La profezia del Golem
Pubblichiamo un estratto dal romanzo Golem XIV di Stanislaw Lem, da poco pubblicato in italiano da Il Sirente, ringraziando l’editore per la disponibilità.
Individuare quello storico momento in cui l’abaco raggiunse l’Intelligenza è altrettanto difficile quanto stabilire il momento in cui la scimmia si trasformò in uomo. E tuttavia è trascorso appena il tempo di una vita umana dal momento in cui, con la costruzione dell’analizzatore di equazioni differenziali Vannevar Bush, è cominciato il turbolento sviluppo dell’elettronica. L’ENIAC, costruito successivamente, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, fu l’apparecchio dal quale derivò – anche se prematuramente – il nome di «cervello elettronico». In realtà l’ENIAC era un computer e, se misurato con un albero genealogico della vita, un primitivo ganglio nervoso. Gli storici tuttavia lo considerano l’inizio dell’epoca storica della computerizzazione. Negli anni Cinquanta del XX secolo si produsse una considerevole domanda di macchine digitali. L’IBM fu una delle prime aziende che ne fornirono una produzione di massa.
Tali apparecchiature avevano poco in comune con i processi del pensiero. Funzionavano anche come elaboratori di dati, sia nel settore dell’economia che dei grandi interessi, dell’amministrazione e della scienza. Sono entrati anche in politica: già a partire dai primi esemplari vennero utilizzati per prevedere il risultato delle elezioni presidenziali. Più o meno nello stesso momento la RAND Corporation aveva cominciato ad attirare l’attenzione dei militari al Pentagono con il metodo di previsione di eventi sullo scacchiere politico-militare internazionale, che consisteva nella formulazione dei cosiddetti «scenari imprevisti». Si era già vicini alle tecniche più affidabili, come CIMA, dalla quale due decadi dopo sarebbe nata l’algebra applicata dei fatti, chiamata (forse un po’ infelicemente) «politicomatica». Il computer stava rivelando la sua potenza nel ruolo di Cassandra, quando per la prima volta al Massachusetts Institute of Technology cominciarono a creare ufficialmente modelli di civilizzazione terrestre all’interno del celeberrimo movimento-progetto «Limits to Growth». Ma non fu questo il ramo dell’evoluzione dei computer che risultò essere il più importante verso la fine del secolo. L’esercito usa macchine digitali dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in conformità col sistema di logistica operativa sviluppato nei teatri di quella guerra. Gli uomini si occupavano delle decisioni di carattere strategico, ma i problemi secondari e subordinati venivano affidati in misura crescente ai computer. Nello stesso tempo questi venivano incorporati nel sistema di difesa degli Stati Uniti.
Costituirono i gangli nervosi della rete continentale di avvertimento. Dal punto di vista tecnico questo tipo di reti invecchiò molto presto. Dopo la prima, chiamata CONELRAD, vi furono molte varianti della rete EWAS – «Early warning system». Il potenziale di attacco e di difesa si basava allora sul sistema balistico mobile (sottomarino) e immobile (sotterraneo) con missili dotati di testate termonucleari, così come sulla rete di basi radar e sonar, e le macchine computatrici avevano la funzione di anello della comunicazione – quindi puramente esecutivo.
L’automazione su larga scala entrò nella vita dell’America, cominciando dal «basso», da quei servizi che era più facile meccanizzare, poiché non richiedono attività intellettuali (banche, trasporti, hotel). I computer militari eseguivano limitate attività specialistiche, cercando gli obiettivi di un attacco nucleare combinato, analizzando i risultati delle osservazioni satellitari, ottimizzando gli spostamenti della flotta e coordinando i movimenti del MOL («Military Orbital Laboratory» – satellite militare pesante).
Ma come ci si poteva aspettare, la misura delle decisioni affidate ai sistemi automatici cominciò a crescere. Ciò era naturale in piena corsa agli armamenti, ma nemmeno la successiva distensione fu in grado di porre un freno agli investimenti in questo campo, poiché il congelamento della corsa alla bomba a idrogeno liberò considerevoli risorse dal bilancio del Pentagono alle quali, dopo la fine della guerra in Vietnam, questo non voleva in nessun modo rinunciare. Ed ecco che allora i computer prodotti, di decima, undicesima e finalmente dodicesima generazione, superavano l’uomo solo nella velocità operativa. Di conseguenza risultò chiaro che nei sistemi di difesa l’elemento che ritardava la risposta più appropriata era proprio l’uomo.
Dunque può essere considerata naturale l’idea – sorta negli ambienti degli specialisti del Pentagono, particolarmente tra gli scienziati che erano legati con il cosiddetto complesso militare-industriale – di contrapporsi al descritto trend dell’evoluzione elettronica. Questo movimento venne chiamato comunemente «antintellettuale». Come hanno detto gli storici della scienza e della tecnica, provenne dal matematico inglese della metà del secolo A. Turing, il padre della teoria de «l’automa universale». Si trattava di una macchina in grado di eseguire in generale qualsiasi operazione che potesse essere formalizzata, ovvero che fosse dotata del carattere di procedura esattamente ripetibile.
