Beacon, "A visual representation of my first DMT trip"

DMT: un’iniziazione

Elfi frattali, extraterrestri, sensazioni oceaniche: un’introduzione farmaco/gnostica alla “molecola dello spirito” firmata Dale Pendell

Pubblichiamo un estratto da Pharmako/Gnosis. Piante psicoattive e la via venefica di Dale Pendell, ringraziando add editore per la disponibilità.

E conoscessi il mondo, che cos’è
che lo connette nell’intimo,
tutte le forze che agiscono, e i semi eterni, vedessi,
senza frugare più tra le parole.
– Goethe

Ai vecchi tempi, per chi fumava l’erba e per chi si faceva di acidi, c’era l’erba e c’erano gli acidi, poi, al di là di tutto ciò, c’era la DMT.

Avevo detto a L. che volevo fumarmi una bella dose di DMT, magari già nel pomeriggio. Per lei avrei fatto meglio ad aspettare – sarebbe rientrata soltanto verso sera –, preferiva essere presente per assistermi. Le assicurai che non era necessario. Alla fine non fumai, avevo un sacco di cose da fare, ma non resistetti all’idea di farle un bello scherzo. Mi sporcai il mento di latte, mi tirai giù le mutande fino alle caviglie, e mi raggomitolai in poltrona borbottando frasi incoerenti sugli spiriti e gli incantesimi nel Libro di Abramelin il Mago. Ma lei non era una che si spaventava facilmente. Scoppiò immediatamente a ridere. Buon segno.

Ai vecchi tempi si metteva la DMT in una canna, magari di prezzemolo o tasso barbasso, che è facile da inspirare. Oggi esistono strumenti migliori: grandi pipe di vetro e diversi tipi di vaporizzatori. Dovrebbe andare bene anche una «pipa da crack», ma a mio avviso una pipa con un fornello da 50 ml, se riscaldata con attenzione e in modo uniforme, è l’ideale.

Girava voce di gente che si faceva un sacco di DMT. Difficile da immaginare. Mark ammise che alcuni erano «un po’ strani».

Gli psiconauti dello spazio profondo della DMT di solito concordano sul fatto che è molto difficile riportare indietro qualcosa, o riferire l’esperienza a chi non l’ha fatta. Forse è per questo che Alan Watts e altri hanno definito la DMT «non particolarmente interessante».

Ma ormai la sfida è stata lanciata…

Con dosi più basse, riportare indietro qualcosa è più semplice; ho sempre pensato che i «cowboy» della DMT, con la loro enfasi sulle dosi elevatissime, forse si perdono uno strumento di grande utilità.

Gracie e Zarkov, in Notes from Underground, raccomandano dai 40 ai 50 mg di base libera (freebase) per sfondare il muro degli effetti visivi ed entrare nell’«iperspazio». I dosaggi inferiori ai 25 mg generalmente producono solo qualche effetto psichedelico. Affermano inoltre che sopra i 55 mg, se si riesce a trattenere tutto il vapore, l’effetto «può essere MOLTO pesante». Shulgin riferisce un incredibile «tra i 60 e i 100 mg, fumati», una dose alta persino per gli standard di Terence McKenna; ho il sospetto che si tratti di un errore di stampa e che intendesse «iniezione intramuscolare». Il defunto D. M. Turner, che su questi argomenti non scherzava, parla di «circa 40 mg». Molto dipende dal metodo di assunzione e da quanta DMT si riesce a far entrare con la prima boccata. Un tiro bello grosso è molto più potente di tanti consecutivi. Se riesci a vaporizzare 50 mg puliti di DMT e ad assumerli in una sola boccata, non ti serve la seconda.

La durata degli effetti varia di solito tra i tre e i cinque minuti di picco, con un rapido ritorno alla normalità nel corso dei dieci/venti minuti successivi. O almeno così si dice.

