Negli ultimi mesi ho notato un fenomeno interessante tra le pagine di meme politici che seguo: l’emergere di una wave sul socialista ottocentesco Ferdinand Lassalle (1825-1864). Primo agitatore politico socialista della storia tedesca, Lassalle fu il fondatore dell’Associazione generale dei lavoratori tedeschi (da cui dopo la sua morte sarebbe nato il Partito socialdemocratico di Germania, l’odierno SPD) e il promotore di una visione del socialismo contrapposta a quella marxista, basata non sulla costruzione di organizzazioni autonome dei lavoratori con scopi rivoluzionari ma sulla competizione elettorale e la collaborazione con lo stato – figlia di una visione hegeliana dello stato in cui questo non era uno strumento di dominio delle classi dominanti ma un universale in grado di arbitrare tra i particolarismi della società.

Nella quasi totalità dei meme Lassalle è considerato una figura negativa. Marx lo considerava un opportunista disposto a moderare le rivendicazioni delle masse lavoratrici in cambio di concezioni da parte delle classi dominanti: un’accusa che i comunisti avrebbero seguitato a rivolgere alla socialdemocrazia, e che le pagine che fanno questi meme – come @rosemediayt – radicalizzano muovendola contro tutta la storia del socialismo. Il loro punto è il modo di dire “non era vero socialismo” preso alla lettera, approfondito e rivendicato: ogni socialismo realmente esistito, non importa di che periodo storico o di che ispirazione, è stato sempre e solo una versione autoritaria della socialdemocrazia. Il socialismo non è mai esistito, sono esistite solo corruzioni dell’idea: un punto di vista a metà tra la Redpill e una versione laicizzata dello gnosticismo. Che arriva alla condivisione di posizioni anticomuniste, come la teoria del totalitarismo e l’idea che comunismo e nazifascismo siano sostanzialmente dei mostri gemelli accomunati dalla statolatria e diversi solo nei dettagli.
Alcuni esempi di meme di questo tipo: un video in cui una frase presa dal pezzo rap “Like that” di Future e Kendrick Lamar (“Motherfuck the big three, nigga, it’s just big me”) viene illustrata con le tre teste del socialismo (Marx, Engels, Lenin) sostituite su “big me” dalla faccia di Lassalle per dire che tutto il marxismo-leninismo è in realtà lassalleismo (un ulteriore layer è dato dalla presenza del verso della N-word e dal fatto che Marx ha famosamente usato la N-word per riferirsi a Lassalle in una lettera a Engels). Un meme nel formato “every squad got the” dove i vari leader socialisti del Novecento vengono etichettati in vari modi, nessuno dei quali ha niente a che vedere col socialismo: Stalin è il “burocrate termidoriano”, Mao è il “nazionalista agrario” e via dicendo. Un poster in stile maoista in cui Lassalle occupa la posizione che di solito è di Mao, quella del sole, e sotto i suoi raggi avanzano tutte le figure del socialismo e del fascismo storici: Hitler e Stalin, Chruscev e Deng Xiaoping, Mussolini e Xi Jinping.

Non si tratta di un dibattito nuovo, ma del riemergere in forma di meme di discorsi che si facevano già negli anni Settanta quando il movimento studentesco e i gruppi extraparlamentari si contrapponevano ai Partiti comunisti e l’idea di autonomia dei lavoratori al socialismo sovietico burocratizzato. La cosa interessante è che stavolta accanto al sottotesto implicito in questa visione (“il vero socialismo è il nostro, che non si è mai realizzato”) ne esiste un altro, opposto, che ricalca il famoso meme dell’astronauta con la pistola: il socialismo è sempre stato solo una versione autoritaria della socialdemocrazia? Always has been. Non c’è mai stato – né potrà mai esserci – nulla di più, e comunque questo socialismo non che proprio ha fatto male alla causa dell’avanzamento dell’umanità – per cui fatevelo andar bene.
È un messaggio che non emerge solo dai pochi meme apertamente lassalleani del Politigram, ma soprattutto dal mondo reale: è ciò che sostiene, in modo inconsapevole, tutta quella sezione di sinistra occidentale che oggi è affascinata dalla Cina, dai campisti che parlano di multipolarismo come OttolinaTv e Marx21 ai liberali progressisti orfani del liberalismo progressista come Adam Tooze. È il messaggio dei caroselli Instagram compagni che ti consigliano libri per approfondire il socialismo con caratteristiche cinesi o ti spiegano che la Cina ha tirato fuori dalla povertà 800 milioni di persone.