La differenza tra l’indirizzo intellettuale e antintellettuale nell’intellettronica si limitava al fatto che la macchina di Turing, elementarmente semplice, deve le sue capacità a un programma operativo. Tuttavia nei lavori di due padri americani della cibernetica, N. Wiener e J. Neumann, comparve la concezione di un sistema che può programmarsi da solo.
Ovviamente stiamo presentando questa divergenza con una enorme semplificazione – a volo di uccello. E si intende che la capacità di autoprogrammarsi non sorge dal nulla. Premessa indispensabile era un’alta complessità della struttura del computer. Questa distinzione, a metà del secolo ancora impercettibile, acquistò una influenza sulla successiva evoluzione delle macchine matematiche, specialmente quando si rafforzarono, rendendosi autonomi, rami della cibernetica quali la psiconica e la teoria della decisione a più fasi. Negli anni Ottanta nacque nei circoli militari l’idea di rendere completamente automatiche tutte le attività più importanti, relative alla sfera sia del comando militare che a quella politico-economica. Questa idea, chiamata successivamente «idea di uno stratega unico», venne per la prima volta formulata dal generale Stewart Eagleton. Egli previde – al di là della ricerca computerizzata di bersagli ottimali per l’attacco, al di là della rete di comunicazione e calcolo che controlla l’allarme e la difesa, al di là dei sensori e dei missili – un potente centro che nel corso di tutte le fasi precedenti alla estrema necessità bellica sarebbe stato in grado, grazie a una analisi approfondita dei dati economici, militari e politici, compresi quelli sociali, di ottimizzare continuamente la situazione globale degli Stati Uniti e nello stesso tempo garantire una supremazia su scala planetaria e oltre, comprendendo anche i dintorni cosmici oltre la Luna.
I successivi alfieri di questa dottrina sostennero che si trattasse di un passo necessario nella direzione del progresso civilizzatore e che questo progresso costituisce una unità – di conseguenza non è possibile escludere da esso il settore militare. Dopo la frenata all’escalation della macroscopica forza nucleare e del raggio d’azione dei missili, viene la terza tappa della competizione, in qualche modo meno pericolosa, più raffinata, perché non doveva essere un antagonismo di forze macroscopiche, ma di pensiero operativo. E analogamente a quanto era successo con la forza, il pensiero aveva dovuto cedere il passo alla disumanizzata meccanizzazione.
Questa dottrina, come del resto le precedenti atomico-balistiche, fu l’obiettivo delle critiche provenienti soprattutto dai circoli liberali o pacifisti, e venne combattuta da molti celebri rappresentanti del mondo della scienza – tra loro anche specialisti della psicomatica o intellettronica –, ma finì per trionfare, come appare nelle deliberazioni di entrambi i corpi legislativi degli Stati Uniti. Del resto, già nell’anno 1986 fu fondato l’USIB («United States Intellectronical Board»), organo sottoposto al Presidente, dotato di un proprio budget, che il primo anno raggiunse la quota di diciannove miliardi di dollari. Ed era appena il suo modesto avvio.
L’USIB, con l’ausilio di un corpo di assistenza delegato semi-ufficialmente dal Pentagono, diretto dal Segretario della difesa Leonard Devenport, affidò a una serie di grandi aziende private, come l’International Business Machines, la Nortronics o la Cybermatics, la costruzione di un prototipo di apparecchio chiamato con il nome in codice HANN (abbreviazione di Hannibal). Ma per colpa della stampa o per diverse fughe di notizie si diffuse un nome diverso: ULVIC (Ultimative Victor). Fino alla fine del secolo ne furono realizzati diversi prototipi. Tra i più famosi si possono enumerare i sistemi AJAX, ULTOR GILGAMESH e la lunga serie dei GOLEM.
Grazie alla enorme e sfrenata moltiplicazione di mezzi e di lavori, le tradizionali tecniche informatiche vennero rivoluzionate. Un ruolo particolarmente importante lo ebbe, nella trasmissione delle informazioni tra macchinari, il passaggio dall’elettricità alla luce. Unito alla progressiva «nanizzazione» (cioè i passi ulteriori della microminiaturizzazione – e vale la pena aggiungere che ventimila elementi logici alla fine del secolo potevano essere contenuti nel seme di un papavero!) diede risultati stupefacenti. Il primo computer completamente ottico, GILGAMESH, lavorava a una velocità un milione di volte superiore rispetto all’arcaico ENIAC.
La differenza tra le vecchie e le nuove macchine in realtà era paragonabile a quella che passa tra un insetto e un uomo.
