Chris Hodgson, Alien Growth

Dalla parte del caos, per distruggere il biofascismo

Abbracciare l’inumano, accettare la nostra condizione di natural born cyborgs: appunti per resistere all’alleanza tra estrema destra, neoliberismo e feudalesimo digitale

Jordan Peterson, Richard Dawkins, Steven Pinker, un buffone del Cern, il caso Argento-Bennet, il caso Ronell-Reitman, il DDL Salvini, Diego Fusaro, Julius Evola. La litania come strumento retorico, o come teoria del complotto. Se i nemici reazionari (sia alt-right che alt-light) hanno la loro Cattedrale e i loro marxismi culturali immaginari, perché non alzare il livello dello scontro memetico, e inventarsi una categoria ancora più complottista –  il biofascismo? Mettendoci dentro tutti: dagli atei razionalisti con simpatie neoliberali/maschiliste, ai santoni junghiani, ai vecchi cultori della Tradizione (misticismo, cinghiamattanza, eteronormativismo, doppiopetto, patria, Paroloni), sino ai cinici psicologi evoluzionistici.

La recente pubblicazione in italiano delle Dodici regole per la vita (novembre 2018) dello psicologo canadese Jordan Peterson coincide accidentalmente con l’uscita de Il nuovo ordine erotico di Diego Fusaro (settembre 2018). Qualche mese fa (febbraio 2018) è stato il turno di Enlightenment Now scritto da un altro psicologo canadese, Steven Pinker. Cosa accomuna queste pubblicazioni apparentemente scollegate? In via preliminare, possiamo affermare che questi autori esprimano delle posizioni tendenzialmente conservative, attraverso strategie comunicative e modelli epistemologici diversi. Bisogna inoltre tenere in considerazione il grado d’intensità del loro conservatorismo. Pinker, ad esempio, è uno psicologo evoluzionista «liberale», ma su alcuni temi come l’interpretazione della dicotomia sesso/genere, la superiorità della Modernità sulle società di interesse etnografico e non ultima la sua partecipazione a interviste con esponenti dell’area alt-right, lo pongono in una situazione controversa. Anche Peterson si dichiara liberale, tuttavia  dai suoi testi è possibile estrapolare una postura orientata a destra per quanto riguarda le questioni di genere, la correlazione tra QI, razza e delinquenza o, ancora, per la presenza di continui riferimenti biblici. Fusaro, com’è noto, è assolutamente contrario al liberalismo, ma le sue opinioni sulla famiglia e sulla sessualità si trovano in accordo con quelle di Peterson. Infine, va detto che Fusaro rivendica un approccio hegeliano (e quindi culturalista), a differenza di Pinker e Peterson che si richiamano ad Darwinismo. Solamente, il darwinismo di Peterson è mescolato paradossalmente con la mitologia comparata di Jung (!). Dicevamo: cosa unisce questi intellettuali pubblici?

Chris Hodgson, Flooded Forest

Biofascismo

Il biofascismo è il sostrato ontologico del Realismo Capitalista, la struttura arborea che per millenni ha infestato la teologia e la scienza moderna. La decostruzione e l’archeologia del sapere, assieme alla macchina da guerra selvaggia hanno assestato dei colpi, lanciato le loro fanterie, ma si sono infrante con la fine del postmoderno. Il contrattacco neoliberale, gli anni d’inverno e l’estinguersi del movimento del Settantasette hanno serrato le fila e affilato le armi dei pericolosi reazionari.