Per molti anni la DMT era nota solo come sostanza sintetica. Il primo a sintetizzarla fu il chimico canadese R. Manske nel 1931, ma ne studiò solo le proprietà chimiche di base. Nel 1946, Gonçalves de Lima isolò un alcaloide della Mimosa hostilis a cui diede il nome di nigerina, non essendosi accorto che era la stessa sostanza sintetizzata qualche anno prima da Manske. Nel 1955, M. S. Fish e i suoi colleghi isolarono la DMT dall’Anadenanthera peregrina, da cui si ricava la cohoba allucinogena la cui esistenza era stata documentata per la prima volta nel 1496. Il primo a dimostrare che la DMT pura era attiva negli esseri umani, e che si trattava del composto responsabile delle proprietà allucinogene della cohoba, fu lo psichiatra ungherese Stephen Szára nel 1956. Szára voleva fare degli esperimenti con l’LSD, ma la Sandoz, temendo che la sostanza finisse nelle mani dei comunisti, si rifiutò di spedirglielo. Lui non si scoraggiò, e probabilmente seguendo un presentimento dovuto alla lettura dell’articolo di Fish, sintetizzò autonomamente la DMT e iniziò una serie di autosperimentazioni. Per prima cosa provò ad assumerla per via orale, ma non riscontrò alcuna attività, anche dopo averne preso un grammo. Con ammirevole perseveranza, intuendo che qualcosa nel suo apparato digerente disattivava la molecola, si iniettò quella che oggi potremmo definire «mezza dose» di DMT (0,5 mg/kg) e tutti i suoi dubbi svanirono (Ott 1993, Strassman 2001).

Szára proseguì gli esperimenti su se stesso e su un gruppo di volontari con iniezioni intramuscolari da 1 mg/kg.

Contemporaneamente si manifestarono fenomeni eidetici [immagini residue o «tracce» di oggetti percepiti visivamente], illusioni ottiche, pseudo-allucinazioni, e poi allucinazioni vere e proprie. Queste ultime consistevano in motivi orientali colorati in modo vivace e in movimento, e in seguito vidi delle scene meravigliose cambiare rapidissimamente.
– Szára, in Strassman 

William Burroughs, sempre all’avanguardia nella ricerca di nuove droghe, sperimentò la DMT nel 1961, trovandola terrificante.

Oscar Janiger fu il primo psichiatra a somministrare «clinicamente» la DMT negli Stati Uniti. La somministrò tra gli altri anche ad Alan Watts. Watts si vantava del fatto che non esistesse droga in grado di farlo stare zitto, e la sua parlantina era stata utile a tutti i principianti. Dopo aver provato la DMT su se stesso (facendosi da solo l’iniezione, e dichiarando in seguito che era stata una delle cose più stupide che avesse mai fatto), Janiger chiamò Watts e scommise che questa nuova droga sarebbe stata la sua rovina. Watts accettò la scommessa e perse. Fissò Janiger per venti minuti mentre quest’ultimo continuava a ripetergli: «Alan, Alan, per favore di’ qualcosa. Parla, Alan. C’è in gioco la tua reputazione». Janiger diede la DMT anche ad Al Hubbard, che andò ad aggiungerla alla sua piccola scorta di medicine e al suo circolo di disseminazione psichedelica in continua espansione, chiedendogli che gli facesse una relazione. Secondo Jay Stevens: «Tutti quelli che hanno preso la DMT concordano che è stata una mezz’ora infernale, senza alcun potere salvifico» (Stevens, Storming Heaven).

Anche il team di Harvard sperimentò la DMT, e potrebbero essere stati i primi a tirare fuori qualcuno da un «bad trip» di LSD con un’iniezione intramuscolare di DMT. (Quando ne ho sentito parlare la prima volta mi è sembrato incomprensibile – e anche folle – ma, in realtà, perché no? Hanno provato anche con l’anfetamina). Una volta l’hanno usata anche per curare il raffreddore a Richard Alpert (in seguito Ram Dass):

Una sera Richard Alpert andò a letto presto perché aveva un brutto raffreddore. [Michael] Hollingshead e un amico di nome Arnie Hendin decisero di rimetterlo in sesto. Non riuscendo a tirarlo in piedi, gli fecero un’iniezione di DMT nel sedere. Alpert scattò su e prima che si esaurisse l’effetto della DMT gli diedero 800 microgrammi di LSD in un cucchiaino. Tre impianti stereo pompavano simultaneamente Coltrane, Stockhausen e Beethoven a tutto volume. Un mare di suoni contrastanti avvolgeva Alpert mentre lui era perso nel vortice del flusso neurologico. Quando ritornò dal suo trip, si accorse che i sintomi del raffreddore erano completamente spariti.
– Martin Lee e Bruce Shlain, Acid Dreams

Ralph Metzner incluse la DMT nella sua rassegna dei composti psichedelici pubblicata sul primo numero di The Psychedelic Review del 1963.

