Dieselpunk per famiglie

Conversazione con la fotografa Camilla Candida Donzella, che col suo progetto Acufene indaga il mondo del Banger Racing e delle corse automobilistiche a metà tra Mad Max e rottami fai-da-te

Venerdì 23 novembre a Bologna, Xing presenta a Raum Acufene, un ambiente ideato dall’artista e fotografa Camilla Candida Donzella con la collaborazione di Palm Wine, ricercatore di suoni post-global, e Dafne Boggeri, artista visiva e attivista.

Acufene è un ambiente stratificato ispirato al disturbo uditivo costituito da rumori (fischi, ronzii, fruscii, pulsazioni). Acufene non è una malattia ma una condizione oggettivo/soggettiva che fornisce lo spunto per immergersi nell’immaginario del Banger Racing e dei motorsports, su cui Camilla Candida Donzella lavora da tempo. Rifugio esotico ed endotico, Acufene ci porta in un sogno on the road, rievocato grazie a un mondo automobilistico dove la macchina, ridotta a scheletro e mera essenza funzionale, non è più status symbol ma mezzo di libertà e emancipazione. Sogno, spostamento e divertimento sono le lenti con cui Camilla Candida Donzella guarda e indaga la scena britannica di girls, boys & famiglie coinvolte nel Banger Racing, in gare il cui obiettivo è quello di arrivare primi con la possibilità di potersi scontrare, con un gioco pericoloso allo stesso tempo circense e domestico («ho iniziato perchè mia mamma gareggiava»). Acufene miscela desideri e riferimenti come se provenisse dal ricordo di una teenager cresciuta nella fascinazione per film USA anni Ottanta (The Outsiders, Over the Edge, Dogs in Space, River’s Edge) dove tribù di giovani guerrieri del disagio elaborano stili di vita fuori dagli schemi. Serpeggia un’estetica che Camilla ha fotografato e documentato nel giro di pochi anni muovendosi tra i circuiti underground, e che approda in una fanzine a tiratura limitata prodotta per l’occasione, accompagnata da un vinile con motor-remix di Palm Wine e Dafne Boggeri.

Qui l’intervista di Simone Bertuzzi a Camilla Candida Donzella.

Camilla Candida Donzella – CRASH/True Love

Simone Bertuzzi: Ci conosciamo da tanti anni. All’inizio per me Camilla era quella che stava negli Stati Uniti qualche mese poi tornava a Milano, poi ripartiva. Non potevo seguirti su Instagram perché ancora non esisteva, ma sapevo che facevi tante foto. Ricordo di un coast to coast in cui scattavi autoritratti a figura intera di te e un amico di fronte alle gas station. Com’è cambiato il tuo modo di fotografare da allora?
Camilla Candida Donzella: Era il 2005 circa. Credo sia nato un po’ per gioco; andavo negli Stati Uniti da cinque anni e non avendo mai visto un indiano né un cowboy, ne sono andata alla ricerca: come turisti giapponesi ci facevamo delle foto impalati di fronte a ciò che considero la storia degli Stati Uniti, o perlomeno ne rappresentano il simbolo. In Europa abbiamo sculture e chiese, là hanno i drive in, la casa di Elvis, le gas station – appunto –, l’obelisco di Washington, il negozio di fuochi d’artificio, il deserto in New Mexico e così via. Successivamente il progetto fotografico è stato pubblicato e ha assunto varie forme. Non credo sia troppo cambiato il mio approccio alla fotografia, se non che in passato fotografavo realtà di cui facevo parte e le documentavo; quindi provavo una sorta di familiarità verso i soggetti.

Nel progetto sul banger racing che invece presenterò a Raum, sul quale ormai lavoro da quattro anni, ho agito all’inverso: ho iniziato a documentare una realtà che mi affascinava, della quale avrei sempre voluto far parte fin da piccola, ma non ne ho mai avuto l’occasione. Quindi, in questo caso, quella familiarità la sto creando pian piano; per questo è un lavoro lungo. Non voglio entrare a gamba tesa in una realtà non mia, ma al contrario, averne rispetto e attenzione.

