Matrix Socialista
Quando nel settembre del 1970 il Cile eleggeva un presidente socialista, “cibernetica” era per molti una parola senza alcun significato.
L’affermarsi attraverso procedure democratiche e l’avversione per l’uso della violenza, anche contro i più pericolosi oppositori politici, sono alcuni degli elementi che caratterizzarono il socialismo di Salvador Allende. Il suo programma di governo era molto ambizioso e prevedeva grandi riforme. La parte più radicale riguardava l’economia: l’idea era di nazionalizzare le risorse del Paese. Uno dei collaboratori del governo, il giovanissimo Fernando Flores, pensò che per favorire questo processo si potesse ricorrere agli strumenti offerti da una scienza nuova, che da pochi anni veniva insegnata nelle università: si tratta della cibernetica.
Una prima definizione viene fornita dal padre della cibernetica, Norbert Wiener. «Noi abbiamo deciso di chiamare l’intero campo della teoria del controllo e della comunicazione, sia nelle macchine che negli animali, con il nome “cibernetica”, che abbiamo preso dal greco κυβερνήτης ovvero “pilota della nave”».
L’ipotesi di fondo è dunque che ci sia un’analogia fra animali e macchine, a partire dalla quale si può elaborare una teoria capace di descrivere la comunicazione e il controllo tanto negli animali quanto nelle macchine.
Nel luglio del 1971, il cibernetico britannico Stafford Beer riceve una lettera dallo stesso Flores in cui gli si chiede una consulenza sull’implementazione di strumenti cibernetici per affrontare le nuove sfide dell’economia cilena. Beer all’epoca aveva 44 anni e lavorava come consulente indipendente per le imprese. Era un uomo alto e dalla barba molto lunga, il cui aspetto, specie negli anni successivi, avrebbe ricordato quello di Babbo Natale. Beer descrisse abbastanza chiaramente il momento in cui ricevette la lettera di Flores: «I had an orgasm». Da qui comincia il viaggio della cibernetica in Cile.
Stafford Beer in pensione
Il progetto che Beer ha in mente per il Cile si chiama Cybersyn (CYBERNETIC+SYNERGY). Si tratta di una rete di telex (un telegrafo più rapido) distribuita nelle aziende più importanti del paese e connessa con una sede centrale a Santiago, una stanza dal design futuristico che è anche l’immagine/emblema di tutto il progetto. In tempo reale, attraverso il telex, le aziende comunicano con la sede centrale nella quale attraverso un software le informazioni vengono elaborate per fare delle previsioni sull’andamento dell’economia. Anche se la rete di telex trovò un felice impiego nella gestione dello sciopero dei camionisti nell’ottobre del 1972, a causa della precoce fine del governo di Allende per via del colpo di stato dell’undici settembre 1973 guidato dalla CIA, il progetto di Beer non venne mai completamente implementato.
La sala di controllo di Cybersyn
Un altro progetto, altresì molto ambizioso, fu Cyberfolk. Come Cybersyn, era un sistema di comunicazione in tempo reale che avrebbe permesso attraverso dei voltometrici collegati a una televisione di esprimere il livello di gradimento del governo. Cyberfolk si fondava sul modello algedonico, termine coniato da Beer e composto di due parole (ALGOS+HEDOS) che significano dolore e piacere. Cyberfolk avrebbe permesso a ciascun cittadino in possesso di una televisione di comunicare il proprio grado di soddisfazione o insoddisfazione rispetto alle azioni di governo in una scala algedonica che va dal massimo piacere al massimo dolore.
Il progetto cibernetico cileno era stato costruito a partire dal Viable System Model (VSM). Il VSM offre un modello di gestione per i sistemi estremamente complessi. Riguarda quindi quei sistemi “vivi”, che sono bilanciati da un punto di vista omeostatico sia internamente che esternamente, e che sono dotati di meccanismi che permettono la crescita e l’apprendimento, l’evoluzione e l’adattamento – per diventare sempre più potenti nel loro ambiente. Coerentemente all’ipotesi cibernetica, il VSM dichiara di rifarsi a un sistema biologico, più precisamente ricalca il funzionamento del sistema nervoso. La legittimità di Cybersyn risiede, dunque, proprio nella capacità del modello artificiale di imitare quello naturale.
Un’improbabile coincidenza portò Beer a trovare un ulteriore punto di forza per la costruzione del suo modello nelle idee sviluppate proprio in quegli anni da due biologi cileni. Nel 1970, infatti, Humberto Maturana e Francisco Varela danno alla luce il concetto di autopoiesi: «Quando parliamo degli esseri viventi, supponiamo che ci sia qualcosa in comune fra di essi (…). Quello che non è stato detto, tuttavia, è qual è l’organizzazione che li definisce come classe. La nostra proposta è che gli esseri viventi si caratterizzano perché si producono continuamente da soli, il che indichiamo denominando l’organizzazione che li definisce organizzazione autopoietica».