Nel capitolo iniziale di Mille Plateaux, Rizoma, in un funambolico tentativo di sintesi e poesia, Deleuze e Guattari propongono una dicotomia fra strutture arborescenti e reticolari, dalla linguistica alla biologia e dalla sociologia alla matematica. Il biofascismo potrebbe definire l’irrigidimento delle strutture ad albero (gerarchie sociali e biologiche, caste, modelli ontologici). L’Anti-Edipo avrebbe dovuto essere l’arma più potente contro il fascismo, l’ur-fascismo o l’ur-stato, poi è arrivato Nick Land ad informarci che la distruzione capitalistica dell’armonia medievale – l’esplosione inumana che ebbe luogo nel rinascimento di Machiavelli e Borgia – non avrebbe fatto saltare le gerarchie (e le teste) dell’Ancien Régime se non per naturalizzare nuovamente quelle stesse gerarchie in forma eugenetica. Nella prefazione all’edizione americana dell’Anti-Edipo, Foucault aveva descritto l’opera di Deleuze e Guattari come un’Introduzione alla vita non fascista, ovvero un testo di etica che attacca direttamente le visioni paranoiche, le gerarchie le categorie novecentesche (legge, limite, castrazione, mancanza). Anche Umberto Eco, nella sua determinazione dei principi del fascismo eterno, si muove nella stessa direzione di Foucault: destoricizza il fascismo per ontologizzarlo, accostandolo alla tradizione ermetica (di nuovo troviamo un riferimento alla paranoia, al complotto ed alla gerarchia). Nick Land, infine, che non è certamente un fascista nel senso storico del termine, ha civettato con la la tradizione esoterica (soprattutto con la demonologia) e nella sua veste neoreazionaria ha rispolverato la millenaria ontologia arborescente, sostituendo il diritto divino della nobiltà con la quantificazione razzista dell’intelligenza. Se il capitalismo e la rivoluzione francese hanno cancellato il diritto divino, il neoliberalismo e le forme devianti di psicologia evoluzionistica lo hanno fatto rientrare dal retro.

Jordan Peterson riesce bizzarramente a mettere assieme un discorso di fuffa misticheggiante, facendo largo uso di una versione ipersemplificata della teoria junghiana degli archetipi con centellinate citazioni da papers di neuroscienze e psicologia evoluzionistica. Detesta il Sessantotto, come Houellebecq, Eric Zemmour, il Fusarone nazionale e tutti coloro che cospirano contro il Mondo Moderno. E come l’ISIS, ci ricorda Bifo nei suoi ultimi libri.

Se le diseguaglianze scompaiono, la società si appiattisce al ribasso: già si vedono i grigi cavalieri dell’Apocalisse, non più guidati dall’austero Dio monoteista, ma dal rinnovato dio mono-naturalista.

Il biofascismo è un continuum che lega i due estremi del neoliberalismo e dell’estremismo di destra. Forse le fantasie transumaniste della Singolarità, le credenze gnostiche del simulation argument, e gli spazi capsulari del neofeudalismo californiano si stanno fondendo nell’orizzonte unificato di un tecno-capitalismo securitario in scala globale. Un’assurda chimera politica dove le caste premoderne vengono sostituite da partizioni in base ai test del QI. Il cattivo vecchio Evola direbbe: la gerarchia è una struttura dell’Essere. Altro che transfinito e teoria degli insiemi! L’ontologia è un eterno albero di Porfirio. Forse oggi sono in pochi a ricordarlo, ma il vecchio Eco, inebriato dalla corrente schizonalitica degli anni Settanta, aveva letteralmente riscritto Rhizome in modo aristotelico in un testo chiamato l’Anti-porfirio che si risolveva in un’eulogia acritca del paradigma reticolare. L’opposizione di Eco al fascismo e alla tradizione ermetica (per molti versi parallela a quella di Furio Jesi) si fondava su un paradigma estetico tipico delle avanguardie letterarie ed artistiche del Novecento. Il caos assume in questo caso una connotazione positiva, poiché diventa entropia, ovvero misura del potenziale creativo di un’opera.

Autori esoterici come René Guénon e Julius Evola deprecavano la tecnicizzazione e la mysère symbolique del mondo moderno, opponendole una tipologia ontologica, antropologica e metafisica fondata su un raffazzonato patchwork di ricerche etnografiche e simpatie per i regimi totalitari di estrema destra. In Cavalcare la Tigre, Evola compie un’operazione non troppo dissimile da quella di Jordan Peterson. Entrambi descrivono con orrore la «degenerazione» e il «caos» della globalizzazione e del socialismo contemporaneo. Non ci sono più distinzioni fra uomo e donna, fra servo e padrone, fra cultura e natura. Per questo il sottotitolo delle Dodici Regole, «un antidoto contro il caos» è pericolosamente vicino a quello di Cavalcare la Tigre: «orientamenti esistenziali per un’epoca della dissoluzione». Caos, dissoluzione e degenerazione devono essere debellati per mezzo di una ricostruzione del modello umano premoderno, senza particolare interesse nel definire quale premodernità (quella del feudalismo francese, quella dell’India antica, oppure quella delle Trobriand?).

