Debunkare i bunker

Cosa i super-ricchi NON sanno che noi invece sappiamo e altre perle di saggezza della reality TV

La persona dell’Imprenditor Giulio Cavicchioli che “travolto dal boom di richieste da tutta Italia” si trascina un po’ sfavato per motivi suoi da un’intervista su Repubblica a un servizio su Rai Uno, non era proprio quello che credevamo di meritarci come nunzio dell’Apocalisse, ma in fin dei conti anche lui aveva sperato in qualcosa di meglio.

Cavicchioli è un venditore di Bunker NBC che sta per nucleare-batteriologico-chimico e la superficialità con cui la gente oggi giorno si approccia all’argomento non gli va giù: “la cosa che più mi rattrista è che sembra la corsa all’acquisto dell’iPhone”. Non sono più i bei tempi in cui lavorava per “pochi clienti, ma con la testa sulle spalle” e appena ripresosi dalle vendite del 2012, grazie a quella storia del calendario dei Maya, concedeva un’intervista esclusiva al programma Indagine ai Confini del Sacro su Tv2000it, abbandonandosi a confessioni intime come: “io conosco gente che non lo ha detto neanche alla sorella, e capisco il perchè, lo condivido… è la paura di dover dir di no a chi un domani viene a bussare in caso di emergenza”.

Così si deve parlare dei bunker, ovvero non se ne deve proprio parlare. La segretezza è uno dei pilastri fondamentali nel mercato dei rifugi sotterranei. I rifugi ad uso privato sono quelli più difficili da scovare, eppure ne esistono di tutte le forme misure.

In Europa, la ditta Oppidum Bunkers offre “un portafoglio esclusivo di bunker residenziali” dove mettere in salvo famiglia, animali domestici, auto e oggetti d’arte con la massima discrezione. La form che la ditta praghese richiede di compilare per ricevere ulteriori informazioni lascia tutta l’impressione che non siano i clienti a scegliere Oppidum, ma Oppidum a scegliere il cliente. Il nome, Oppidum, evoca l’epoca relativamente lunga in cui la società civile europea era organizzata in città fortificate, implicando che acquistare una micro-città fortificata sotto terra sia una scelta perfettamente ragionevole. La leggenda di The Oppidum, il più largo bunker di lusso privato esistente al mondo, fiore all’occhiello della ditta fondata da Jakub Zamrazil, si tramanda di clickbait in clickbait, ma non ci è dato sapere chi abbia avuto la lungimiranza di acquistare questo insediamento nei pressi di Praga, grande come il 70% del territorio del Vaticano, dotato di piscina e spa, una cantina per i vini, un cinema, una biblioteca, una clinica medico-chirurgica attrezzata e un giardino con luce naturale simulata.

Anche i clienti di Gary Lynch, fondatore di Rising S Bunkers, si sono guardati bene dal rivelare la loro identità, facendo firmare NDA su NDA a ditta e costruttori. Come racconta l’Hollywood reporter, l’azienda texana da anni fornisce a star hollywoodiane, politici di alto rango e atleti NBA o MLB, abitazioni sotterranee dotate delle migliori comodità, nel caso in cui, durante un incendio inestinguibile in Napa Valley ci si voglia ristorare con un bel bagno in jacuzzi o una partita a bowling, a 30 metri di profondità scavati nella roccia. Alcuni bunker contengono persino serre e stalle per cavalli, e nel caso si sia fatto l’errore di far entrare qualcuno di cui non ci si fida completamente, Lynch ha avuto la geniale idea di progettare dei bunker nei bunker, stanze nascoste di cui solo il proprietario conosce l’esistenza. 

Per soddisfare l’irrefrenabile pulsione a nascondersi nei recessi della Terra, le spese di costruzione oscillano intorno ai 10 milioni di dollari. Ma da cosa si stanno proteggendo i super ricchi, o come si sono domandati ultimamente da Forbes, Bloomberg, o Vice, “cosa sanno che noi non sappiamo”?