Oggi sappiamo che la DMT è diffusa nel mondo delle piante, in particolare tra le graminacee e le leguminose. In tracce, «la DMT è ovunque», per riprendere il titolo di un capitolo di TiHKAL. La si trova anche nel corpo umano, e nel cervello. Shulgin conclude il capitolo del suo libro ipotizzando una produzione enzimatica della DMT (presumo attraverso la catecol-O-metiltransferasi):

Che fantastica black-box sarebbe. Prendiamo due preparazioni enzimatiche, una che può fare la metilazione dell’S-adenosil omocisteina in S-adenosil metionina e un’altra che può ricreare l’S-adenosil omocisteina trasferendo il gruppo metile su un’ammina. Due catalizzatori in una camera riscaldata a 37 °C, con un rubinetto da cui aggiungere la triptamina e un altro da cui esce la DMT.
– Shulgin e Shulgin 

L’unico studio clinico sugli effetti della DMT successivo agli anni Sessanta è quello del dottor Rick Strassman, psichiatra e docente di ruolo all’università del New Mexico. Strassman somministrò DMT per endovena ad alcuni volontari «esperti». Come Cartesio prima di lui, Strassman è convinto che la ghiandola pineale possa essere la «sede dell’anima». E, sempre come Cartesio, è un dualista che crede tanto nella realtà del mondo materiale quanto nella realtà del mondo dello spirito. Un antico dilemma. Strassman suppone che la ghiandola pineale possa produrre DMT, e che la DMT sia la «molecola dello spirito» che media tra i due regni. A chi non è caduto sotto l’incantesimo della DMT, naturalmente, alcune sue ipotesi potrebbero sembrare inverosimili.

Sì… Ma anche a chi c’è caduto…

Qui non ci interessa stabilire la veridicità o meno delle argomentazioni di Strassman, ma esaminare le implicazioni psicologiche delle loro premesse. Innanzitutto, Strassman presuppone che la DMT sia un neurotrasmettitore (il che potrebbe anche essere vero), quindi che la DMT è prodotta in «quantità psichedeliche» all’interno della ghiandola pineale, cosa che dovrebbe essere abbastanza semplice da stabilire in laboratorio. Ipotizza quindi che la ghiandola pineale produca quantità prodigiose di DMT in momenti eccezionali della nostra vita, come quando la «forza vitale» entra nel feto attraverso la ghiandola pineale al quarantanovesimo giorno dal concepimento, alla nascita, e durante esperienze di meditazione profonda, psicosi ed esperienze di pre-morte.

Quando la nostra forza vitale individuale entra nel feto – il momento in cui diventiamo davvero degli esseri umani – passa attraverso la ghiandola pineale e provoca il primo flusso primordiale di DMT.
– Strassman, DMT: La molecola dello spirito 

Altri legami proposti sono tra il rilascio di DMT da parte della ghiandola pineale e l’orgasmo, la meditazione tantrica, e la morte stessa (quando la «forza vitale» abbandona il corpo sempre attraverso la ghiandola pineale).

Uno dei presupposti collegati è che le esperienze spirituali profonde, come l’«illuminazione», sono psichedeliche. Cosa che potrebbe non essere vera.

A parte il problema del vitalismo.

E poi c’è la questione delle Entità.

Strassman divide sommariamente le esperienze con la DMT dei suoi volontari in: personali, rivelazioni relative alla vita e alle relazioni dell’individuo; invisibili, relative alle intuizioni spirituali; e transpersonali, incontri con entità autonome. Rick sostiene che la sua formazione psichiatrica lo ha preparato ad affrontare la prima, e la pratica buddhista Zen lo ha aiutato con la seconda. La terza categoria si è rivelata più problematica. Trovando improduttivo spiegare gli incontri con le entità come proiezioni oniriche («No, era tutto vero. Conosco la differenza»), Strassman decise di rapportarsi ai resoconti «come se» fossero veri. Cioè, adottando un approccio sciamanico. Fin qui tutto bene. Il problema è che alcune Entità non erano contente di essere assegnate a un limbo, e reclamavano la loro indipendenza.

