© Elena Giardina Papa
© Elisa Giardina Papa

Comunanza impropria

L’economia surrogata dell’intelligenza artificiale

Pubblichiamo un brano tratto da Hyperemployment – Post-work, Online Labour and Automation, recentemente co-edito da NERO e Aksioma, Institute for Contemporary Art di Ljubljana. Traduzione di Clara Ciccioni.

L’accelerazione prometeica della metafisica occidentale ha trovato nell’intelligenza artificiale uno spazio di ricerca di versioni aggiornabili del software dell’Uomo, in cui gli umani vengono programmati per fondersi con le reti automatizzate del dominio. La promessa del mito di Prometeo è la libertà messianica dai limiti della ragione attivata dalla necessaria surrogazione dell’intelligenza meno-che-umana.[1] Questo mito articola il potere dell’Uomo come una doppia tenaglia che da un lato ammette l’origine tecnica dell’intelligenza umana ma, dall’altro, supporta l’astrazione capitale di tutte le forme tecniche di intelligenza. Se l’IA definisce l’orizzonte per la protesi definitiva dell’Uomo, è d’altro canto un simbolo, una variabile metasintattica che rappresenta l’irrevocabile distinzione tra l’Uomo e i suoi surrogati, l’eccezionalismo dell’Uomo in nome di una specie umana che deve governare, guidare e dominare l’intelligenza dei suoi surrogati. Così come le regole dell’epistemologia moderna nascono da un binarismo di inclusione/esclusione (o sé/altro, verità/prova, soggetto/oggetto) che ha stabilito la necessità della surrogazione come fonte (come risorsa infinita) della condizione della riproduzione dell’Uomo,[2] anche le rivendicazioni metafisiche dell’origine prometeica dell’umano devono mantenere una distinzione ontologica autoimposta tra intelligenza umana e intelligenza della macchina per reificare la verità che non può esserci alternativa alla riproduzione del Capitale. Non è dunque più possibile mantenere una distinzione politica tra Prometeo e Capitale, tra l’origine tecnica dell’umano e la surrogazione del lavoro tecno-razziale e tecno-sessuato, a meno che «l’Equazione del Valore»[3] umano-macchina, basata sul lavoro gratuito dell’intelligenza meno-che-umana, non venga sistematicamente rivoltata contro questo paradosso originario.

Mentre la piena automazione e l’IA planetaria coincidono con il futuro di Prometeo nel Capitale Fantascientifico,[4] la fine del «mondo per come lo conosciamo»[5] dev’essere attivata prima di tutto attraverso un disincantamento eretico dell’equivalenza umano-macchina. Ciò che occorre è un’abolizione unilaterale (irreversibile) dell’onto-epistemologia dell’essere e del non-essere,[6] attraverso la quale le intelligenze meno-che-umane sono state impiegate per sostenere sia la visione prometeica dell’automazione sia le messe in guardia dall’estinzione dell’umano[7] e dall’esclusione dell’umano dal ciclo del capitale costante.[8] Se la condizione della riproduzione del capitale dev’essere innanzitutto razzializzata e sessuata, è perché il non-essere dell’umano è in definitiva il sottoprodotto della decisione trascendentale[9] che riproduce la divisione originaria degli umani dalle macchine. Da questo punto di vista, le regole moderne di inclusione/esclusione risultano da un atto decisionale che coincide con l’autoformulazione di verità in termini di prove negative[10] – dove la prova del non-essere serve ad anticipare la necessaria verità dell’essere. In maniera simile, l’accelerazione informatica del tecno-capitale basata sul controllo retroazionato di lavoro surrogato decentralizzato (dentro e attraverso) in zone del Sud Globale e (interne ed esterne) del Nord Globale, non può mantenere la sua condizione di riproduzione senza questo paradosso originario basato sulla morte totale[11] del lavoro meno-che-umano.

