Nuova elettronica russa

Anche la Russia è stata contagiata dal virus HD. Nomi, collettivi ed etichette di un underground digitale indeciso tra slanci futuribili e rigurgiti nostalgici.

Come immagino sappiate, in Russia si stanno svolgendo i Mondiali di calcio FIFA 2018. L’Italia è stata fatta fuori alle qualificazioni, la Germania è stata eliminata ai gironi, e poco dopo sono saltate Portogallo, Argentina e Spagna. Chi vincerà questi mondiali? Ovviamente lo scopriremo soltanto il 15 luglio, data in cui lo stadio Lužniki – ai tempi dell’URSS conosciuto come Stadio Lenin – ospiterà la finale.

In attesa dell’evento, anche i più disinteressati come me avranno ascoltato almeno una volta la canzone ufficiale di questi FIFA 2018 – se può interessare è questa. Fino a qualche tempo fa il brano che accompagnava la manifestazione (rituale ufficializzato dall’edizione del 1962) era scritto da un autore del paese ospitante, o quantomeno nella lingua della nazione; ma da Francia ’98 con Ricky Martin e la sua La copa de la vida si è persa questa tradizione, e così è anche per Russia 2018. D’altronde il russo non è che sia proprio la lingua più internazionale del mondo, e a pensarci non c’è una canzone pop russa che abbia mai canticchiato. Per molti, l’impenetrabilità del russo è un fatto (basti pensare che il cirillico costringe i russi a usare un Facebook alternativo, il celebre VKontakte che con i suoi più di 410 milioni di utenti occupa il quinto posto dei siti più popolari al mondo), ma più in generale possiamo affermare con una certa sicurezza che, eccezion fatta per la gloriosa tradizione classica, dal punto di vista popolare quella russa appare come una musica più o meno dimenticata dal resto del mondo.

Da qualche anno però lo scossone creativo lanciato dalla nuova musica elettronica – quella che per comodità chiamiamo hi-tech – sembra aver coniato un linguaggio universale che fa da basso continuo alle sottoculture digitali (be’, ormai possiamo iniziare a dirlo) di tutto il mondo. New York, Berlino e Londra sono sempre lì, d’accordo; ma proprio da queste parti abbiamo già visto come anche le scene di città come Shanghai, Pechino, Tapei e Hong Kong non abbiano potenzialmente nulla da invidiare alle altre realtà di riferimento, per non parlare della nuova ondata di voci latine (soprattutto femminili e trans) capitanate da Ms Nina e Tomasa Del Real, che rompono finalmente con la misoginia monocorde del reggaeton per deformarla col loro neo-perreo. Mediante lo spontaneo utilizzo di sonorità stranianti – a volte psichedeliche, altre volte dance, ma sempre rigorosamente iper-tecnologiche – in una manciata di anni si è venuta a creare una sorta di ancora di salvataggio inclusiva, antidiscriminatoria e ibrida, che attraversa i confini e realtà geografiche di ogni dove, e anche le sottoculture russe non sono state a guardare – anzi.

Uno dei dischi più belli del 2017, per quanto mi riguarda, era stato No Expectations del moscovita Moa Pillar; un pezzo come «Drifting» sembrava più vicino a un’esperienza multisensoriale che a un brano musicale, col suo claustrofobico incedere in salita senza mai raggiungere un apice. E in generale tutto il disco era pervaso da una stupefacente tensione verso l’alto, un’ascendenza eterna tanto cara allo psicologo Roger Shepard. Qualcosa di simile c’era già negli ultimi lavori dell’italiano Lorenzo Senni, e in effetti proprio Senni e Pillar si erano trovati a suonare uno dopo l’altro in una delle tappe del Persona Live Tour che la Warp ha portato in giro per gran parte del mondo, Mosca compresa. Pillar è anche coinvolto in diverse collaborazioni come quella assieme ad Anastasia Tolchneva (alias Lovozero, molto bello il suo Moroka) con l’etereo progetto Tikhie Kamni, o quella col prestigioso compositore ed etnomusicologo russo Vladimir Martynov.

