In da Bginnin God Cr8ed da Heavens

Papa Francesco ha dichiarato che «Internet è un dono di Dio». Ma cosa sta portando la digitalizzazione delle Sacre Scritture in termini di fruizione, messaggio e «influencer spirituali»?

Bible tweets changed my life!
Tim Hutchings

L’estate scorsa ero in vacanza in Calabria. La mia compagna di viaggio e di tenda ogni mattina alle sette riceveva un messaggio sul cellulare. Al terzo giorno le chiesi chi fosse a scriverle con così tanta puntualità. Mi rispose che era un prete.

Suo padre, credente praticante, aveva dato il numero di telefono della mia amica al prete del paese e questi ogni mattina le mandava su WhatsApp un messaggio vocale in cui leggeva un salmo. In macchina attaccò il cellulare alle casse e lo fece sentire a tutti. Non era affatto male. Un uomo dalla voce pacata e suadente raccontava, con accento piemontese, una storia tratta dalla Bibbia. In macchina con noi, a guidarci attraverso il parco nazionale del Pollino, c’era Fabio Migliano, all’epoca laureando del corso specialistico di storie delle religioni, il quale ci aveva detto divertito che la sua tesi era proprio sulle Sacre Scritture e il loro utilizzo in rete. A distanza di alcuni mesi Fabio ha completato la stesura di quella che ha intitolato La scrittura sincera, una disamina sulle implicazioni esegetiche della digitalizzazione della Bibbia –  tema di cui, qui a seguito, intendo trattare partendo proprio dalle informazioni contenute nella tesi di Migliano.

L’utilizzo della tecnica informatica in relazione alle sacre scritture non è una pratica nuova: già negli anni Cinquanta del secolo scorso il reverendo John W. Ellison grazie a un UNIVAC 1 trasferiva su nastro magnetico una Revised Standard Version della Bibbia. Con l’avanzamento della tecnologia, i servizi per gli utenti si sono moltiplicati, così come i mezzi di diffusione. Per esempio il Vaticano ha un suo canale YouTube, oltre che, ovviamente, un sito web. LifeChurch.tv rappresenta in questo campo il più grande provider statunitense di servizi religiosi online: sul sito non è solo consentito partecipare virtualmente alla messa, ma cliccando il tasto «Live Prayer», è possibile parlare con un rappresentante della chiesa in chat privata. Anche se, come riporta Tim Hutchings, uno dei maggiori studiosi in materia, è stata bocciata la proposta di poter impartire il sacramento della confessione tramite messaggi di testo.

L’Australian Bible Society ha masterizzato su cd-rom la Bibbia, dopo averla trascritta in un gergo colloquiale per attirare utenti di una fascia di età più giovane: «In da Bginnin God cr8ed da heavens & da earth». Logos, di cui esiste anche la versione cattolica Verbum, è un software per lo studio della Bibbia che dispone di commenti, interpretazioni, aiuti per la ricerca, strumenti per le lingue, immagini, ricostruzioni 3D e via discorrendo, tutti volti all’analisi e approfondimento delle Sacre Scritture.

Il video di presentazione di Verbum

Anche nel panorama italiano esistono siti web che offrono servizi di lettura e comprensione della Bibbia, tra i quali laparola.net e gliscritti.it. Esiste inoltre l’app ufficiale della CEI, La Sacra Bibbia che, stando alla descrizione su Googleplay, «nasce per offrire a tutti una nuova esperienza di lettura della Sacra Bibbia. È la prima e unica APP a proporre il testo biblico nella traduzione ufficiale 2008 della Conferenza Episcopale Italiana, completo dell’apparato critico.  APP BIBBIA CEI offre «accurate funzioni di lettura, navigazione e ricerca. Permette di inserire segnalibri e annotazioni personali su singoli versetti, capitoli e libri, per archiviarli e portarli sempre con sé. Consente di fare condivisioni in diverse modalità». Altre app che sono state create in tempi più recenti con ulteriori funzioni sono, per esempio, GoBible, che propone mappe concettuali, video e ricostruzioni virtuali, BibleMesh, che mette a disposizione sermoni dei pastori, e YouVersion, messa online da LifeChurch.tv e tradotta in 528 lingue, che vanta di provvedere un’esperienza «personale» della lettura, in quanto il testo è privo di commenti critici o analisi linguistiche.

