Il porno che vogliamo

Se il porno è l’estensione di una vibrante immaginazione sessuale, come emanciparlo da vergogna, sfruttamento e cultura dello stupro?

Pubblichiamo un estratto dal primo volume di Pleasure Activism. La politica dello stare bene, il libro di adrienne marie brown appena pubblicato nella collana Not di NERO. Lo trovate in libreria, oppure potete acquistarlo direttamente sul nostro sito. Buona lettura e buon piacere!

Nel 2017, tra le parole chiave più usate dagli uomini per fare ricerche pornografiche sul web c’erano le seguenti: «stepmom» [matrigna], «stepsister» [sorellastra], «mom» [mamma], «teen» [adolescente], «stepmom and son» [matrigna e figlio]. Agli uomini piacevano anche i video delle categorie «Japanese», «Ebony» e «Asian», esattamente in quest’ordine. Le donne invece cercavano «stepdad and daughter», oltre a «gangbang» e «extreme gangbang». Volevano vedere un «big Black dick» [grande cazzo Nero] o solo del «Black sex» in generale e a volte «Japanese» (questo dato pare sovrapporsi nella stragrande maggioranza dei casi a perversioni specifiche come il feticismo dei piedi, del seno e i giochi sessuali). E tutte le persone, sia uomini che donne, volevano vedere le «lesbiche». Non che questi fossero gli unici termini cercati, ma erano i più cercati da milioni di persone in tutto il mondo secondo Pornhub, il primo sito porno nel mondo. 

L’industria pornografica, come il lavoro sessuale, esiste per soddisfare un bisogno che l’utenza in genere preferisce negare. Nel caso del porno, il bisogno è quello di contenuti fuori dalla sfera dell’immaginazione e dei ricordi per alimentare il motore del nostro desiderio. Ne fanno parte le idee che ci eccitano, le cose che vogliamo fare o sentire ma che pensiamo di non poter avere, le cose che ci sembrano proibite o al contrario ordinarie. La pornografia, soprattutto nei suoi contenuti gratuiti o più economici, è pensata per soddisfare lo sguardo maschile. 

Generalmente se ne usufruisce in privato, soprattutto ora che internet può portarti tutto il sesso che puoi immaginare, e molto altro che non puoi nemmeno immaginare, attraverso siti gratuiti e, in alcuni casi, siti a pagamento di qualità superiore, con contenuti più lunghi e più specifici (il che significa che puoi ottenere porno ad alta definizione del tipo che trovi eccitante rispetto a qualsiasi contenuto gratuito ti possa venir offerto). 

Ci sono un sacco di articoli e libri sui modi in cui il porno può diventare una dipendenza, molte persone cristiane sono preoccupatissime per questo fenomeno. Non mi interessa entrare nei dettagli della questione in questa sede, se non per dire che se non riesci a masturbarti e/o a raggiungere l’orgasmo senza la pornografia, varrebbe la pena fermarsi ad analizzare i segni della tua dipendenza dal porno e capire meglio la tua situazione. 

Sono più interessata ad approfondire il tema di cosa guardiamo quando guardiamo i porno e come questi interagiscono con i percorsi del desiderio nei nostri corpi e nei nostri cervelli. Come ci stiamo abituando a desiderare? 

Cosa ci influenza quando ci rivolgiamo alla pornografia? E come il porno, a sua volta, influenza i nostri desideri nella vita reale? E possiamo usare la pornografia per plasmare i nostri desideri nel mondo reale? 

In questo viaggio di liberazione del nostro desiderio, dobbiamo analizzare il nostro rapporto con la pornografia. E come per tutte le cose in questa rubrica, voglio usare un approccio di riduzione del danno, per imparare a guardare alle nostre pratiche senza giudizio, senza vergogna, ma piuttosto con curiosità e spirito d’iniziativa. Cosa ci influenza quando ci rivolgiamo alla pornografia? E come il porno, a sua volta, influenza i nostri desideri nella vita reale? E possiamo usare la pornografia per plasmare i nostri desideri nel mondo reale? 

Mi interessano in particolare gli effetti che le nostre pratiche pornografiche producono sulla nostra immaginazione. 

Esistono diversi musei del sesso nel mondo, io ne ho visitati molti (in realtà il primo che abbia mai visitato è il Museo del Sesso di Amsterdam, con mia mamma. Grazie per essere fica, mamma!). Quello che mi colpisce sempre è che un tempo, cioè prima che nascessi, la pornografia era per lo più fatta di immagini fisse. Si guardava una polaroid di persone che fanno sesso, una foto in bianco e nero di una donna stesa su una chaise longue, o un disegno del Kama Sutra, e la mente faceva il resto. 