La produzione non va confusa con la riproduzione. Ciò che è proprio e unico di un sistema vivente, infatti, non sarebbe la capacità di creare un altro sistema vivente, ma riguarda la sua capacità di autoprodursi attraverso l’organizzazione della propria unità. I sistemi viventi sarebbero pertanto dei sistemi chiusi che autodefiniscono la relazione con l’esterno, anche detto ambiente. La relazione con l’ambiente viene chiamata cognizione.
Il viable system model di Beer
Sulla scia dell’entusiasmo di una mente naturalmente portata a scorgere isomorfismi, Beer estende l’analogia dell’autopoiesi ai sistemi sociali, generando un conflitto con Maturana. Mentre per il cibernetico inglese l’autopoiesi trova applicazione nella descrizione dei sistemi sociali, per Maturana adottare l’autopoiesi per l’analisi dei sistemi sociali significava considerare la società come un organismo e quindi gli individui come cellule, cioè esseri privi di qualsiasi capacità riflessiva. Beer propone dunque un’analogia strutturale e ontologica fra sistemi biologici (o esseri viventi) e sistemi sociali. L’autopoiesi – concetto utile a descrivere la realtà dei sistemi viventi – gli diventa quindi necessaria per la costruzione di un progetto di governo dell’economia. In questo senso, il piano descrittivo e il piano normativo vengono a coincidere. Infatti, sono proprio le capacità dell’autopoiesi di descrivere la realtà sociale la fonte di legittimità del progetto Cybersyn. Questa operazione di confusione permette a Cybersyn di avanzare una nuova proposta politica.
Se la politica ha rappresentato il campo in cui differenti forme etiche di vita cercano una sintesi nella forma del consenso o del compromesso di interessi, con Cybersyn la politica diventa un governo automatizzato degli interessi e dei bisogni, la cui gestione centralizzata – o a diffusione controllata – è necessaria al mantenimento dell’unità. Nell’universo di Beer, bisogni e interessi vengono costantemente espressi attraverso Cyberfolk, il cui scopo è quello di colmare il vuoto che prima era riempito dal dibattito sulle differenti forme etiche di vita. Cyberfolk diventa quindi la nuova forma di espressione della volontà popolare.
Il feedback reinventa il concetto di volontà popolare, così come di responsabilità politica, e favorisce la creazione di un potere anonimo, diffuso attraverso i circuiti cibernetici, e che produce un governo dell’algoritmo e per questo presumibilmente perfetto, o almeno privo di colpa. L’algoritmo è incorruttibile e super-partes: fa sempre ciò che deve. L’individuo, nell’universo di Cybersyn, riscopre la partecipazione, ma in qualità di cellula, su un piano di eguaglianza rispetto alle altre cellule, e senza le caratteristiche riflessive e di pensiero che gli sono sempre state attribuite.
Non stupisce, dunque, che il progetto cibernetico cileno abbia suscitato la curiosità di diversi governi autoritari. Manifestazione d’interesse pervennero a Beer dal Brasile, in cui c’era una dittatura militare, e dal Sudafrica, che all’epoca combatteva con ferocia le pressioni antiapartheid. Entrambi i governi vedevano in Cybersyn uno strumento utile per centralizzare il potere.
L’interesse che Cybersyn è in grado di suscitare dopo oltre 50 anni è da attribuire, oltre al fascino futuristico del suo design, alle sue capacità predittive. L’automazione dei processi decisionali, il governo attraverso gli algoritmi, la corsa per la raccolta dati, la fede cieca che l’emancipazione umana sia legata al progresso tecnologico, l’idea di una neutralità della scienza e del progresso scientifico sono fenomeni che avrebbero caratterizzato la politica avvenire e che Cybersyn aveva con ampio anticipo previsto e cominciato a percorrere.
Il disegno di Beer del progetto Cyberfolk
La bramosa ricerca del dato, inteso come elemento scomponibile e computazionabile, e il sogno di una macchina in grado di leggere ed elaborare un’immensa quantità di dati sono i punti di contatto fra Beer e un grande cibernetico ante litteram. Se infatti Beer viene considerato un indefesso crociato della cibernetica, per Norbert Wiener il suo santo patrono è Gottfried Wilhelm von Leibniz. Lo studioso tedesco fonderebbe la sua filosofia su due concetti strettamente connessi. «Si tratta del simbolismo universale e del calcolo nel ragionamento. (…) Come il calcolo aritmetico si presta a una meccanizzazione progressiva, dall’abaco e le calcolatrici da tavolo ai calcolatori ultrarapidi di oggi, cosi il calculus ratiocinator di Leibniz contiene il germe della machina ratiocinatrix, la macchina pensante. Effettivamente, Leibniz stesso, come il suo predecessore Pascal, si interessò alla costruzione di macchine calcolatrici. Non è quindi affatto sorprendente che lo stesso impulso intellettuale che aveva condotto allo sviluppo della logica matematica abbia contemporaneamente condotto alla meccanizzazione ideale o effettiva dei processi di pensiero».