La digitalizzazione delle sacre scritture ne ha favorito una diffusione più capillare, portandole anche in quei luoghi in cui non sarebbe facile reperirle altrimenti, o nei paesi in cui essere cristiani rappresenta un pericolo per la propria incolumità. Se la disponibilità online ha permesso a gruppi di persone che per un motivo o per un altro non avevano accesso diretto alla Bibbia e ha reso più snello e agevole lo studio, anche accademico, dei testi sacri, la loro fruizione decontestualizzata e diretta porta con sé alcuni interrogativi. Per esempio: i designer dei software religiosi possono considerarsi i nuovi influencer spirituali? La questione più problematica è tuttavia, secondo Fabio Migliano, quella dell’esegesi: «Cosa potrebbe cambiare con la digitalizzazione della Bibbia cristiana in merito al rapporto con l’autorità, nello specifico, quella esegetica?».

È utile far presente che la Bibbia prima di essere sacro è comunque un testo, che può venire analizzato seguendo le diverse metodologie della critica letteraria: ermeneutica, strutturalismo, semiotica interpretativa e via dicendo. La chiave di cui in questa sede è più consono parlare è la reader-oriented, ovvero la ricerca di un significato attraverso il processo di lettura del lettore, influenzato dal suo orizzonte conoscitivo e dalla sua fantasia. Stando a Umberto Eco, la tendenza che più ha preso piede a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta è stata quella di enfatizzare i diritti degli interpreti a discapito dei diritti dei testi. Nel suo saggio «Interpretazione e storia», Eco fa una caricatura delle più radicali teorie dell’interpretazione reader-oriented, dicendo, tra le altre cose, che:

  • Un testo è un universo aperto in cui l’interprete può scoprire infinite interconnessioni.
  • Il linguaggio riflette l’inadeguatezza del pensiero: il nostro essere-al-mondo coincide con l’incapacità di trovare un significato trascendentale.
  • Qualsiasi testo che pretenda di asserire qualcosa di univoco è un universo abortito, ovvero l’opera di un Demiurgo confusionario.

Dunque il Vero Lettore è chi capisce che il segreto di un testo è il suo stesso vuoto.

In merito a questa affermazione tornano in mente le parole di Javier Cercas, del suo saggio Il punto cieco, in cui sostiene che i romanzi che hanno fatto la storia della letteratura (cita Moby Dick, Don Chisciotte e Il Processo) contengono un punto cieco che è il loro paradosso costitutivo: «È proprio attraverso quel punto cieco che, in pratica, questi romanzi vedono; è proprio attraverso quell’oscurità che questi romanzi illuminano; è proprio attraverso quel silenzio che questi romanzi diventano eloquenti». Messa così suona come il detto attribuito a Confucio secondo cui la vera meta di un viaggio è il viaggio stesso. Tuttavia nel corso del libro il concetto viene approfondito.
La teoria dello scrittore spagnolo è che all’interno del romanzo ci sia una domanda, e tutta la narrazione è volta alla ricerca di una risposta. Eppure questa, sempre che arrivi, non sarà mai univoca, chiara e tassativa, «ma soltanto ambigua, contraddittoria, equivoca, essenzialmente ironica». E le uniche persone a poterla trovare sono i lettori.

