Nuova elettronica cinese

Da Pechino a Shanghai, da Hong Kong a Taiwan, guida ai collettivi e alle etichette che stanno forgiando il nuovo suono della Cina

Riflettendo sull’assunto che la mia conoscenza del mondo, grazie a internet, sia potenzialmente sconfinata, il mio pensiero si scontra con una muraglia, o meglio, contro il cosiddetto Great Firewall o per gli amici GFW; c’è tutto un lato del pianeta che si nega al «villaggio globale» (un termine proto-internet che nel mio cuore non è mai tramontato), una regione a statuto speciale che ha i suoi propri canali social completamente diversi da quelli del resto del globo, e a cui è negato l’accesso ai nostri: la Cina. È plausibile che nella mia esistenza umana io non riesca a leggere l’intero l’internet, ma lo stesso mi spezza il cuore non poter accedere alle informazioni cinesi, leggere un articolo in cinese, uno status di una persona che sta in Cina, e così via. E un po’ per pura fascinazione, un po’ perché ultimamente siamo andati in overdose di Sudamerica, quando ho scoperto la scena elettronica cinese le mie orecchie si sono drizzate come davanti a qualcosa di mai sentito.

Poco prima della fine dell’anno mi sono imbattuta in un articolo di Riccardo Papacci, in cui si ragionava su come le avanguardie elettroniche che solo pochi anni fa avevano smosso qualcosa non solo nel suono, ma anche nella concezione stessa di label, collettivo, festa o tutto quanto insieme, non sembrano essersi rinnovate granché rispetto al loro ingresso in scena. La potenza di esperienze come GHE20GOTH1K a New York o Janus a Berlino, era stata prorompente nel ridefinire il clubbing come luogo di libertà anche dal genere (di appartenenza e musicale); dopodiché collettivi transnazionali come NON, di NAAFI a Città del Messico e di Staycore a Stoccolma, avevano contribuito a spostare l’attenzione dai principali centri di sperimentazione del clubbing: che non era più solo berlinese, londinese, di Chicago o di New York, ma globale, nella rete e nel mondo.

La domanda sottesa al ragionamento di Papacci nel suo intervento era un po’: e adesso che ci inventiamo? Cosa ci rimane da fare? Non sono certa di avere una risposta, ma dal momento che il mondo esplorato finora non è mica tutto il mondo che c’è, potrei intanto suggerire di rivolgere la nostra attenzione verso il grande e misterioso Oriente. E mentre finora non mi è mai capitato di conversare in chat con una persona che risiede in Cina, fortunatamente posso ascoltare i set e le selezioni di dj cinesi, anche grazie a radio non dico «pirata» ma comunque molto libere nell’approccio e non ancora istituzionalizzate. Così mi trovo ad ascoltare per la prima volta emittenti come Hong Kong Community Radio e Shanghai Community Radio, che giustamente sul suo Soundcloud ha scritto chiaro e tondo «FUCK VPN» (il VPN, per chi non lo sapesse, è il sistema che permette di camuffare il proprio indirizzo IP, e che in Cina viene utilizzato per accedere ai siti bloccati dalle autorità). Inizio così a farmi un giro in un mondo di cui non so assolutamente nulla: a volte nemmeno capisco cosa c’è scritto, non so come si pronunci il nome di un artista o di una traccia, ma insomma parto. Ed eccomi qui a consigliare qualche artista, etichetta e disco che sta da quella parte del mondo.

Il collettivo Genome 6.66 Mbp di Shanghai

Scrivo questa piccola guida anche nella speranza di vedere le line up dei grandi festival elettronici rinnovarsi: è difficile improvvisare da sé il booking di un artista che viene dalla Cina o da Taiwan, quindi mi aspetto che qualche promoter tenda le antenne su una scena che, tra l’altro, figura in parte nel cartellone del prossimo CTM di Berlino, mentre nell’aprile del 2018 ci sarà la seconda edizione del Sonar a Hong Kong (ed è plausibile che alcuni nomi della scena circoleranno anche lì).

Prima di iniziare però, riporto una frase che ho trovato sul sito di Chinabot, collettivo nato con l’intenzione di promuovere la diversità culturale e artistica dei musicisti asiatici. Il suo manifesto recita così: «Le persone spesso si alimentano diun’unica idea di “musica asiatica”, ma ciascuna delle nostre culture è varia e complessa. Persino nel 2017, in Occidente i ritratti realistici degli asiatici restano rari, tanto al cinema quanto in televisione, in letteratura, nella musica e a teatro. Veniamo ridotti allo stereotipo del lavoratore poco creativo e robotizzato, e definiti “cinesi” indipendentemente dalla nostra effettiva provenienza geografica. Questa continua disumanizzazione degli asiatici nella cultura popolare, finisce per disumanizzarci anche nella vita reale. Vogliamo infrangere un silenzio che spesso viene incoraggiato dalla nostra stessa cultura, e costringere il pubblico ad affrontare più da vicino al tema della discriminazione razziale nei confronti degli asiatici. Nel senso più letterale del termine, vogliamo creare uno nuovo stereo-tipo […] Chinabot è uno spazio in cui gli artisti asiatici possono giocare con le rispettive idee e ibridazioni culturali. In questo modo cerchiamo di dare forma a un’altra narrazione della musica prodotta dall’Asia e dalla sua diaspora».