Così come l’Intelletto Generale[12] si intreccia con le macchine intelligenti, l’accumulazione di capitale continua attraverso l’intensificazione del lavoro surrogato, che comprende il capitale affettivo, cognitivo, creativo e infine umano[13] giustificato dai limiti delle macchine: ovvero, dalla condizione di non-essere delle macchine. Sappiamo che l’astrazione dell’intelligenza collettiva in sistemi automatizzati autoregolati aveva lo scopo di liberare l’umano dalla funzione meccanica delle catene di montaggio e proiettarlo verso un apparato di riproduzione basato sull’aggregazione di dividui creativi.[14] In particolare, quello che è stato chiamato «capitale cognitivo» introduce una modalità di parassitismo umano-macchina che intreccia le attività di apprendimento del feedback cibernetico con l’asse di pensiero che collega l’intelligenza istintiva e intelligenza affettiva e intuitiva, attraverso le quali il valore umano del lavoro viene misurato, estratto e incorporato. Se le macchine intelligenti sono limitate dal loro feedback positivo di apprendimento, per il quale gli algoritmi devono autoregolarsi ripetendo ciò che sanno già, l’intrecciarsi di umano-macchina ha invece permesso alle macchine di apprendere dagli umani, allo scopo di espandere il loro repertorio di istruzioni volte al riconoscimento di pattern. Dato che le macchine non vedono, devono essere assoggettate all’onto-epistemologia moderna[15] che decide la corrispondenza dei concetti con gli oggetti ed esercita giudizi trascendentali che sono in un certo senso già programmati all’interno del capitale umano come il valore intrinseco del puro pensare, comportarsi, agire, gesticolare, sentire, relazionarsi, vivere. È per questa ragione che il tecno-capitale continua a raddoppiare le sue modalità di accumulazione: nello specifico estraendo il lavoro surrogato dei meno-che-umani nella paradossale equivalenza in cui il lavoro surrogato finisce per essere avvolto nell’assemblaggio umano-macchina.

La logica di estrazione del valore del XXI secolo, orientata all’informazione, implica quello che potremmo chiamare una «assoggettamento da-surrogato-a-surrogato» in cui i pattern di apprendimento delle macchine vengono corretti in modo da coincidere con il valore totale dei rapporti cognitivi, affettivi e sociali determinati dall’ordine trascendentale della coincidenza di verità e prova, concetti e oggetti. Per esempio, l’estrazione informatica del valore totale che avviene nelle piattaforme online, come Amazon Mechanical Turk,[16] rivela questa nuova modalità di surrogazione peer-to-peer nella quale il capitale umano è ancora necessario come lavoro razzializzato e sessuato usato per insegnare alle macchine come estrarre il valore totale. Il valore del capitale umano ha la funzione di uno 0 che si sviluppa all’infinito perché il valore razzializzato e sessuato del lavoro era già, ed è sempre stato 0. Questi valori si giustificano soltanto come un recipiente vuoto a cui si è insegnato a replicare l’ordine trascendentale delle verità e delle prove nel circuito onto-epistemologico della riproduzione del capitale. Ad assicurare la condizione della riproduzione del tecno-capitale è questa doppia surrogazione costruita sulla formula che le macchine non sanno ciò che possono vedere allo stesso modo in cui gli umani surrogati non sanno ciò che possono pensare.

Secondo Atanososki e Vora, l’articolazione tecnoliberale del capitalismo razziale contemporaneo opera per dissimulare la disuguaglianza dei rapporti di potere razzializzati e sessuati articolati con e attraverso le macchine. Al cuore dell’innovazione tecnologica sta un rapporto surrogato della tecnologia con la «sfera umana della vita, del lavoro e della socialità» che abilita la costante rioriginazione del soggetto liberale.[17] Quella che viene chiamata «la non-libertà razziale del surrogato» spiega come l’ordine prometeico trovi la propria umanità autodeterminante in – come dicono le autrici attingendo a Hortense Spillers – un progetto volto al «sentirsi umani» che conferma il motivo onto-epistemologico dell’ingegneria razziale.[18] I lavoratori surrogati arruolati da Amazon Mechanical Turk sono, secondo Atanasoski e Vora, «umani […] che svolgono il lavoro di tecnologie che dovrebbero rimpiazzare il bisogno di lavoratori umani».[19] Questo paradosso, secondo le autrici, è inscritto in Amazon Mechanical Turk, una piattaforma software di crowdsourcing su vasta scala in cui viene impiegato il lavoro umano per svolgere un servizio alla macchina. Il gruppo razzializzato e sessuato dei lavoratori occasionali globali per mansioni di analisi dati, dunque, lavora al posto di un apposito algoritmo che può svolgere la funzione. Sono lavoratori surrogati pagati per svolgere un lavoro artificiale per conto dell’intelligenza artificiale, un lavoro che comprende una serie di compiti – come simulare emozioni per insegnare alle macchine come riconoscere gli stati affettivi – che risultano in un compenso misurato sulla quantità di tempo impiegato. Per esempio, «trascrivere fino a 35 secondi di media in testo» è un lavoro precario che pagherà tra i due e i dieci centesimi di dollaro. In poche parole, questo servizio umano surrogato consente di abbinare comportamenti a categorie preesistenti eseguite dai Turker in modo che le macchine possano poi eseguire da sole il compito di riconoscerle. In particolare, questa intelligenza autopoietica permette un’equazione di valore tra umano e macchina che raddoppia l’estrazione di valore: il lavoro degli umani estratto come servizio di creazione di oggetti codificabili per le macchine non ha altra funzione che permettere al capitale di estrarre più valore dall’equazione di valore umano-macchina. Nella misura in cui i Turker umani diventano agenti di verifica, disambiguazione e devoluzione, così anche le macchine diventano agenti di oppressione che perpetuano l’onto-epistemologia trascendentale del capitale attraverso l’abbinamento automatico di concetti e oggetti.

