Tour psicogeografico dell’Ultima Londra

Scritte sui muri, genti e memorie da Hackney a Highgate (passando per Whitechapel): un racconto di Iain Sinclair

Pubblichiamo un estratto dal libro L’Ultima Londra di Iain Sinclair, appena uscito per Il Saggiatore. Ringraziamo l’editore e il traduttore Luca Fusari per la disponibilità.

L’ultima Londra è una Londra persa, città di frattura e sparizione. Un mattino presto, armato di quaderno e macchina fotografica tascabile, uscii a mappare la favela di capanne in emersione. Intendo i posti segreti – baracche in riva al fiume, container, cassoni da imballaggio vuoti – dove i collettivi di esploratori urbani avevano installato le loro basi. Da subito due cose mi furono chiare. Questi alloggi Airbnbgratis alternativi erano molti più di quanto avessi immaginato. E non tutti erano gestiti da Bradley L. Garrett e dalla sua banda. Il germe dell’idea ormai era circolato e si diffondeva in fretta, incoraggiato da tecnologie che snobbavo o fraintendevo: mondi frattali inaccessibili al mio stupidphone Nokia.

La mia mappa rozza e approssimativa, molto simile a quella che tanti anni prima avevo prodotto per visualizzare l’allineamento delle chiese dell’architetto Hawksmoor, era superata già prima di cominciare. Tutto questo era già disponibile su YouTube e una dozzina di app. Trasmesso insieme a pubblicità delle bici Santander, MYRUN TECHNOGYM (il tapis roulant casalingo intelligente) e WALK LONDON MAYFAIR ZOCCOLI VIOLA BORCHIATI. Notai una pianta pseudopsicogeografica di Hackney, costruita su pentagrammi e triangoli mistici, stampata sull’angolo posteriore di un’auto a noleggio grigia, appena sopra lo sportello del carburante. Come distinguere le baracche pirata da quelle legali che ogni mattina spuntavano ovunque? Sui tetti piatti di condomini ibernati nel limbo. Nei giardini di case vittoriane divise in appartamenti dove i vicini sono sconosciuti. Su terreni incolti che potrebbero essere stati, un tempo, cortili di scuole. Come separare le cabine degli esploratori urbani da quelle degli invasori scava-strade autorizzati dal municipio? Qui stava la bellezza del progetto: le baracche erano identiche.

Ovunque guardassi mi si rivelavano potenziali nascondigli. Ne segnai quattro sicuri e tre potenziali nella City, vicinissimo ad anonimi condomini degli anni cinquanta o sessanta la cui sopravvivenza dipendeva da legami con lo Stato Segreto: postazioni d’ascolto, indirizzi postali, filtri all’immigrazione che passavano al setaccio i documenti ambigui dei cuochi e delle domestiche degli ambienti finanziari. Le finestre di questi palazzi erano sporche e illeggibili, le entrate semibuie e protette da barriere presidiate. Ogni via d’accesso controllata dalle telecamere di sorveglianza. Ma per passare indisturbati bastavano una tuta arancione e un caschetto giallo. Per divertimento, i costruttori di capanne scalavano le nuove torri e si dondolavano al vento da gru gigantesche mentre guardavano i droni volteggiare e sciamare lungo rotte intricate come storni in cerca del trespolo.

Sette croci nella City, tre a Bethnal Green, due a Shoreditch e undici a Hackney. Lo snodo occupato intorno a Corbridge Crescent, il campo del ponte ferroviario, le barchette con la bandiera dei pirati, sembravano un buon punto di partenza. Ma era fin troppo ovvio. C’erano ripari. C’erano case occupate. E anarchici dallo stencil facile: SE LAVORI PER VIVERE, PERCHÉ MORIRE PER LAVORARE? RIP. Ma nessuna capanna di sosta. Il sobborgo di container sul canale era così ermetico che passai davanti a un giovane nero infuriato con il cancello chiuso; digitava il codice d’accesso, strillava e fischiava, e non riusciva ad accedere alla sua costosa postazione di lavoro condivisa.

IL SAGGIO TRASFORMA IL CASO IN BUONA SORTE. Questo aveva scritto a bomboletta l’artista (o il collettivo) RIP sul muro davanti al deposito degli autobus della Empress. QUALUNQUE COSA PENSI, PENSA PIÙ IN GRANDE. Gli immobiliaristi locali non potevano che essere d’accordo. Stavano per demolire la rovina gotica e darci qualcosa di più grande e sgargiante. Sull’altra riva del canale, in Andrews Road la SOCIETÀ SEGRETA DEI SUPERCRIMINALI ARTISTI lasciava la sua impronta in bella mostra intorno al disegno di un teschio con le ossa incrociate. Quest’angolo di quartiere era decisissimo a entrare in un romanzo a fumetti.