Incredible things are happening nella sfera dell’ideologia
Il socialismo con caratteristiche cinesi è socialismo, non un qualche altro “ismo
(Xi Jinping)
Uno dei fenomeni politici più rilevanti dell’ultimo decennio è stata l’ascesa di Xi Jinping e il ritorno della politica in Cina dopo gli oltre trent’anni di de-politicizzazione dell’era della riforma e apertura 改革开放, la traduzione cinese della fine della storia fukuyamiana. Questo ritorno è stato in primis materiale: la campagna anti-corruzione diventata un metodo di governance per ri-radicare il Partito comunista a ogni livello della società, l’intervento statale in diversi settori dell’economia per riequilibrare gli squilibri creati dai decenni di laissez-faire post-dengista. Ma è stato anche ideologico: una nuova enfasi sul socialismo dopo decenni di enfasi sulle sue caratteristiche cinesi. Nel 2018, Xi ha presidiato a una sontuosa cerimonia nella Grande sala del popolo di Pechino per il 200esimo anniversario della nascita di Marx, grazie alla quale abbiamo un video in cui canta “L’internazionale” davanti a un enorme ritratto del filosofo tedesco.
Accanto a questo Marx, però, nella Cina di Xi ce ne sono anche altri. C’è la sua versione anime uscita a puntate su Bilibili che ne faceva un eroe da cartone animato scollegato dalla realtà, e la sua versione sinizzata apparsa in una serie tv prodotta dal governo provinciale dell’Hunan in cui dialogava con Confucio riconoscendo le somiglianze tra le loro visioni del mondo. Sembrano personaggi di Italian brainrot e in effetti l’agglomerato teorico del socialismo cinese è un AI slop ideologico, il prodotto delle allucinazioni di un LLM (Large Language Model): marxismo-leninismo, pensiero di Mao Zedong, teoria di Deng Xiaoping, Teoria delle tre rappresentanze, Prospettiva scientifica sullo sviluppo e Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era. Già il solo nome ufficiale dell’ideologia di stato, con la sua litania di formule ufficiali, sembra un testo prodotto da Chat GPT in cui ogni parola occupa uno spazio non in virtù di una relazione di senso con ciò che la precedente ma in virtù di un calcolo probabilistico. E se leggi un qualsiasi testo scritto nel gergo di partito, ad esempio un discorso di Xi Jinping, l’impressione è ulteriormente confermata: ti sembra di leggere un testo generato da Chat GPT, in cui una serie di formule standard come “comprehensively deepening reform” o “whole-process people’s democracy” sono ripetute ad nauseam e fatte interagire tra loro con minime variazioni. Come nei testi generati da ChatGPT, è chiaro che non c’è vita sotto la superficie.
Nonostante o forse proprio per questa scarsa chiarezza, il ritorno della politica in Cina ha dato nuova linfa al dibattito perennemente in corso in Occidente sulla natura del suo sistema economico-politico. Chi guarda alle questioni materiali fa notare come il modo di produzione dominante nell’economia politica cinese sia senza ombra di dubbio quello capitalistico, chi guarda alle questioni ideologiche accetta questo punto ma lo considera secondario notando come il potere politico sia nelle mani di un partito d’avanguardia che si considera legato all’eredità del socialismo novecentesco. Branko Milanovic (e altri) ha paragonato il sistema cinese all’URSS della NEP, quel periodo di ritirata strategica voluto da Lenin dopo i traumi della guerra civile, in cui il partito-stato sovietico apriva spazi controllati al mercato e al commercio privato. Ho-fung Hung l’ha paragonato al corporativismo fascista, in cui il partito-stato cinese disciplina in modo paternalistico il capitale privato per un interesse superiore.
Tutte queste opinioni riguardo alla natura del socialismo cinese, prese singolarmente, risultano convincenti. È innegabile che lo stato cinese si comporti in modo paternalista e corporativo rispetto al capitale privato, disciplinandolo ma scegliendo sempre in ultima analisi di tutelarne gli interessi generali. E però anche le similitudini con l’esperienza storica della NEP sovietica, in cui un partito-stato lasciava spazio al mercato mantenendo uno stretto controllo, sono innegabili. Xi Jinping sarà anche un burocrate legato a doppio filo all’era delle riforme, ma c’è un fondo di verità nelle copertine dell’Economist sul “nuovo Mao” e lo vediamo quando Xi appare dai rostri di piazza Tiananmen con la zhongshan zhuang grigia come il suo predecessore. Quale di questi paragoni è quello giusto? Quale di queste immagini della Cina contemporanea rispecchia la realtà?
Proprio perché sono tutte convincenti, nessuna è vera; proprio perché sono tutte razionali, nessuna è reale. La Cina contemporanea non è il fascismo italiano né l’URSS della NEP né il maoismo né il socialismo come lo intendono i comunisti occidentali. Come ha detto Xi Jinping, il socialismo con caratteristiche cinesi è socialismo, non qualche altro “ismo”. Se mai il socialismo con caratteristiche cinesi è una nuova variante di una cosa di cui in passato sono state varianti il maoismo, l’URSS della NEP e il fascismo storico. E qui torniamo ai meme su Lassalle.
