Gli zombie di Nick Land
Quasi per caso, non so neanche io esattamente perché, mi sono ritrovato tra le mani un libro: L’illuminismo oscuro di Nick Land. Dopo essere stato negli anni Novanta il padre spirituale della CCRU, gruppo di ricerca autonomo nato all’interno dell’università di Warwick e dalle cui ceneri emersero i più importanti esponenti dell’accelerazionismo di sinistra, Land cambia improvvisamente direzione: si trasferisce in Cina, dove scrive per il partito, e nel 2013 pubblica a puntate su un blog questo manifesto neo-reazionario. Per Land l’illuminismo oscuro è una forza emergente che si oppone all’universalismo progressista. Se infatti dalla sinistra principi come l’uguaglianza sostanziale degli esseri umani sono considerati come un dato evidente, Land invece valuta l’universalismo come il frutto di una credenza superstiziosa di matrice religiosa.
Forse le sue orrende tesi apertamente antidemocratiche e razziste non meritano neanche di essere commentate, o forse lo meriterebbero ma con strumenti teorici che non sento di possedere. Non mi soffermerò quindi sulle argomentazioni landiane rispetto ai “problemi” della nostra società: ciò che più mi ha colpito del libro e su cui soffermerò la mia attenzione riguarda una delle “soluzioni” che Land prospetta per il mondo a venire.
Land sostiene che la democrazia sia un sistema politico fallimentare, improduttivo e destinato a portare la civiltà al collasso. «Laddove l’illuminismo progressista vede ideali politici, l’illuminismo oscuro vede appetiti». Ogni fazione politica cerca di accaparrarsi quanto più potere e ricchezza possibili: «il domani potrebbe appartenere all’altra squadra, quindi è meglio mangiarsi tutto ora». Alla democrazia Land oppone un nuovo sistema politico/sociale: il neocameralismo. A tal proposito riprende Mencius Moldbug, uno dei massimi esponenti del movimento neoreazionario americano, che afferma:
«Per un neocameralista uno Stato è un’azienda che possiede un paese. Uno Stato dovrebbe essere gestito, come ogni altra azienda di grandi dimensioni, dividendo le proprietà in azioni negoziabili, ognuna delle quali produce una frazione precisa del profitto dello Stato (uno Stato ben gestito è molto redditizio). Per ogni azione un voto, e gli azionisti eleggono un consiglio che assume e licenzia i dirigenti. I clienti di questa azienda sono i residenti nello Stato. Uno Stato neocameralista gestito con profitto, come ogni altra azienda, servirà i suoi clienti con efficienza e dedizione, malgoverno equivale a cattiva gestione.»
Moldbug sostiene che precedenti storici del neocameralismo siano rintracciabili nell’assolutismo illuminato di Federico il Grande e in alcuni frammenti del defunto impero britannico: Hong Kong, Singapore e Dubai. «Sembra che questi stati forniscano servizi di alta qualità ai loro cittadini senza alcun tipo rilevante di democrazia».
Il processo qui delineato come utopia a cui tendere da Land e gli altri neoreazionari è, sebbene assolutamente non auspicabile, già in corso d’opera nel mondo che ci circonda. Moldbug sostiene che precedenti storici del neocameralismo siano rintracciabili nell’assolutismo illuminato di Federico il Grande e in alcuni frammenti del defunto impero britannico: Hong Kong, Singapore e Dubai. «Sembra che questi stati forniscano servizi di alta qualità ai loro cittadini senza alcun tipo rilevante di democrazia». Tutto sta nel portare avanti questo processo a livello globale.
Capisco la tentazione, ma non abbandonatemi. Il bello (o meglio il brutto) deve ancora venire. Solo dopo queste premesse infatti è possibile introdurre l’argomento di questo articolo, ovvero il concetto landiano di zombie. A tal proposito Land scrive:
«Che la democrazia sia fondamentalmente non produttiva in relazione al progresso materiale, è generalmente sottostimato. La democrazia consuma il progresso. Quando lo si rilevi in una prospettiva di illuminismo oscuro, la modalità di analisi appropriata per lo studio del fenomeno democratico è la parassitologia generale. Risposte semilibertarie all’epidemia sono favorevoli a questa ipotesi. Data una popolazione largamente infettata dal virus zombie che barcolla verso il collasso sociale cannibalistico, l’opzione preferita dovrebbe essere la quarantena. Non è l’isolamento comunicativo a essere essenziale, ma un efficiente dissolvimento della solidarietà sociale che rafforzi il circuito continuo di domanda e risposta, ed esponga la gente, con la massima intensità, alle conseguenze delle proprie azioni. La solidarietà sociale, al contrario, è amica del parassita. […] Affermando la dignità dello stile di vita degli zombie nei programmi didattici, e regolando gli spazi di lavoro per assicurare che i morti continuino a trascinarsi e non siano vittime dei padroni ossessionati dal profitto e fissati con la performance, mentre la tolleranza illuminista nei confronti degli zombie fiorisce al riparo dello scudo del grande parassita democratico, un piccolo residuo di reazionari attento agli effetti degli incentivi reali sostiene una questione di base: ma vi rendete conto che queste politiche portano inevitabilmente a una massiccia espansione della popolazione zombie?»