La varietà delle catastrofi che si potrebbero abbattere su noi poveri umani è talmente vasta che qualsiasi tentativo di preparazione alla fine del mondo, ad un attento scrutinio, finisce per rivelarsi fallimentare. Il popolarissimo reality Doomsday Preppers di National Geographic, ha costruito il suo successo proprio su questa semplice constatazione, ma lo show ci rivela qualcosa di più. Nel corso delle numerose puntate una famiglia dopo l’altra mette inconsapevolmente a nudo le sue paure: c’è chi mostra come si difenderà da una tempesta solare, chi studia fonti energetiche alternative e di fortuna, alcune temono il collasso economico, altri ​​i meteoriti, le catastrofi naturali, o le bombe batteriologiche. Mostrami il tuo bunker e ti dirò chi sei. 

Osservando Kellene Bishop, una delle partecipanti di Doomsday Preppers, accumulare cibo in scatola acquistato a sconto nel suo appartamento nei sobborghi di Salt Lake City, o essere a sua volta spettatrice di un reality di cucina che le insegna a trasformare in cibo “gourmet” le sue uova immerse nell’olio minerale e i suoi formaggi imbalsamati nella cera, non si può fare a meno di notare che Kellene soffre di obesità, e che sebbene nel corso degli anni sia riuscita ad accatastare cibo “per il valore economico di 100mila dollari”, è quantomeno probabile che le lezioni di autodifesa o le perlustrazioni a mano armata che ama svolgere con suo marito quando viene la sera, per imparare a muoversi dentro casa nell’eventualità di un blackout, non serviranno a proteggerla dalle orde di affamati in caso di collasso economico mondiale.

Nelle strategie di backup fine di mondo molti milionari non vanno tanto più in là di Kellene Bishop. Scavando tra interviste e articoli sull’argomento, viene il sospetto che la segretezza sia un pilastro fondamentale nel mercato dei bunker di lusso, perché i super ricchi oggi più di ogni altra cosa, temono di essere aggrediti dai poveri. Quando ci sarà la rivoluzione, dove ti nasconderai? Diceva il meme.

Nella lista di possibili rischi (hazard) elencati nel listino di Rising S Bunkers, tra i terremoti, i meteoriti, i virus letali, gli incendi e gli uragani, le bombe batteriologiche e nucleari, spicca quello del “civil unrest”. Lo svela, primo fra tutti Nick Hanauer, one percenteranzi point one percenter, investitore iniziale in Amazon.com e amico di vecchia data di Bezos, nel suo articolo choc The Pitchforks Are Coming… For Us Plutocrats, dove riconosce che la crescente disuguaglianza dei redditi porterà inevitabilmente ai forconi, e che quando ciò avverrà, “non ci sarà il tempo per arrivare all’aeroporto e saltare sul nostro Gulfstream Vs e volare in Nuova Zelanda”.

La leggenda della fuga in Nuova Zelanda, è approfondita nell’indagine di Mark O’Connell, autore di Notes from an Apocalypse, che racconta come molti milionari, compreso il co-founder di PayPal e primo investitore di Facebook Peter Thiel, da qualche anno abbiano iniziato a edificare ville, e si suppone anche bunker privati, in una regione giudicata perfetta per proteggersi in caso di innalzamento dei mari, carestie e siccità: la regione di Queenstown Lake, una straordinaria riserva di acqua dolce, immersa nelle verdi colline che hanno fatto da set al film Il Signore degli Anelli. Questa moda ironicamente per ora non ha messo in salvo nessuno, provocando invece una piccola apocalisse per i Kiwi che abitavano nei dintorni, assaliti da un processo di gentrificazione violenta, mentre il paradiso in terra si trasformava in un mucchio di cantieri e ville deserte.

Anche lo scrittore e giornalista Evan Osnos, nel suo bellissimo articolo Doomsday Prep for the Super-Rich finisce per riconoscere amaramente il graduale disimpegno dei super-ricchi, non più interessati ad attività di filantropia o prevenzione del disagio sociale e sempre più attratti dal survivalismo. L’idea di sopravvivere oltre la fine del mondo, da argomento di conversazione “hush-hush” ai cocktail party, è diventato per molti milionari una scelta ragionevole per proteggere i propri cari in caso che qualcosa vada storto, per altri un divertimento tipo gioco di ruolo ma nella realtà, per altri ancora, come racconta Steve Huffman, co-founder e CEO di Reddit, addirittura un’ossessione. Ma mentre CEO e brogrammer si informano su come acquistare passaporti falsi sul dark web, si sottopongono a interventi laser per disfarsi della miopia, si procurano lingotti o dobloni d’oro massiccio in caso di collasso del sistema economico, e una moto per scappare velocemente dalla città intasata dal traffico a cui tutti i film catastrofici ci hanno preparato, c’è chi si è spinto ben oltre le improvvisate.