L’intenzione originaria
L’arrivo dell’era di Xi Jinping è stato accompagnato dalla comparsa di un nuovo slogan politico nel noiosissimo politichese del Partito comunista cinese: 不忘初心, “non dimenticare l’intenzione originaria”. Come avviene spesso per le parole d’ordine nel contesto politico cinese è stata elaborata da un accademico, Huang Huilin, in un articolo sul Quotidiano del popolo nel 2013 dedicato al 120esimo anniversario della nascita di Mao, poi diventare parte del vocabolario politico ufficiale tra il 2016, quando Xi Jinping l’ha utilizzata come tesi centrale di un discorso che ha tenuto in occasione del 95esimo anniversario del Partito, e il 2017, quando l’ha citata nel suo rapporto politico al XIX congresso del PCC.
L’origine della frase è un’interpretazione di una sutra buddista (del resto Carl Schmitt, che piace tanto ai funzionari del PCC, ha scritto che tutti i concetti politici sono concetti religiosi secolarizzati) che si riferisce all’aderire alle intenzioni originarie di Buddha; nell’uso del PCC, si riferisce al fatto che la missione e la fonte di legittimità del Partito comunista è il suo lavoro per il benessere e la felicità del popolo cinese. Non un obiettivo ma un compito, non un risultato da raggiungere ma qualcosa da portare continuamente avanti: il movimento è tutto, il fine è nulla. Siamo arrivati così a Eduard Bernstein, dirigente dell’SPD, stretto collaboratore di Marx e Engels, e teorico del marxismo revisionista.
lo scopo di un sistema è ciò che quel sistema fa, e ciò che fa l’ideologia del socialismo con caratteristiche cinesi è permettere a ciascuno di vederci dentro quello che più gli aggrada
Il revisionismo bernsteiniano, con la sua negazione della necessità di una rottura rivoluzionaria e la predilezione per un percorso di riforme graduali attraverso cui arrivare al socialismo, è stato il punto di rottura che ha portato alla nascita del movimento comunista come lo intendiamo comunemente – ai partiti comunisti, al leninismo, all’esperienza storica dell’Unione Sovietica. Tutta quella storia può essere vista come la storia di una scissione purista, di sinistra, del movimento socialdemocratico che, nato dal conflitto tra Marx e Lassalle, aveva finito poi con Bernstein per ricadere verso il secondo di quei due poli. Quando fanno i meme su Lassalle, i teenager del Politigram stanno dando voce anche loro agli stessi sentimenti che hanno portato a quella scissione, solo rivolgendoli contro la scissione stessa. Il revisionismo come un cancro che estirpi e che ritorna. L’influenza di Lassalle come un’impurità di cui per quanto si provi non ci si riesce mai a liberare.
La prospettiva della sinistra occidentale oggi affascinata dalla Cina è, inconsapevolmente, questa ma ribaltata: il cancro che non si riesce a estirpare, la macchia che non si riesce a lavare via… forse non si riesce perché non sono impurità ma elementi costitutivi, risultati necessari del processo. Forse se tutta l’esperienza storica del comunismo può essere condannata come una versione distorta della socialdemocrazia è perché la socialdemocrazia è l’intenzione originaria del comunismo. Ironicamente proprio chi vede il socialismo cinese come una forma di socialismo sta dando ragione ai meme su Lassalle: always has been, non può esserci niente più di questo usare lo stato per disciplinare il capitale, per fare quel tanto di ridistribuzione delle risorse che basta a potersene vantare presentandola come una diversità ontologica rispetto al capitalismo, e mantenere inalterati i rapporti di produzione vigenti.
“Il Partito comunista cinese”, ha scritto giustamente Yoshimi, “è il partito socialdemocratico più di successo della storia”. Il suo successo non sta tanto nel fatto di essere riuscito a mantenere il potere così a lungo o nei milioni di cinesi che ne hanno la tessera, quanto nell’aver risolto questa tensione tra socialdemocrazia e comunismo, che altrove ha portato alla separazione delle due parti, in un compromesso secondo cui un partito organizzato secondo i dettami leninisti agisce come partito socialdemocratico di massa, in cui i simboli rivoluzionari adornano la negazione della necessità di una rivoluzione, in cui Marx parla e Lassalle agisce, e con i risultati delle azioni di Lassalle si conferma la giustezza delle teorie di Marx. È un risultato ancor più notevole se pensiamo a che fine hanno fatto gli altri partiti comunisti prima e gli altri partiti socialdemocratici poi – compresa la stessa SPD di Marx e Lassalle, oggi attestata su percentuali di voto che non vedeva dai tempi delle leggi antisocialiste di Bismarck.
È un risultato possibile proprio grazie alla scarsa chiarezza di quell’impasto chatgptiano che è l’ideologia ufficiale – lo scopo di un sistema è ciò che quel sistema fa, e ciò che fa l’ideologia del socialismo con caratteristiche cinesi è permettere a ciascuno di vederci dentro quello che più gli aggrada: i comunisti ci vedono un partito leninista che prende seriamente la propria discendenza da una rivoluzione, i liberali progressisti un capitalismo dal volto umano grazie al forte impegno statale, gli anticomunisti un corporativismo fascista. Tutto vero, tutto falso. Del resto anche il Partito bolscevico si chiamava “partito socialdemocratico” e il suo leader avrebbe definito la socialdemocrazia “oggettivamente l’ala moderata del fascismo”.