La lotta di Fusaro, Peterson ed Evola contro il caos è un modo per non farla finita col giudizio di Dio. È una lotta per la riproduzione frattale di dicotomie ineguali, dove i carnefici (bianchi, cis-etero, piccoli borghesi) si trasformano magicamente nelle vittime. Ma se le diseguaglianze scompaiono, la società si appiattisce al ribasso: già si vedono i grigi cavalieri dell’Apocalisse, non più guidati dall’austero Dio monoteista, ma dal rinnovato dio mono-naturalista.

Chris Hodgson, Sea Foam

Iper-rizomatica

Bene ha fatto Laboria Cuboniks ad evocare lo Xenofemminismo. Quanto accaduto all’immagine della natura  deve essere chiarito completamente in ogni suo aspetto. Perchè l’Antropocene ha definitivamente assassinato il dio-natura-fondo della Rivoluzione Industriale. Morta la Natura, siamo infestati dalle ontologie multiple, gli iperoggetti, la simbiogenesi, e della vita delle piante. L’iper-rizomatica è l’avanguardia della critica dell’ontologia politica. è il reale simbiotico di Timothy Morton, la metafisica della mescolanza di Emanuele Coccia:

«La dipendenza [relying-on]  è il carburante difficile [uneasy] del reale simbiotico; questo affidamento ha sempre un aspetto spettrale, di modo che un simbionte possa diventare tossico o che si possano formare relazioni strane, che poi è il modo in cui funziona l’evoluzione. La parola giusta per descrivere questa dipendenza tra esseri discreti ma profondamente interconnessi è “solidarietà”. Senza la lacerata incompletezza del reale simbiotico ad ogni livello, la solidarietà non avrebbe senso. La solidarietà è possibile e ampiamente disponibile perché è la fenomenologia del reale simbiotico in quanto tale. La solidarietà è come si manifesta il reale simbiotico, il suo rumore» (Timothy Morton, Humankind)

«Tutto è in tutto, perchè nel mondo tutto deve poter circolare, trasmettersi, tradursi. L’impenetrabilità, spesso immaginata come la forma paradigmatica dello spazio deve poter circolare, trasmettersi, tradursi. L’impenetrabilità, spesso immaginata come la forma paradigmatica dello spazio, è un’illusione: là dove vi è un ostacolo alla trasmissione e all’interpenetrazione, un nuovo piano si produce, quello che permette ai corpi di rovesciare l’inerenza dell’uno all’altro in un’interpenetrazione reciproca. Tutto nel mondo produce la mescolanza e si produce nella mescolanza. Tutto entra ed esce ovunque: il mondo è apertura, libertà di circolazione assoluta attraverso i – non accanto ai – corpi e gli altri. Vivere, fare esperienza o essere nel mondo significa anche farsi attraversare da ogni cosa» (Emanuele Coccia, La vita delle piante)

Morton e Coccia, ma anche Haraway e gli/le esponenti del cosiddetto ontological turn antropologico elaborano le basi per quella che potrebbe essere definita una riscrittura post-antropocene di Rizoma. Centrale in questo progetto è la destituzione dell’autonomia del soggetto umano. Dal punto di vista quantistico, ecologico ed antropologico i concetti d’identità, sostanza, natura e gerarchia sembrano non esistere. Il milieu che umani e non-umani condividono è un vasto intrico di relazioni che si presentano in varie scale. Non possiamo più parlare innocentemente di Natura come se fosse un’entità astratta che secerne leggi inalterabili senza domandarci da quale luogo poniamo la domanda e a quale scala.

Proviamo a tracciarne un’archeologia mitologica; per Jung i semina rerum sono dei meme particolari: non possono essere alterati, li ha scoperti solo lui, e predeterminano tutti i tipi di personalità e narrazioni possibili. Per Lévi-Strauss, ne L’uomo nudo i miti non costituiscono in alcun modo un Fondamento: ne prendi uno, ed è fatto col materiale di scarto degli altri, ne prendi un altro, è ed una fusione di più miti, ne prendi un ulteriore, ed è il frazionamento dei primi due. Come un codice open-source. Come un’immagine a bassa risoluzione che viene costantemente alterata. Come il rapporto fra specie biologiche nella teoria della simbiogenesi o delle nicchie ecologiche. Come i sogni. Come le iperstizioni. Per il biofascismo questo è caos: la polizia dell’essere è stata licenziata, e al suo posto abbiamo una proliferazione di simulacri. La donna non è più donna, se cerchi il suo fondamento scopri che è una semplice sequenza di comportamenti reiterati (come nella teoria della performatività di Judith Butler) oppure che ciò che la distingue da un* intersessuale è una decisione medica arbitraria (come nell’epistemologia femminista di Anne Fausto-Sterling).

