Cinismo, suicidio e la forza del caos

Ovvero: fate figli per incrementare il numero degli infelici da suicidare

Prologo in cielo

Maggio 2021: la ministra della Famiglia Elena Bonetti ha comunicato agli Stati Generali della Natalità che presto sarà concesso l’assegno unico e universale da 250 euro per ogni figlio. L’assegno è stato votato insieme da Enrico Letta e dal suo alleato Matteo Salvini, che insieme si sono anche recati al portico di Ottavia per esprimere solidarietà ai massacratori israeliani.

C’è qualche nesso tra il gesto infame di Enrico Letta e del suo alleato Salvini e gli Stati generali della Natalità?

Nessuno naturalmente.

Ma forse a pensarci meglio le due cose sono una sola: per evitare che la razza bianca scompaia occorre pagare le donne bianche perché producano infelici da gettare nella fornace della guerra suicidaria che si delinea come unico orizzonte di futuro. Su questo Letta e Salvini vanno d’amore e d’accordo. 

Non c’è nessun Male, dal momento che non c’è nessun Bene, e che non c’è nessuna Verità. Però c’è il dolore che sento

Kunikos vs Cinico

Non è facile definire il cinismo perché la storia di questo concetto è ambigua.

Nell’ultimo seminario, quello che pronunciò quando si avvicinava la morte (Le courage de la vérité), Foucault parla del cinismo di Antistene e Diogene di Sinope che fiorì nel quarto secolo prima di Cristo.

Ma cos’ha a che fare il cinismo di cui parla Foucault, ovvero il coraggio della verità, con quello che oggi chiamiamo cinismo? La parresia foucaultiana implica il coraggio di dire tutta la verità. Ma la verità, come sappiamo bene, non c’è. La sola verità è quella che vediamo dal punto di vista del singolare.

Quella dei cinici è la verità eticamente nuda, la verità che ha rinunciato all’etica, o piuttosto si fonda su un’etica dell’«è così».

Così è: i più forti vincono, e per essere più forti è necessario ignorare e violentare ogni sensibilità, ogni empatia, ogni affetto che non sia crudele.

Per questo i cinici oltre a dichiarare la verità se ne andavano, si spogliavano di ogni cosa, rinunciavano a qualsiasi commercio umano, si stendevano al sole ignudi perché nulla li potesse riguardare.

Ora siamo alla fine della storia occidentale, e forse l’Occidente provocherà la fine della storia umana in generale perché l’Occidente non accetta il suo declino, e come Sansone vuole portare all’inferno anche tutti i filistei (palestinesi come si dice adesso).

Michel Foucault forse voleva dirci, in punto di morte, che la sua vita si concludeva con un fallimento, che il male aveva vinto. Non è forse la lezione che si può trarre dalla sua esperienza personale? (Ma Foucault non amava indulgere alle considerazioni personali). Così è, dice Foucault morente: il retrovirus ha vinto. La sindrome che mi sta uccidendo cancella il piacere, l’affetto, l’amicizia.

La verità dunque è il predominio del Male? Ma cosa vuol dire Male?

Non c’è nessun Male, dal momento che non c’è nessun Bene, e che non c’è nessuna Verità. Però c’è il dolore che sento, la sofferenza che viene con la malattia, c’è la violenza, la sopraffazione, la perdita della povera casa in cui vivo, distrutta da un bombardamento. 

Il male ha la emme minuscola: è il dolore che provo nel mio luogo, nella mia carne, nella mia anima. Male, dunque, è l’ubiquità del dolore e dell’umiliazione. Questa è la verità della storia che ora finisce. E finisce male.

Si può scrivere questo piccolo saggio filosofico mentre tutto evidentemente sta sprofondando nell’orrore? Si può, certo che si può, dal momento che non c’è altro da fare.

E d’altra parte se tu fossi un filosofo e ti apparisse evidente che la storia del mondo sta per finire, ti rimarrebbe tempo per parlare d’altro?

Il cinismo di cui Foucault parla nel suo ultimo seminario non è quello di cui parla Sloterdijk nella sua Kritik der zynischen Vernunft in cui si sottolinea la differenza tra il cinismo del kunikos antico e quello del moderno cynic. 

Potremmo dire che il cinismo parte dal riconoscimento dell’inesistenza di una verità assoluta. Nessuna verità morale fonda e delimita il nostro agire. In questo senso vi è una continuità tra il pensiero del kunikos greco e l’agire senza pensiero del cinico moderno.