Le «Bible Lens», una delle funzioni della app YouVersion

«Così come il cervello riempie il punto cieco dell’occhio, permettendogli di vedere dove di fatto non vede, il lettore riempie il punto cieco del romanzo, permettendogli di conoscere ciò che di fatto non conosce». Quello che Cercas sostiene non differisce molto da quello che scrive Marc-Alain Ouaknin ne Il Libro Bruciato – Filosofia della tradizione ebraica, in cui scrive che: «La risposta è la maledizione della domanda. […] La risposta sopprime l’apertura, la ricchezza delle possibilità, mentre la funzione della domanda consiste appunto nell’aprire». Tornando alla religione, l’ermeneutica cristiana deriva dalla tradizione ebraica, nella quale – accanto al Tanakh, l’insieme dei testi sacri di cui fa parte anche la Torah – si trova il Talmud, cioè il commento delle Scritture. Secondo quanto scrive Ouaknin, «la questione centrale dell’Ebraismo è quella dell’interpretazione e il Talmud è il luogo del conflitto delle interpretazioni». Questo è composto da due parti: la Mishnah e il relativo commento, la Ghemara.

La struttura della Mishnah è identica a quella del Talmud in toto, in cui i sei ordini – semi, festività, donne, danni, sacralità, purificazioni – sono suddivisi in sessanta o sessantatré trattati di materie più specifiche. Ogni trattato è diviso in capitoli che seguono la numerazione dell’alfabeto ebraico, oltre a essere contrassegnati con nomi propri. A questo punto l’associazione con la Biblioteca di Babele di Borges sorge spontanea: «Questo pensatore osservò che tutti i libri, per diversi che fossero, constavano di elementi eguali: lo spazio, il punto, la virgola, le ventidue lettere dell’alfabeto. […] Tutto: la storia minuziosa dell’avvenire, le autobiografie degli arcangeli, il catalogo fedele della Biblioteca, migliaia e migliaia di cataloghi falsi, la dimostrazione della falsità di questi cataloghi, la dimostrazione della falsità del catalogo autentico, l’evangelo gnostico di Basilide, il commento di questo evangelo, il commento del commento di questo evangelo, il resoconto veridico della tua morte, la traduzione di ogni libro in tutte le lingue, le interpolazioni di ogni libro in tutti i libri».

Direttamente collegato a questa visione dei libri come custodi di tutte le verità, è l’ermetismo greco del II secolo, il quale, come sostiene Eco, «è alla ricerca di una verità che non conosce e tutto ciò che possiede sono solo libri. Pertanto, immagina o spera che ogni libro contenga una scintilla di verità e che tutti insieme si confermino a vicenda. […] Ma se i libri dicono la verità, anche quando si contraddicono, allora ogni parola deve essere un’allusione, un’allegoria. Dicono qualcosa di diverso da ciò che sembrano dire. Ognuno di loro contiene un messaggio che nessuno di loro sarà mai in grado di rivelare da solo». Dunque se come dicono gli ermetici nessun libro da solo è in grado di far passare il messaggio che contiene, avremmo bisogno di una rivelazione divina che ci illumini, di un oracolo. Ma gli oracoli, si sa, si esprimono in maniera oscura, dicono attraverso il non-dire, parlano per simboli. Come venirne a capo? La risposta di Eco è che un’interpretazione definita non è possibile: «il tentativo di cercare un significato ultimo e inarrivabile ci porta all’accettazione di una deriva senza fine o di uno slittamento di senso». Valéry già in precedenza ci aveva avvisato che il n’y a pas de vrai sens d’un texte.

YouVersion sembra essere l’applicazione perfetta, progettata per incoraggiare una dedizione frequente al testo, poiché rappresenta «una Bibbia semplice e senza pubblicità che porta la parola di Dio nel tuo quotidiano».

Tornando alla domanda di Migliano, tra le implicazioni di tipo interpretativo che comporta l’accesso libero e gratuito delle Sacre Scritture senza intermediazione di un prete, pastore o rabbino c’è il rischio di una «banalizzazione del messaggio di Dio». È successo, per esempio, nel caso della campagna #verse2014, un’iniziativa lanciata da YouVersion in cui si invitava gli utenti a condividere sui propri social network i propri salmi preferiti, come fossero dediche da scrivere nei diari dei compagni di scuola. Ed è vero anche che, come paventa Migliano, il contenuto delle Sacre Scritture possa perdere in «autorevolezza testuale» per via delle modalità in cui si consumano i contenuti sul web oggi –  ovvero, con concentrazione frammentata da continui stimoli e notifiche, maggiore superficialità nel controllo delle fonti e allo stesso tempo maggiore scetticismo, ma anche tramite funzioni di ricerca nel testo per individuare una parola ricorrente e in un continuum di link («potrebbe interessarti anche») generati da riferimenti incrociati risultanti da algoritmi che non hanno nessun valore di tipo ermeneutico o semantico.