Larry Hall, ideatore del Luxury Survival Condo Project, è perfettamente consapevole che, per sopravvivere a un collasso economico, a un inverno atomico o a un’era glaciale, una manciata di lingotti d’oro e un bunker privato imboscato sotto una McMansion in Napa Valley non basteranno di certo. Con i tempi che corrono, alle prime è quasi impossibile non sentire un briciolo di invidia per quei fortunati che per soli 3 milioni di dollari si sono già aggiudicati un appartamento di lusso dentro il Survival Condo, un bunker di ben 15 piani che Larry Hall è riuscito a ricavare da un silo per missili Atlas ICBM. I 12 appartamenti presenti nella struttura possono albergare fino a un massimo di 75 persone e sono già andati tutti a ruba. 

Notando le immancabili finestre a schermo piatto con video in loop di scenari naturali che alternano la luce artificiale del giorno a quella della notte, presenti in quasi ogni stanza del Condo, viene da domandarsi se l’energia che alimenta questi schermi, e soprattutto che tiene in funzione i depuratori e le ventole che assicurano aria respirabile sotto 100 metri di profondità, continuerà ad esistere dopo il collasso della civiltà.

Larry Hall ha pensato ovviamente anche a questo: come confida allo studioso di cultura prepper Bradley Garrett, le pale eoliche che oggi tengono viva la gigantesca città sotterranea in caso di una catastrofe verranno sostituite dalle 386 batterie per sottomarini e in caso si metta molto male – se ad esempio i fortunati abitanti del Survival Condo si trovassero a sopravvivere durante un inverno nucleare, quindi a 5 anni di tempeste di ghiaccio e grandine – ecco che entrerebbero in scena i due generatori diesel da 100 kW, ognuno dei quali da solo è in grado di far funzionare la struttura per 2 anni e mezzo. Ben altro rispetto alla grama offerta del nostro Giulio Cavicchioli, con i suoi bunker dove non si può sopravvivere più di due mesi e mezzo, dove in caso di mancanza di elettricità ci si ritrova a mandare la ventola d’aria con una manovella, e dove i clienti sono soliti fare scorta di galloni d’acqua, scatolette di tonno e lumini da morto.

Larry Hall poi tiene moltissimo alla salute mentale dei suoi inquilini. Le amenities sistemate nella sua facility, come la piscina salina con sauna e bagno turco, il cinema con un database di “tutti i film mai prodotti”, la palestra e parete da arrampicata, non sono vezzi, bensì risorse necessarie per poter condurre una vita normale anche durante 5 anni di reclusione, gettandosi alle spalle il fatto che gran parte della specie umana è ormai estinta. Nell’ipotetica Città del Sole di Larry Hall, i milionari sono obbligati a lavorare in turni alterni, per tenere attivo il cervello, e a visitare il supermercato almeno una volta ogni tre giorni, per non isolarsi. Larry ha addirittura pensato a internet. Al momento dell’acquisto i clienti gli comunicano i loro interessi tramite delle parole chiave, e Larry e i suoi assistenti scaricano tutto quello che trovano a riguardo su internet – un po’ a caso ma chissenefrega lui mica è un archivista – per conservarlo ab aeterno.

Molte delle tecnologie utilizzate per la costruzione di bunker autosufficienti, traggono ispirazione dai viaggi nello spazio. Mentre Elon Musk vendeva tutti i suoi possedimenti immobiliari in California, per un valore di 100 milioni di dollari, si trasferiva in un prefabbricato da 50000 dollari montato sul terreno di SpaceX in Texas, e investiva grosse somme di capitale nella preparazione dell’esodo su Marte, anche il design di bunker autosufficienti che possano essere usati sia sulla Terra che, ipoteticamente, come zone abitabili su Marte, ha vissuto il suo piccolo boom di richieste. Niente che Larry Hall non avesse in qualche modo già previsto!