Nell’inesistenza della verità morale, il cinico impara dall’esperienza che per sopravvivere occorre accettare l’ubiquità del male: il male è ineludibile. 

È per questo che il movimento operaio e progressista ha perduto la sua battaglia novecentesca: perché ha creduto nella legge.

In assenza di verità morale solo la forza regola i rapporti tra gli uomini.

Chi ha vissuto l’esperienza della sconfitta, della sottomissione e dell’umiliazione impara che non c’è alcun tribunale etico cui appellarsi. 

La legge, cui il pensiero politico di origine illuminista ha attribuito tanta importanza, funziona fin quando la forza la cancella, a la spazza via, o semplicemente la ignora.

Solo la forza è un tribunale efficace. La legge è un tribunale che funziona fin quando qualcuno la impone con la forza. Naturalmente quando diciamo «forza» non stiamo parlando solo della violenza, né solo delle armi da fuoco, stiamo parlando della capacità di modellare l’essere secondo intenzione.

Ma la forza della legge non vale nulla senza la legge della forza, quale che sia la forza.

È per questo che il movimento operaio e progressista ha perduto la sua battaglia novecentesca: perché ha creduto nella legge.

Il cinismo come identificazione con l’aggressore

L’attacco sferrato da Israele nel maggio 2021, appoggiato dal popolo israeliano nella sua grande maggioranza, è uno spietato esercizio di cinismo che non possiamo spiegare se non teniamo conto della storia. Non si può capire la storia di Israele senza richiamare alla memoria l’Olocausto.

Negli anni Trenta, come già molte volte nei secoli passati, la comunità ebraica si trovò in un trappola mortale: mentre i vertici del regime nazista preparavano alla luce del sole la soluzione finale, l’Europa faceva finta di non saperlo.

Per salvare la finta pace, gli Stati europei rifiutarono di vedere quel che accadeva. 

Non solo: quando barche piene di ebrei che fuggivano dalla Germania si avvicinarono alle coste inglesi e alle coste americane, furono respinte come noi oggi respingiamo le barche piene di africani o afghani o siriani che fuggono dai campi di concentramento libici.

Tedeschi furono gli esecutori, polacchi furono i complici francesi furono i collaboratori inglesi furono i respingitori, italiani furono i servi. Tutti parteciparono dell’atrocità.

Noi li respingiamo verso la Libia e gli inglesi respinsero centoventimila ebrei verso la terra di Hitler. Il popolo ebreo fu allora sottoposto alla più spaventosa umiliazione, e il più spaventoso degli stermini ebbe luogo.

Dopo la fine della guerra i paesi europei che non avevano fatto nulla davanti alla furia hitleriana, diedero una nuova dimostrazione del cinismo dei colonizzatori. In quanto colonialisti, gli inglesi possedevano le chiavi della casa palestinese e le consegnarono ai sopravvissuti dell’Olocausto, relegandoli così in un altro inferno nel quale poteva sopravvivere solo chi fosse disposto ad apprendere fino in fondo la lezione del cinismo.

Nel maggio del 2021 Israele ha aggredito con le armi la comunità islamica in preghiera nel luogo più sacro nei giorni sacri del Ramadan. Sacro e crudele si attorcigliano, e i palestinesi reagiscono con disperazione. I colonialisti dispiegano la potenza sterminatrice dell’aviazione. Non tutta la potenza, sia ben chiaro, perché tutti sanno che Israele possiede l’arma totale, ed è pronto a usarla. L’arma che Hitler non fece a tempo a produrre l’ha prodotta Israele, ma nessuno ha diritto a dirlo, mentre tutti hanno il dovere di saperlo. Perché il cinismo è anche questo: gli europei hanno tutta la responsabilità dello sterminio del popolo ebreo. Tedeschi furono gli esecutori, polacchi furono i complici francesi furono i collaboratori inglesi furono i respingitori, italiani furono i servi. Tutti parteciparono dell’atrocità. Dunque oggi non possono che rifarlo, non possono che partecipare di nuovo dell’atrocità, non possono non essere di nuovo complici, collaboratori, testimoni e servi dei massacratori israeliani.