Era la fantasia ad animare la scena: immaginando di muovere le dita su quella carne che in realtà non avevi mai visto in movimento, costruivi la carica erotica. Forse quel sesso immaginato era piuttosto convenzionale, specialmente nell’era pre-Hentai. Per conto vostro, da sole, potreste aver aggiunto o meno alla vostra playlist di fantasie il porno con i tentacoli, il bukkake o una gangbang anale. Ma le fantasie erano per lo più creazioni della mente. 

Ora, tutto il porno è fatto di riprese in soggettiva, alta definizione o amatoriale girato con i telefoni. Puoi guardare un porno mal recitato o passare al porno martellante senza alcuna linea narrativa. Puoi connetterti con persone che rispondono alle tue richieste inviate via chat. Nell’istante in cui la mente comincia a muoversi in una qualsiasi direzione del desiderio, si può digitare quel desiderio in una barra di ricerca e vedere la vostra fantasia (o qualcosa di molto simile) concretizzarsi. 

L’immaginazione non è davvero necessaria. 

E forse questo potrebbe anche andar bene se le ricerche più frequenti fossero «donna sopra qualcuno che non potrebbe mai identificare come un membro della famiglia», «donne con lo strap-on che si prendono chiappe tenere», «professionisti adulti di tutti i generi in un gioco di ruolo sexy consensuale antirazzista». Ma se la pornografia è un altro spazio in cui ci esercitiamo a esplorare le nostre fantasie, ho diversi dubbi al riguardo. 

Come possiamo andare oltre le cose che siamo arrivate a desiderare accidentalmente e di cui abbiamo bisogno per eccitarci, per inseguire i desideri che vogliamo?

Come affrontiamo la realtà nazionale che le nostre fantasie sessuali si concentrano tendenzialmente sull’incesto, su amanti minorenni, su dinamiche di potere razziale o incontri sessuali in cui le donne sono trattate come oggetti? 

Come affrontiamo noi stesse e ciò che siamo state programmate a desiderare, specialmente se ciò agisce contro la nostra capacità di agire, di creare legami e di mantenere la nostra integrità nel sesso della vita reale? 

Come possiamo andare oltre le cose che siamo arrivate a desiderare accidentalmente e di cui abbiamo bisogno per eccitarci, per inseguire i desideri che vogliamo e che dobbiamo coltivare per interrompere i dannosi cicli interconnessi in cui ci troviamo? 

E come affrontiamo la vergogna ormai radicata nel profondo di ciò che desideriamo? Perché anche se non abbiamo creato noi le acque in cui nuotiamo, quelle acque ci stanno ancora avvelenando. 

Come ci assumiamo la responsabilità dei modi in cui ci stiamo preparando a partecipare alla cultura dello stupro negli angoli più reconditi delle nostre menti? E la responsabilità di tutta la nostra immaginazione esclusa da questo processo? 

Che conseguenze ha il rifiuto di quegli immaginari erotici? 

Tutto questo mi preoccupa. Credo che la nostra immaginazione (soprattutto quando contiene ciò che più desideriamo, che ci porta piacere e ci fa gridare «sì!») sia il terreno sul quale seminare il futuro, rivolgerci verso la giustizia e la liberazione, e rieducarci a desiderare una vita sessualmente ed eroticamente potente. 

Idealmente, il porno è una scintilla e un’estensione di una vibrante immaginazione sessuale. E proprio come con la fantasia, possiamo continuare a guardare qualcosa che va oltre la nostra politica, qualcosa che non abbiamo mai pianificato di praticare; il tutto entro in confini di una scelta intenzionale e sessuale consapevole. 

Il punto di partenza è esaminare le nostre parole chiave, trovare la nostra dignità collettiva. Potremmo anche scrivere sceneggiature originali di contenuti erotici e porno su noi stesse o provare qualche nuova narrazione femminista, in modo da sperimentare l’erotismo senza dover pagare il prezzo della complicità con la nostra stessa oppressione. 

adrienne marie brown è scrittrice, doula, femminista e attivista per la liberazione Nera. Il suo lavoro di scrittura ruota attorno all’opera di Octavia Butler e Ursula K. Le Guin. È autrice di Emergent Strategy (AK Press 2017) e ha co-curato il volume Octavia’s Brood. Science Fiction Stories from Social Justice Movements (AK Press 2015). Originaria di Detroit, oggi vive a Durham, NC.