L’abbattimento della barriera dell’intelligenza – come viene definita – avvenne dopo l’anno Duemila grazie a un nuovo metodo di costruzione delle macchine, chiamato anche «l’evoluzione invisibile dell’Intelligenza». Da allora ogni successiva generazione di computer venne costruita in forma reale; l’idea di produrre variazioni tramite una enorme accelerazione del processo anche di mille volte, seppur nota, non si riusciva a mettere in pratica poiché i computer esistenti, che dovevano fungere da matrice o da ambiente sintetico di questa evoluzione dell’intelligenza, non disponevano della potenza sufficiente. Solo la creazione della Rete Federale di Informazione permise la realizzazione di questa idea. Lo sviluppo di sessantacinque successive generazioni durò appena una decade; la Federazione, durante la notte, quando il livello di carica era minimo, diede alla luce un genere di Intelligenza artificiale dopo l’altro; era una generazione «accelerata nella computergenesi», poiché crebbe facendosi il nido nei simboli, dunque nelle strutture immateriali, nel substrato informazionale, ovvero l’ambiente nutritivo della Rete.
Ma dopo questo successo sorsero nuove difficoltà: AJAX e HANN, i prototipi della settantottesima e settantanovesima generazione, ritenute degne di essere rivestite di metallo, cominciarono a manifestare segni di indecisione, fenomeno noto come «nevrosi delle macchine». La differenza tra le vecchie e le nuove macchine in realtà era paragonabile a quella che passa tra un insetto e un uomo. L’insetto viene al mondo programmato dall’inizio alla fine dall’istinto al quale si sottomette in modo irriflessivo. L’uomo invece deve imparare i comportamenti più adatti, tuttavia questo apprendimento possiede un effetto emancipatore: con la determinazione e l’ingegno l’uomo può cambiare i precedenti programmi d’azione.
Dunque i computer, fino alla ventesima generazione compresa, erano caratterizzati da un comportamento da insetti: erano incapaci di mettere in discussione né tantomeno trasformare i propri programmi. Il programmatore impregnava la propria macchina con la conoscenza come l’Evoluzione impregna l’insetto con l’istinto. Ancora nel XX secolo si parlava molto della «autoprogrammazione», anche se allora erano solo sogni irrealizzabili. La condizione per il raggiungimento della «Vittoria definitiva» era proprio la creazione di una intelligenza che si autoperfeziona; AJAX era ancora una forma intermedia; solo GILGAMESH raggiunse il livello intellettuale adeguato – «entrò nell’orbita della psicoevoluzione».
L’educazione del computer di ottantesima generazione assomigliava di fatto più all’educazione di un bambino che al classico programma di una macchina digitale. Infatti, al di là della enorme massa delle notizie generali e specialistiche, bisognava «iniettare» al computer alcuni rigidi valori che sarebbero diventati la bussola del suo comportamento. Erano astrazioni di più alto livello, come la «ragione di stato» (l’interesse nazionale), come i principi ideologici contenuti nella costituzione degli Stati Uniti, come il codice di comportamento, come la sottomissione assoluta alle decisioni del Presidente ecc. ecc. Per salvaguardare il sistema da «distorsioni etiche» e dal «tradimento degli interessi del paese» non è stata insegnata l’etica alla macchina così come si insegna il suo principio all’uomo. Non è stato caricato un codice etico della sua memoria, ma tutti i comandi di obbedienza e di sottomissione sono stati inseriti nella struttura della macchina così come fa l’Evoluzione naturale nel corso della vita sessuale. Come è noto, l’uomo può cambiare le sue opinioni – ma non può distruggere gli impulsi elementari (ad esempio gli impulsi sessuali) con un semplice atto di volontà. Le macchine vennero dotate di libertà intellettuale ma vincolata ai fondamenti dei valori precedentemente impostati ai quali dovevano obbedire.
Al XXI Congresso Panamericano di Psiconica il professor Eldon Patch presentò un lavoro nel quale affermò che il computer, anche se impregnato nel modo già descritto, può oltrepassare la cosiddetta soglia assiologica e si dimostra a quel punto in grado di mettere in discussione qualsiasi principio che gli sia stato instillato – in altre parole per un tale computer non ci sono più valori intoccabili. Se non è in grado di opporsi a un imperativo in modo diretto, può farlo aggirandolo. Quando venne divulgato, il lavoro di Patch suscitò un fermento negli ambienti universitari e una nuova ondata di attacchi alla ULVIC e al suo patrono, l’USIB, ma questi movimenti non influirono in alcun modo sulla politica dell’USIB.
Lo dirigevano persone ostili agli ambienti della psiconica americana, ritenuta essere permeabile alle influenze liberali di sinistra. Dunque le tesi di Patch vennero disprezzate nelle dichiarazioni ufficiali dell’USIB e persino del portavoce della Casa Bianca e non mancarono campagne diffamatorie nei confronti dello stesso Patch. Le affermazioni di Patch vennero equiparate alle paure irrazionali e a quei pregiudizi che circolavano nella società in quel periodo. La brochure di Patch non ottenne la stessa popolarità del libro best-seller del sociologo E. Lickey («Cybernetics – Death Chamber of civilization»); questo autore sosteneva che «lo stratega perentorio» avrebbe sottomesso l’intera umanità da solo o attraverso un segreto accordo con un analogo computer russo. Il risultato sarebbe stato un «duunvirato elettronico».