In Satana a Goraj, Isaac Bashevis Singer racconta di come Satana si impadronisce del corpo di Rachele e attraverso di lei si impadronisce della popolazione di Goraj, un villaggio abitato prevalentemente da ebrei, negli anni che seguono al massacro compiuto dall’atamano ucraino Chmel’nitskij tra gli ebrei dell’Europa orientale. Seicentomila ebrei, secondo gli storici morirono in seguito a quei pogrom. 

Allora negli shtetl dell’Europa orientale si diffonde la voce che Sabbatai Zevi, un discepolo del rabbino Nathan di Gaza, studioso e cabalista molto rispettato, stava preparando il ritorno degli ebrei alla terra promessa. Per poter realizzare questo sogno però occorreva accettare il passaggio attraverso l’orrore del peccato, della violenza, del sacrilegio. È il tema di cui racconta Singer, ma è anche il tema di cui trattano i libri degli studiosi moderni della Kabbalah come Daniel Lindenberg e soprattutto Gershom Scholem. Per ottenere il bene della sopravvivenza dobbiamo passare attraverso il male della violenza – ecco in cosa consiste il cinismo. Chi meglio di Sabbatai Zevi incarna questa coscienza, lui che dopo aver chiamato gli ebrei di tutta Europa ad abbandonare le loro case e vendere i loro averi per convergere verso la terra promessa, si convertì all’islamismo per evitare il carcere?

La ragione politica non può spiegare quel che accadde allora, né può spiegare quel che sta accadendo oggi nelle terre palestinesi in cui gli europei (gli inglesi prima di tutto) hanno sequestrato gli ebrei sopravvissuti all’Olocausto. Solo la psicoanalisi lo può spiegare.

Quando un bambino subisce violenza da parte di adulti a lui vicini, in molti casi finisce per identificarsi con l’aggressore, e per accettare l’idea che solo il più forte sopravvive, e che solo l’aggressore è depositario di questa cinica verità. 

«Death is a right, and I demand this right»

L’identificazione con l’aggressore di ieri spiega qualcosa della storia israeliana di oggi. E più in generale, se guardiamo l’attuale apocalittica evoluzione verso la fine, l’identificazione con l’aggressore è il fondamento psichico dell’onda neoreazionaria globale che monta.

Il caos suicidario che viene

Alla fine di giugno 2016 un ragazzo palestinese di 17 anni, Muhammad Nasser Tarayrah, si introdusse nottetempo in una casa di Kyriat Arba e uccise a coltellate una ragazzina ebrea di 13 anni che stava dormendo nel suo letto. Pochi istanti dopo un soldato israeliano uccise il giovane assassino, che però aveva scritto sul suo profilo Facebook: «Death is a right, and I demand this right».

Anche Marek Edelman, l’unico dirigente del ŻOB (Jewish Combat Organisation) che sopravvisse alla rivolta del Ghetto di Varsavia e alla repressione nazista, a chi gli chiedeva cosa sperassero di ottenere i ribelli, rispose: «Decidemmo di rivoltarci per poter decidere il momento e il luogo della nostra morte».

L’Intifada suicidaria è ripresa dopo l’aggressione della polizia israeliana ai palestinesi che stavano pregando nella loro moschea. Come l’arrogante passeggiata di Ariel Sharon nell’anno 2000, si è trattato di una provocazione cui i palestinesi non potevano non rispondere, per non sprofondare nella depressione e nel senso di colpevolezza. Il suicidio diviene allora la sola azione possibile. Ogni altra soluzione è peggiore, ed è un’arma efficace anche dal punto di vista militare.

Così è ripresa l’Intifada dei coltelli. In ogni città dell’apartheid israelo-palestinese, gruppi di ragazzi lanciano sassi: ai militari israeliani, ma anche a passanti innocenti, alla signora che va a fare la spesa. 

Non è detto che Bibi Netanyahu stia vincendo la sua guerra, anche se i morti palestinesi sono venti volte di più dei morti israeliani.

I due milioni di persone che abitano nel campo di concentramento di Gaza vivono in condizioni di isolamento totale da molti anni. Mentre Israele vaccinava i suoi cittadini con grande efficienza, i vaccini non potevano giungere nella striscia perché Israele ne impediva l’importazione. Questa è la guerra di Netanyahu.

