Il mormorio subarmonico del nero abisso tentacolare

La versione completa del misterioso poema capace di produrre sintomi geomantici nel metabolismo di coloro che ne declamano le strofe

Il seguente testo è un poema anonimo che da tempo circola su diversi blog, forum e persino su numerose riviste accademiche. Poiché il testo è originariamente circolato sotto forma di frammenti, la sua lunghezza totale ci è ignota, e il suo titolo piuttosto barocco – «Il Mormorio Subarmonico del Nero Abisso Tentacolare» – non compare al suo interno. Non è chiaro inoltre se il poema abbia origine contemporanea, o se si tratti di una traduzione contemporanea di un testo più antico (sebbene la maggior parte delle opinioni siano a favore della prima ipotesi). Nonostante tali incertezze, ad alcune parti del poema sono stati attribuiti – o almeno così si dice – evidenti sintomi geomantici nel metabolismo e nella fisionomia di coloro i quali, in particolari condizioni, ne hanno declamato ad alta voce le strofe. A partire da questi sintomi – definiti da un blogger, in tono piuttosto melodrammatico, come «mutamenti geomantici nella natura del pensiero» – le leggende che attualmente circondano il poema sono degne di nota per il modo in cui vanno implicitamente a indagare i rapporti tra climatologia, geopolitica e inumano.

Stanza I

Un panorama di specie
Archaeali e batteriche
in condizioni ambientali
estreme

Temperature elevate
Radiazioni ionizzanti
Pressione idrostatica
Luce ultravioletta
Salinità

Livelli di pH troppo bassi o troppo alti
Tolleranza ai metalli pesanti
Livello delle acque molto basso
Livello di luminosità molto basso

In una notte oscura
Notte più densa dell’alba
Notte che ha riunito il vivente e il non-vivente
Trasformando il vivente in non-vivente.

Stanza II

La generazione di modelli
Di vita primordiale, e
Il mistero di un suolo
Di origine non-planetaria

La distribuzione filogeologica
Di altri estremofili
In cladogrammi remoti
Non fornisce prove della loro possibile antichità

Stando a una riduzione del divario nelle descrizioni
Delle transizioni xenobiologiche
Alla sintesi probiotica di composti biochimici
E all’ultimo antenato comune (LCA) di tutti gli esseri viventi esistenti

Acqua e ghiaccio nel sistema solare
Testimoniano, sulla Terra,
Dell’estinzione di organismi dipendenti
dal ghiaccio

Sebbene l’impronta della vita – o della vita stessa – sia
Manifestatamente impressa nel ghiaccio extratterrestre

Stanza III

La temperatura costringe le forme di vita a
Ibernarsi per milioni di anni o a
Decomporsi per milioni di anni,
Nel permafrost.

Non vi è prova di un aumento di temperatura
In caverne termotolleranti
Che possa aver costituito un ambiente ottimale
Per batteri, archei o fungi.

L’echinamoeba termarum prospera
A temperatura ottimale di > 50°,
Uno dei pochi eucarioti davvero termofili
Appartenente agli ambienti terrestri non-antropogenici.

Tali ambienti sono ricchi di elementi quali
Arsenico (As), antimonio (Sb), e
Mercurio (HG), facendo sì che le superfici termotolleranti
In evaporazione siano anche caratterizzate da

Salinità elevata e, dunque, da
Abitanti alofili.

Stanza IV

Diversi microrganismi nel profondo degli oceani non sono
Abitanti autoctoni,
Essendo giunti in profondità come componenti
Di aggregati fitodetritici.

Questi piezofili (o barofili) sono
Caratterizzati da un tasso di crescita ottimale
a pressioni ben superiori a quella atmosferica,
dove 1 atm = ̴ 0.1 Mpa

Un’analisi delle serie storiche degli oceani
Una valutazione a lungo termine degli habitat oligotrofici
Mostrano come, nel picoplancton totale,
la frazione del gruppo
Ia Crenarchaeota
Aumenti con l’aumento della profondità.

1. Profundis 500-1T, Mare del Giappone, Popt = 15 Mpa
Moritella abyssi 2693T, Atlantico Tropicale Orientale, Popt =
25 Mpa
Una forma di vita in rapporto di equilibrio dinamico, cosmico,
Con il proprio ambiente
È morta.

Nello spazio, la vita può preservarsi solo
In uno stato temporaneamente
Dormiente –

La gelida luna, coperta di ghiacci,
di qualche pianeta distante.

[Passi tratti da: Eugene Thacker, Tra le ceneri di questo pianeta, traduzione di Claudio Kulesko, NERO 2019]