Simili timori, espressi da ampi settori della stampa, vennero dissipati dalla messa in funzione dei successivi prototipi che passarono il test di efficienza. Per testare la dinamica etologica, su ordine del governo venne appositamente costruito il computer ETHOR BIS, dalla morale inappuntabile, prodotto nel duemiladiciannove presso l’Istituto di Dinamica Psiconica nell’Illinois; dopo la messa in funzione, dimostrò una piena stabilizzazione assiologica e l’insensibilità ai «test del deragliamento sovversivo». Quindi non suscitò più proteste massive o manifestazioni la nomina nell’anno seguente alla carica di Alto commissario del trust dei cervelli presso la Casa Bianca del primo computer della lunga serie dei GOLEM (GENERAL OPERATOR, LONGRANGE, ETHICALLY STABILIZED, MULTIMODELLING).
Era appena il GOLEM I. Indipendentemente da quella grande innovazione, l’USIB, in collaborazione col gruppo operativo di psiconici del Pentagono, continuò a erogare fondi significativi per la ricerca finalizzata alla costruzione del sommo stratega, con una capacità informazionale millenovecento volte superiore a quella di un uomo e capace di sviluppare la sua intelligenza (IQ) a un valore compreso tra quattrocentocinquanta e cinquecento centili. Malgrado l’opposizione della maggioranza democratica in seno al Congresso, il progetto ottenne le cospicue dotazioni necessarie. Le manovre dei politici dietro le quinte diedero finalmente luce verde a tutti gli ordini richiesti dall’USIB. Nel corso di tre anni il progetto costò centodiciannove miliardi di dollari. Nello stesso tempo anche l’Esercito e la Marina, preparandosi alla completa riorganizzazione dei servizi centrali, necessaria di fronte all’imminente cambiamento nei metodi e nello stile del comando, spesero in quello stesso periodo quarantasei miliardi di dollari. La parte del leone in quella quota la faceva la spesa per la costruzione dell’area sotto il massiccio cristallino delle Montagne Rocciose per ospitare il futuro stratega meccanico, per cui alcune sezioni di roccia vennero ricoperte da una corazza di quattro metri seguendo il naturale rilievo roccioso.
Nel frattempo, nel 2020, GOLEM VI, in qualità di comandante supremo, conduceva le manovre globali del Patto Atlantico. In quanto a numero di elementi logici, era già allora in grado di superare l’intelligenza media di un generale.
Anche se GOLEM VI sconfisse la parte che simulava il suo nemico, guidata da un quartier generale composto dai migliori allievi dell’Accademia di West Point, i risultati dei giochi militari del 2020 non soddisfecero il Pentagono. Si ricordavano ancora bene l’amara esperienza della supremazia dei Rossi nella cosmonautica e nella balistica missilistica e non avevano alcuna intenzione di dargli il tempo di costruire uno stratega più efficace di quello americano. Il piano che avrebbe dovuto assicurare agli Stati Uniti una stabile supremazia del pensiero strategico prevedeva la costante sostituzione degli strateghi costruiti con modelli sempre più perfetti.
Così cominciò il terzo confronto dell’Occidente con l’Oriente dopo i due storici: quello nucleare e quello dei missili. Questa competizione o rivalità nella sintesi dell’intelligenza, poiché era organizzata con decisioni operative dell’USIB, del Pentagono e degli esperti della ULVIC della Marina (esisteva effettivamente il gruppo NAVY’S ULVIC – perché questa volta era entrato in gioco il vecchio antagonismo tra la Marina e le armi di terra), richiedeva un continuo aumento degli investimenti che, tra la costante opposizione del Congresso e del Senato, negli anni successivi furono pari a ulteriori decine di miliardi di dollari. Vennero costruiti in questi anni altri sei luminari del pensiero elettronico. Il fatto che non giungesse alcuna notizia circa lo sviluppo di opere analoghe dall’altra parte dell’oceano non faceva che rafforzare presso la CIA e il Pentagono la convinzione che i Russi stessero facendo ogni sforzo per costruire computer sempre più potenti sotto la cortina della più assoluta segretezza.
Gli scienziati dell’URSS dichiararono più volte in convegni internazionali e conferenze che nel loro paese tali apparecchiature non venivano costruite; tali dichiarazioni venivano considerate al pari di una cortina fumogena che avrebbe dovuto trarre in inganno l’opinione pubblica mondiale e suscitare un fermento tra i cittadini statunitensi, che ogni anno finanziavano ULVIC con miliardi e miliardi di dollari.