È rassicurante sapere infatti che le coltivazioni in idroponica già in funzione in uno dei piani del Condo, siano state messe a punto sotto la consulenza di uno dei membri del progetto Biosphere 2, uno straordinario esperimento condotto nel 1991 nel deserto dell’Arizona, che ha dato vita ad una gigantesca serra completamente isolata dall’ambiente esterno o biosfera 1 (il pianeta Terra), i cui risultati hanno reso possibile la coltivazione di orti idroponici nello spazio. Un po’ meno rassicurante venire a conoscenza che i 7 biologi e scienziati che componevano la squadra di ricerca di Biosphere 2, dopo pochi mesi di convivenza isolata in questo stupendo eden di ferro e vetro, composto da una foresta di mangrovie, una savana, un deserto, un sistema di campi coltivati e una zona con abitazioni e laboratori, e addirittura una piccola pozza di oceano con una barriera corallina, si odiavano a tal punto da non parlarsi, sputarsi addosso e augurarsi vicendevolmente la morte. E se, per fortuna, in questo proto-reality che fu Biosphere 2, i 7 partecipanti erano seguiti 24 ore su 24 da dottori e psicologi oltre che un numero sempre crescente di TV e rotocalchi, la condizione in cui si troverebbero a sopravvivere i 75 milionari che si sono assicurati il posto in uno degli appartamenti di Survival Condo sarebbe ben diversa. Se ci si trova dentro Survival Condo infatti, la società e le sue leggi probabilmente non esistono più. Forse Larry Hall non ha avuto un’idea poi tanto brillante quando ha deciso di includere tra le amenities del Condo un rifornitissimo poligono di tiro.

Ma non tutti i milionari sono così naif da affidare il loro destino a un’ipotesi di società utopica e alle guardie di sicurezza di Survival Condo. A questo riguardo, il teorico e scrittore Douglas Rushkoff nel suo Survival of the Richest, racconta di essere stato invitato a una conferenza “sul futuro della tecnologia” alquanto inusuale. Per un gettone di partecipazione che equivaleva alla metà del suo stipendio di professore, Rushkoff si è ritrovato inaspettatamente protagonista di un incontro tête-à-tête tra lui e 5 signori supremi di cui non rilascia le generalità, che dopo un po’ di discorsi di cortesia su criptovalute e quantum computing, sono andati dritti al vero punto d’interesse, concentrandosi per un’ora sulla domanda: “Come faccio a mantenere l’autorità sulla mia forza di sicurezza dopo l’evento?” L’evento, ovvero dopo il collasso sociale e economico della nostra civiltà. E difatti una volta che il denaro non ha più alcun valore di scambio, perché le guardie di sicurezza dovrebbero continuare a proteggere i loro padroni? 

Le soluzioni escogitate dai 5 milionari, senza ombra di vergogna, spaziavano dal nascondere scorte di cibo in armadietti blindati di cui solo loro conoscevano la combinazione, a far indossare alle guardie dei collari disciplinari esplosivi che le obbligassero a seguire i loro ordini pena la morte; in alternativa guardie robot… Se solo le bestie robotiche di Boston Dynamics non fossero ferme agli “umanoidi in grado di saltare ostacoli” e a quegli inquietanti canidi d’acciaio. Se il goal è rimanere vivi, in tutti gli scenari post-apocalittici contemplati la soluzione con più probabilità di successo, quella che eviti cioè il randomico spargimento di violenza e morte, rimane sempre e solo una: l’alleanza e la collaborazione tra pari.

Seguendo questo ragionamento, le strutture difensive presentate da Robert Vicino con la sua ditta Vivos, si differenziano dalle offerte di altre ditte perché non puntano sulla segretezza e la segregazione, né al lusso, bensì alla costruzione di una nuova società civile. Il claim “global shelter network” incarna la visione di un uomo che pur avendo perso fiducia nella società attuale ha capito che il solo modo di sopravvivere, sulla lunga distanza, è affidarsi a una comunità e alle conoscenze diversificate dei suoi componenti. 