Dall’altro lato, la digitalizzazione della Bibbia sta mettendo in pratica uno dei credo fondanti della teologia protestante, cioè l’importanza dell’accesso diretto al testo. Quest’ultimo è infatti in grado di rivelare il proprio significato a qualsiasi pubblico che vi presta sinceramente la propria attenzione, anche senza il tramite di commenti e spiegazioni. A maggior ragione, il significato della Bibbia è personale essendo essa la parola di Dio: non solo in quanto testo ispirato dal suo volere, ma anche in quanto discorso estemporaneo di Dio con il suo lettore oggi. Per il credente, la Bibbia non è solo un insieme di storie e vicende del passato riguardanti la vita e la tradizione cristiana, ma anche un compendio di precetti sul quale modellare la propria condotta odierna. Per cui, il Lettore Ideale non è soltanto chi apprende e comprende il messaggio, ma anche chi vive a stretto contatto con il testo.

A questo scopo, YouVersion sembra essere l’applicazione perfetta, progettata per incoraggiare una dedizione frequente al testo, poiché rappresenta, spiega Hutchings citando lo slogan dell’app, «una Bibbia semplice e senza pubblicità che porta la parola di Dio nel tuo quotidiano». Migliano fa giustamente notare che non è la prima volta che l’umanità si trova davanti a una questione del genere. Era già accaduto quando Martin Lutero tradusse la Bibbia dal latino. Uno dei principi della riforma auspicata dal monaco tedesco era «il libero accesso del fedele alle Scritture, senza necessariamente passare per l’intermediazione del pastore. Condizione primaria per tale libertà fu proprio la traduzione della Bibbia in tedesco. […] Tale evento mutò la condizione dei ceti meno abbienti e degli incolti, fino ad allora dipendenti dall’autorità ecclesiastica, che non solo decideva le tempistiche della lettura, relegata alla riunione comunitaria in chiesa, ma altresì selezionava il tipo di contenuti da trasmettere e quale interpretazione darne. La traduzione in lingua volgare fu dunque il primo passo verso quel movimento di svincolamento dall’autorità».

A questo proposito, già verso la fine degli anni Novanta, lo studioso Tom Beaudoin aveva ipotizzato che la digitalizzazione della Bibbia avrebbe portato a una rivoluzione nel pensiero cristiano, comportando serie implicazioni per l’autorità religiosa. Sostenendo che un testo digitale di fatto non termina e che una pagina web rimanda sempre a un’altra, Beaudoin afferma che per il lettore non è possibile arrivare alla fine o a una lettura finale conclusiva. La teologa Rachel Wagner, riprendendo Beaudoin, sostiene che «stiamo assistendo alla trasformazione dei testi sacri da una serie di parole fissata su una pagina – il volere di Dio impaginato e stampato – a sequenze fluide, modificabili e interattive».  Le app dunque favoriscono sì un’esperienza individuale della Bibbia, ma come sostiene Hutchings in Design and the digital Bible: Persuasive technology and religious reading, «una Bibbia digitale è immersa in un mare di altri testi digitali a cui un utente può scegliere di accedere in svariati modi. Ciò incoraggia il lettore a percepire il testo come instabile e a scegliere le proprie idee riguardo al suo significato, il che, in ultima analisi, incoraggia una visione pluralista del mondo.»