Quindi, consideriamo l’ipotesi che quando i nostri volontari viaggiavano oltre i confini della DMT, quando si sentivano come se si trovassero altrove, stessero davvero percependo diversi livelli di realtà. Tali livelli alternativi sono reali come quelli in cui ci troviamo. Il fatto è che il più delle volte non siamo in grado di percepirli.
– Strassman 

Credo non ci sia nulla in questa affermazione su cui William Blake, un uomo che ha avuto molte esperienze con le Entità, avrebbe da eccepire, a parte forse che lui avrebbe scritto «realtà» con la R maiuscola. Ma poi Strassman prosegue suggerendo che queste realtà hanno una base fisica che coinvolge il modello a «molti mondi» della fisica quantistica, la materia oscura, l’interferenza quantistica e le particelle WIMP; un tributo piuttosto sorprendente al potere di questo «allucinogeno» e al modo in cui la fisica è diventata la nostra teologia.

In realtà, gli universi paralleli sono ampiamente esplorati: si chiama «letteratura».

E il genere di tutti i tentativi di interpretazione puramente letteraria di spiegare la profondità dell’esperienza visionaria in termini materialisti come risonanza del DNA, accoppiamento quantistico, materia oscura, ecc. ecc., è la fantascienza. Qui McKenna si sentiva a casa. È una questione di stile e inclinazione, e forse anche un po’ di critica letteraria… Il genere di Blake era la poesia.

Sono svanite le Religioni oscure & la dolce Scienza regna

Ma le prove, per il bravo dottore, non erano ancora finite. La Venerabile maestra del suo gruppo Zen decise che la ricerca con gli psichedelici era contraria alla via del Buddha, rappresentava «un errato mezzo di sostentamento, secondo gli insegnamenti del Buddha», e doveva interromperla immediatamente. Rick cercò di venirle incontro: «Accettavo anche la possibilità teorica, messa in luce da Gwendolyn, che qualcuno potesse confondere un flashback psichedelico con una reale esperienza di illuminazione». Ma lei si dichiarò non interessata a proseguire il dialogo.

Hai fatto bene a sbarazzarti di loro, fratello mio. Devi essere di buon umore. Conosco un gruppo Zen dove anche chi non è buddhista è benvenuto.

Interrogai il mio spirito guardiano sulla questione del flashback. Lui mi disse che erano sciocchezze, che era impossibile scambiare un’esperienza di illuminazione genuina con un flashback psichedelico, una visione del Buddha Dorato Universale, o con qualunque altro makyō. Il problema, mi disse, era esattamente il contrario: scambiare le esperienze con la DMT o qualunque altro makyō per illuminazione.

Dai, aggiunse, non essere così abbattuto. I non illuminati si divertono di più.

Ovviamente, lui era uno spirito guardiano, e che cos’è uno spirito guardiano se non un makyō?

L’Alleata

Apparvero diversi insetti «a grandezza naturale». Uno era una specie di aragosta, con enormi chele, poi due mantidi dolcissime e amichevoli che sbirciavano dalle finestre; anche se sembravano vivere all’interno del favo dell’ottagono geometrico. Non c’era un senso di minaccia né di terrore, soltanto curiosità, e non mi sottoposero a un intervento al cervello come avevano fatto con Sheelo. Mi dissero che dovevo fare più respiri profondi.

È impossibile approcciarsi oggi alla DMT senza prendere in considerazione il lavoro di Terence McKenna. McKenna ha contribuito con innumerevoli immagini che si sono rivelate straordinariamente durature: elfi frattali, palle da basket che si dribblano da sole, ed extraterrestri. Per Terence, la DMT ha spalancato le porte a una dimensione della realtà completamente nuova, una dimensione interamente Altra, ha intravisto l’Apocalisse, un punto Omega verso il quale tutta la storia e la preistoria stanno convergendo. Una visione teologica.

