Un’altra pillola rossa è possibile
Un estratto di Femmine di Andrea Long Chu
«Scopare, per un uomo, è una difesa contro il suo desiderio di essere femmina», proclama il Manifesto SCUM. Il paradosso della libido maschile è che in realtà non è maschile. Oggi questo è più evidente che mai nella manosphere, la maschiosfera, quell’angolo di internet dal nome orribile dove artisti del rimorchio, attivisti dei diritti degli uomini, incel, MGOTW e altre comunità alt-right vanno a lamentarsi, a scambiarsi dritte e a trasmettere in diretta il loro odio e il loro razzismo verso le donne senza timore di rappresaglia. All’origine della maschiosfera c’è la convinzione che gli uomini – in genere, anche se non sempre, uomini bianchi – negli ultimi cinquant’anni abbiano perso il loro status, fondamentalmente a causa dell’ascesa del femminismo. Aprire gli occhi su questo fatto significa prendere la pillola rossa – un’espressione presa in prestito dal film del 1999 Matrix, al cui protagonista, un hacker di nome Neo, viene chiesto di scegliere tra una pillola rossa e una pillola blu. Quest’ultima riporterà Neo alla sua vita quotidiana simulata, senza alcuna memoria della sua scelta; la prima – quella che sceglie lui – lo trasporterà fuori da Matrix e dentro il mondo reale, dove l’umanità è stata schiavizzata da macchine senzienti. Negli ultimi anni, l’alt-right ha adottato quella scena come parabola per invitare ad aprire gli occhi sul lavaggio del cervello femminista e guardare in faccia la realtà: il femminismo è una malattia, tutte le donne vogliono essere dominate, e i bravi ragazzi arrivano ultimi.
Naturalmente, un’altra interpretazione della pillola rossa è possibile. Le donne trans considerano Matrixun’allegoria per la transizione di genere almeno dal 2012, quando la regista Lana Wachowski si dichiarò pubblicamente come donna trans in una conferenza stampa per il film Cloud Atlas (sua sorella e co-regista Lilly fece la stessa cosa nel 2016). Il simbolismo della trama è facile da intuire: la doppia vita di Thomas Anderson (durante la notte è un hacker), il nome da prescelto (Neo), la sua vaga ma esasperante sensazione che il mondo abbia qualcosa che non va («una scheggia nella testa» la chiama Morpheus, il capo della resistenza). Neo ha una disforia. Matrix è il binarismo di genere. Avete capito.
E poi c’è la pillola rossa: più che una metafora per la terapia ormonale, un ormone vero e proprio. Nelle discussioni in rete, molti hanno sottolineato come negli anni Novanta il farmaco a base di estrogeni che si acquistava dietro prescrizione medica fosse effettivamente rosso: la compressa di Premarin da 0.625 mg, prodotta in stile Matrix dall’urina di giumente incinte, è di un morbido color granata tendente al cioccolato. Oggi il dettaglio viene allegramente brandito su Twitter da sostenitori e sostenitrici della causa transgender: una puntigliosa replica alla recente adozione della red pill scene da parte dell’alt-right, che l’ha trasformata in allegoria del «risveglio» dal lavaggio del cervello femminista.
In una simile lettura qualcosa di vero c’è. Se presa seriamente, suggerisce che il rancore espresso dal red pillerdella maschiosfera nei confronti di immigrati, neri e queer è una manifestazione sadica della sua stessa disforia di genere. In questo senso, il red piller è un uomo abortivo, un beta intrappolato in un corpo alfa, consumato dal desiderio di essere femmina e dal disperato tentativo di reprimere quel desiderio. Il suo voler essere più uomo non è un desiderio primario, ma un meccanismo di difesa secondario. Le persone che lo circondano lo considerano un leader, un capofamiglia, un presidente; ma la sua paura più grande è che si sbaglino. Così si radicalizza – compie massacri a scuola, costruisce un muro – per evitare la transizione, allo stesso modo in cui certe donne trans non dichiarate entrano nell’esercito allo scopo di distruggere la ragazza che è in loro.
C’è però un altro piano da considerare. Anche se le sorelle Wachowski avessero saputo del Premarin, non avrebbero mai potuto prevedere che oggi la forma più comune di farmaco prescritto a base di estrogeni è di colore blu. Azzurro acquamarina, in realtà: una minuscola, ruvida pillola da 2 mg di estradiol prodotta dall’azienda farmaceutica israeliana Teva, che quando la metti in bocca diventa polvere. Al momento io prendo la pillola blu due volte al giorno: una al risveglio e una prima di andare a letto, rispedendomi dentro la simulazione. Secondo questa logica, la donna trans nascosta in Matrix non è il messianico Neo, ma Cypher, il turpe traditore che accetta di consegnare Morpheus alle macchine in cambio del suo reinserimento dentro Matrix. «L’ignoranza è un bene», dice agli agenti, con la bocca piena di una bistecca tanto succulenta quanto inesistente. (Non scordiamoci che la parola cipher, «cifra», un tempo stava a indicare zero.) «Io non voglio ricordare niente. Niente. È chiaro?»
Credo che Valerie avrebbe approvato la terapia ormonale. Il Manifesto SCUM allude positivamente a un mondo futuristico in cui gli uomini verranno trasformati in donne «attraverso operazioni al cervello e al sistema nervoso». Era una delle soluzioni non genocide di SCUM per i pochi uomini rimasti dopo la rivoluzione. Un’altra, a cui accenna in una nota a piè di pagina, assomiglia parecchio a Matrix: un’estesa rete di realtà virtuale in cui gli uomini si sarebbero connessi volentieri come «esseri che vivono per procura». «Un dispositivo elettronico permetterà loro di sintonizzarsi con la femmina che preferiscono e di seguire nel dettaglio ogni suo movimento», spiega Valerie, descrivendolo come un «modo meravigliosamente gentile e umano» per le donne di trattare i loro «sfortunati compagni handicappati».
Non è forse questo lo scopo del genere, lasciare che qualcun altro viva la tua vita al posto tuo?