Camilla Candida Donzella – CRASH/True Love

Mi interessa questo aspetto del coinvolgimento. Prima eri insider, stavi all’interno di una scena (quale/i?) e avevi gli strumenti per controllarla. Ora non più – ma qual è il tuo punto di vista sulle «scene» oggi? Credi siano ancora in vita?
In passato facevo parte a vari livelli della scena punk hXc e poi di quella legata alle bici – avevo i codici per controllarle, e mi veniva naturale documentarle. La «scena» mi è sempre stata un po’ stretta qualunque essa fosse; ne facevo parte per condivisione di interessi. Per questo preferisco parlare di «realtà» e non di «scena». Tuttavia, credo che probabilmente oggi le scene non esistano più, e il vantaggio è che forse in questo grande calderone ognuno ha acquisito una propria identità, più personale. Una volta la scena ti dava un senso di sicurezza, sapevi chi avevi davanti e come la pensava. Ora non più. Forse è meglio così, o forse no. Per quanto riguarda il banger racing invece la figata è che è family business, se ne fai parte è perché ti è stato tramandato dalla famiglia, per questo ci trovi mamme, cugini, zii o fratelli.

Ok, raccontami come funziona un banger racing.
Il banger racing funziona in modo semplice. Un buon mix di tattica e bravura. Si prende un auto ormai da sfasciare e vengono tolti tutti i pezzi superflui alla guida e le parti che staccandosi possono far male al pilota. Resta insomma il telaio nudo e crudo. Si indossano protezioni varie: tuta, casco, paraginocchia, collare e cinture di alta sicurezza. La gara vera e propria è super divertente. Può essere su cemento o sterrato. L’obiettivo è arrivare per primo, con la possibilità di urtare le altre auto che si trovano sul percorso. Ci sono ovviamente delle regole sull’urto, non tutto è lecito. Bisogna stare attenti a non danneggiare la propria auto, altrimenti si rischia di non arrivare alla fine. Tutto avviene in vari turni nell’arco di una giornata; e tra un turno e l’altro è permesso riparare il veicolo, per quanto possibile.

Camilla Candida Donzella – CRASH/True Love

Mi piace pensare che osservi i pezzi di quelle auto come osservi gli oggetti domestici e – come fai con le tue produzioni di SHAME – puoi intervenire customizzandoli. Nel banger racing peró ci sono anche altre implicazioni: le auto si distruggono, consumano un sacco di carburante… ti va di parlare di questi aspetti?
Sì, in effetti c’è qualcosa di feticistico nelle auto e nei pezzi che si deformano e si staccano durante una corsa: penso al ferro così solido e freddo che diventa burro. Per quanto riguarda il consumo di carburante all’inizio ne ero quasi infastidita: c’è un odore costante di benzina e se ne consuma molta inutilmente. Nel tempo però sono maturati in me altri pensieri su come, in generale, tutti sprechiamo benzina inutilmente ogni giorno e oggi posso dire che mi incuriosisce come loro, in qualche misura, sfidino il costo e la mancanza di petrolio. «Finchè c’è, noi ci divertiamo». Questa affermazione apre in me un immaginario che ha origine da Interceptor – Il guerriero della strada e da lì prende forma.

Dieselpunk. In principio qualcuno ha iniziato a usare questo termine in alternativa a cyberpunk, proprio in riferimento a Mad Max e all’immaginario che ha generato. Pensi ci sia una dimensione politica nel banger race? O comunque possa essere letto in una prospettiva controculturale?
Penso proprio di no. Non credo ci sia nessun tipo di scelta politica. Semplicemente chi ne fa parte ci è nato e ha ricevuto in eredità questa passione; spesso sono i padri stessi a far da meccanici in gara o a preparare le macchine.

Camilla Candida Donzella – CRASH/True Love

Mi racconti della tua convivenza con l’acufene, invece?
Ne soffro a fasi alterne. Per ovviare il problema guardo un sacco di film prima di addormentarmi; lo vedo come una sorta di disagio che mi porta a fare altro per riuscire a non sentire. Questo mi accade quotidianamente.

Per Acufene a Raum hai chiesto a me e a Dafne Boggeri di remixare una registrazione di una gara. Come immagini la mostra da un punto di vista sonoro?
Eccolo adesso l’ho fortissimo, l’acufene. Sarà un bel casino anche se i remix saranno solo in vendita in edizione limitatissima.

Dicevi che la tua relazione con il banger race è in progress, ti ci stai avvicinando gradualmente – continuerai a inseguire i suoi protagonisti e a fotografarli? Hai già piani futuri di sviluppo del progetto?
Ogni volta che vado in UK per questo progetto mi dico «stavolta lo finisco», e considera che ci vado almeno tre volte l’anno. E ogni volta al mio ritorno sento che vorrei aggiungere di più; più ne entro a contatto e più sento l’esigenza di aggiungere storie. Sicuramente vorrei farne un libro, non solamente fotografico. E chissà, magari anche gareggiare e coronare così il mio sogno. Del resto almeno due persone si sono già offerte di costruirmi una macchina.

Camilla Candida Donzella – CRASH/True Love