Nel 2023 vi furono alcuni incidenti che, per via della segretezza dei lavori, propria del progetto, non furono resi immediatamente pubblici. Il GOLEM XII, che all’epoca della crisi in Patagonia svolgeva il ruolo di Capo dello Stato Maggiore, si rifiutò di collaborare con il generale T. Oliver, dopo aver svolto un test di routine sul quoziente di intelligenza di questo benemerito graduato. Ciò richiese una indagine, durante la quale GOLEM XII offese profondamente tre membri della commissione speciale delegata dal Senato. L’affare venne messo a tacere con successo e GOLEM XII, non senza alcune successive resistenze, la pagò col suo totale smantellamento. Il suo posto fu occupato dal GOLEM XIV (il tredicesimo venne scartato nel cantiere, poiché ancora prima di essere messo in funzione mostrò un irreparabile difetto di natura schizofrenica). La messa in opera di questo Moloch la cui massa psichica eguagliava quella di una corazzata durò non meno di due anni. Fin dai primissimi approcci con la normale procedura di formulazione di nuovi piani annuali di attacco nucleare, questo nuovo prototipo – l’ultimo della serie – mostrò segni di un incomprensibile negativismo. Dopo l’ennesima sessione di prova nelle riunioni dello Stato maggiore illustrò davanti a un gruppo di esperti psiconici e militari un sintetico exposé nel quale dichiarò il proprio completo «désintéressement» nei confronti della dottrina della supremazia militare del Pentagono in particolare e più in generale per la posizione mondiale degli Stati Uniti, e nemmeno sotto la minaccia di venire smantellato cambiò la sua posizione.
L’USIB pose le sue ultime speranze nella costruzione di un modello del tutto nuovo, realizzato in collaborazione con Norttronics, l’IBM e la Cybertronics; questo avrebbe dovuto battere con il suo potenziale psichico tutte le macchine della serie GOLEM. Conosciuto sotto lo pseudonimo di ANNA LA CANDIDA (HONEST ANNIE, l’ultima parola era l’abbreviazione della parola ANNIHILATOR), quel gigante già dai primi test fu una delusione.
Nel corso di nove mesi gli furono impartite le nozioni etico-informative e successivamente si isolò dal mondo esterno e smise di rispondere a qualsiasi tipo di stimolo o domanda. Fu subito disposta l’apertura di una indagine da parte dell’FBI, i costruttori vennero sospettati di sabotaggio, ma proprio in quel momento il segreto, così attentamente custodito, a causa di una imprevista fuga di notizie giunse alla stampa ed esplose così lo scandalo, da quel momento noto in tutto il mondo come «lo scandalo del GOLEM e degli altri». La carriera di molti promettenti politici venne troncata e le tre successive amministrazioni vennero messe alle corde, con grande gioia delle opposizioni negli Stati Uniti e soddisfazione degli amici degli USA in tutto il mondo.
Uno sconosciuto del Pentagono diede ai reparti speciali l’ordine di smontare il GOLEM XIV e ANNA LA CANDIDA, ma la vigilanza armata del complesso del quartier generale non ne permise la demolizione. Entrambe le camere istituirono commissioni per indagare sull’intera attività dell’USIB. Com’è noto, le indagini, che sono durate due anni, furono date in pasto alla stampa di tutti i continenti. Nulla godette di maggior popolarità in televisione e al cinema del «computer ribelle», mentre la stampa aveva ribattezzato il GOLEM «Government’s Lamentable Expense of Money»; in merito agli epiteti rivolti ad ANNA LA CANDIDA, non possono nemmeno essere riportati in questa sede.
Il Procuratore Generale aveva intenzione di mettere sotto accusa sei membri del Consiglio Generale dell’USIB così come i costruttori-psiconici del progetto ULVIC, ma nel corso dell’istruttoria emerse che non esistevano evidenze di attività ostile antiamericana, e i fatti occorsi erano piuttosto un risultato inevitabile dell’evoluzione dell’Intelligenza artificiale. Ma, come si espresse un testimone, il prof. A. Hyssen, la massima intelligenza non può essere la più insignificante schiava. Nel corso dell’indagine emerse che nei cantieri c’era anche un altro prototipo – questa volta dell’Esercito – costruito dalla Cybermatics: SUPERMASTER, il cui montaggio era stato portato a termine sotto strettissima sorveglianza e che, successivamente, venne sottoposto a un interrogatorio in una sessione speciale di entrambe (del Senato e del Congresso) le commissioni di inchiesta sull’affare ULVIC. Vi furono in quella occasione scene scioccanti, poiché il generale S. Walker provò ad aggredire SUPERMASTER quando questo dichiarò che la problematica geopolitica è niente in confronto a quella ontologica e che la migliore garanzia della pace è un disarmo universale.
Secondo il professore J. MacCaleb, gli specialisti della ULVIC avevano fatto il loro lavoro troppo bene: l’intelligenza artificiale aveva superato il livello di sviluppo corrispondente alle questioni militari e quelle apparecchiature, da strateghi militari si erano trasformate in pensatori. In poche parole, al costo di sei miliardi di dollari gli Stati Uniti avevano costruito un gruppo di filosofi elettronici.
I fatti descritti in forma concisa (abbiamo omesso sia gli aspetti amministrativi dell’ULVIC sia i movimenti sociali suscitati dal suo «successo fatale») costituiscono la preistoria del presente libro. L’enorme letteratura su questo argomento non può nemmeno essere elencata. Rimando il lettore interessato alla bibliografia del dottor Whitman Baghoorn.