L’app ufficiale «La Sacra Bibbia» della CEI

Va comunque ricordato, che precedenti alla digitalizzazione ci furono altri cambiamenti nella forma delle Sacre Scritture, le quali passarono da rotoli di pergamena, volumen, a manoscritti, codex. Quest’ultima dunque, altro non sarebbe che un’ulteriore mutazione nella forma del Testo, dovuta inevitabilmente al progresso umano e al cambiamento delle modalità in cui l’uomo usufruisce dei contenuti. Come scrive il filologo Aurelio Roncaglia, «il supporto non è neutrale, non si limita a veicolare indifferentemente qualunque contenuto. […] Discutere delle caratteristiche e dell’evoluzione delle interfacce di lettura vuol dire discutere anche di quali tipologie di testi leggeremo in futuro, di come leggeremo». Da qui si deduce che la digitalizzazione delle sacre scritture, sebbene talvolta sia avvenuta autonomamente e in maniera spontanea e «dal basso», per le varie confessioni cristiane oggi altro non è che un passaggio obbligato per adeguarsi alla contemporaneità. Nella versione oltreoceano del fenomeno, così come in Australia, vi si riscontra in aggiunta una componente di proselitismo tipica delle confessioni evangeliche.

In Italia, da parte della CEI non sussiste apparentemente nessuna posizione o dichiarazione ufficiale in merito alla faccenda specifica della digitalizzazione del Testo Sacro, né viene problematizzata la questione dell’interpretazione non mediata. Tuttavia la creazione dell’app La Sacra Bibbia, così come il sostegno e la creazione di altre iniziative digitali, è un chiaro segno del percorso intrapreso dalla Chiesa Cattolica. Biblioteche e archivi ecclesiastici si stanno affidando alla tecnologia per tentare altre vie – se vogliamo più efficaci –  per la divulgazione dei testi. Esiste da alcuni anni BeWeb, il portale dei beni ecclesiastici, in cui sono consultabili i risultati del censimento del patrimonio ecclesiastico: edifici artistico-storici e di culto, beni librari e archivistici. Lo stesso Papa Francesco nel 2014 aveva dichiarato che «Internet è un dono di Dio». Insomma, come tutti gli organismi che vogliono sopravvivere all’evoluzione, anche la Chiesa prova ad adattarsi alle nuove tecnologie.

Allo stesso modo, la Bibbia  in quanto testo si deve adattare ai nuovi modi di fruizione dettati dalla vita digitale dei fedeli, benché sia stata spesso proprio la Bibbia il punto di partenza da cui sperimentare nuove forme e tecnologie testuali: per riprendere gli esempi già citati, Gutenberg stampando la Bibbia in 42 linee inventò la stampa a caratteri mobili, il reverendo Ellison, con l’aiuto dei programmatori John Graham e Al Bosgang e di cinque donne che trascrissero il contenuto della Bibbia in codice binario su nastro magnetico, realizzò un indice alfabetico di tutte le parole chiave contenute nel libro con relativa posizione e contesto all’interno del testo, velocizzando così esponenzialmente il processo di indicizzazione – lo stesso che aveva impegnato trent’anni della vita di James Strong quando aveva compilato manualmente un indice della Bibbia di Re Giacomo.

Ad oggi sembra che la Bibbia, più che fungere da prototipo, debba reinventarsi continuamente per conformarsi alle modalità di consumo dei contenuti da parte del pubblico. Come è stata fatta la Bibbia a fumetti per i ragazzi e conseguentemente le animazioni, come sono stati prodotti gli audiolibri, ora è il momento di una Bibbia condivisibile in rete.

Uno degli esempi più estremi che riassume in un doppio formato questa visione è forse l’opera di Stefano Proietti: con l’opzione di WhatsApp per cui si può creare uno stato con foto e testo visibile per un giorno, Proietti associa estratti del Vangelo a immagini sacre o di vita quotidiana. Proietti ha poi raccolto le sue creazioni e le ha pubblicate in un libro intitolato In «stato» di missione – Il Vangelo su WhatsApp. È possibile quindi, che se il Regno verrà dopo la rivoluzione digitale, sarà a mezzo di versi con l’hashtag, salmi via messaggio vocale e Bible stories su Instagram.