Come sottolinea Jarett Kobek in Io odio internet (2016), i fumetti sono la terra grassa da cui è nato un mostro divora-mondo. Molti nuovi londinesi non hanno altro punto di riferimento, altra autorità che questa forma riduttiva cannibale di se stessa: «La prassi industriale dell’editoria americana del fumetto ha colonizzato la vita del XXI secolo. Balliamo tutti al ritmo della sua musica. […] Internet e le multinazionali che la controllano ci hanno imposto il peggior destino possibile. Siamo diventati nient’altro che disegnatori di fumetti, maciniamo contenuti per monoliti enormi che si rifiutano di pagare il nostro lavoro quanto vale».

E proprio in questa maniera gli anarchici di Corbridge Crescent hanno trasformato l’entropia di paese in un gigantesco albo a fumetti. Girovaghi urbani, flâneur con un lavoro o un reddito fisso o un libro da scrivere si sentono liberi di campionare, copiare o bloggare le scritte sui muri e sui vicoli, su base quotidiana. A volte le collezioni di murales a bomboletta e scritte stampinate, realizzate nel corso di mesi, diventano pubblicazioni indipendenti con copertina laminata: graphic novellas all’ultimo grido che rubano il lavoro ad autori anonimi, senza permesso e senza pagare alcuna quota. Il furto del contenuto segue alla perfezione il modello di capitalismo fumettistico di Kobek.

LA ALBION SEGUE LA ROTTA. Scritta nera su muro bianco. La zona di esclusione intorno a Corbridge Crescent, le teste di diavolo e i mostri ibridi dipinti, le pin up a seno nudo di un’epoca più sconcia che ripetono slogan situazionisti, vengono catturati e adattati allo scopo da troupe e scenografi televisivi, tecnici delle luci e roulotte del catering, che reagiscono al dissenso facendone antagonismo sfruttabile.

CARICA DI / RICORDI / NON TEMEVO PIÙ / DI PARTIRE PER / UN’AVVENTURA. 14 novembre 2016: le parole che ieri ho copiato sul quaderno sono coperte da un velo di vernice bianca, in modo che i professionisti possano creare una ribellione adatta ad andare in tv. Per esempio: una testa warholiana di Guevara – CHE GAY – gonfiata fino a occupare una parete intera, con false incitazioni a «mangiare i ricchi», rimpiazza le fondamenta di RIP e della Società segreta dei supercriminali artisti. BASTA SBIRRI.

Gli autobus del deposito Empress of London vanno spostati, intasano le vie dove il parcheggio è ora sospeso, e tanto basta a dare al municipio una doppia dose: le multe ai residenti, che non stanno avendo ciò per cui hanno pagato, e l’imposta alla casa di produzione. Doppia vittoria! I regolamenti di sicurezza impongono la presenza di un’ambulanza nel cortile del deposito svuotato, nel caso una delle preziose star inciampasse in una scala disastrata della rovina.

In questo caos, il fuorilegge della capanna sulla sponda del canale dorme. Dopo il primo raid dell’Immigrazione ha imparato: adesso il suo rifugio somiglia ai detriti di una falegnameria. Come un’esplosione di Cornelia Parker presa e riassemblata. A celebrare la venuta di Halloween e lo spalancarsi delle tombe, un ragazzino in bicicletta segue incerto la madre con una maschera da teschio d’argento.

Benvenuti a Hackney, il mondo dei fumetti. Ai piedi della palude d’immagini troviamo il sinistro pagliaccio: acchiappa-bambini, molestatore ghignante. La battuta pubblica, il politico zazzeruto che si dissolve nel Joker, © DC Comics. «I prodotti principali dell’industria del fumetto» scrive ancora Kobek «erano pamphlet mensili di 32 pagine con disegni di donne dai seni gargantueschi. […] Più che altro furba pornografia per ritardati.»

Spegnere l’incendio con la benzina. Una delle ultime deturpazioni di Andrews Road è un poster: CERCASI MUSA SILENZIOSA PER MANIFESTI. Silenzio contro il chiasso dell’immaginario? La meditazione di un uomo incappucciato che passa i suoi giorni su una panchina? O un altro che sogna la città che si scolora in tutte le ore del giorno dentro un sacco a pelo con lo stemma dell’Arsenal? «Taci, in quella solitudine» scriveva Edgar Allan Poe. Lascia che vengano. Gli spiriti irrequieti dei defunti «nella morte, ti attorniano».