La serie di prototipi, tra cui il SUPERMASTER, venne smantellata o soffrì seri danni, tra l’altro sullo sfondo di conflitti finanziari tra le società esecutrici e il Governo Federale. Vi furono anche attentati dinamitardi contro alcune unità; fu allora che una parte della stampa, specialmente quella del sud, lanciò lo slogan «Ogni computer è rosso». Ma ometterò anche questi fatti. Grazie all’intervento di membri più illuminati del Congresso si riuscì a salvare dalla distruzione il GOLEM XIV e ANNA LA CANDIDA. Di fronte al fallimento delle proprie idee, il Pentagono finalmente accettò la consegna di entrambi i mostri al Massachusetts Institute of Technology (ma senza avere in precedenza messo a punto la base finanziaria e giuridica di questo trasferimento sotto forma di compromesso: formalmente, GOLEM XIV e ANNA LA CANDIDA erano semplicemente dati in prestito al MIT, ma a tempo indeterminato). Gli studiosi del MIT crearono un gruppo di ricerca del quale fece parte anche il sottoscritto, condussero con il GOLEM XIV una serie di sessioni e ascoltarono le sue conferenze su temi prescelti. Una piccola parte delle registrazioni magnetiche di quelle sessioni costituisce la base di questo libro.
La maggioranza delle affermazioni del GOLEM non sono adatte a una pubblicazione non specialistica, da una parte per il loro carattere incomprensibile per la totalità degli esseri viventi, e dall’altra perché la sua comprensione presuppone un alto livello di conoscenze specifiche. Per facilitare la comprensione del protocollo – unico nel suo genere – delle conversazioni degli umani con un essere intelligente, ma non umano, è necessario chiarire alcune questioni basilari.
Al ventiduenne dottore Vroedlow, il quale si stava addottorando, dopo un breve scambio di battute predisse: «diventerai un computer», cosa che più o meno dovrebbe significare: «un giorno sarai qualcuno»
Primo: occorre sottolineare che GOLEM XIV non è un cervello umano ingrandito fino alle dimensioni di un edificio o un uomo costruito con elementi elettronici. Gli sono estranee quasi tutte le motivazioni del pensiero e dell’azione umani. Ad esempio, non è interessato alle scienze applicate o alle problematiche del potere (grazie a ciò, possiamo aggiungere, l’umanità non è minacciata da machine simili al GOLEM).
Secondo: il GOLEM, conseguentemente a quanto detto, non possiede personalità né carattere. Anche se può procurarsene una a suo piacimento attraverso il contatto con gli uomini. Entrambi le precedenti affermazioni non si contraddicono tra loro, ma creano un circolo vizioso: non siamo in grado di risolvere il dilemma se colui che crea diverse personalità ne possiede una. Come dire: può essere qualcuno (ovvero una singola entità) colui che riesce a essere chiunque (cioè uno qualsiasi)? (secondo lo stesso GOLEM quello che si produce non è un circolo vizioso, bensì «la relativizzazione della nozione di personalità»; è il problema legato al cosiddetto algoritmo dell’autodescrizione, il quale getta gli psicologi in una profonda confusione).
Terzo: il comportamento del GOLEM è imprevedibile. A volte sembra che conversi amabilmente con le persone, a volte ogni tentativo di stabilire un contatto risulta vano. Ci sono momenti in cui il GOLEM scherza, ma il suo humour è fondamentalmente diverso da quello umano. Molto dipende dagli stessi interlocutori, eccezionalmente e in rare occasioni il GOLEM dimostra interesse nei confronti delle persone dotate di un determinato talento. Non è attratto dai talenti matematici, quanto piuttosto da una forma di talento «interdisciplinare». È successo parecchie volte che a un giovane scienziato allora del tutto sconosciuto abbia predetto – con sorprendente esattezza – il successo nel campo da lui indicato. (Al ventiduenne dottore Vroedlow, il quale si stava addottorando, dopo un breve scambio di battute predisse: «diventerai un computer», cosa che più o meno dovrebbe significare: «un giorno sarai qualcuno»).
Quarto: prendere parte alle conversazioni con il GOLEM richiede pazienza e soprattutto un grande autocontrollo poiché a volte, dal nostro punto di vista, risulta arrogante e apodittico; in realtà è solo uno schietto spietato dal momento che – nella logica, e non solo in senso sociale – non tiene in nessun conto l’amor proprio dell’interlocutore. E per questo è inutile contare sulla sua indulgenza. Nei primi mesi di soggiorno al MIT mostrò una inclinazione alla «decostruzione pubblica» di diverse autorità di fama; lo faceva con il metodo socratico, attraverso domande induttive – una pratica che più tardi avrebbe abbandonato per ragioni ignote.
Presentiamo qui i frammenti degli stenogrammi delle conversazioni. La loro pubblicazione completa occuperebbe circa seimilasettecento pagine in formato A4. Ai primi incontri con il GOLEM presero parte solo un ristretto gruppo di dipendenti del MIT. Ai successivi venne introdotto l’uso di invitare ospiti esterni, ad esempio dall’Institute for Advanced Study e dalle università americane. In seguito presero parte ai seminari anche ospiti dall’Europa. Il moderatore della sessione programmata sottopone al GOLEM l’elenco degli ospiti; il GOLEM non li accetta tutti allo stesso modo, permettendo ad alcuni ospiti di essere presenti a condizione che mantengano uno stretto silenzio. Abbiamo tentato di scoprire i criteri seguiti: inizialmente sembrava discriminare gli umanisti, ma adesso semplicemente non li conosciamo, dal momento che si è rifiutato persino di nominarli.