Sotto l’influenza della DMT il mondo diventa un labirinto arabo, un palazzo, un più che possibile gioiello marziano, ricco di motivi che inondano la mente sbalordita di un timore muto e complesso. L’esperienza è pervasa dal colore, dalla sensazione di essere in presenza di un segreto capace di schiudere le porte della realtà. C’è un senso di altri tempi, della propria infanzia e di meraviglia, meraviglia e ancora meraviglia. È un’udienza con il nunzio alieno. Nel mezzo di questa esperienza, apparentemente alla fine della storia umana, a guardia di portali che sembrano aprirsi sull’enorme tempesta dell’indicibile vuoto interstellare, c’è il Tempo.
– Terence McKenna, Il cibo degli dei

Le entità incontrate da Terence erano aliene. Come ogni bravo esploratore, cercò di interagire con loro, di ascoltare quel che avevano da dire e poi tornare per raccontarlo. Si accorse che documentazioni precedenti di questa particolare forma di vita aliena erano pressoché inesistenti, pur avendo fatto del proprio meglio per trovarle. Uno dei luoghi in cui le aveva cercate era l’arte.

Non abbiamo molti indizi che questi luoghi extradimensionali esistano. Se l’arte convoglia immagini al mondo dell’Altro dal Logos – trasferendo idee nella materia – perché l’arte umana sembra priva di ciò che i viaggiatori psichedelici hanno sperimentato in modo così totale? Forse i dischi volanti, o UFO, sono il motivo centrale da comprendere per afferrare la realtà qui e ora. Siamo alienati, talmente alienati che l’io deve travestirsi da extraterrestre per non allarmarci con la bizzarria delle dimensioni che abbraccia. Quando potremo amare l’alieno, allora avremo cominciato a curare la discontinuità psichica che ci affligge almeno dal Sedicesimo secolo, o forse da prima.
– McKenna, The Archaic Revival

Pur riconoscendo molti elementi psichedelici nella storia dell’arte, Terence afferma di essere rimasto sorpreso dalla «totale assenza di motivi ispirati dalla DMT. La DMT non c’è. Non è presente in alcuna tradizione di mia conoscenza».

Qui c’è una distinzione molto interessante da fare. Il significato dell’aggettivo «psichedelico» associato all’arte è cambiato nel corso dell’ultimo mezzo secolo, ed è passato dal definire qualcosa di bizzarro o sbalorditivo a descrivere dipinti particolarmente esplosivi, colorati, o in un qualche modo «alterati». Il termine può in generale essere usato in maniera concorde tra iniziati. Non tutta l’arte psichedelica è visionaria, ma quasi tutta l’«arte visionaria» è psichedelica; e al suo interno la DMT art è un sottoinsieme (spesso) separato. Agli iniziati alla psichedelia piace provare a indovinare la droga preferita di un artista: «Quelli sono funghi», o «Quello è acido». Quando qualcuno dice: «Quella è DMT», di solito si è tutti d’accordo.

A volte è questione di colori: colori fluorescenti, gradazioni di blu mischiate al bianco. Spesso i quadri hanno una simmetria bilaterale, come macchie di Rorschach. Molta DMT art è prodotta al computer, usando insiemi di Mandelbrot o altre equazioni frattali, ma spesso i quadri hanno quella qualità plastica rifrangente che gli informatici si sono impegnati tanto per superare. Ci sono bolle trasparenti, baccelli e paesaggi extraterrestri. Sono comuni le forme dendritiche, come la visione a raggi X. Frequenti sono anche i cristalli. Molte sono illustrazioni a carattere commerciale, e le si ritrova sulle copertine di libri e dischi. E, naturalmente, nei film: la DMT può avere una qualità cartoonesca. I temi fantascientifici sono diffusi. A volte gli artisti visionari riescono a catturare il movimento e lo sconvolgimento dell’esperienza con la DMT.

Il problema principale della DMT art, a parte l’onnipresenza di cliché spirituali, è la sua imbarazzante ovvietà. La finezza non è una delle qualità della DMT. Questo è forse il primo chiaro segno distintivo della DMT riconoscibile da un osservatore etico, o esterno.

Questa NON è un’osservazione etica.