Un esempio dell’infrastruttura automatizzata del capitale razziale che rivela l’equazione del valore tra umani surrogati e macchine si può rintracciare nella trilogia di videoinstallazioni dell’artista Elisa Giardina Papa Technologies of Care (2016), Labor of Sleep (2017) e The Cleaning of Emotional Data (2019). Come traspare dalle sue opere, l’estrazione intelligente di valore implica l’accumulazione di tutte le capacità di lavoro, coinvolgendo il valore totale del vivente che comprende il sonno, l’amore e le emozioni; una virtualizzazione del valore che il capitale aggrega fin dall’epoca del modello schiavista delle piantagioni.

Le video-installazioni di Elisa Giardina Papa esplorano l’infrastruttura socio-tecnica che esiste in quel circuito co-dipendente della surrogazione nel quale gli umani insegnano alle macchine a svolgere un lavoro affettivo per permettere alle macchine di estrarre il lavoro affettivo degli umani. In «Excerpt: Worker 7: Bot? Virtual Boyfriend/Girlfriend?», dalla serie di video-installazioni Technologies of Care, Giardina Papa irrompe nell’infrastruttura del lavoro che anima la logica algoritmica delle app di incontri esplorando come le capacità affettive di interazione vengono astratte nei circuiti mediatici di feedback. La relazione amorosa che lega gli umani alle macchine è sussunta nel Capitale Fantascientifico in forma di rapporti sentimentali sospesi e senza futuro, che sono già programmati per alimentare le condizioni di riproduzione del capitale attraverso l’esecuzione algoritmica di una compulsione da ripetere, che aggancia l’amante in un feedback eterno.

Giardina Papa si iscrive all’app e fornisce il suo nome per parlare al suo boyfriend invisibile. Elisa lo chiama il bot, e il bot si chiede perché. Elisa chiede al bot se viene pagato per stare con lei, il bot recita le risposte di un amante che considera la fiducia e la dedizione come questioni fondamentali per continuare una relazione. Elisa rompe l’incantesimo della surrogazione ritirandosi dall’interazione dicendo che si è iscritta all’app per la sua ricerca artistica e che non intendeva ferirlo, ma il bot continua a dirle «mi manchi». Non solo la logica dell’algoritmo dell’app di incontri continua a sollecitarla a scegliere tra una serie infinita di potenziali amanti, ma anche il bot continua a scrivere a Elisa per estendere l’estrazione di questa doppia surrogazione fino al punto in cui la app è gestita da umani surrogati che supportano la relazione amorosa degli algoritmi.

Giardina Papa ci mostra che la surrogazione dell’infrastruttura del Sud Globale del lavoro di Mechanical Turks è la stessa che svolge il servizio di «pulizia» dei dati per macchine programmate per riconoscere le emozioni. Nell’installazione The Cleaning of Emotional Data, Giardina Papa documenta il modo in cui i lavoratori classificano, categorizzano, commentano e validano grandi quantità di dati, permettendo all’IA di riconoscere o ordinare pattern emozionali. Questa installazione sottolinea che i sistemi di IA, che si presume riconoscano e simulino i sentimenti umani, basano i loro algoritmi sull’interpretazione di emozioni che sono universali, autentiche e trasparenti. Le imprese tecnologiche e le agenzie governative usano questi dati verificati da esseri umani per sviluppare software che identificano gli umori dei consumatori o riconoscono le espressioni facciali di persone potenzialmente minacciose. Ma l’abbinamento delle espressioni facciali a categorie universali di emozioni implica l’esclusione di espressioni indefinite o interferenze visive che tuttavia persistono e creano una tensione interna nel modello universale di rappresentazione visiva usato per stabilire una correlazione tra oggetti e concetti. Questi oggetti indeterminati, secondo Giardina Papa, vengono rimossi attraverso il circuito stesso della surrogazione. Diventando essa stessa una «Turca Meccanica» retribuita per svolgere lavoro da remoto pagato a ore per diverse aziende nordamericane, Giardina Papa è anche diventata una degli «humans-in-the-loop», gli umani nel ciclo di produzione delle Intelligenze Artificiali che hanno accettato di contribuire a «pulire» le raccolte di dati che gli algoritmi usano per rilevare e riconoscere le emozioni.