È con la stessa intenzione, e sicuramente con l’umiltà di chi si rapporta con questa cultura così distante (in realtà più geograficamente che artisticamente), che mi avvio a illustrarti, amico lettore e futuro estimatore del nuovo suono cinese, le meraviglie che si celano dietro al maledetto GFW, prendendo spunto da una serie di etichette e collettivi che spaziano tra Shanghai, Pechino, Taipei e Hong Kong.

Dal sito di SVBKVLT

Genome 6.66 Mbp

Partiamo da una delle etichette di più recente fondazione, in certi termini la più avanguardistica. Genome 6.66 Mbp nasce per opera del dj Kilo Vee insieme ad altri artisti di Shanghai: Khemist, Hyph11e, Charity e la visual artist Tavi Lee alias Donnybrook.16666. La storia comincia dal noto club The Shelter, in cui i membri di Genome si sono conosciuti e riconosciuti, lavorando immediatamente su un’identità sonora e d’immagine che si distanziasse da quella delle etichette underground cinesi a cui comunque la Genome è debitrice, in particolare SVBKVLT (vedi sotto). In un’intervista risalente più o meno al periodo di formazione dell’etichetta, Kilo Vee ammetteva: «vogliamo pubblicare produttori dalla mentalità avanzata e globale come quelli della SVBKVLT, ma vogliamo farlo meglio». Guardando a quanto fatto finora, in effetti si vede che in meno di un anno Genome è riuscita ad allacciarsi ad alcune delle scene più interessanti di questo lato del VPN, grazie anche a show sulla londinese Radar Radio e alle collaborazioni con artisti come Why Be, Ssaliva e M.E.S.H. (che è uno dei più grandi estimatori della nuova scena cinese). A tal proposito, ecco qui sotto una selezione che parte dalla prima raccolta Genome uscita nell’ottobre 2016:

Qui invece Kilo Vee su Radar Radio in un mix della scorsa primavera:

Un altro nome è Dirty K, che afferma: «pochissime persone tra quelle che frequento riescono a capire la mia musica, e questo mi rende isolato e ansioso. Al contrario, su internet posso interagire con un sacco di persone affini, e questo dà un senso alle cose che faccio»:

Tra le figure più in vista dell’etichetta c’è poi la producer Rui Ho, che vive tra Berlino e Shanghai:

SVBKVLT

La storia di SVBKVLT inizia nel 2013 in un luogo che abbiamo già incontrato: lo Shelter, epico club (ora purtroppo chiuso) situato in un rifugio antiatomico in cui si giocava la parte più avanguardistica della vita notturna di Shanghai. Il proprietario Gaz Williams, inglese d’origine, decide di dare un’eco al fermento culturale della sua città d’adozione dando origine a un’etichetta che – forse per l’impronta da direttore artistico dello stesso Williams – ha senza dubbio un respiro decisamente internazionale, tanto che pubblica uscite di artisti di vari paesi come la russa CELES7E o il giapponese Prettybwoy. In ossequio allo ius soli cominciamo quindi con Swimful, producer sì britannico ma di casa a Shanghai:

Di base a Shanghai anche Damacha, qui con un album dedicato ai «tuhao», i «nuovi ricchi» cinesi:

Kai Luen Aka Soulspeek è invece cresciuto a Los Angeles ma vive da tempo a Pechino. Il suo album The Hollow Ghosts è uscito nel 2016:

A proposito di fantasmi, Faded Ghost è il progetto solista dell’artista ChaCha, originaria di GuiZhou e adesso anche lei residente a Shanghai:

E infine ecco Hyph11e, uno dei nomi più in vista della scena oltre che – come abbiamo visto – fondatrice assieme a Kilo Vee di Genome 66.6 Mbp. SVBKVLT ha da poco pubblicato il suo EP d’esordio, Vanishing Cinema:

Absurd Trax

Absurd Trax prende forma a Hong Kong come un collettivo di artisti che segue esplicitamente le orme di NON, NAAFI e GHE20GOTH1K, proponendosi un’esplorazione profonda delle radici musicali e storiche del luogo in cui nasce e allo stesso tempo promuovendo inclusione e fluidità di genere. Dopo un po’ di attività in radio e aver organizzato una serie di feste a cui mi pento di non aver preso parte, il 5 gennaio 2018 Absurd Trax entra definitivamente nel mondo delle etichette «ufficiali», pubblicando il primo EP, firmato dal giovane Kelvin T:

Do Hits

Ci spostiamo adesso a Pechino con la Do Hits. Il testo di accompagnamento della prima raccolta della label, intitolata Do Hits Vol. 1 e uscita nel 2015, recitava: «We are not in Atlanta or East London, but what kind of groove can we generate in this cultural environment, and in this time? This is the question of all the Chinese musicians».