La DMT art (e mi riferisco alla DMT fumata) è una cultura-isola, dotata di una propria coerenza interna. Parla di altri mondi, moltissimi dei quali, però, sembrano identici; parla di un’altra dimensione, ma una dimensione particolare.

Oppure sì?

Esatto. È questa la Domanda.

Una delle caratteristiche interessanti della DMT è che talvolta ispira paura; è il segno che l’esperienza è esistenzialmente autentica… Non intendo dire che c’è qualcosa di intrinsecamente positivo nel terrore. Sto dicendo che, data la situazione, se non si è terrorizzati allora vuol dire che non si è pienamente in contatto con le dinamiche di quel che sta succedendo.
– McKenna, The Archaic Revival

Grazie, Terence.

Effetti

(Tra i 30 e i 35 mg, in tre boccate)

Inalò profondamente tre volte e rovesciò la testa all’indietro. Cominciò a ridacchiare e sul suo volto si stampò un meraviglioso sorriso che non svanì per tutta l’esperienza.

È stato molto piacevole. Ero persa nei colori e nelle forme, ma era bello. Quando ho aperto gli occhi e ti ho guardato, tu stavi sorridendo e sono riuscita a vedere il contorno delle ossa della tua gamba. Ora capisco Alex Gray. Ma gli artisti non riescono a cogliere il movimento, la pulsazione, questo respiro continuo. Non c’era niente di sinistro o spaventoso, non mi sono sentita sballottata. Sono affondata dolcemente in un letto di piume ingioiellate dai colori arcobaleno; la cupola ingioiellata. Piena di luce. Non era sinistra come lo xenon o la Phalaris, che è come lo xenon ma in bianco e nero.

Chissà, forse la si potrebbe usare come antidepressivo a breve termine. È così facile e così rapida, ti fa sentire bene, concreta, e non c’è hangover.

Leggendo nell’Experience Vault su Erowid i «racconti dei trip» di chi ha fumato o inalato le triptamine sintetiche, sono rimasto colpito da quanta gente si sballa e guarda dei video. (Io, nel caso, preferisco gli anestetici. Già i registi ci vanno giù pesante con i poteri emotivi del loro mezzo.) D. M. Turner aveva un sistema audiovisivo integrato pre-programmabile: metteva in sequenza pezzi tagliati dai cd e li collegava ai cambiamenti di illuminazione della stanza. La «tripping room» definitiva. Penso davvero che questo possa essere definito «uso ricreativo».

Amanti del brivido.
E l’hanno trovato.

La DMT amplifica le percezioni mentali dell’immaginario eidetico di talmente tanti ordini di grandezza che i normali «cartelli stradali» dell’io – chi sono, quali sono le mie reazioni, cosa dico in determinate situazioni – si perdono. Questo corteggiamento della follia, con lo spasmo di terrore che lo accompagna, credo in tutta franchezza si possa definire «brivido».

Allora… cos’è che ti blocca?

Giusta osservazione. Forse la mia educazione protestante. Ma c’è dell’altro. «Sensazioni oceaniche». Un’occhiata fugace a come sono collegati i pensieri. Un’occhiata fugace alla meta-coscienza, alla meta-consapevolezza, forse uno strato platonico, o uno strato di astrazione che fluttua verso l’alto come un’equazione da una parabola.

Ci sono fibre della geometria
che lasciano stupefatti persino i marinai
– DP, 1968

E un po’ del luogo in cui vive la magia. Tutto porta a una canzone piccante e seducente. QUI C’È IL SIGNIFICATO. QUI C’È IL SEGRETO. Dopo, molta gente dice soltanto «e questo cos’era?» Terence era convinto che fosse un’esperienza che tutti dovevano fare almeno una volta nella vita, semplicemente per essere persone complete. Per ribaltare davvero le proprie fondamenta.

La Voce di uno che piange nella Natura selvaggia.
(una voce bizzarra)

Che cosa ERA?

Sono tornato per scoprirlo. Stavolta non voglio essere guidato dalla musica. Non voglio essere prigioniero di quel che è inciso sulla pietra o, potremmo dire, sul vinile. Terence andava pazzo per il Logos: «il Codice».

È perché era un bravissimo contaballe. La sua alleata era una gran chiacchierona.