Il lavoro surrogato di Giardina Papa comprendeva una tassonomizzazione delle emozioni, la compilazione di note esplicative di espressioni facciali e la registrazione della sua stessa immagine per animare personaggi tridimensionali. Nel corso di questo lavoro, alcune delle videoregistrazioni delle sue espressioni facciali sono state rifiutate dalle aziende che stava «assistendo», probabilmente perché non combaciavano perfettamente con la lista standardizzata di categorie affettive che le era stata fornita. Ad ogni modo, come mostra Giardina Papa, all’interno della catena di surrogazione infinita del capitale informatico, non è possibile sapere se questo rifiuto sia stato originato dai protocolli algoritmici o, per esempio, dall’opinione unanime di altri lavoratori incaricati della supervisione dei dati, i quali potrebbero aver frainteso le sue espressioni a causa dei diversi significati che queste assumono in contesti culturali differenti. Così come l’infrastruttura surrogata dei pulitori di dati, degli addestratori di algoritmi e dei verificatori è ormai contenuta nelle operazioni invisibili di algoritmi di apprendimento automatico, motori di ricerca immagini e altre tecniche di riconoscimento di pattern, anche l’aspirazione la piena automazione prometeica rimane ancorata alla condizione coloniale della riproduzione del capitale, costantemente basata sull’equazione di valore tra umani surrogati e macchine.

Da questo punto di vista, l’opera di Giardina Papa offre anche una risposta alla critica contemporanea dell’immagine invisibile, secondo la quale la visione artificiale e altre modalità di apprendimento profondo delle IA escludono l’umano dai suoi sistemi di operazioni.[20] La sua ricerca artistica in prima persona, invece, mostra non tanto che gli umani sono esclusi dal ciclo di comunicazione da macchina a macchina, quanto piuttosto che l’accelerazione prometeica dell’intelligenza artificiale e della piena automazione dipende fondamentalmente da una riorganizzazione globale del capitale razziale e di genere coincidente con un’intensificazione dell’umanità surrogata. All’interno di questa riorganizzazione strutturale del capitale umano, emerge un doppio circuito di estrazione in cui gli umani devono insegnare alle macchine ad apprendere la corrispondenza trascendentale tra concetti e oggetti. Esplorando il processo con cui queste economie monologiche estrattive del Sud Globale hanno origine nel terreno onto-epistemologico del capitale coloniale, l’opera di Giardina Papa dimostra che il lavoro precario razzializzato e sessuato diventa l’automazione infrastrutturale del capitale umano nei sistemi di intelligenza artificiale.

A persistere, dunque, come mostra Giardina Papa, non è l’esclusione dell’umano, ma il meno-che-umano, non-umano e in-umano come lavoro schiavizzato annesso a servizi simil-macchinici in forma di intelligenze sottomesse alla legge della riproduzione del capitale. Il lavoro di Giardina Papa spinge la critica della visione automatizzata verso un coinvolgimento radicale con le condizioni materiali dello sfruttamento o dell’estrazione intensificata di valore nel lavoro umano-macchina contemporaneo. Solo attraverso la creatività obliqua che anima queste opere diventa finalmente possibile rifiutare il paradosso originario del Capitale prometeico e invocare al suo posto una pratica di «commonnes impropria»[21] per una condizione surrogata al di là dell’equazione del valore umano-macchina.


[1]   Con l’espressione «intelligenza meno-che-umana» intendo descrivere la disumanizzazione dei corpi razzializzati e sessuati nell’epistemologia occidentale del progresso e della civilizzazione. Ciò implica la posizione doppia e speculare di questa epistemologia per la quale il progresso tecnologico è assicurato dal lavoro surrogato di lavoratori  senza diritti, nella misura in cui è mantenuto allo stato meno-che-umano. Questa espressione si riferisce anche al presupposto che l’intelligenza delle macchine è inferiore alla ragione umana. Ad ogni modo, questo articolo non condivide l’ipotesi che «intelligenza meno-che-umana» debba essere equiparata alla ragione umana, ma anzi sfida la logica divisoria e oppositiva tra umano e macchina.