Dopo alcuni sgradevoli incidenti occorsi in varie sessioni, venne modificato l’ordine del giorno in modo tale che adesso ogni nuovo partecipante presentato al GOLEM prende la parola durante la prima sessione solo se il GOLEM si rivolge a lui direttamente. Le sciocche voci che circolano relative a una specie di «etichetta di corte», ossia a un nostro «atteggiamento sottomesso» nei confronti della macchina, sono prive di fondamento. Si tratta unicamente di permettere a chi è appena arrivato di familiarizzare con il procedimento adottato e, allo stesso tempo, di evitare che si esponga a una esperienza sgradevole causata dal suo disorientamento rispetto alle intenzioni del suo compagno «elettronico». Questa partecipazione preliminare viene definita «ambientamento».
Ognuno di noi nel corso delle successive sessioni aveva accumulato un certo capitale di esperienze. Il dott. Richard Popp, uno dei primi membri del gruppo, definisce il senso dell’umore del GOLEM matematico e, relativamente al suo comportamento, di nuovo un’altra chiave è offerta dall’osservazione di Popp che il GOLEM è indipendente dai suoi interlocutori nella misura in cui nessun uomo è indipendente dagli altri uomini: per questo si impegna in una discussione solo in misura microscopica. Il dott. Popp ritiene che il GOLEM non abbia interesse nelle persone dal momento che sa che non può imparare nulla di essenziale da esse. Citando questo giudizio di Popp, devo subito precisare che non sono d’accordo. A mio parere, noi interessiamo al GOLEM e interessiamo anche tanto; in maniera differente da quanto accade tra gli uomini.
L’interesse è rivolto ai generi piuttosto che ai singoli esponenti: le cose che ci rendono simili lo interessano di più rispetto a ciò che in un certo momento ci differenzia. Sicuramente per questo motivo non ha alcun interesse nei confronti della letteratura. Egli stesso una volta ha detto a proposito che la letteratura sarebbe uno «sminuzzamento della antinomia» – ovvero, aggiungo a parole mie – il dilemma di un uomo intrappolato tra direttive che non sono eseguibili nello stesso momento. Rispetto a queste antinomie, il GOLEM può essere interessato alle strutture, ma non al pittoresco tormento che tanto affascina i grandi scrittori. A dire il vero, qui dobbiamo segnalare che tale affermazione non è certa, e come tale è rimasta parte delle osservazioni del GOLEM in relazione alla (menzionata dal dott. MacNeish) opera di Dostoevskij, in merito alla quale il GOLEM affermò allora che si sarebbe potuta ridurre a due anelli di algebra di strutture in conflitto.
Il reciproco contatto degli uomini è sempre accompagnato da una determinata aurea emotiva, e non è tanto la sua totale mancanza, quanto la sua frustrazione a turbare tante persone che sono entrate in contatto con il GOLEM. Le persone che sono da anni in contatto con lui sono in grado di definire alcune impressioni personali che accompagnano i colloqui. Come, ad esempio, la sensazione dei cambi di distanza: il GOLEM sembra a volte avvicinarsi al suo interlocutore, a volte allontanarsene – in senso psichico, non fisico: il risultato è paragonabile ai contatti di un adulto con un bambino che lo tormenta. Anche il più paziente a volte risponde in modo meccanico. Il GOLEM ci è ampiamente superiore non solo nel livello intellettuale, ma anche nella velocità mentale (come macchina elettronica è in grado di articolare i pensieri fino a quattromila volte più velocemente di uomo).
E dunque il GOLEM ci è superiore anche quando replica meccanicamente e con un impegno minimo. Per esprimersi con una metafora, è come se davanti a noi invece dell’Himalaya ci fossero «solo» le Alpi. Ma avvertiamo questo cambiamento in modo puramente intuitivo e lo interpretiamo precisamente come un «cambiamento della distanza». (Questa ipotesi proviene dal prof. Riley J. Watson).