L’altro russo che seguo da un po’ è Pixelord, vale a dire Alexey Devyanin, che è tra le altre cose uno dei fondatori e gestori dell’etichetta Hyperboloid, nel cui catalogo spiccano almeno due nomi: Tropical Interface e Summer Of Haze. Quest’ultimo fa una specie di revival trance in chiave ancor più acida, come quella di Senni sempre in tensione, che non esplode mai, ma che si concede ampollosi riff da eurodance e addirittura New Beat. La copertina di P A C I F I C A è un capolavoro, con una tipa total black che fa acrobazie su una moto e la scritta che dà il titolo al disco posta su un tribale elettrificato. Tropical Interface invece aveva già fatto uscire cose con la label australiana (tanto per ribadire la portata globale di questa scena) Eco Futurism Corporation, impegnata in uno straniante innesto tra natura e tecnologia. Qui sono di casa ossimori come «natura radicale» o, appunto, «interfaccia tropicale» che rimandano a un oscuro modo di intendere la natura: a volte intenzionata ad impossessarsi della tecnologia per ribellarsi all’umano, altre volte semplicemente a conviverci fino a plasmarne la propria identità – uno scenario descritto bene in film come Annientamento, o più banalmente il classico Predator.

Già un paio di anni fa, un’etichetta fondamentale come la Planet Mu del vate Mike Paradinas non si è fatta sfuggire l’occasione di ristampare un gioiellino autoprodotto come PHOENIXXX del collettivo WWWINGS, sicuramente il nome che incarna al meglio la rabbia di quello che loro stessi chiamano «inferno post-sovietico». Da segnalare anche il duo Delicate Features, che una volta trasferitosi a Los Angeles è finito su un marchio storico dell’underground anni 2000 come Not Not Fun, e la diva Kate NV, passata da Orange Milk a RVNGIntl. come se niente fosse. Ma al di là delle  fortunate parentesi giunte fino alle nostre orecchie, c’è tutta una scena che si snoda tra musica sperimentale, dance e divagazioni dark: un buon modo per familiarizzare con questi suoni è la label Full Of Nothing: nel suo catalogo ci sono misteriosi personaggi come Zurkas Tepla; i più noti HMOT, Love Cult, Myka, Ivan Zoloto, Erik Levander, Suokas; i già citati Moa Pillar, Lovozero e Tikhie Kamni. Un piccolo campionario del nuovo «suono russo» lo potete ascoltare qui, in questa breve playlist su Spotify che ho preparato per voi.

Cypher Sanctuary

Intervista con Cypher Sanctuary/Vitaliy Bogachev

L’ultimissima novità da aggiungere alla già popolatissima scena elettronica russa è Cypher Sanctuary. Lui nella vita reale si chiama Vitaliy Bogachev e viene da Mosca, il suo debutto uscito per la sua SHIFR Records si chiama Sanctuary e testimonia in presa diretta il fervore creativo del suo paese anche per via dello splendido artwork realizzato dalla designer, visual artist e ricercatrice russa sbarcata ad Amsterdam, Mary Ponomareva, in arte Mary Universe. Bogachev si è servito del fantascientifico progetto Magenta, utopica ricerca di Google che trascende gli obiettivi del machine learning mirando direttamente a far comporre opere, in questo caso musicali, in maniera autonoma alle reti neurali artificiali. La cosa sembra funzionare e ha motivato tutto un dibattito teorico-filosofico che si ripropone di individuare il significato specifico di arte e di come questa possa essere legittimamente creata e successivamente fruita.

Attratto dalla sua musica e da questo modo di approcciarsi alla composizione ho contattato via email proprio Vitaliy Bogachev per chiedergli ulteriori spiegazioni, farmi raccontare come fosse la situazione dalle sue parti, e chiedergli un pronostico sui Mondiali. È stato molto gentile e mi ha risposto solo dopo aver finito di vedere Serbia-Brasile.

Spiegami meglio come funziona questo Magenta.
In questo disco ho usato Google TensorFlow Magenta per generare MIDI. Ho semplicemente montato e avviato un piccolo bash script di cui ho scelto la chiave. Magenta ha iniziato a suonare seguendo quello che avevo settato, poi ha iniziato a generare MIDI e io a sperimentare con quelli, mandandoli avanti e indietro, inserendo suoni, synth e cose del genere. Penso sia molto importante utilizzare la tecnologia nella produzione musicale, cercare di spingere sempre oltre le sue possibilità e soprattutto imparare ad usarla con abilità. L’information technology è il mio hobby e una delle mie passioni, ho fatto parte di alcune startup russe tra il 2015 e il 2017, e questo mi ha spinto a portare la mia esperienza nel mondo dell’IT anche nella musica. Uso molto anche i field recordings o registro percussioni/batterie live colpendo ad esempio dei barili con l’acqua, poi processo tutte queste cose e le uso nei miei pezzi, combinandole con le reti neurali.