Il mio tour cartografico divenne una ricerca di silenzio, di un posto dove stroncare il ronzio corticale, i ticchettii e i colpetti di tasti ossuti su schermi digitali. Avevo trascritto i monologhi frammentati degli utenti dell’Overground che in transito ignoravano lo scenario di passaggio, ignoravano gli altri passeggeri e chiedevano soldi, tempo o perdono. Ah, sì? E allora? Adesso mi accorgevo che c’erano altre commediole e dialoghi unilaterali in trasmissione diretta dalle biglietterie e dai campi di conversazione lungo la collana di stazioni interconnesse della Ginger Line. A Shoreditch, per esempio, oppure a Highbury and Islington. Ma non a Haggerston (il lamento del mendicante: duespicciolipermangiaregrazie). O Whitechapel (affogati dal cantiere della Crossrail).

A Highbury, nella «profonda e cupa galleria» che porta all’ascensore, mi imbattei in un reggimento di fanti della Prima guerra mondiale; marciavano in silenzio come fantasmi reduci delle trincee che avevano trovato la strada appena in tempo per votare sì alla più drastica Brexit possibile. Poi scoprii che il loro annoso silenzio era un’opera d’arte. Più Walter Owen – il cui strano racconto lungo The Cross of Carl descrive il viaggio di un Tommy creduto morto dopo una piccola schermaglia, trasportato per ferrovia in un deposito dove sarà trasformato in carne di maiale – che Wilfred Owen. «E nel suo sorriso riconobbi quell’antro maligno.»

Gli elmetti avanzano, inosservati, tra i pendolari sparpagliati di Highbury che blaterano nei loro cellulari. Come a una festa d’inaugurazione dove tutti parlano ad alta voce, e come dei matti, da soli. Ignorando il prodotto sulle pareti: le fotografie ingrandite dall’Aldilà di vagabondi, soldati bambini, lampadine da motel, graffiti universali.

L’atrio di Whitechapel è territorio conteso, intrappolato tra sistemi, infestato dagli spettri della malattia e della povertà, infestato dal progresso. Il chiacchiericcio telefonico sarebbe una scortesia. Una ragazza devastata che si presenta come «Bets» mi chiede soldi mentre aspettiamo la coincidenza con la District Line. Non sollecitata, si descrive tossica di eroina in astinenza da sei settimane, in cerca di un approdo alla sicurezza di Soho senza passare per Liverpool Street, da dove è stata esclusa. Abitava nel sistema della metropolitana, al caldo, al riparo, ma non ne ha mai davvero padroneggiato le complessità.

Con qualche sforzo Bets tirò fuori dalla borsa pulciosa una coperta. Si mangiava la pelle nerastra delle dita. Aveva i denti rovinati. Disse che doveva andare in bagno, ma comunque si sentiva sempre così e non era urgente, per ora. Aveva la bocca bianca e maculata. «Non mi avvicino troppo» diceva, chiedendo spiccioli con la mano a coppa. Un semaforo arrestò il treno. Lei si spostò nel vagone silenzioso.

Se vuoi una pausa dal cinguettio dei cellulari scala le pendici del privilegio. Highgate va bene. Per perdere tempo prima di andare dal dentista, curiosavo tra gli scaffali del negozio di Oxfam. E ascoltavo la conversazione alla cassa.

«Ieri sera ho visto V per Vendetta. Dvd. Due sterline. Alan Moore.»
«No.»
«Watchmen? Non puoi non conoscere Alan Moore. From Hell? Jack lo Squartatore. Johnny Depp.»
«No.»
«John Hurt. Faceva Winston Smith in 1984. In V per Vendetta è un ministro. L’Inghilterra è una dittatura distopica. Alan Moore. Due sterline. Ieri sera l’ho rivisto. Domani restituisco il dvd.»

Mi ritirai a Waterlow Park a pensare agli scrittori e al tennis, a Martin Amis e Julian Barnes che palleggiano ai tempi della loro amicizia. Oggi non gioca nessuno. Nemmeno il pat pat fantasma dei campi deserti di Maryon Park in Blow-Up. Highgate onora il silenzio del risentito Coleridge. La testa di granito di Karl Marx. Passi imbottiti di scarpe Hush Puppies sul marciapiede tra Oxfam e off-licence. Una volta nel seminterrato di Fisher & Sperr esploravo narrativa ridimenticata. Oggi la libreria antiquaria è un ambulatorio veterinario. Highgate è un bel posto per il commercio di cani di lusso.

«Che lavoro fa, se posso chiedere?» Domandò il giovane e atletico dentista sudafricano.
«Scrittore.»
«Potrei averla letta? Di cosa scrive?»
«Di Londra.»
«C’è un sacco di storia.»
«Ho visto Julian Barnes che saliva proprio qui davanti, camicia azzurra e giacca blu. Lo scrittore.»
«Mai sentito. È bravo?»