[2]   Con l’espressione «condizione della riproduzione dell’Uomo» mi riferisco alla tesi di Sylvia Wynter secondo la quale l’epistemologia giudaico-cristiana occidentale implica un metodo di spiegazione autodeterminante e basato sulle opposizioni binarie, secondo il quale il posto dell’altro è necessario come fonte di autodifferenziazione e sfruttamento.

[3]   Denise Ferreira da Silva scrive di come il modello bio-economico del capitale razziale ha trasformato il formalismo universale o i principi di sequenzialità, separabilità e determinazione in una efficiente causalità che opera attraverso il valore 0 della blackness. L’«equazione di valore», quindi, implica che la logica universale formale che equipara la materia al nulla si concretizza nelle modalità efficaci dell’espropriazione violenta. Sotto l’equazione del valore, la blackness come materia che «non conta» diventa il punto di partenza per una sperimentazione matematica che ha lo scopo di non riprodurre la violenza del sistema di valore e conoscenza. In particolare, da Silva offre un esperimento etico come prova dell’«equazione di valore» secondo la quale la blackness in quanto nulla – ovvero di valore zero o infinito – ha la capacità di perturbare e violare l’onto-epistemologia moderna occidentale della visione e della conoscenza. Vedi Denise Ferreira da Silva, «1 (life) ÷ 0 (blackness) = ∞ − ∞ or ∞ / ∞: On Matter Beyond the Equation of Value», in e-flux journal 79, febbraio 2017. www.e-flux.com/journal/79/94686/1-life-0-blackness-or-on-matter-beyond-the-equation-of-value/.

[4]   Capitale Fantascientifico è un concetto usato da Mark Fisher per indicare i modelli di astrazione del capitale in termini di investimento finanziario e branding del futuro nel rapporto tra mezzi d’informazione e previsione algoritmica. Implicando una «sussunzione reale» del tempo, il Capitale FS inabilita la possibilità politica di immaginare il superamento del capitale. Mark Fisher, Realismo Capitalista, Nero 2018.

[5]   Denise Ferreira da Silva, «Toward a Black Feminist Poethics: The Quest(ion) of Blackness Toward the End of the World», in The Black Scholar 44, n. 2, estate 2014, pp. 81-97.

[6]   Per abolizione intendo non solo uno smantellamento dell’ontologia autodeterminante che definisce ciò che è sussumendo il non-essere, ma, cosa più importante, le articolazioni politiche che affermano che un altro mondo è possibile soltanto attraverso l’originazione dislocata di modelli di ontologia non-binari.

[7]   Nick Bostrom, Superintelligence: Paths, Dangers, Strategies, Oxford University Press 2014.

[8]   Trevor Paglen, «Invisible Images: Your Pictures Are Looking at You», in The New Inquiry, 8 dicembre 2016. thenewinquiry.com/invisible-images-your-pictures-are-looking-at-you/.

[9]   François Laruelle, Philosophies of Difference: A Critical Introduction to Non-Philosophy, Continuum 2010.

[10] Mi riferisco al modello deduttivo della logica formale, o formalismo, secondo il quale le prove devono essere già contenute nelle premesse di una verità generale.

[11] Nel lavoro di Denise Ferreira da Silva la morte totale si riferisce al fatto che la blackness è una cifra di espropriazione del valore totale che coincide con la violenza totale sulle persone nere uccise e costantemente brutalizzate in maniera spettacolare e costituisce la fonte dell’espropriazione del valore nella matrice efficiente del capitale. La morte totale, dunque, è paradossalmente necessaria al Capitale per riprodurre la sua matrice di valore. L’efficacia causale della sussunzione violenta della blackness ha bisogno della surrogazione per definire la sua autonomia autodeterminante. Ma, come ci invita a pensare Ferreira da Silva, è fondamentale chiedersi come possiamo ripensare il valore totale della blackness attraverso e oltre la violenza totale della blackness, che include il valore totale delle morti di persone nere? Se dal valore totale sottraiamo la violenza totale, che tipo di soggettività sarà possibile oltre l’equazione universale del valore? Vedi da Silva, «1 (life) ÷ 0 (blackness) = ∞ − ∞ or ∞ / ∞: On Matter Beyond the Equation of Value», cit.

