Geotrauma

La terra soffre, il corpo soffre

«Our galactic environment itself becomes a looming catastrophe of cosmic proportions: dramatizing the dejected intuition that nature is conspiring to cause our extinction; that somehow it wants nothing more than to accomplish this», scrive Thomas Moynihan. «Il nostro ambiente galattico diventa esso stesso un’incombente catastrofe di proporzioni cosmiche: rendendo drammatica la già sconsolata intuizione che la natura stia cospirando per generare la nostra estinzione; che in una certa misura non vuole niente di più che ottenerla». Un filo rosso di sfiducia verso la natura e (mal)sano catastrofismo lega autori diversi come De Sade e Schopenhauer, che si resero conto, a due decenni di distanza, che il patetico egoismo antropomorfo dell’umana specie non era la principale preoccupazione della Natura, il cui flusso vitale di certo non presta ascolto alle lamentele sbiadite di una specie che si autoflagella come la nostra. Invochiamo la pietà di un meccanismo, cartesiano forse, in cui tutto trova senso in una cieca perfezione asettica, un destino scritto nelle stelle, oppure cerchiamo il favore di un organismo planetario capace, a suo modo, di compassione? Saremo risparmiati? E, se sì, dovremmo preoccuparcene? Chi ci garantisce, infatti, che la salvezza all’interno di un pianeta come il nostro possa essere auspicabile? Questa ultima domanda sembra ancora più urgente se, come faremo, prendiamo in considerazione una curiosa e terrificante teoria speculativa a cavallo tra geologia e filosofia portata avanti dal filosofo contemporaneo Robin Mackay in un saggio dal titolo «Brief History of Geotrauma» del 2012.

La «teoria del trauma» nasce come ibrido cripto-geologico, come un misterioso codice da decifrare tra le pieghe del tempo che si ammassa e marcisce nelle profonde voragini del nostro pianeta. Se il trauma fisico, come da etimo in greco antico, è una ferita, che si annida nella nostra testa e che ci guida come marionette al suo attivarsi in uno specifico contesto, il trauma geologico nasce come metafora (il corpo umano sofferente paragonato al dolore del pianeta Terra, racchiuso nel nucleo terrestre) per poi essere concepito concretamente.

Daniel Barker fu un leggendario professore dell’altrettanto mitica Miskatonic Virtual University del Massachusetts, specializzata in temi che l’Accademia più classica evitava come la peste, dall’arcano all’occulto passando per il cosmismo. Attorno al 1966, Barker e il collega Echidna Stillwell formarono un collettivo di studio specializzato nel legame tra tecnologia, cibernetica e semiotica.  

Anche l’università subì un trauma, una profonda ferita, ossia la perdita di moltissimi dati informatici raccolti nei server, quasi completamente distrutti in seguito a un incidente. Era il 1983, e gli spettri rischiavano di assorbire, nel loro velo di morte, il lavoro indefesso di tutti gli studiosi che si erano impegnati a portare avanti i loro progetti in quegli anni. Se il piano (o il caso) fosse andato in porto, la distruzione sovrana avrebbe sepolto sotto le macerie del tempo quella enorme stanza buia e illuminata a intermittenza, creando una web-tomba senza posteri e senza funerale. Generando un trauma. 

Tornando quindi alla teoria del Geo-Trauma, il punto di partenza è domandare: chi si crede di essere, la Terra? In fin dei conti, parole di Barker, la genesi del nostro pianeta non giustifica particolare esaltazione o narrazioni che ne incensino la storia. Tra i quattro e cinque miliardi di anni fa, l’energia cinetica degli impatti dei meteoriti sul pianeta veniva tramutata in incremento di temperatura, il che rendeva la superficie molto calda. Con il decrescere della temperatura conseguente alla stabilizzazione del sistema solare, la superficie si è raffreddata e di conseguenza ha avuto inizio la formazione dei diversi strati, di differente composizione e malleabilità, che avvolgono il nucleo. Ma nessuna storia di una genesi sarebbe completa senza un paradosso, un glitch nel significato, una balbuzie tra la verità e la ve-ve-ve-rità che stenta a pronunciare il suo stesso nome, dato che si sente in colpa vedendosi incompleta. 