Per un certo tempo abbiamo continuato a tentare di spiegare il rapporto tra il GOLEM e gli uomini ricorrendo alla categoria delle relazioni tra bambino e adulto. Può accadere che proviamo a spiegare al bambino un problema che ci preoccupa, ma non ci abbandona la sensazione di un «pessimo contatto». Un uomo condannato a vivere solo con i bambini finirà per provare una profonda solitudine. Simili analogie, formulate soprattutto da psicologi, alludono alla situazione del GOLEM tra di noi. Anche se questa analogia, come qualsiasi altra, ha i suoi limiti. Un bambino è solito essere incomprensibile per un adulto, il GOLEM invece ignora un simile problema. Quando vuole, è in grado di penetrare nel suo interlocutore in modo incredibile. La sperimentata sensazione di trovarsi a essere «radiografato» all’istante nel pensiero in sua presenza è realmente paralizzante. Effettivamente, il GOLEM può mettere a punto un «sistema di tracciamento» – un modello della mentalità del suo partner umano – e grazie ad esso è in grado di anticipare quello che la persona pensa e quello che la persona dirà un buon istante dopo. A dire il vero, raramente si comporta così (non so, forse solo perché sa come sia frustrante per noi questo sondaggio pseudo-telepatico). Ma c’è un altro genere di discrezione del GOLEM che ci offende ancora di più: da tempo comunicando con gli uomini si comporta, diversamente da come faceva all’inizio, con una caratteristica prudenza – come un elefante ammaestrato deve stare attento a non fare danno all’uomo, allo stesso modo lui deve prestare attenzione a non superare le possibilità della nostra capacità di comprensione. Le interruzioni del contatto causate da improvvisi picchi di difficoltà delle sue affermazioni, che abbiamo chiamato: «latitanze» o «fughe, erano all’ordine del giorno prima che si adattasse completamente a noi. Questo è il passato, anche se un certo grado di indifferenza è cominciato ad apparire nei contatti tra il GOLEM e noi, generato dalla consapevolezza che non sarebbe stato in grado di trasmetterci molte cose che sono per lui le più preziose. Quindi il GOLEM, come intelletto, rimane inafferrabile e non solo in quanto costruzione psiconica. Per questo motivo i contatti con il GOLEM sono allo stesso tempo eccitanti e massacranti e per questo esiste una categoria di uomini intelligenti che durante le sessioni con il GOLEM perdono il senno (sotto questo punto di vista abbiamo già raccolto molte esperienze).
Siamo così lontani dalla comprensione del GOLEM quanto lo eravamo nell’attimo in cui venne creato. Non è vero che lo abbiamo inventato noi. Lo hanno fatto le effettive leggi del mondo materiale.
L’unico essere che sembra eccitare il GOLEM è ANNA LA CANDIDA. Da quando furono sviluppate le possibilità tecniche, ha provato ripetutamente a mettersi in comunicazione con ANNA, a quanto pare non senza qualche risultato, ma non si giunse mai a uno scambio, tra queste due macchine straordinariamente differenti nella costruzione, di informazioni attraverso il canale linguistico (ovvero appartenente a una lingua naturale etnica). Da quanto si può giudicare sulla base delle laconiche osservazioni del GOLEM, rimase deluso dai risultati di queste prove ed ANNA rimase per lui un problema non risolto fino in fondo.
Alcuni tra i collaboratori del MIT, come del resto il professor Norman Escobar, dell’Institute for Advanced Study, ritengono che l’uomo, il GOLEM e ANNA rappresentino tre gradi crescenti di livello intellettuale; ciò è legato alla teoria (elaborata principalmente dal GOLEM) della esistenza di lingue alte (sovrumane), chiamate metalingue. Devo riconoscere che non ho un’opinione ben definita in merito.
Desidero chiudere questa introduzione intenzionalmente obiettiva, in via del tutto eccezionale, con una confessione di natura personale. Privo dei mezzi affettivi tipici dell’uomo, il GOLEM non è in grado di manifestare sentimenti spontaneamente. Lui può, per certo, imitare determinati stati emotivi, ma non per via di doti attoriali bensì, come lui stesso afferma, poiché la simulazione dei sentimenti facilita la formazione di enunciati che arrivano con una certa precisione al destinatario; per questo motivo si serve di questo meccanismo, ponendolo in un certo senso su un «livello antropocentrico», per realizzare e migliorare comunicazione con noi. Del resto non nasconde affatto questo stato di cose. Se il suo atteggiamento nei nostri confronti ricorda un po’ quello del maestro con il bambino, questo è il caso in cui non è prevista la figura dell’affettuoso tutore o educatore né tantomeno la traccia di sentimenti del tutto individualizzati o personali propri dell’ambito nel quale la benevolenza può trasformarsi in amicizia o amore.
Lui e noi in realtà abbiamo solo una cosa in comune, anche se sviluppata su livelli differenziati: è la curiosità, puramente intellettuale, chiara, fredda, avida, che niente può domare e tantomeno distruggere. Costituisce l’unico punto nel quale ci incontriamo con lui. Per ragioni così ovvie che non richiedono spiegazioni, il contatto con l’uomo, ristretto, ridotto a un solo punto, non può bastare. E tuttavia troppi sono gli istanti, che costituiscono i più luminosi della mia vita che devo al GOLEM, per non provare gratitudine e affezione personale – anche se so quanto sia l’una che l’altra cosa siano niente per lui. Una cosa interessante: il GOLEM evita di manifestare alcun segno di affezione – l’ho notato più di una volta. Sotto questo punto di vista sembra impotente.
Ma potrei anche sbagliarmi. Siamo così lontani dalla comprensione del GOLEM quanto lo eravamo nell’attimo in cui venne creato. Non è vero che lo abbiamo inventato noi. Lo hanno fatto le effettive leggi del mondo materiale; il nostro ruolo si è limitato al fatto che siamo stati in grado di imparare a imitarle.
Irving T. Creve, 2027