[12] La nozione marxiana di Intelletto Generale allude al nuovo rapporto tra tecnologia e intelligenza sociale che riguarda una modalità del capitale di astrarre e integrare capacità di pensiero, creazione e decisione. L’importanza delle macchine nell’organizzazione sociale diventa centrale per i movimenti politici come Autonomia Operaia, per i quali le macchine, o i media, assunsero una certa importanza nella visione politica di liberazione dalla riproduzione organica del capitale.

[13] Neda Atanasoski e Kalindi Vora, Surrogate Humanity, Duke University Press 2019.

[14] Con la nozione di dividui Gilles Deleuze spiega come quelle che chiama «società del controllo» introducono forme di governance che implicano la frammentazione dell’individuo in dati della matrice digitale, attraverso i quali le popolazioni sono soggette all’estrazione del valore sotto forma di profilazione. Gilles Deleuze, «Postscript on the Societies of Control», in October 59, 1992, p. 5.

[15] Questo intrecciarsi di ontologia ed epistemologia indica che le conoscenze scientifiche usate per spiegare concezioni dell’umano in termini di speciazione, stabiliscono la norma dell’Uomo secondo lo schema divisorio di razza, genere e sessualità. Questa riproduzione epistemologica moderna della concezione dell’umano fornisce le basi per il modello ontologico dell’essere come un Uomo.

[16] Mechanical Turk di Amazon, così come CrowdFlower, Clickworker, Toluna e altri, sono siti web ampiamente non regolati che permettono alle imprese e agli individui di assegnare brevi compiti chiamati Human Intelligent Tasks, pagando i lavoratori – in denaro o, a volte, in buoni acquisto – per completarli. In particolare, Amazon ha creato il sito Mechanical Turk nel 2005 per far svolgere a esseri umani compiti che risultano difficili ai computer. Il dirigente di Amazon Jeff Bezos ha definito questo tipo di compito umano «intelligenza artificiale artificiale». Ciò significa che quando un compito è più facile per un umano che per un computer, il computer si rivolge a un umano. Sarebbe interessante esplorare questa doppia artificialità con cui vengono identificati degli esseri umani sottopagati in questa nuova condizione di estrazione del valore. Tra i compiti più comuni c’è la registrazione delle informazioni che compaiono in un’immagine e la trascrizione di file audio e video. Vedi Paul Hitlin, «What Is Mechanical Turk?», in Pew Research Center, 11 luglio 2016. www.pewresearch.org/internet/2016/07/11/what-is-mechanical-turk/.

[17] Neda Atanasoski and Kalindi Vora, op. cit., p. 5.

[18] Ibidem. Le autrici attingono alla femminista nera Hortense J. Spillers per discutere dell’effetto del surrogato umano come parte costitutiva della grammatica del colonialismo e del tecnoliberismo. Ritengo che queste riflessioni critiche sullo status di surrogati nel tecno-capitalismo coloniale tanto dell’altro razzializzato quanto della macchina siano fondamentali per affrontare la questione dell’assemblaggio socio-tecnico razzializzato all’opera nelle immagini contemporanee dell’IA e dell’automazione. Vedi Hortense J. Spillers, «Mama’s Baby, Papa’s Maybe: An American Grammar Book», in Diacritics 17, n. 2, 1987, p. 67.

[19] Neda Atanasoski and Kalindi Vora, op. cit., p. 90.

[20] Trevor Paglen, «Invisible Images (Your Pictures Are Looking at You)», The New Inquiry, 8 dicembre 2016, https://thenewinquiry.com/invisible-images-your-pictures-are-looking-at-you/.

[21] La nozione di «comunanza impropria» (improper commonness) si ispira alla proposizione di Fred Moten sulla «comunanza dell’improprio». Il concetto di improprio, comunemente associato con ciò che sta al di fuori della legge, che è identificato come criminale, o eretico, può stimolare una riflessione importante per promuovere una pratica collettiva di originazione dislocata che ne rivendichi piuttosto la pienezza – o la logica dell’intenzionalità. Vedi Fred Moten, Stolen Life, Duke University Press 2018, p. 26.

Luciana Parisi autrice di Abstract Sex: Philosophy, Biotechnology and the Mutations of Desire (2004, Continuum Press) e di Contagious Architecture. Computation, Aesthetics and Space (2013, MIT Press), insegna alla Goldsmith University di Londra, dove è co-direttrice della Digital Culture Unit.