Prima di affrontare la tematica zombie mi è necessario fare riferimento a una mia esperienza personale. Qualche lettore o lettrice dirà: «ma ancora? Non ti è bastato il profluvio di critiche aspre e personali che ha investito i tuoi precedenti articoli?». In effetti sì, a tratti ho avvertito una profonda stanchezza. Però mi rendo anche conto che i miei processi riflessivi al momento funzionano in questo modo: partono inevitabilmente da miei vissuti cercando di non rimanerne incastrati. La speranza è che possano essere colti come un segno di altro, che possano servire a qualcuno, gettare una luce, seppur parziale, su qualcosa di più grande. Spero vivamente (per me per gli altri per tutt*) che a un certo punto della mia esistenza non sarà più così, che non mi sentirò più vincolato a forme espressive personalistiche che mi costringono a espormi in prima persona. Ora però è così, così funziona la mia capoccia, ridurmi al mutismo per questo motivo non mi va proprio.
Cosa mi è capitato: ad agosto ho avuto un contatto con un mio amico risultato poi positivo al Covid e mi sono messo in quarantena – esperienza spiacevole toccata purtroppo in sorte a molte persone negli ultimi due anni. Ero da solo. Gli altri abitanti della mia casa erano assenti, in viaggio. Non si trattava del periodo più sereno per affrontare una cosa del genere. Già prima dell’isolamento non riuscivo a compiere alcuna azione che avesse il benché minimo risvolto produttivo. Non riuscivo a svagarmi leggendo, attività ormai abbandonata da mesi, o guardando serie tv o film (in questo senso gli unici contenuti frequentati con assiduità sono stati per lungo tempo i video di Simone Cicalone, che consiglio vivamente a tutt*). Uscire a fare una passeggiata, vedere qualche amico: queste erano le uniche attività che mi concedevano un po’ di sollievo da me stesso. Erano anche le uniche di cui l’isolamento mi privava.
La maggior parte del tempo passato in quarantena l’ho speso a piangere in modo disperato e incontrollato e a camminare per casa in preda a non so cosa. C’è stato un giorno in cui il mio cellulare mi ha segnalato che avevo compiuto 10.000 passi. Ero a casa, non potevo uscire, e avevo percorso senza rendermene conto tutta quella strada (per giunta con il telefono in mano). Chiamare qualche amic* mi ricongiungeva un po’ con me stesso e con l’ambiente circostante, ma l’effetto non era particolarmente duraturo. Finita questa stupenda esperienza ho deciso per la prima volta nella mia vita di iniziare un percorso terapeutico.
Leggere dopo tutto ciò Nick Land che parla di zombie da mettere in quarantena mi ha colpito. Mi ha colpito perché non potrei trovare definizione migliore per descrivere quella condizione di paralisi e isolamento. E se in quei giorni di quarantena qualcuno avesse provato a eliminarmi, come spera il buon illuminato oscuro, non ci avrei nemmeno fatto caso.
