Satana e il cambiamento climatico
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Negli stessi giorni in cui cliccando possiamo ascoltare il vento di Marte, il capo di gabinetto del ministero per la Famiglia Cristiano Ceresani ha dichiarato che i cambiamenti climatici sono responsabilità delle azioni dell’uomo sulla Terra, della sua incuria e della sua ingordigia, risultato delle forze trascendenti che agiscono in lui:
«Nel cuore dell’uomo agisce la tentazione, io nel libro cerco di spiegare come il fatto che Satana, negli ultimi tempi che precedono la Parusia [il ritorno di Cristo alla fine dei tempi, ndA], sarà scagliato sulla Terra con grande furore, sapendo che gli resta poco tempo proprio per prendere di mira il creato e la creazione, è un dato teologico. (…) Lo paragono a quel che accade oggi, e quel che accade oggi è qualcosa di totalmente inedito nella storia dell’umanità, che non è mai accaduto».
Molti giornali hanno distorto la citazione di Ceresani, semplificando con un virgolettato a effetto: «i cambiamenti climatici sono opera di Satana». Ma proviamo ad analizzare il suo discorso per quello che è stato. In questi ottanta secondi c’è molto più di quello che può sembrare. Oltre alla calda sciarpa di brividi nel vedere citati la Parusia e Satana a Uno Mattina, mi interessa l’equivoco che affermazioni come «qualcosa di totalmente inedito nella storia dell’umanità» possono generare quando si parla di clima oggi. Dopotutto, da quando viviamo nel pianeta, non abbiamo mai respirato questa quantità di CO2, e non si è mai presentato il problema di sfamare e dissetare 8-10 miliardi di persone, e questi sono solo assaggi; nel frattempo, larga parte della politica internazionale si avvita in una spirale isolazionista, nazionalista, xenofoba.
Ceresani ha paura e – nonostante le idee aberranti che diffonde da anni – la sua condizione rischia di creare un legame empatico tra chi è impaurito dai cambiamenti climatici, me incluso, e lui. Forse anche Ceresani, dopotutto, si sente agito da forze che non sono umane – qui dentro le abbiamo chiamate Iperoggetti, MEDUSA e in altri modi – sono forze rifratte su una scala che, a livello di percezioni, non ci compete.
La situazione può prendere una piega drammatica quando questa sensazione, per il soggetto, viene incarnata dallo spirito del tempo. Si va incontro a fenomeni psicotici da non sottovalutare, angosce apocalittiche che è capitato anche a me di intravedere scrivendo di auto elettriche, fondamentalismo religioso, comunicazione, lotte sociali, eccetera.
Mentre guardo esorcizzare lo studio di Uno mattina mi trovo a pensare all’idea di crisi della presenza. Ne parla Ernesto De Martino in diversi saggi, anche nel suo Sud e magia, proprio negli stessi anni del cosiddetto Boom, l’alba dell’Antropocene. Gli anni cruciali in cui il Paese attraversava una trasformazione profonda. Veniva industrializzato: migliorava la qualità della vita e si iniziava a surriscaldare l’atmosfera. In alcune zone depresse però, come la campagna lucana, persisteva la miseria, e con lei i tratti del mondo magico.
Tutte le comunità umane, per proteggersi dalla vertigine, ricorrono a delle strutture protettive, siano magiche, scientiste o altro. Anche per fuggire da quelli che De Martino definisce sentimenti di vuoto, dove «il fluire della vita psichica è accompagnato da un senso di estraneità, di artificialità, di irrealtà e di lontananza, che colpisce sia il corso dei propri pensieri, sentimenti e azioni, sia la esperienza della realtà oggettiva».
Chi vive in un presente dominato dalla precarietà economica e abitativa,esistenziale, rischia il collasso; non riesce a difendere il proprio «centro di decisione e di scelta secondo valori», non così diversamente dai contadini costretti a vivere nelle grotte scambiandosi le malattie con gli animali.
Tutto quello che abbiamo fatto su MEDUSA, riguardo l’umano e non-umano, la traspirazione, il trapasso tra i due regni, si può inquadrare in una esplorazione continua della crisi della presenza: vivere nel mondo degli uomini significa esserci, agire secondo dei codici, «operando e ri-operando il mai definitivo distacco dalla immediatezza della mera vita naturale». Fuori da questo spazio, al buio, si nasconde «il rischio radicale dell’essere-agito». Da chi, da cosa? Da un «agente occulto», scrive De Martino, «operante su un piano diverso da quello storico».
Un esempio a caso: Satana. Una buona idea, per Ceresani, potrebbe essere iniziare a prendersela con qualcuno della sua taglia, riscoprendo un’azione politica capace di incidere sul piano storico. Il disgregarsi della personalità si sta estendendo dall’individuale al politico. Resta preoccupante che noi, quaggiù, dove non si firmano i documenti, avvertiamo lo smarrimento e la depressione della classe dirigente. Ceresani conosce di sicuro meglio di me, che non le ho nemmeno finite, Le apocalissi gnostiche. Facendo fede sulla sua memoria forse gli sarà più facile addormentarsi pensando all’Apocalisse di Pietro, dove sta scritto: «il male non può produrre buon frutto. Poiché, dal luogo donde proviene, ognuno trae quanto gli assomiglia».
Vorrei tanto arrivare a una conclusione conciliante, un finale Netflix, ma oggi non mi viene. Per il momento possiamo affidarci a una newsletter, parlare il più possibile di cosa sta succedendo al clima per maturare una nuova consapevolezza politica, trasformarla in priorità da strappare a un partito a vocazione maggioritaria. Per chi non è interessato a Marte basta aprire la finestra, c’è un ventaccio di cui possiamo godere ogni giorno.