Netanyahu potrà forse vincere le quinte elezioni in un anno, pur essendo ancor più corrotto dei dirigenti di al-Fatah, ma gli israeliani non vinceranno questa guerra fin quando non avranno eliminato tutti i potenziali lanciatori di pietre, che sono tanti quanti sono i palestinesi. Il genocidio guida la logica di Netanyahu. E allora?

Stiamo imparando una lezione amara dalle rivolte che esplodono nell’agonia del pianeta: il caos è la sola forza capace di affrontare il mostro dell’automa militare e dell’automa finanziario.

In Colombia la rivolta ha costretto il presidente Duque a rinunciare alla riforma tributaria, dopo 24 morti nella città di Cali.

In Cile la rivolta dell’autunno 2019 ha costretto il regime ad accettare la fine della costituzione pinochettista. 

Sono rivolte suicide che il potere non può dominare: chiunque combatta contro il caos è destinato a perdere, perché il caos si alimenta della guerra.

La politica non può nulla, il suicidio può tutto, il caos è invincibile.

Alexis López, un entomologo nazista dichiarato che ha lavorato come istruttore della polizia colombiana, ha fornito una giustificazione che si vorrebbe filosofica alla repressione brutale della sollevazione colombiana che ha fatto 24 morti nella città di Cali. Secondo lui i marxisti hanno lanciato una nuova tattica di combattimento, inventata da un filosofo francese che si chiama Félix Guattari. Questa nuova tattica si chiama «rivoluzione molecolare».

Se il desiderio entra nel buco nero della violenza, allora la rivoluzione molecolare lascia il passo al loop suicidario del caos.

Álvaro Uribe, ex presidente della Colombia, dirigente della destra militare e neoliberale, raccogliendo il suggerimento del nazista ha dichiarato che compito del governo è di rafforzare le forze di polizia per resistere alla rivoluzione molecolare.

Ma cosa sarebbe la rivoluzione molecolare (inventata dal malvagio filosofo francese)? Una tattica di guerra per rovesciare l’ordine democratico?

Non proprio: la rivoluzione molecolare non ha assolutamente nulla a che vedere con una tattica di combattimento, anzi questo concetto si riferisce proprio al contrario della tattica e del combattimento. Quando si parla di rivoluzione molecolare infatti si parla di un processo che non può essere né diretto né programmato, perché non è un effetto della volontà razionale, ma un’espressione dell’inconscio, del desiderio, che non ha nulla a che vedere con le forme politiche stabilite né con l’astuzia di qualche marxista nascosto nella foresta. Al contrario la rivoluzione molecolare è l’effervescenza imprevedibile dell’inconscio; può salire fino alla superficie del sociale quando la volontà organizzata della politica perde la sua potenza, e quando il desiderio fa irruzione nel campo dell’ordine repressivo. 

Ma se la psicosfera è dominata da flussi depressivi, se il desiderio entra nel buco nero della violenza, allora la rivoluzione molecolare lascia il passo al loop suicidario del caos.

Count down

La dottoressa Shanna Swan è un’esperta in epidemiologia e medicina ambientale, ricercatrice alla Icahn School of Medicine presso il Mount Sinai Institute di New York. Ha pubblicato un libro dal titolo Count Down, dove si spiega come e perché «il numero di spermatozoi degli uomini è crollato del cinquanta per cento negli ultimi quarant’anni, la fertilità è diminuita del 50 per cento tra il 1960 e il 2015 in tutto il mondo, e questo ritmo di declino potrebbe significare che la razza umana sarà presto incapace di riprodursi». Sai che guaio.

Il crollo della fertilità umana è probabilmente dovuto a fattori del tutto artificiali: chimica, microplastica, radioattività e sovraccarico nervoso costante. Ma sembra che la natura abbia deciso di dirci basta. 

Swan aggiunge: «al crollo della capacità riproduttiva, alla diminuzione drastica del numero degli spermatozoi, e agli scompensi ormonali si aggiunge un calo drammatico del desiderio sessuale. In alcuni paesi del mondo si sta verificando un declino della capacità sessuale, incapacità o disinteresse, e una diffusione crescente delle disfunzioni della funzione erettile».

È del tutto prevedibile che il trauma pandemico produca effetti di sensibilizzazione fobica alle labbra, al corpo, al sesso. È probabile che un’onda di sublimazione ascetico-orgiastica si diffonda nell’Eros-sfera. Non credo che basteranno gli incentivi monetari a incrementare la procreazione, che sarebbe comunque il peggiore degli incubi.