Arrivati a questo punto mi sono chiesto: chi sono gli zombie di Land? È possibile darne una definizione più esaustiva? Il parere a cui sono giunto è che gli zombie di Land non siano altro che esseri senzienti che siano stati privati della propria sensibilità, della possibilità stessa di provare piacere e dolore e dare un senso (quale che sia) alle proprie vite, e in virtù di questo siano come inceppati, inutili a qualsiasi scopo produttivo. E chi è invece la controparte degli zombie? Le macchine. Il neocameralismo non può che essere portato avanti da macchine insensibili a ogni forma di piacere e dolore (e quindi non meno morte degli zombie, sia chiaro). Che Nick Land ce l’abbia con la vita organica in quanto tale è reso evidente dal seguente passo:
«Non c’è zona di Singapore, Hong Kong, Taipei, Shanghai e di molte altre città dell’estremo oriente dove non sia possibile camminare con sicurezza a notte fonda. Le donne, sia giovani che adulte, da sole o coi bambini, possono tranquillamente dimenticarsi di cose come spazio e tempo, perlomeno riguardo al timore di poter subire un’aggressione. Se questo potrebbe non essere sufficiente per definire una società civilizzata, ci siamo quasi. È certamente necessaria una definizione simile. Il caso contrario è barbarie. Queste fortunate città sulla sponda occidentale del Pacifico sono caratterizzate da posizioni geografiche e da profili demografici che richiamano in modo evidente le minoranze modello, educate in un modo che ha dell’imbarazzante, dei paesi occidentali. Si tratta di città dove (non-odiosamente) prevalgono popolazioni che – per eredità biologica, tradizioni culturali o per qualche inestricabile incastro delle due cose – raggiungono un livello di interazioni sociali educate, prudenti e pacifiche senza grandi sforzi, e meritevoli di un continuo sostegno. Sono pure, cosa più importante, società aperte, cosmopolite, del tutto scevre di rozzezza sciovinista o di paranoie etnico-nazionalistiche. I loro cittadini non sono inclini a sottolineare le proprie virtù, al contrario, sono solitamente modesti riguardo alle loro caratteristiche e ai loro successi individuali e collettivi, sono incredibilmente sensibili riguardo ai propri fallimenti e difetti, costantemente attenti alle opportunità di migliorarsi. L’autocompiacimento è tanto raro quanto la delinquenza. In queste città, il terrore sociale è del tutto assente. In netto contrasto, in gran parte del mondo occidentale la barbarie è stata normalizzata.»
Senza sensibilità non è possibile trovare un senso, senza essere congiunti con se stessi tramite la sensibilità non è possibile trovare piacere nella congiunzione con altri.
Il sottotesto di queste parole è evidente: il mondo perfetto è un mondo fatto da macchine in cui niente di umano, niente di organico, niente di sensibile ha più spazio. Questa descrizione è talmente artificiale, priva di qualsiasi emozione, conflitto e sensazione da far accapponare la pelle. In un mondo talmente privo di vita persino il fascismo diventa inutile, nei rapporti tra macchine vige la pace dell’oltretomba.
Che gli zombie abbiano un deficit totale della sensibilità e non solo del piacere me l’ha mostrato la psicoanalisi. Iniziare la terapia non ha diminuito il dolore, tutt’altro. Se prima scansavo il dolore, facevo di tutto per non esperirlo, attraverso le sedute mi rendo conto di riconnettermi piano piano con la mia sensibilità, con il mio corpo. Il dolore, prima evitato con timore, adesso è attraversato e vissuto, assume un senso. Franco “Bifo” Berardi nel suo libro E: La congiunzione scrive che «la sensibilità è la facoltà che rende possibile trovare un sentiero dove non c’è un sentiero, un legame tra cose che non hanno implicazione logica. La sensibilità è la creazione di senso guidata dalla congiunzione, è la capacità di percepire il significato di forme appena emerse dal caos». Senza sensibilità non è possibile trovare un senso, senza essere congiunti con se stessi tramite la sensibilità non è possibile trovare piacere nella congiunzione con altri. Per Bifo:
«Il solo criterio di verità sta nel piacere della congiunzione: io e te, questo e quello, la vespa e l’orchidea. […] Chiamo congiunzione uno scambio fondato su [una] forma di comprensione empatica, chiamo invece connessione uno scambio fondato sul formato sintattico dei segni e delle interazioni. […] La congiunzione è la sintonia temporanea e precaria di organismi vibratori che scambiano significato. Lo scambio di significato si fonda sulla simpatia, sulla condivisione di pathos. La congiunzione perciò può essere intesa come divenire altro. Le singolarità cambiano quando si congiungono. […] Al contrario, nel mondo connettivo della concatenazione ogni elemento rimane distinto e interagisce in maniera funzionale. Piuttosto che una fusione di segmenti, la connessione comporta un semplice effetto di funzionalità macchinica.»
Propria delle macchine è la connessione, gli zombie invece hanno perso la loro sensibilità e la capacità di congiunzione. Presentando il suo libro a Roma, Bifo ha sostenuto che il movimento neoreazionario vada compreso nei termini della psicopatologia. Mi sembra che la teoria landiana possa tranquillamente essere letta in questi termini: il modello di società che Land auspica si arrende consapevolmente a questa reazione psicotica. La sua teoria deriva da una patologica paura per la vita. La stessa paura che a volte provo anche io.
È triste pensare che l’unico modo per poter curare la propria sensibilità sia tramite la terapia. La terapia ha come proprio orizzonte d’azione l’individuo nella sua separatezza dalle altre persone. È possibile che non vi sia un luogo in cui poter recuperare la propria sensibilità insieme? Se esiste io non l’ho ancora trovato.