Per quanto possa sembrare un po’ meno eccitante l’idea di acquistare un mini-bunker in una landa desolata del South Dakota, il progetto Vivos xPoint, composto da un complesso di 575 bunker, sulla carta potrebbe essere una soluzione ideale… sempre che valga la pena sopravvivere senza jacuzzi. La strategia di sopravvivenza e di mercato di Robert Vicino è indirizzata alla meritocrazia della classe media. Che come dichiara in un’intervista su Forbes, “qui non accettiamo American Express”. Ogni bunker può essere acquistato per 35000 dollari, più un affitto annuale di 1000 dollari. L’acquirente può scegliere di arredare e fornire il proprio bunker autonomamente o rivolgersi a Vivos per arredamento e filtri d’aria, per una cifra che oscilla intorno ai 120.000 dollari.

Quella di Vivos xPoint è considerata la più vasta comunità di preppers attualmente esistente al mondo, o almeno così dice la pubblicità di Vivos. Non è facile dare torto alle coppie di signori di mezza età che hanno deciso di abbandonare l’America trumpiana, devastata dal covid, per trasferirsi a Vivos xPoint, e costruire la loro casetta. Lontani dal caos e dalla complessità del nostro attuale stato evolutivo, qui la vita è riportata ai minimi termini. Come esseri umani di un’era edenica, e forse mai esistita, i preppers ricostruiscono la loro piccola società, imparano a ricavare cibo dall’orto e a comunicare tra loro con le frequenze radio, si insegnano a vicenda a creare antibiotici, gabbie di Faraday, o conserve di marmellata. Persone tagliate fuori dalle decisioni globali che recuperano un senso di utilità delle loro azioni con atti pratici e tangibili, persone che aspettano quasi con speranza il momento in cui potranno finalmente rinchiudersi nel silenzio del loro bunker per diventare la versione migliore di se stesse, perché là dentro “beh, potresti fare qualsiasi cosa, potresti imparare a meditare, potresti imparare a levitare, potresti imparare a camminare attraverso i muri. Quando ci si libera di tutte le distrazioni e le stronzate che ci circondano e che ci impediscono di fare queste cose, chissà cosa si può realizzare?” Tempi drastici che portano a drastiche rinunce, e in questo la comunità prepper ha sicuramente qualcosa da insegnarci, soprattutto per aspetti come la sostenibilità di cibo e risorse e la fiducia nella comunità, che in un modo un po’ bislacco e solipsistico, coincidono con i movimenti di giustizia climatica. Ma ancora una volta, finché la società non è veramente arrivata al collasso, Vivos xPoint non è tanto di più che un gioco, un LARP in campagna con gli amici che poi tanto si ritorna a casa, si fa la doccia e si va al supermercato. Purtroppo quello che ci aspetta, se mai “l’evento”, o i lentissimi eventi che ci porteranno alla fine della civiltà, avessero luogo, è molto molto peggio.

Pensando a quanto sarebbe peggio, un’immagine imprevista mi giunge alla mente: Kim Kardashian in un bunker di Giulio Cavicchioli. Nella ventesima serie del reality Keeping Up with the Kardashians, Kim accompagnata da una disgustata Khloé, si ritrova a sperimentare la sopravvivenza in una “non disclosed location” in cui si riconosce però uno degli Atlas Survival Shelter costruiti dall’omonima ditta in Dallas, Texas. Ancora una volta, sotto la spietata lente del reality televisivo, anche il bunker arredato si svela per quello che è, un buco malmesso dove si mangia pasta disgustosa in dei sacchetti (i prepper la chiamano MRE) e dove fa un caldo insopportabile. Dopo 3 ore che sono sembrate 3 giorni, Kim e Khloè se ne vanno sfrante: l’apocalisse fa schifo, anche e soprattutto per i milionari.

Silvia dal Dosso  è una creativa multidisciplinare e una ricercatrice in nuove tecnologie digitali e subculture del web. Nel 2016 ha co-fondato Clusterduck, un collettivo che lavora all’incrocio tra ricerca, design e transmedia, con cui ha creato e curato design performativi, workshop collettivi e mostre interattive, come #MEMEPROPAGANDA e Meme Manifesto. Come regista ha scritto e diretto The 1Up Fever, un documentario su Bitcoin e Augmented Reality. Attualmente vive e lavora spostandosi per l’Europa, come direttrice creativa e consulente in ricerca e sviluppo per le nuove tecnologie.