Ed è proprio un paradosso, denominato dai ricercatori «paradosso della nucleazione terrestre», a entrare ora in gioco. La scoperta dei geologi è sorprendente: ammettendo che circa un miliardo di anni fa il raffreddamento sia avvenuto come tradizionalmente inteso dagli studiosi, nelle modalità conosciute, un calo così drastico di temperatura sarebbe enormemente dispendioso da ottenere, quasi impossibile. Peraltro, se così fosse, non si spiega perché solamente parte del nucleo si sia solidificata, quasi a lasciar intendere che l’imponente raffreddamento sia stato estremamente selettivo nella zona da colpire. Nonostante una recente soluzione basata sull’idea che le condizioni adatte al rapido decrescere della temperatura solo in alcune zone del nucleo fossero dovute alla diversa conduttività dei metalli ivi presenti, una conoscenza approfondita della storia e della morfologia delle zone interne più remote del nostro pianeta resta ancora lontanissima.     

Il nucleo è l’inconscio del pianeta, il rimosso che si fa sentire gridando e scuotendo il terreno durante frane e terremoti. La Terra urla, si dimena, soffre come noi quando gli spettri del passato decidono di farci visita. Anche il nostro inconscio, con i suoi mostri e le sue strane fantasie accumulatesi negli anni dell’infanzia, si è solidificato e consolidato al centro del pianeta Corpo, governandone gli istinti. Da adulti sentiamo i tumulti di quanto vissuto e rimosso da giovanissimi, ci insegna Freud, e la Terra, da adulta, paga quanto accumulatosi nel suo nucleo in modo tanto repentino e inatteso, nella sua pancia ctonia dove la letteratura di ogni epoca ha posto l’Inferno, con i suoi dannati. Il trauma è corpo, il corpo è trauma. 

Il legame tra il tempo che passa e il trauma che si consolida, celandosi nelle pieghe del cervello per accumulare tutta la forza del rimosso pronto a ripresentarsi, appartiene sia alla storia del nucleo terrestre, vittima di modifiche repentine decisive, sia allo sviluppo personale dell’umano, quando la persona crescendo cambia il proprio rapporto con l’inconscio e con i metodi per tenere sotto controllo le sue spinte. È una lotta contro il tempo, o meglio, una costante lotta dentro al tempo, per affermare brandelli di identità, senso di adeguatezza a noi stessi, riflessività, coscienza del sé, illusione costante di appartenerci come possesso conoscibile. Il segreto custodito dall’inconscio terrestre è un legame eterno, firmato nel sangue e nel terriccio, tra il nostro pianeta e il Sole. Il calore del nucleo, sepolto e dimenticato, e il calore che garantisce la vita e il mantenimento delle funzioni vitali, quello solare. Nucleo e superficie terrestre, cuore e pelle, comunicano a distanza per esternare una necessità di calore, conforto diurno prima della notte oscura dell’inconscio, del non visto, del malcelato. Il magma che periodicamente emerge in superficie porta il messaggio di sofferenza del centro del paradiso/inferno sotterraneo. Nessun trauma può restare silente per sempre, e le infiltrazioni bollenti che serpeggiano nei meandri del sottosuolo ce lo gridano, implorano di essere ascoltate. 

Il Sole attraversa la crisi di mezza età proprio in questi anni, ne ha trascorsi brillando circa 5 miliardi e la vita media delle stelle di questa tipologia si aggira sui 10 miliardi. In attesa di un funerale che nessuno potrà forse celebrare, il legame tra il nostro pianeta e il calore che custodisce sotto strati di tempo cristallizzato e catastrofi rimane il pulsante segnale di una vita/morte eraclitea: nasciamo e moriamo sul pianeta del rimosso, e solo un’apocalisse potrà mettere a tacere ogni ribellione del Geo-Trauma.  

P.S. Se vi siete chiesti se sia mai esistita l’università e se sia mai esistito il mitico professor Barker, cercate la risposta nei meandri dell’inconscio, sarà lui a trovarla per voi. 

Federico Squillacioti nato a Milano nel 1995, laureato in scienze filosofiche alla Statale di Milano con tesi sul concetto di profanazione nell'arte contemporanea, ha scritto articoli e recensioni su musica metal e cinema horror d'autore, oltre che di filosofia contemporanea. Attualmente concentra le sue ricerche sui temi dell'accelerazionismo di sinistra, il cyber e xeno femminismo, il catastrofismo filosofico speculativo.