Prima di conoscere la tua musica ero interessato alla scena russa per via di artisti come Moa Pillar e Pixelord. Li conosci? Siete in contatto?
No, non siamo in contatto, ma amo l’etichetta di Pixelord, Hyperboloid, e i suoi lavori. Anche Moa Pillar è fico. Vado spesso alle loro serate quando sono a Mosca. Il mio amico Summer of Haze è nel loro giro.

Parlami della scena elettronica in Russia.
La scena elettronica russa è molto vasta. C’è un gran numero di artisti, più o meno popolari, sparsi su VK e Soundcloud. Abbiamo avuto una fantastica ondata witch house e dark tra il 2013 e il 2016. Per lo più si tratta di una scena DIY, e io credo che questo rappresenti una marcia in più perché porta vibrazioni sincere e naturali. Non è monopolizzata da qualche grossa etichetta, il che lascia molto spazio libero per la sperimentazione. Mosca è il cuore della scena rave, le vecchie fabbriche sovietiche e gli edifici imperiali sono location perfette, c’è una bella atmosfera nel mondo della notte. Non esiste una vera e propria «industria» della musica elettronica. La scena russa al momento si trova in un processo di crescita attiva e, come ho detto, è per lo più DIY.

Com’è la situazione con Putin?
Credo che la sua politica giochi un ruolo positivo su arte e cultura nel paese, in quanto mira a «resuscitare» le nostre antiche tradizioni e il nostro spirito.

Ah.
…E questo è un bene perché abbiamo un’eredità culturale grandiosa. La musica russa è stata per molto tempo sottovalutata, o considerata come outsider, ma noi abbiamo una nostra vibe unica e un nostro volto. La nostra scena underground non sembra tanto essere underground, quanto «underwater», sommersa sott’acqua, se vogliamo andare sul simbolico. È la città invisibile di Kitež ed ha la sua particolare atmosfera. Mi piacerebbe citare a riguardo un passo del nostro grande filosofo del XX secolo, Nikolaj Berdjaev, che descrive bene la nostra scena e la nostra mentalità: «La grandezza del popolo russo e la sua vocazione per una vita superiore si concentra nella figura del vagabondo. La figura del vagabondo ha trovato espressione non solo nella vita delle persone, ma anche all’interno della vita culturale, tra il meglio della sua intellighenzia. Anche qui troviamo dei vagabondi, liberi nello spirito, a nulla legati, eterni pellegrini, alla ricerca della città nascosta. La loro presenza può essere rilevata nella grande letteratura russa. I vagabondi nell’ambito culturale dell’intellighenzia sono definiti a volte come girovaghi della terra russa, a volte come ribelli. Esistono già in Puškin e Lermontov, e poi in Tolstoj e Dostoevskij. Sono vagabondi dello spirito, tutti questi Raskol’nikov, Myškin, Stavrogin, Versilov e il principe Andrej e Pierre Bezukhov. I vagabondi non hanno la loro città, la stanno cercando».

…Ok. Che mi dici della presenza delle donne nel vostro panorama musicale?
Per le donne vale lo stesso che per gli uomini. Ci sono molte donne dj con dei progetti fantastici, come ad esempio Kedr Livanskijm, Anna Fruit e altre ancora.

Veniamo alla tua musica. Il tuo disco suona molto tecnologico, ma al tempo stesso «meccanico» e quasi cosmico, e poi ci sono brani come «Sanctuary» che sono (o sembrano) proprio suonati. Si respira un’aria quasi anni Settanta: la lunghezza dei singoli brani e la progressione minimale con cui vengono strutturati, l’utilizzo delle voci… Quali sono le tue fonti d’ispirazione?
Le mie ispirazioni principali sono la famiglia, la fede e la natura. In quanto a fonti culturali mi ispirano molto i compositori classici, soprattutto Rimskij-Korsakov e Igor Stravinskij. Poi il Miles Davis degli anni Settanta. Ho anche riguardato Andrej Rublëv di Tarkovskij qualche volta mentre registravo. Poi alcuni film di Sergej Paradžanov e Ingmar Bergman. Anche l’arte di Vasnetsov è di grande ispirazione per me.

Come intendi usare la tua etichetta SHIFR Records?
Abbiamo appena inserito un nuovo artista di Sachalin, Noirmorning, e intendiamo far uscire il suo LP di debutto presto, quest’anno. Sto anche lavorando a un po’ di altra roba con Cypher Sanctuary al momento. Forse faremo uscire qualche lavoro di altri artisti sempre quest’anno, e stamperemo dei vinili. Stiamo anche organizzando un party con la BRAT Records.

Chi pensi vincerà i Mondiali quest’anno?
Direi o Brasile o Russia.