Ma non ero ansioso di incontrare gli elfi di Terence, o qualunque altra cosa. Nemmeno Terence lo era, da quello che so: l’ha presa solo poche volte e si è tirato indietro quando le Entità hanno iniziato a fargli delle richieste. Quanto a me, la DMT mi è sempre sembrata troppo plastica, di celluloide, troppo simile a un cartone animato. Se ci fosse davvero tutto questo significato, ormai chi ne ha frequentato il regno dovrebbe avercene dato qualche prova. Quindi non posso dire che il mio atteggiamento fosse particolarmente positivo. Piuttosto il contrario.

Ma, in una parola, ero disperato: avevo bisogno di prove.

Scena: studio di Faust

FAUST: Ahh. Chi sei?
SPIRITO: Sono la luce che chiamano Potere dell’Oscurità.
FAUST: Non vedo il tuo volto.
SPIRITO: Te l’ho detto. Hai una richiesta?
FAUST: Sì, ce l’ho.
SPIRITO: Qual è? Sei venuto fin qui.
FAUST: Voglio le battute migliori.
SPIRITO: Eheh. Per me è facile.
FAUST: C’è dell’altro.
SPIRITO: Che cosa?
FAUST: Devono essere vere.
SPIRITO: È una richiesta importante. Perché non chiedere i Poteri della Luce?
FAUST: Sarebbero troppo rivelatori.
SPIRITO: Temi la rivelazione?
FAUST: No. Temo lo stupore. Non è decoroso?
SPIRITO: Lo è ai miei occhi. Insomma, immagino di sì. Avvicina la pipa alle labbra. Le ammine sono parte del mio regno. Annusale. Mio è l’azoto, e dunque l’aria.
FAUST: Allora l’ossigeno è Dio?
SPIRITO: L’ossigeno è il fuoco.
FAUST: E il carbonio?
SPIRITO: La terra.
FAUST: Ti seguo. Quindi l’idrogeno è l’acqua.
SPIRITO: Etimologicamente è incontestabile.
FAUST: Allora cosa vuoi da me?
SPIRITO: Lo sai.
FAUST: Te l’ho già dato.
SPIRITO: Non è abbastanza. Devi darmelo liberamente, senza contratto.
FAUST: Allora mostrami come.
SPIRITO: Usa il fuoco.

Cari Spiriti di questa Molecola:

Molti anni sono passati da quando vi ho cercato. Ho dimenticato perché cominciai; c’è ancora qualcosa in sospeso tra noi. Non mi interessano più i cartoni animati, i colori, o le montagne russe, e nemmeno gli UFO o gli extraterrestri. Comunque sia, ho percorso una lunga strada, sono sopravvissuto e ora eccomi qui. Spero di non avere fallito. Siete l’ultima delle mie promesse e spero che, registrando le vostre parole, sarò sollevato da ogni obbligo ulteriore.

Dose: grossa, una boccata, presa tutta.

L’Alleata

(Non ti porterò lì con me non capiresti non ho idea di quale potrebbe essere l’esperienza di un altro con questa cosa e non mi interessa molto perché per quello non c’è spazio è troppo interessante)

Quindi Ora penso di sapere cos’è la possessione.

Non dirò nulla della mia alleata se non che ha i baffi ed è territoriale.

Mi piace molto.

Avresti dovuto vedere cosa ha fatto agli altri spiriti che curiosavano in giro, soprattutto a quelle specie di sciamani con il loro atteggiamento di superiorità, e ai pensieri concettuali, ai giudizi, o anche solo a un’allusione a queste cose.

«È mio!» urlava. «Lui è mio, mio!»

Dale Pendell è stato un poeta e un etnobotanico americano. Nella sua opera ha combinato esperienza diretta, scienza, folklore e poesia nel descrivere il rapporto tra piante psicoattive ed esseri umani. Ha fondato la rivista d’avanguardia «Kuksu», il Primitive Arts Institute e l’area tematica Oracular Madness al Burning Man. È autore di Equations of Power, Inspired MadnessThe Great Bay: Chronicles of the CollapseWalking With Nobby: Conversations with Norman O. BrownThe Language of BirdsSeeking Faust e della trilogia «Pharmako», di cui questo titolo fa parte.