un mio amico o forse è apparsa in un banner in un sito dove scaricavo musica? Boh. Ricordo solo che ogni possibile appaiamento era contemplato, personaggi scopavano tra loro senza freni o limiti. Primo limite superato: guardare un rapporto tra Trunks (personaggio di circa 23 anni in Dragon Ball GT) e Pan (personaggio di circa 9 anni) e chiudere la pagina sentendomi sporco fino al midollo. HENTAI contempla la violazione totale, contempla anche un desiderio e un amore pedofilo e per citare Sandman di Neil Gaiman: “Love belongs to Desire, and Desire is always cruel.” La crudeltà insita di incanalare il desiderio in un referente non esistente, lasciare che la storia lo sostanzi e che la pulsione ti muova in uno Spettacolo di cui non hai controllo ti farà scoprire parti di te che non vuoi vedere, ma HENTAI te le farà vedere. Eros è dolceamaro? Sostituiamolo con HENTAI ed è esattamente lo stesso dolceamaro di un sentimento oscuro che parla con te, e tu devi parlare con lui altrimenti ti divora.

Un manga hentai del 1995 chiamato Secret Plot  è uno di quelli che ricordo di più. Parlava di desideri senza nome, un triangolo amoroso tra due insegnanti e uno studente superdotato che veniva bullizzato, utilizzato come giocattolo, poi amato da una delle due poi da entrambe poi ripudiato. Alla fine, i tre trovano un equilibrio (forse) ma non prima di essere stati smembrati dal desiderio e dal contrasto di dolcezza e veleno che è il massimo grado dell’Eros e di HENTAI stesso. Se ci si ferma ai corpi, allora nessun corpo in questa forma di erotismo contempla una molteplicità. Se ci si ferma alla mano che disegna, niente è possibile ed è tutto materiale da seghe; ma gli hentai sono parola scritta e racconto, e nei suoi abissi più malsani l’archetipo della Giovane Ragazza interiore può parlare attraverso il Giovane Ragazzo. E un terzo, strano, assurdo Altro che permette al corpo di subire l’impossibile nel mondo della Fantasia perché se lo applico alla realtà, beh, non mi va minimamente di farlo. Non ha nessun senso farlo.

Ogni tanto torno nel covo di pervertiti di 4chan, la sezione Hentai è una caterva di luridume e perversioni che comprendono la qualunque ma restiamo sempre nel reame del conosciuto; ma se ci si avventura nella sezione Hentai/Alternative ogni parafilia contemplata (e altre in definizione) viene rappresentata. C’è qualcosa di inerentemente strano, tentacolare, orribile e perturbante in HENTAI che fallisce quando viene rappresentato. Quello che mi ha sempre interessato erano le sensazioni dentro il covo immaginifico dei reietti. O di chi vuole uscire dal proprio corpo e incarnarsi in chi viene sottoposto a delle robe che il mio desiderio senza nome non vuole ancorare alla realtà, no, grazie tante. Un giorno sono la ragazza fatta a pezzi sul tavolo operatorio, il giorno dopo sono il parassita alieno nei genitali di uno studente, tra una settimana sarò Altro e magari sarò anche un Nulla che si scopa una città intera. Tutto, basta che non sia qui e ora e nel presente. Un corpo che può ospitare ogni cosa? HENTAI dammene ancora.

Forse sto perdendo il punto, o forse l’ho già perso. Quello che volevo comunicare è che in qualsiasi parte si prende HENTAI, dagli OAV più violenti ai dōjinshi più illegali, sono nascoste le mancanze inattuabili di Eros, del desiderio e che alla fine quel manga hentai di Isoka e Gon che mi sono comprato riesce a parlare al mio cuore più di altre cose. Finisce con questa frase: “No, i can’t stop loving you ♡”. No, non posso trovare un punto. Posso solo lasciare un altro ricordo, che si riferisce ai fantasmi evocati da Bulma nuda e da quando HENTAI è entrato nella mia vita. Da 6 anni circa, vedo in televisione l’anime di Kimagure Orange Road. Appena appare la protagonista, Madoka, un sapore inizia a salirmi dalla bocca della stomaco (dove risiede il chakra che più spesso mi fa male, che viene corrotto e di cui devo avere massima cura) ed è un contrasto assurdo che mi salirà al primo bacio e in ogni bacio, alla prima e all’ultima scopata, un’euforia piena di malinconia che desidera e desidera e desidera altro. E molto altro, e tanto altro ancora. Purtroppo, nella realtà, non esiste questo appagamento, e nella mia piccola mente già lo so. Tutto quello che amo non esiste. Il mio desiderio è senza nome, posso solo trovargliene uno e lasciare che costruisca. Fino a quando non scompare, per poi ritornare nella mia fantasia. HENTAI.