Alla parete, al posto dei Turner e delle vedute di Edimburgo del mio vecchio dentista, quello nuovo ha illustrazioni olimpiche con messaggi edificanti. Mentre trapanava pensai a un paziente di mio padre, convinto che elementi dello Stato Segreto gli avessero impiantato trasmettitori radio nei denti. Nella Seconda guerra mondiale era stato obiettore di coscienza. Lo fecero venire a Londra per l’udienza in tribunale e un sicario lo spinse sotto un treno. Sopravvisse ma subì un danno al piede che lo costrinse a una vita di battaglie per i risarcimenti. Quando perse le forze e morì, lasciò il piede in eredità a mio padre. Lo fece spedire in una scatola nera, una specie di bara pigmea.

Il rumore che non riuscivo a scrollarmi di dosso, nei denti, nelle orecchie, nelle ossa, era il pastiche dei dialoghi trascritti negli spazi esterni e paralleli alle stazioni. Tutto a posto, tutto a posto.

SARANNO FELICI, TIPO FELICISSIMI. LEI AMMETTE DI ESSERE LESBICA, MA SONO UNA COPPIA SPLENDIDA. SOLDI, REALTÀ. MONDO, ALLUCINAZIONE. SE AVESSI UN MANIFESTO INGAGGEREI CORBYN PER FARLO REALIZZARE. NON LO FERMI PIÙ. È UNA FORZA DELLA NATURA. SPAZZERÀ VIA IL PARTITO LABURISTA. SARANNO FELICI, TIPO FELICISSIMI. NON TI CHIAMO PER ESSERE UN AMICO DI FACEBOOK. MA DIGLI CHE SIAMO IN GUERRA. NON DO LA COLPA A TE. LUI CHIAMA ME SUL MIO CELLULARE. IL SUO NUMERO È SPECIALE. IL MIO NUMERO È SPECIALE. SONO ALLA STAZIONE, SHOREDITCH. SARANNO FELICI, TIPO FELICISSIMI. TI RICHIAMO. HAI PRESO E SEI ANDATO? DOVEVA ESSERE UNA COSÌ BELLA STORIA. ERA SU FILM 4? TUTTE REPLICHE. NON FARE NIENTE, HA DETTO. NON PENSARE. È GUERRA. INGAGGIARE CORBYN. SPAZZERÀ VIA IL PARTITO LABURISTA. ERA SU FILM 4? SOLDI, REALTÀ. LIBRI USATI, TIPO ESERCITO? CHE SCHIFO. CONTINUA A CANDIDARTI, BENE. ORMAI SONO TUTTI PRESI DA QUELL’ESTETICA. È UNA FORZA DELLA NATURA. OGGI IL DOTTORE È MALATO. LEI VA SU E GIÙ. HA BISOGNO DI RIPARTIRE, IN PRATICA. PRIMA DI LUI APPROFITTO, POI GLIELO METTO NEL CULO. SAI CHE LUNEDÌ RIVEDONO LA LEGGE SULLA CACCIA ALLA VOLPE. CHIEDI UN RIMBORSO PER IL BAGNO. NON DO LA COLPA A TE. È STATO UN ANNO DOLCISSIMO. MI SENTO PEGGIO DI IERI. TI RICHIAMO. NON TROVO LA LETTERA CON LA DATA DI QUANDO ARRIVATE. RICHIAMAMI. DOVE TI PIACEREBBE ANDARE IN LUNA DI MIELE? RAPID CITY, IOWA? DOCUMENTI TECNICI, NON LIVELLO DEL MARE O LEGATI AL VALORE. SARANNO FELICI, TIPO FELICISSIMI. LEI AMMETTE DI ESSERE LESBICA. HO FATTO INTESTARE MEZZA CASA. STO ANDANDO ALL’OVAL. NON HO NEMMENO UN PO’ DEL 5%, SOPRA E SOTTO. PREFERIREI RETRODATATO, ONESTAMENTE. INGAGGIARE CORBYN. È COME I DJ E VIA DICENDO, MA È ANCHE UNA SPECIE DI MOSTRA FOTOGRAFICA. CAZZO CHE ASSURDO. COME IL SESSO LA PRIMA NOTTE DI NOZZE. DIETRO TUTTO QUESTO C’È BORIS. SONO STATA DA QUEST’OTTICO DI COVENT GARDEN. FANNO MODELLI VINTAGE AUTENTICI. FANNO L’ARGENTO SULLE LENTI. STO LEGGENDO A VAGRANT DI GASCOYNE. QUANDO TORNO A CASA SARÀ TIPO STUDI RELIGIOSI. INGAGGIARE CORBYN. È GUERRA. NON DO LA COLPA A TE.