Una tale meccanizzazione del pensiero rende obsoleto e imperfetto il ragionamento basato sul linguaggio comune. Nella gestione della cosa pubblica, chiamiamo politica il mare di equivoci che il linguaggio comune genera. Al contrario, la macchina calcolatrice di Leibniz è in grado di produrre una gestione della cosa pubblica perfetta perché costruita su un linguaggio universale privo di ambiguità.
Nella versione di Beer, però, la macchina è indistinguibile dall’umano. Con l’introduzione del concetto di autopoiesi, infatti, il sistema sociale viene inteso come un sistema vivente, che secondo l’ipotesi cibernetica è in ultima analisi sempre una macchina. Macchina e umano sono indistinguibili poiché l’umano è diventato parte della macchina e contribuisce alla sua esistenza. Ma la macchina cibernetica cilena deve confrontarsi con la realtà, che a queste latitudini ha il volto dell’imperialismo nordamericano. Beer sapeva bene che forze oscure minacciavano il pieno compimento del programma socialista, e nella prefazione di Autopoiesi. L’organizzazione del vivente di Maturana e Varela scrive: «Un paese che tenti di diventare uno stato socialista non può diventare completamente socialista; perché esiste un capitalismo autopoietico internazionale nel quale è incorporato, dal quale il paese rivoluzionario è ritenuto allopoietico».
Proviamo dunque a immaginare un finale diverso, che parte da un viaggio nel multiverso. La teoria del multiverso vuole che il nostro sia solo uno fra i tanti universi esistenti. Infiniti universi si generano a partire dalle diverse disposizioni quantistiche che la materia può assumere in ogni momento. Non c’è comunicazione fra gli universi, e quelli diversi dal nostro sono per noi inconoscibili.
Tuttavia una tempesta galattica, o più probabilmente un buco nero, ci ha permesso di scoprire che in uno di questi universi, l’assemblarsi randomico della materia ha sventato il colpo di stato organizzato dalla CIA, e Beer regna sovrano dopo aver deposto Allende. Il cibernetico inglese, in continuità con il suo predecessore, persegue la via del socialismo. Beer, esausto dei continui tentativi statunitensi di rovesciare il governo, propone attraverso il referendum di iscrivere tutto il Cile in un matrix. «Nel mio matrix», spiega Beer in conferenza stampa, «la realpolitik e le pressioni neoliberiste non avranno alcun effetto: il socialismo prospererà e sarà un esempio per tutto il mondo». Il voto è favorevole: il Cile sarà il primo paese che vivrà completamente in una realtà virtuale. Come Mosè, Beer si prepara con il suo popolo al grande esodo cybersocialista.

Alcuni monitor presenti nella Operations Room di Cybersyn, prima e dopo l’esodo in matrix
Cybersyn va molto oltre cybersyn, e anziché limitare la sua azione alla sfera economica, finisce per diventare un modello di controllo e comunicazione della società. Attraverso le logiche della retroazione, ciascun individuo in ogni istante esprime feedback su qualsiasi cosa: il trasporto pubblico, l’asilo dei figli, la sanità, la mensa, le luci in città. Come un grande cervello, tutto il sistema è connesso in una rete in cui l’unità-base è il cittadino, che rappresenta un neurone addetto alla trasformazione e circolazione di bit informazionali. Il potere si fa anonimo e automatizzato e ogni decisione ha il sapore dell’inevitabile. Ci sono degli ingegneri che lavorano sul sistema, ma il loro compito è simile a quello degli spazzacamini: devono limitarsi a rendere la circolazione di informazione più fluida e ridurre il gap fra risultato atteso e risultato reale nel processo di autoapprendimento del sistema.
Le controversie di natura etica sono ridotte al minimo: trattandosi di un sistema autopoietico, l’obiettivo del sistema è quello di conservare la sua unità ed evitare che le questioni etiche creino delle fratture. Nel caso in cui dovessero sorgere delle controversie sui valori, il problema viene risolto attraverso un’espressione delle preferenze in tempo reale, con l’antico criterio della maggioranza, retaggio di una democrazia ormai inutile e obsoleta.
Nello Stato-alveare di Beer il socialismo trionfa: tutti, in qualità di api-operaie, partecipano alla vita politica, e le diseguaglianze economiche e sociali sono pressoché sparite. Nella rivoluzione cyber-socialista, il litio ha preso il posto del miele.