Le dodici regole di Peterson, la Tradizione di Evola, il realismo darwinista di Dawkins e Pinker concepiscono l’ontologia come un sostrato più o meno rigido di strutture invarianti, ancorate in un passato originario (la Bibbia, gli Archetipi) o molto lontano (il Pleistocene). Eventi come la Rivoluzione Francese, il Sessantotto o #metoo, messi in relazione con queste venerabili antichità diventano insostenibili, ridicoli, eccessivi. Peccato che anche per parlare di deep history  bisogna prima accordarsi sui modelli che proiettiamo retrospettivamente. Ad esempio, secondo la teoria dell’extended mind di Andy Clark, la specie sapiens sapiens irradia costantemente nell’ambiente circostante i suoi moduli cognitivi. Come direbbe Reza Negarstani: esternalizza, automatizza e aumenta le funzioni intercraniali per mezzo di artefatti tecnici, alterazioni ambientali, bio-hacking.

Chris Hodgson, Alien Growth Flesh Rhizome

Xenofilia

Questo significa che se nella Bibbia Dio annuncia alla donna: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà», Helen Hester (il cui Xenofemminismo è di imminente pubblicazione per NERO) potrebbe rispondere: padre nostro che sei nei cieli, restaci! Noi vogliamo la xeno-riproduzione. Ovvero non solamente giustizia riproduttiva, ma anche ectogenesi (riproduzione in uteri artificiali). Ma soprattutto repurposing di artefatti tecnici, piattaforme politiche,  e delle dotazioni biologiche e cognitive.

Si tratta quindi di affrontare il tema dell’alienazione in modo non lavorocentrico, perseguendo la costruzione di un paradigma inumano. Non è solo la gig economy dei lavori di merda  ad implicare una polizia psico-politica – si tratta dell’interno sistema narco-capitalista e ludo-capitalista.

Nella seconda metà dell’Ottocento alcuni seguaci della scuola lombrosiana hanno istituito la categoria di folla delinquente, che poi diverrà quella di classe pericolosa. Da lì alle orde zombie post-apocalittiche il passo è breve. «I quartieri residenziali sognano la violenza. Addormentati nelle loro sonnacchiose villette, protetti dai benevoli centri commerciali, aspettano pazienti l’arrivo di incubi che li facciano risvegliare in un mondo più carico di passione» (Ballard, Regno a venire). Oppure Orrore a Red Hook (Lovecraft): «Malone era inorridito ed allo stesso tempo attratto da questi individui più di quanto desse a vedere ai colleghi, in quanto credeva di percepire in loro l’orrida minaccia di una continuità nascosta, un qualche piano infernale, insondabile e primitivo, acquattato sotto quell’insieme di avvenimenti turpi, consuetudini ed incontri che la polizia aveva registrato accuratamente. Lui intuiva che in qualche modo perpetuavano un culto selvaggio ed osceno, retaggio di pratiche e rituali più antichi dell’umanità stessa. La loro assiduità e comunanza di scopi, e l’impensabile ordine celato dietro il loro apparente disordine, sembravano confermare questo suo sospetto».

Per quanto legate a un delirio razzista ed eugenetico, le creature di Lovecraft vincono sempre. Sono la pura cristallizzazione della xenofobia, ma, se si separa la descrizione del loro orrido aspetto e delle nefande azioni dalla trama dei racconti, esse sono solo temporaneamente tenute a bada. Qual è il nome e il fondamento del loro terrore? Sono aberrazioni ontologiche, biologiche, genetiche: errori di scala e categorizzazione, divinità odiose, creature gigantesche ed eterne che, in real life, riposano placidamente nei manuali di entomologia e cefalopologia.