Personalmente però ho conosciuto la Do Hits solo grazie a un’altra compilation, Do Hits Year Of the Rooster, uscita a inizi 2017; fa impressione metterla a confronto con quella di due anni prima: la spinta creativa che accomuna questi collettivi è tangibile e (come molte cose in Cina, in effetti) si espande e matura a una velocità impressionante:

Tra i fondatori dell’etichetta c’è Guzz, nato nel sud-est della Cina e ispirato dai «suoni della giungla»:

Altro fondatore è Howie Lee, che si autodefinisce «the sound of future music from cyberpunk Beijing»:

L’ultima uscita della Do Hits è al momento Black Dragon, un concept sull’intelligenza artificiale firmato Alex Wang:

D Force Records

Non sarebbe corretto non nominare la D Force: fondata da Xu Bo (che lavora per il social network cinese Douban) nel lontano 2008, è una realtà importantissima non solo perché fa uscire delle bombette, ma soprattutto per il lavoro di networking dentro e fuori i confini cinesi. Questa la dedichiamo ai nostri amici di MEDUSA:

Future Proof

Etichetta di recente fondazione che nasce da un collettivo di Taipei (come si può vedere dalla descrizione del suo Soundcloud: M做DE 在N T台IW灣N), per ora ha all’attivo soltanto una pubblicazione, ma sono abbastanza certa che valga la pena tenerla d’occhio. Recita il suo manifesto: «We are trying to bring Taiwan’s shy amoeba of sound to ears beyond the island, and though small forays have recently taken place, here is a sketch of the network in flux – not current or retro: A parallel development in a parallel environment.» Nella compilation qui sotto trovate ventuno artisti, tra cui il romano (trapiantato a Taiwan) Dj Kimchi, già fondatore dei Rainbow Island:

Under U

È sempre bello seguire il lavoro di questo collettivo di Taipei, anche perché dalle feste e dai canali Under U passa più o meno tutto il materiale più interessante dell’estremo Oriente. Qui l’immancabile compilation riassuntiva:

Al momento la Under U è gestita da Sonia Calico, forse la mia musicista taiwanese preferita, che ha collaborato con parecchi artisti e collettivi cinesi (in particolare Do Hits), oltre che con etichette internazionali. Qui il suo EP uscito per Muti Music di San Francisco:

Eternal Dragonz

Recita il consueto manifesto: «Eternal Dragonz is a global Asian art collective of music producers, artists, designers, writers and curators. By collaborating and producing work that engages with contemporary art and culture, EDZ hopes to bring a greater sense of community across the various dimensions of an Asian identity. The collective also examines the hegemonic influence of the West in Asian cultures, seeking to address and reconcile it through art practice». La prima uscita di questa label panasiatica, Karaoke vol. 1, risale al febbraio 2016. Da allora l’etichetta gestita dall’australiano V Kim pubblica la musicista taiwanese Scintii e promuove una serie di artisti interessantissimi come Corin, MIIIN, Lawrence Lek e Dis Fig, per dirne alcuni.

Push & Pull
Infine, ecco la Push & Pull, etichetta cino-giapponese gestita da Naaah (Shanghai) e Alta (Tokyo), qui con la prima uscita datata inizi 2017:

Per chiudere, eccovi un po’ di artisti cinesi e panasiatici che meritano di essere conosciuti. Cominciamo con Zean da Shanghai, qui con un brano per l’etichetta turca (è di base a Istanbul) CVLT:

Sempre da Shanghai viene il «sadboy» Miraisenshi:

Meuko! Meuko! è il progetto solista di Pon, producer, cantante e DJ di Taipei, ex leader di The Shine & Shine & Shine & Shine, e raccoglie influenze e collaborazioni sia dalla Cina che dal Giappone:

Infine non poteva mancare Tzusing, forse il nome più noto del giro. Malese di nascita, attualmente vive tra Shanghai e Taipei; ha pubblicato quasi sempre per L.I.E.S. Records, ma il suo disco migliore dell’anno scorso l’ha fatto uscire con Bedouin Records:

E con questo (per ora) è tutto. Buon ascolto!