Occorre, sempre di nuovo, salvare Cthulhu da Gaia, e ovvero il Todestrieb (pulsione verso il non-umano) dai tentativi di totalizzazione. Le mitologie e le storie intrecciate di Donna Haraway (Chtulucene, anche questo in uscita a breve per NERO) e Anna Tsing (The Mushroom at the End of the World) corrodono l’armonia premoderna e il darwinismo ontologico del bio-ascismo. Al di là delle critiche al superorganismo di Edward O. Wilson in Futurabilità di Bifo, uno degli attacchi più efficaci ai razzismi ed ai maschilismi della sociobiologia (in seguito riproposti dalla psicologia evoluzionistica) si può trovare nel terzo capitolo di Simians Cyborgs and Women di Haraway (lo stesso testo che contiene il Manifesto Cyborg).

Se in luogo di irreggimentare, securizzare e infine eliminare questo caos, non si optasse per un upgrade dei nostri limiti cognitivi e riproduttivi?

Se ci abbassiamo alla scala molecolare, non incontriamo alcun fondamento stabile, ma proprietà inquietanti come la viscosità e la non-località quantistica. Non si tratta di affermare che tutto è uno, in maniera ottusamente neoplatonica, ma che tutto è incasinato, mescolato, apparentemente inafferrabile. Per questo i tentativi di nominazione cedono il passo alla litania: l’ontologia iper-rizomatica è un’esagerazione delle tesi di Deleuze e Guattari, Umberto Eco che torna in vita e riscrive l’Anti-porfirio abbracciando completamente la teoria della semiosi illimitata.

Il corpo-prigione del Leviatano, la griglia delle foto di Instagram, la gerarchia delle ricerche di Google – ogni piattaforma biofascista conosce un’opposizione iper-rizomatica: il nome molteplice della massa in rivolta, lo spazio paranoico della linea di connessione fra testi ed immagini nelle teorie del complotto, l’intreccio tecno-politico dei cavi che soggiace al cloud trascendente.

L’alienazione, la depressione e l’abulia dei/delle millennials descritte da Bifo e Mark Fisher rappresentano il disagio di una generazione oscillante fra i due poli dell’esaltazione e della malinconia. La parola d’ordine di Deleuze e Guattari in Che cos’è la filosofia? – bisogna difendersi dal caos – non è la stessa di Peterson, Evola e soci. Il caos è il nome che la debole specie sapiens sapiens attribuisce a ciò che la inquieta e che non riesce ad afferrare. Ma se in luogo di irreggimentare, securizzare e infine eliminare questo caos, non si optasse per un upgrade dei nostri limiti cognitivi e riproduttivi?

Se la natura è ingiusta, cambiala non è il motto di un tecno-feticismo biofascista, che tende alla riproduzione delle stesse tecniche della sovranità teologica medievale, è un progetto di radicale democrazia ontologica. Il che corrisponde, sul piano antropologico, a un’apertura delle prospettive multi-naturaliste (Descola), su quello biologico all’accettazione del reale simbiotico (Morton) e su quello cognitivo a un estensione del dominio dell’alterazione (xenofemminismo, bio-hacking). L’operazione del biofascismo consiste nella reiterazione di gerarchie e linee di separazione sempre sulle stesse soggettività: chi discrimina può essere Dio, la Natura, il Mercato, la Psicologia Evoluzionistica. L’anti-Dio del biofascismo ha sempre l’orrido aspetto del mesh, della contaminazione, dell’inumano. Ma abbracciare l’etica inumana non significa abbandonarsi al narcotico abbraccio della pulsione di morte che tutto cattura e trasforma nell’ultimo substrato litico, quanto accettare la nostra stessa condizione di iperoggetti e natural-born cyborgs. Significa pensare la psiche, il soma e l’ecosistema come moduli scomponibili, esternalizzabili e migliorabili – non miei e non tuoi.

«Gesù gli domandò: “Qual è il tuo nome?” Ed egli rispose: “Legione”; perché molti demòni erano entrati in lui. Ed essi lo pregavano che non comandasse loro di andare nell’abisso. C’era là un branco numeroso di porci che pascolava sul monte; e i demòni lo pregarono di permettere loro di entrare in quelli. Ed egli lo permise. I demòni, usciti da quell’uomo, entrarono nei porci; e quel branco si gettò a precipizio giù nel lago e annegò»

«A ben cinque braccia nel mare  tuo padre giace sepolto: coralli son l’ossa, son gli occhi due perle nel volto. Ma niente di lui sarà vano che per un incanto del mare dovrà trasformarsi in qualcosa di ricco e di strano»